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Wednesday, February 11, 2015

Rosy Bindi: "Il mio Mattarella"

NOI CATTOLICI DEMOCRATICI, INCOMPRESI ANCHE NELLA CHIESA

di Mauro Suttora

Oggi, 4 febbraio 2015

"Quando sono entrata in Parlamento nel 1992 avevo alla destra del mio seggio Sergio Mattarella, e a sinistra Leopoldo Elia. Ho imparato molto da loro. E' stata una gran scuola: quella di Aldo Moro, Zaccagnini, La Pira, Dossetti. Insomma, i cattolici democratici della sinistra Dc".

Rosy Bindi è considerata la sorella politica del nuovo presidente della Repubblica. Insieme, e con Enrico Letta, Dario Franceschini e Rosa Russo Jervolino, hanno contrastato Rocco Buttiglione che dopo Tangentopoli voleva spostare il partito Popolare (ex Dc) nel centrodestra. E nel '96 hanno fatto nascere l'Ulivo di Romano Prodi, primo abbozzo del partito Democratico con gli ex comunisti.

Ora è seduta nel Transatlantico, la sala di Montecitorio accanto all'aula dove ha appena votato nella seduta che sta mandando Mattarella al Quirinale. È uno dei giorni più felici della sua vita politica. Tutti vengono a congratularsi.

Lei non sta nella pelle, ci dà la sua prima intervista ma avverte: "Appena inizia lo spoglio torno dentro, per sentire i voti uno a uno".

Ma il risultato è sicuro.
"Non si sa mai. Voglio soffrire fino all'ultimo".

È da parecchio che soffre, Rosy Bindi. Prima per Berlusconi, poi per un Matteo Renzi che assomigliava troppo a Berlusconi.
"Quasi tutto perdonato. Vado ad abbracciarlo. L'elezione di Mattarella è un capolavoro".

Quando ha conosciuto il nuovo presidente?
"Mattarella aveva già dieci anni di esperienza parlamentare quando approdai a Roma. Era stato eletto alla Camera nell'83, raccogliendo l'eredità del fratello Piersanti assassinato dalla mafia. Diventammo subito amici".

Anche con la sua famiglia?
"Sì. Sua moglie, scomparsa due anni fa, era una donna straordinaria: l'opposto di lui per temperamento, ma uguale acutezza. Fui ospite da loro a Palermo, loro da me in montagna".

È vero che lo chiamavano 'Martirello' per l'aria lugubre e sofferta?
"E' molto riservato, ma ha un senso spiccato dell'humour".

Com'e' che si dimise da ministro contro Berlusconi?
"Nel 1990 la legge Mammi' salvò le tv Fininvest da una direttiva europea che vietava il possesso di tre canali da parte di un solo privato. Cosi' tutti i ministri della sinistra Dc se ne andarono dal governo Andreotti. Lui lasciò la Pubblica istruzione: una scelta drastica e irrevocabile improbabile per un Dc, ma non per un cattolico democratico".

Lei nel 1980 era accanto al professor Vittorio Bachelet ucciso dai brigatisti rossi. Un mese prima Mattarella vide morire il fratello fra le sue braccia. Vi unisce il dolore?
"Sì, ma anche tante battaglie combattute assieme, come quelle contro il Caf di Craxi, Andreotti, Forlani, e contro Berlusconi. Quando lui era vicepresidente del governo D'Alema nel '99 ebbi un forte appoggio per portare a termine la riforma della Sanità. Siamo cristiani ma pratichiamo la laicità, come ho dimostrato con i Dico, i Diritti dei conviventi. Noi cattolici democratici, prima di papa Francesco, abbiamo attraversato anni difficili anche dentro la Chiesa, con la presidenza Ruini della Cei".

Nel 2008 Mattarella lasciò la politica, non si ricandido'.
"Troppo cinismo e tatticismo nei partiti. Decisione non indolore, per un fondatore del Pd. Ma che si è rivelata provvidenziale, perché essere fuori dai giochi ha favorito questa sua elezione a presidente". 
Mauro Suttora  

Wednesday, November 12, 2014

Chi sono gli anti-Renzi


I NEMICI? IN CASA
Le opposizioni fanno il loro mestiere. Ma le vere minacce per il premier arrivano dalle minoranze Pd e dai sindacalisti di sinistra Camusso e Landini. I "rottamati" ex comunisti potrebbero andarsene e fondare un nuovo partito

Oggi, 5 novembre 2014

di Mauro Suttora

«Dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io». I problemi, per il premier Matteo Renzi, arrivano più dai suoi compagni del Partito democratico che dagli avversari. Di qualunque cosa si discuta, infatti - riforma del Senato, nuova legge elettorale, articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - le resistenze più forti, fastidiose e inaspettate giungono dall’interno del Pd.

Gianni Cuperlo, suo avversario alle primarie per la segreteria un anno fa (prese il 18% dei voti, contro il 67% di Renzi): «Il progetto di Renzi è vecchio, ma resto nel partito per rilanciare la sinistra», ha detto, preferendo andare alla manifestazione Cgil contro il governo del 25 ottobre, piuttosto che a quella contemporanea dei renziani all’ex stazione Leopolda di Firenze.

Anche Pippo Civati, forte del suo 14% alle primarie, è in odore di scissione: potrebbe confluire in un nuovo partito di sinistra con quel che resta di Sel (Sinistra, ecologia e libertà) di Nichi Vendola, gli ex grillini, la Fiom di Maurizio Landini e dissidenti Pd come l’ex giornalista Corradino Mineo o l’ex magistrato Felice Casson. Il suo prossimo campo di battaglia è il Jobs Act (riforma del lavoro): «È di destra. Voterò contro».

Punto debole: il senato

Alla Camera Renzi può permettersi che qualche dissidente non voti le numerose fiducie che il suo governo impone (strozzando i dibattiti) per stare nei tempi dei decreti legge: 60 giorni dalla loro emanazione. Ma al Senato la maggioranza Pd-Ncd-Udc-Scelta civica ha solo una ventina di senatori in più dell’opposizione, quindi i voti sono spesso sul filo del rasoio.

Ormai gli ex pesi massimi del Pd sono stati rottamati e umiliati in ogni modo da Renzi: da Massimo D’Alema a Pier Luigi Bersani, da Rosy Bindi a Walter Veltroni ed Enrico Letta. Normale, quindi, che non perdano occasione per criticarlo. Ma le loro correnti ormai si sono sfaldate: chi è passato dalla parte del segretario-premier è stato premiato (con la presidenza del Pd Matteo Orfini, con il ministero della Cultura Dario Franceschini). Quelli che resistono, come l’ex viceministro dell’Economia nel governo Letta, Stefano Fassina, si sentono sempre più stranieri in casa loro.

Forte del 40,8% ottenuto alle Europee di cinque mesi fa, e dei sondaggi che lo vedono sempre con una popolarità personale del 50-60%, Renzi avanza baldanzoso, noncurante delle critiche. Che però cominciano ad arrivargli da personaggi che finora lo avevano guardato con simpatia. Ferruccio de Bortoli a settembre lo accusò di inconcludenza. Da allora comunque il suo Corriere della Sera non si è accanito contro il governo, pur avendone il motivo: il raddoppio delle tasse sulle pensioni integrative previsto dalla legge di stabilità. L’altro grande quotidiano, Repubblica, continua a pubblicare ogni domenica le reprimende del fondatore Eugenio Scalfari.

Ma, in campo giornalistico, è soprattutto la tenaglia fra la sinistra del Fatto (Antonio Padellaro e Marco Travaglio) e la destra di Libero (Maurizio Belpietro) ad angustiare Renzi. Non passa giorno senza che questi due quotidiani lo accusino come minimo di golpismo e bancarotta.

Anche Il Giornale di Alessandro Sallusti non è tenero, ma deve tener conto della posizione del proprio editore. E la famiglia Berlusconi, dopo il famoso patto del Nazareno siglato a inizio anno fra Silvio e Renzi, è gentile con il premier. Conta su di lui per non arrivare a elezioni nel 2015, che vedrebbero il tracollo di Forza Italia (data al 15-17% nei sondaggi). Ma, soprattutto, c’è la simpatia personale di Berlusconi verso Renzi. «Peccato che sia di sinistra», ripete spesso il Cavaliere. Il quale tende a considerare il premier quasi un figlioccio, più affidabile dei vari traditori Fini e Alfano.

Così, sulla scia del capo anche i berlusconiani - in teoria all’opposizione - sono benevoli con Renzi. Alcuni addirittura entusiasti (Giuliano Ferrara e Denis Verdini, che tiene i contatti giornalieri col governo). Altri con scetticismo, come Vittorio Feltri e Daniela Santanchè. Irriducibili antirenziani rimangono solo il presidente dei deputati Renato Brunetta, Raffaele Fitto e Daniele Capezzone. Ma, in caso di difficoltà del governo con i numeri al Senato, i forzisti potrebbero arrivare in aiuto.

Insomma, alla fine gli unici veri oppositori di Renzi sono Susanna Camusso, segretaria della Cgil lanciata verso lo sciopero generale, Beppe Grillo, Matteo Salvini della Lega e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Ma è normale che facciano il loro lavoro. Più insidioso, per Renzi, è il fronte interno. Quello di un Pd che si sta sfaldando (iscritti crollati dai 500 mila di un anno fa ai 200 mila di oggi), di giornali del suo partito che chiudono (Unità, Europa), e di suoi parlamentari che non vedono l’ora di logorarlo sui singoli provvedimenti, come fece Vannino Chiti a luglio sulla riforma del Senato.

Per questo è possibile che a gennaio, finito il semestre europeo e con un presidente Giorgio Napolitano stanco per ragioni d’età, Renzi rompa gli indugi e convochi un voto anticipato primaverile. Con qualsiasi legge elettorale, sperando di replicare il 41% dello scorso maggio. E di piazzare in Parlamento dei veri amici.
Mauro Suttora

Wednesday, May 28, 2014

Flop Grillo. Ma è sempre secondo



Sorprese: i 5 Stelle perdono tre milioni di voti su nove alle Europee

SPERAVA DI SUPERARE RENZI. INVECE IL PD LO HA QUASI DOPPIATO. E ADESSO? IL MOVIMENTO È CRESCIUTO, ORA LO GUIDA UN QUADRUMVIRATO. CON DENTRO UNA DONNA...

di Mauro Suttora 


Oggi, 28 maggio 2014

La più veloce e verace, come sempre, è la senatrice 5 stelle Paola Taverna. A mezzanotte di domenica, dopo le prime proiezioni, intuisce la bastonata: «Me sto a sentì male. Il Pd ci ha asfaltato. Disfatta totale», commenta sincera. Il Movimento di Grillo si attesta al 21 per cento: venti punti sotto Matteo Renzi, tre milioni di voti persi rispetto alle politiche dell’anno scorso. Ne restano comunque 5,8 milioni, e i grillini rimangono la seconda forza politica d’Italia.

Ha quindi buon gioco Beppe Grillo, il giorno dopo, a mimare per scherzo una pugnalata al cuore. Il gesto di un coltello nel petto riesce a sdrammatizzare. Ma non cancella la figuraccia dei suoi parlamentari che la sera prima, interdetti, rifiutano qualsiasi commento. Non era mai successo nella storia d’Italia che un partito, dopo aver perso un voto su tre, restasse muto. «Aspettiamo i dati veri, quelli del Viminale», balbettano alle due di notte, a risultati quasi definitivi.

Nel silenzio dei parlamentari grillini tocca soltanto a Grillo, come sempre, parlare dopo la sconfitta. La mattina trascorre nel silenzio, poi sul suo blog (per diverso tempo irraggiungibile) appare un ringraziamento ai propri elettori con la celebre poesia Se di Rudyard Kipling.

È ormai pomeriggio quando arriva un messaggio che cita Fabrizio De Andrè e fa capire che Grillo non ha alcuna intenzione di arrendersi e ritirarsi (in Rete gli avevano ricordato la sua «promessa» in campagna elettorale): «Verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte», twitta, citando il Sessantotto della Canzone di maggio del cantautore suo concittadino.

Pochi minuti, ed ecco il videomessaggio sul blog nel quale Grillo sfrutta il mestiere di comico consumato per arginare l’amarezza sua e dei suoi. Usa l’ironia su se stesso e sul cofondatore Gianroberto Casaleggio («Ci prendiamo un Maalox»), ma promette che il M5s continuerà e alla fine vincerà. Risponde alle prese in giro affermando che il successo del M5S è solo questione di tempo, che questa volta ha deciso «l’Italia dei pensionati che non vogliono cambiare». E che comunque quella del M5S non è una sconfitta: «Siamo lì...»

Grande illusione, grande delusione

Certo, la grande illusione di superare Renzi (accreditata da sondaggi risultati tutti sbagliati) ora provoca una cocente delusione. Niente più «spallata al regime», addio rivoluzione. E in più la prospettiva di avere di fronte lunghi anni di opposizione a un giovane avversario. Grillo invece ha 65 anni, e il 59enne Casaleggio è malmesso in salute.

Ma comunque gli eurodeputati eletti sono 17, e il «quadrumvirato» spontaneo formato da Taverna, Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Roberto Fico sembra in grado di reggere il Movimento.

Wednesday, December 18, 2013

Renzi: buoni e cattivi


di Mauro Suttora

Oggi, 11 dicembre 2013

Doppia vittoria per Matteo Renzi alle primarie del Partito democratico: 68 per cento con 2,6 milioni di votanti. Il nuovo segretario del Pd appena due anni fa sembrava un esagitato che urlava di voler rottamare tutti i dirigenti del proprio partito. Oggi se n’è impadronito, e per chi non è salito sul suo carro (come gli accorti Walter Veltroni ed Enrico Franceschini) si annunciano tempi duri.

«Ridurrò i costi della politica di un miliardo», promette Renzi, «sostituirò i senatori con un’assemblea di sindaci e presidenti di regione che lavoreranno gratis». Beppe Grillo trema: lo scettro dell’Uomo nuovo passa nelle mani del sindaco di Firenze. Ma anche gli altri protagonisti della politica italiana, da Silvio Berlusconi a Mario Monti, sembrano cariatidi rispetto a questo 38enne arrembante.

Ecco chi sale e chi scende (in politica, ma anche in economia, tv, mondo dello spettacolo e cultura) con l’inizio dell’era Renzi.

Romano Prodi sale: ha deciso in extremis di andare a votare, per vendicarsi dei 101 anonimi parlamentari Pd che otto mesi fa lo pugnalarono nella corsa al Quirinale. Massimo D’Alema, viceversa, scende: è stato lui il maggiore avversario del sindaco dentro al partito, e anche adesso non si tira indietro: «Ne ho visti tanti, passerà anche lui».
 
Piero Fassino, segretario Pd fino al 2007 e oggi sindaco di Torino, sale: diventerà presidente del partito. Stefano Fassina, viceministro dell’Economia ed esponente della sinistra interna, non condividerà il nuovo corso liberale.

Carlo De Benedetti, proprietario del giornale La Repubblica, ha messo le vele al vento: «È necessario saltare una generazione per cambiare il pd». Eugenio Scalfari invece, quasi 90enne fondatore di quel quotidiano, ha scritto sprezzante: «Renzi è un avventuriero, come piacione meglio Fabio Volo e i suoi libri».

Tempi duri per Mario Orfeo, direttore del Tg1: troppo accondiscendente con il premier Enrico Letta. Salgono in Rai le quotazioni di Monica Maggioni, direttrice Rainews (nonostante il buco sulla morte di Nelson Mandela), e Gerardo Greco (Agorà, Rai3).

Tempi durissimi per Susanna Camusso e tutti i sindacati: «È arrivato il momento di discutere seriamente dei loro bilanci e del loro ruolo in questo mondo del lavoro che cambia così velocemente», minaccia Renzi. Il cui volto nuovo, in tv, è l’angelica ma tosta 33enne Maria Elena Boschi, sua concittadina avvocata, una dei pochi deputati renziani.

Jovanotti è passato da Veltroni a Matteo, surfando sull’onda delle canzoni adottate come inni alle convention di Firenze. Fabio Fazio invece pare abbia votato Pier Luigi Bersani alle scorse primarie e Gianni Cuperlo in queste: doppio fallo. Come per il regista/attore Nanni Moretti.

Debora Serracchiani, rottamatrice della prima ora, adesso è governatrice della regione Friuli-Venezia Giulia. Per lei un futuro a Roma (ministro?). Della variopinta corte renziana fanno parte anche Oscar Farinetti (Eataly, presente a Leopolda 2) e lo scrittore Alessandro Baricco. Pippo Baudo ha votato per lui nel gazebo di piazza del Popolo.

Fra gli antipatizzanti nel mondo dello spettacolo Sabrina Ferilli (comunista storica, arroccata a Cuperlo come Monica Guerritore), Alba Parietti («Renzi ha una figura berlusconiana»), gli attori Elio Germano (sprezzante: «Sono di sinistra, quindi col Pd non c’entro») e Riccardo Scamarcio: «Incredibile che dei politici vestano giubbotti di pelle. Gli attori siamo noi, perché vogliono rubarci il mestiere? È avanspettacolo». Duro anche Claudio Sabelli Fioretti (Un giorno da pecora, Radio2): ««La linea di Renzi sarà un dramma per il Pd».

Fra i simpatizzanti, Victoria Cabello («È l'uomo del rinnovamento che serve al Pd e all'Italia») e Neri Marcorè: «Ha carisma e capacità». Il regista Fausto Brizzi (Notte prima degli esami, Femmine contro maschi), ospita Renzi a casa sua quando dorme (raramente) a Roma.

Sarà strage fra i dirigenti Pd: Anna Finocchiaro, Rosy Bindi, Bersani, Franco Marini, anche giovani ministri come Andrea Orlando (Ambiente). Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi e il viceministro dello Sviluppo economico Antonio Catricalà sono detestati da Renzi in quanto boiardi di Stato: «Chi guadagna di più nella pubblica amministrazione? Ridurre la burocrazia vale due punti di Pil». 

Fuori anche la ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri per le telefonate ai Ligresti. Niente di buono in vista, infine, per Berlusconi (che preferì Enrico Letta a Renzi come premier in aprile), Monti e Letta stesso (nonostante la colleganza di partito: due galli in un pollaio sono troppi).

Si sono invece riciclati in tempo Roberto Giachetti, Goffredo Bettini, Paolo Gentiloni. Che però dovranno obbedire a Luca Lotti, nuovo vice-Renzi a Roma. Gran furbo anche il ricco costruttore ed editore Francesco Gaetano Caltagirone  che fiutando il nuovo corso ha incontrato Renzi e ora lo loda, preferendolo al genero Pier Ferdinando Casini.

Nel mondo economico sono renziani anche il gestore di fondi Davide Serra (liquidato come «speculatore delle Cayman» da Bersani), Andrea Guerra (ad Luxottica), Francesco Micheli (banca Lazard, 10 mila euro da suo figlio Carlo al comitato Renzi), il finanziere Guido Roberto Vitale (5 mila euro), Yoram Gutgeld (ex consulente McKinsey, fatto eleggere deputato) e Fabrizio Palenzona (vicepresidente Unicredit e potente capo dell’Aiscat, concessionarie autostradali).
Mauro Suttora

Wednesday, December 11, 2013

Candidati primarie Pd


IDENTIKIT

di Mauro Suttora
Oggi, 4 dicembre 2013

MATTEO RENZI: IL FAVORITO

età e luogo di nascita: 38, Firenze.
formazione: liceo classico, laurea in Legge, scout.
carriera: presidente della Provincia di Firenze dal 2004 al 2009, poi sindaco di Firenze.
famiglia: moglie Agnese, tre figli: Francesco, Emanuele, Ester.
promesse difficili: «Taglierò di un miliardo i costi della politica, a partire dal Senato».
bugia: «Non ho dietro geni del marketing».
peggior avversario: il comico Maurizio Crozza. La sua imitazione su La 7 ogni venerdì sera è devastante.
merkel all’alba: lo scorso luglio la Cancelliera lo ha sì ricevuto, ma dandogli appuntamento alle sei e mezzo del mattino.
simpatizzanti imbarazzanti: «Se Flavio Briatore la prossima volta vota Pd invece che Berlusconi, sono contento». 
sogni per il futuro: «Spero di avere una vita anche dopo la politica. Mi piacerebbe diventare conduttore televisivo».
incubo: che il governo di Enrico Letta duri troppo a lungo (fino al 2015), impedendogli di candidarsi a premier.
auto, camper e jet: ha una monovolume Volkswagen. Massimo D’Alema lo ha accusato di girare l’Italia  su un aereo privato, salendo sul camper solo all’ultimo minuto. Lui ha ammesso di averlo preso, ma solo una volta: «Per andare al funerale di Pier Luigi Vigna. E me lo sono pagato io, non con strani giochetti».



GIANNI CUPERLO: L'EX COMUNISTA

età e luogo di nascita: 52, Trieste.
laurea: Dams di Bologna, 1985. Tesi in Sociologia della comunicazione.
famiglia: sposato con Ines Loddo, come lui ex dirigente dei giovani comunisti. Si sono fidanzati, pare, durante un viaggio in Corea del Nord. Una figlia (Sara), un cane (Floyd).
carriera: ultimo segretario dei giovani comunisti  (1988-92). Deputato dal 2006.
“musicista”: scelse La Canzone popolare di Ivano Fossati come inno dell’Ulivo vincente di Romano Prodi nel ’96. Scelse anche Il cielo è sempre più blu come inno Ds per la segreteria Fassino (2001-07).
citazione: «Il futuro entra in noi molto prima che accada» (Rilke). Lo scelse come slogan nel congresso Pds del 1996.
lavoro: sempre nel partito a Roma dal 1987. Ha insegnato Comunicazione politica all’Università di Teramo.
auto e moto: Mercedes Classe A del 1998 e Vespa 300.
umiliazioni: scriveva i discorsi per D’Alema segretario Pds. Lui li apprezzava molto, ma non li leggeva mai.
ha detto sua figlia dopo il confronto con Renzi e Civati: «La politica si è ridotta a un minuto e mezzo di esposizione e 30 secondi di replica».


PIPPO CIVATI: LA SORPRESA

età e luogo di nascita: 38, Monza. (All’anagrafe Giuseppe).
formazione: Laurea e master in filosofia.
primo comizio: a 17 anni nell’aula magna del liceo classico Zucchi di Monza.
carriera: consigliere comunale Ds a 22 anni, regionale in Lombardia dal 2005 al 2013. Deputato Pd da febbraio.
lavoro: ha insegnato filosofia a Milano, Firenze e Barcellona.
passioni: nel 2002 diploma in «Civiltà dell’umanesimo» all’Istituto Studi sul Rinascimento di Firenze.
auto: Audi A4
svolta: nel 2010 organizza con Renzi il primo «raduno dei rottamatori» alla Leopolda.
tradimento: nel 2011 rompe con Renzi e si allea con Debora Serracchiani.
insulti: «Occhi da cerbiatto», «Cane da riporto»: Grillo lo accusa di voler comprare i suoi parlamentari.
barba: se l’è fatta crescere quest’estate per sembrare più uomo, imitando Franceschini.
famiglia: padre di una bimba di un anno avuta dalla compagna Giulia.
indagato: per 3 mila euro di rimborsi da consigliere regionale della Lombardia.
servizio civile: nell’Arci.
dicono di lui: «È la parte migliore di Renzi» (i perfidi).
dice lui: «Sono un rinnovatore, non un rottamatore. E non punto al “recuperlo”». «Prossimo presidente? Prodi o Rodotà».
blog: dal 2004 www.ciwati.it (pronuncia: «ci voti»).

Wednesday, August 28, 2013

Enrico Letta in piscinetta

Il premier gioca con moglie e figli nel giardino della casa di famiglia: vacanze agli antipodi di quelle di Berlusconi

di Mauro Suttora

Colignano (Pisa), 21 agosto 2013

Il 20 agosto ha compiuto 47 anni. Il più giovane premier italiano dopo Benito Mussolini, Amintore Fanfani e Giovanni Goria. Sarà anche il più breve, o il più longevo?
 
Entrambe le possibilità sono aperte per Enrico Letta. Che in queste pagine vediamo giocare con i figli e la moglie nella piscinetta della villa di famiglia vicino a Pisa. Una breve pausa di relax fra gli impegni a palazzo Chigi, i viaggi all’estero e la partecipazione al meeting di Comunione e liberazione a Rimini.

Qui il serafico Letta ha tirato fuori le unghie, attaccando i «professionisti del conflitto». Chi sono? Quelli che vorrebbero già far cadere il suo governo, nato appena quattro mesi fa. «Gli italiani puniranno chi antepone i propri interessi a quelli del Paese», avverte. A chi si riferisce?

Alle opposizioni, naturalmente, ma anche ai “falchi” del Popolo delle Libertà che non esitano a minacciare il ritiro della fiducia se Silvio Berlusconi perderà il suo seggio di senatore dopo la condanna a quattro anni di carcere per frode fiscale.

Ma nel mirino di Letta ci sono anche alcuni esponenti del suo partito, il Pd, che criticano in continuazione il governo, indebolendolo. Non è un mistero che diversi democratici, soprattutto quelli di sinistra, abbiano paura che l’alleanza con Berlusconi faccia perdere voti al partito.

Si vergognano per le larghe intese
A beneficiarne sarebbero Beppe Grillo (Movimento 5 stelle), Nichi Vendola (Sel) e Roberto Maroni (Lega). Così, il governo Letta delle «larghe intese» viene continuamente strattonato da sinistra e da destra. Tutti dicono di «essere costretti» a governare assieme agli avversari dell’ultimo ventennio per cause di forza maggiore (la crisi economica).
Gli unici a difenderlo compatti sono i montiani. Ma rappresentano solo il 10 per cento degli elettori.

Già il 9 settembre, quando si riunirà la giunta per le elezioni del Senato, il governo Letta potrebbe cadere perché il Pd, è quasi sicuro, voterà per la decadenza da senatore di Berlusconi.

Poi ci sono i possibili incidenti di percorso, come il caso Shalabayeva (la moglie del dissidente kazako espulsa dall’Italia con la figlia di sei anni).

Infine, la crisi economica. Se i mercati internazionali continueranno a «graziare» l’Italia, mantenendo lo spread con i titoli tedeschi sui 250 punti (contro i 570 di venti mesi fa), il governo rimarrà solido. La stabilità paga, come ammonisce continuamente il capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Ma se si tornasse alle turbolenze, o se l’Italia non riuscisse ad agganciare la timida crescita del resto d’Europa, il destino di Letta sarebbe più difficile.

È in cima ai sondaggi.
In ogni caso, il premier negli ultimi sondaggi di popolarità è in cima alla classifica assieme a Napolitano, Matteo Renzi ed Emma Bonino. E molti ipotizzano che il suo governo duri fino al 2015. Letta può quindi godersi qualche giorno di vacanza in relativa tranquillità.
Mauro Suttora     

Monday, July 29, 2013

Renzi odiato dai dirigenti Pd


Oggi, 23 luglio 2013

di Mauro Suttora

Nell’ultimo mese è riuscito a superare nei sondaggi Swg sui gradimenti dei singoli politici perfino il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Impresa mai riuscita, negli ultimi anni, neanche all’ex premier Mario Monti quand’era ancora in stato di grazia a fine 2011.

Così Matteo Renzi ora veleggia sicuro attorno al 60 per cento dei consensi: un buon 5-10 più dell’attuale premier Enrico Letta, ex democristiano come lui (e come il vicepremier del Pdl Angelino Alfano). Dall’alto del trono di politico più popolare (e giovane) d’Italia, il sindaco di Firenze si gode qualche giorno di vacanza in famiglia a Punta Ala.

Eppure, non è detto che questi sondaggi stratosferici gli permettano di conquistare la segreteria del Pd. Anche perché non si conosce ancora la data del congresso. Fine anno, pare. Ma Renzi conosce bene i bizantinismi della politica italiana. Almeno quanto il suo nuovo “amico” Massimo D’Alema, che gli consiglia di puntare al governo invece che alla guida del partito.

Lo scorso autunno Renzi ha conquistato quasi il 40 per cento alle primarie Pd contro l’allora segretario Pier Luigi Bersani. Secondo molti, attirando simpatie anche fuori dal suo partito avrebbe potuto vincere le elezioni, perse invece da Bersani per un soffio a febbraio. Si pensava perciò che fosse il candidato naturale a segretario del Pd dopo le dimissioni di Bersani. Per essere eletti, tuttavia, ci vuole un congresso. E qui sorgono i problemi.

Di norma, infatti, il segretario del Pd diventa anche il candidato premier. E un Renzi capo dei democratici farebbe fatalmente ombra al premier Enrico Letta. Come nel 2007, quando l’elezione di Walter Veltroni portò in pochi mesi alla caduta del governo di Romano Prodi.

Vuole tagliare i soldi ai partiti
Renzi assicura sempre di non voler fare concorrenza a Letta, però non lesina le critiche al governo. Sul finanziamento pubblico ai partiti, per esempio, è sulle posizioni di radicali e 5 stelle: abolirlo subito. Mentre i partiti oppongono una sorda resistenza.
Anche sulle pensioni e sugli stipendi d’oro è drastico: tagliarli, in barba alla Corte Costituzionale che ha annullato le diminuzioni del 5 e 10% introdotte da Silvio Berlusconi e Monti nel 2011.

Insomma, sui sacrifici da imporre alla Casta dei politici e degli alti burocrati Renzi non riscuote ovviamente le simpatie dei diretti interessati. Ma, per gli stessi motivi, nei sondaggi vola.
Nella sua voglia di piacere a tutti, il sindaco di Firenze ha cercato di convincere perfino l’ostico giornalista Marco Travaglio durante una recente trasmissione di Enrico Mentana su La7. C’è riuscito solo parzialmente. Ma il vero ostacolo, per lui, sono i burocrati del suo stesso partito. Quelli che voleva “rottamare”.
Mauro Suttora

Wednesday, September 26, 2012

Renzi, una sera a Lucca

IL SINDACO DI FIRENZE SFIDA BERSANI

Seguiamo il candidato alle primarie del partito democratico. Che vuole dimezzare i parlamentari, togliere i soldi pubblici ai partiti, abbassare le tasse e introdurre la meritocrazia. Ma a sinistra sono d’accordo?

dal nostro inviato Mauro Suttora

Lucca, 15 settembre 2012

Chi è veramente questo Matteo Renzi di cui tutti parlano, che alle primarie del Pd fra due mesi vuole scalzare il segretario Pier Luigi Bersani da candidato premier? E chi sono i suoi simpatizzanti: solo votanti Pd, o anche berlusconiani? Per scoprirlo abbiamo seguito il sindaco di Firenze durante una sera nel suo giro d’Italia.

Ex pci ed ex msi, ora stanno con lui

Appena arrivati a Lucca incrociamo il suo camper nel traffico del sabato pomeriggio. Lo seguiamo: gira a sinistra per entrare in un parcheggio periferico. Ma è vuoto: ha già portato il sindaco a destinazione, ora aspetta per tornare a riprenderlo.

Parcheggiamo anche noi, più vicini alle mura. Seguiamo il flusso dei turisti che dalla stazione entrano nella città vecchia. Domandiamo a un passante: «Dov’è l’incontro con Renzi?» «Ci sto andando anch’io, seguitemi». È un tipo sui 40 anni, dopo un po’ gli chiedo: «Lei è del Partito democratico?» «Sì». Scatta inevitabile la curiosità: «Ex Ds o Margherita?».

Tutti sanno, infatti, che il partito-amalgama nato cinque anni fa fra ex comunisti ed ex democristiani non è granché riuscito. E Renzi, già Dc e del Partito popolare, è considerato ancora oggi un corpo estraneo da molti militanti di sinistra. «Sono un ex Pci», risponde la nostra guida, denunciando un’esperienza politica ultraventennale, «ma voterò Renzi alle primarie. Mi convince».

Sugli spalti alberati le 500 sedie sono già occupate. Molta gente continua ad affluire e resta in piedi. Renzi arriva con un quarto d’ora di ritardo, ci mette parecchio per raggiungere il palco facendosi largo fra la folla. È vestito come un candidato americano, camicia bianca e cravatta, stringe mani e sorride a tutti. Invitante musica soft rock nel sottofondo.

Parlo col mio vicino: Giuseppe Nieri, 65 anni, bancario in pensione. Anche lui è eccitato per l’arrivo del sindaco. Mi spiega di avere votato in passato Msi, An, Pdl, ma che sosterrà Renzi alle primarie. «E se le vincerà, per la prima volta voterò Pd».

Eccolo qui, l’incarnazione degli incubi ma anche dei sogni dei dirigenti Pd: il berlusconiano che «falsa» i risultati delle primarie aperte, sostenendo il candidato anti-establishment. Però Renzi è anche l’unico capace di spostar voti da destra a sinistra. Anzi, non si vergogna di auspicarlo: «Berlusconiani delusi, venite con noi».

Il sindaco parla a Lucca, da sempre isola «bianca» nella Toscana rossa. È il terzo giorno del suo tour, che toccherà tutte le 108 province italiane. Al ritmo di due e più comizi al giorno, dopo l’inizio a Verona, Belluno e Padova ieri era a Savona e Taggia (Imperia). Fra tre ore sarà a Sarzana (La Spezia), lunedì a Piombino (Livorno). In questo momento, quasi simbolicamente, Bersani sta chiudendo la Festa Pd a Firenze, roccaforte di Renzi. Un duello a distanza? «Ma no, le primarie sono una ricchezza per tutti», minimizza il sindaco.

Dice no al «bacio della morte»

Stasera Renzi fa l’ecumenico, «non voglio parlare di rottamazione (dei dirigenti Pd, ndr), desidero solo portare al partito il nostro contributo di idee». Parla in positivo, mai una parola contro Silvio Berlusconi. E l’ex premier l’indomani ricambia la gentilezza dicendo che le idee del sindaco sono anche quelle del Pdl. Un vero e proprio «bacio della morte», secondo gli avversari di Renzi a sinistra. Una «ritrovata civiltà del confronto politico», invece, secondo i suoi sostenitori.

D’altra parte il governo di Mario Monti ora è appoggiato sia dal Pd, sia dal Pdl. Dibattito all’interno della stessa maggioranza, quindi?
«Che Berlusconi abbia fallito, lo riconoscono perfino i suoi», precisa Renzi. «E se vinciamo noi sarà proprio lui il primo rottamato. Ma noi vogliamo pensare al futuro, senza attardarci in polemiche sul passato. Basta con l’antiberlusconismo ossessivo degli ultimi vent’anni».

E largo alle proposte: dimezzare i parlamentari «come ho già fatto con i miei assessori», dimezzarne l’indennità, abolire vitalizi e finanziamento pubblico ai partiti, abbassare le tasse «come ho fatto quest’anno con l’addizionale comunale Irpef a Firenze», spazio alla meritocrazia, uguaglianza «ma solo dei punti di partenza, poi ognuno se la giochi liberamente».

Musica per le orecchie dei berlusconiani venuti a curiosare in tanti anche nel cinema Moderno di Sarzana, alle nove: «Sono attratto dal vento di novità che è nato da quando Silvio si è messo un po’ in disparte», ci dice Giovanni, 53 anni, settore farmaceutico.

E la sua coetanea Enza, tecnica di radiologia: «Avevo votato Udc, ma questa volta voterò Renzi sia alle primarie sia dopo, se vincerà. Altrimenti non so, ma comunque non per Berlusconi».

Più scettico Franco, 75 anni, ex tecnico di teletrasmissioni in pensione: «Renzi è giovane, bravo, ha una dialettica che è una cannonata. Ma come facciamo a fidarci? Anche Berlusconi si era messo la mano sul cuore in tv, e gli avevamo creduto».

«Voterò Renzi alle primarie perché Fini mi ha deluso, se poi perde non so», dice Bruno Soli di Sarzana, 70 anni, pilota militare in pensione.

«In pochi giorni ha chiuso il centro»

Sauro Bonatti, 61 anni, professore di agronomia alle superiori e assessore socialista all’Istruzione di Aulla (La Spezia): «Renzi mi piace perché è decisionista come Craxi. Il sindaco di Firenze suo predecessore parlò per anni di chiudere il centro alle auto, lui lo ha fatto in una settimana. Renderà più anglosassone il centrosinistra, più liberale che postcomunista. Anche Bersani è fra i più aperti, ma Renzi è nuovo».

Come, un socialista che elogia il liberalismo? «Chi ha di più deve farsi carico dei bisognosi, ma l’economia è bene che resti libera: meno intervento statale c’è, meglio è».
Mauro Suttora

Wednesday, September 19, 2012

Matteo Renzi

RITRATTO SENZA INCENSO DEL SINDACO DI FIRENZE

Sfida il segretario Bersani alle primarie del pd. Però sta più simpatico ai berlusconiani che alla sinistra. Il suo motto è «largo ai giovani», ma litiga anche con i coetanei. Ecco i suoi vizi e virtù

di Mauro Suttora

Oggi, 12 settembre 2012

Ha fatto la tesi sul suo predecessore sindaco di Firenze Giorgio La Pira. Ma su una pira molti suoi compagni del partito democratico ora vorrebbero metterci lui. Perché Matteo Renzi è il contrario di Massimo D’Alema: così piacione da risultare antipatico. «Litiga con tutti», lo ha staffilato Supermax.

Prima l’attuale sindaco ha fatto fuori il deputato pd (ex democristiano come lui) Lapo Pistelli, di cui era portaborse. Poi ha conquistato fama nazionale dichiarando di voler «rottamare» tutti i dirigenti del suo partito. Per questo ha ottenuto molti applausi. Che però vengono soprattutto dagli avversari, i berlusconiani. I quali nel 2009 sono andati in massa a votarlo facendogli vincere per soli 150 voti le primarie comunali contro il candidato ufficiale Pistelli. E oggi contribuiscono a renderlo il secondo politico più popolare d’Italia, per i sondaggi: 42 per cento, dopo Mario Monti.

Disinvolto come Berlusconi

I berlusconiani sono andati in visibilio quando Matteo è salito a trovare Silvio Berlusconi ad Arcore, con la scusa dei tagli ai Comuni. Si sono scoperti uguali: lingua svelta, sorriso malandrino, disinvoltura e ambizione alle stelle: «Renzi è capace di aspirare anche al soglio pontificio», ha detto Giuseppe Marnili, già capo della Dc toscana. Accentratori: il sindaco l’hanno soprannominato «Ghe Renzi mi», come il «ghe pensi mi» brianzolo dell’ex premier incapace di delegare.

L’Italia è l’unico Paese al mondo in cui alle primarie di un partito possono partecipare anche gli iscritti ai partiti avversi. Come se per eleggere l’amministratore di un condominio votasse qualunque passante. È un’incomprensibile follia, ma verrà replicata entro dicembre dal Pd: questa volta per designare il candidato premier.

Figurarsi se Renzi si lasciava sfuggire l’occasione per rompere di nuovo le scatole. Il segretario pd Pier Luigi Bersani è preoccupato, perché il sindaco potrebbe insidiarlo. Infatti i candidati ufficiali del Pd perdono spesso le primarie contro gli outsider: dopo Renzi a Firenze, Nichi Vendola in Puglia, Giuliano Pisapia a Milano, Marco Doria a Genova.

Ha rotto col rottamatore

Nel frattempo però Renzi ha rotto perfino con il suo unico alleato: Pippo Civati, consigliere regionale lombardo. Era l’altro «giovane rottamatore» della Leopolda, il centro congressi dove si sono riuniti un anno fa. Anche Civati adesso vuole correre alle primarie. E ruberà voti a Matteo.

«Barack Obama dieci anni fa ci portava le valigie», si lamentò Bill Clinton con Ted Kennedy nel 2008, quando l'attuale presidente Usa battè sua moglie Hillary alle primarie. Ci ha messo molto meno, Renzi, a far fuori i proprietari delle borse che portava lui. Il suo trampolino di lancio è stato La Ruota della fortuna. Sul serio: al programma tv berlusconiano vince 48 milioni di lire nel ’94, a 19 anni. Poi diventa segretario provinciale del Ppi: gli ex dc erano rimasti pochi, si faceva carriera in un attimo.

Trombato alle elezioni del ’99, a Renzi tocca lavorare nella ditta del padre, dirigente dc periferico: coordina gli strilloni che vendono per strada il quotidiano di Firenze La Nazione. Nei curriculum scriverà che era «dirigente di una società di marketing». Un ulteriore vanto era definirsi «capo scout». Ma dopo che un altro ex capo scout della Margherita, il tesoriere Luigi Lusi, si è appropriato della cassa con trenta milioni, meglio sorvolare.

Nel 2004 i diessini fiorentini al 40% commettono l’errore di regalare a lui, boss della Margherita al 9%, la presidenza della Provincia. Pensano così di placare il 29enne rampante. Illusi. Lui, con la scusa di turismo, cultura e sport (fra le poche competenze di quell’ente inutile che è la Provincia), è sempre in tv a farsi réclame personale.

«Un bimbo che mangia i comunisti»

Lo accusano addirittura di aver creato con soldi pubblici un’emittente apposita, Florence Tv. Risultato: «Una volta dicevano che i comunisti mangiano i bambini. Ora un bimbo sta mangiando i comunisti», brontolano i diessini confluiti nel Pd.

«Renzi è tanto coraggioso quanto presuntuoso», dice a Oggi Massimo Lensi, consigliere provinciale Pdl, «il tipico fiorentino spaccone». Sposato con l’insegnante precaria Agnese, tre figli, ora si fa consigliare da Giorgio Gori, marito di Cristina Parodi, ex dirigente tv berlusconiano messosi in proprio.

«Renzi è un politico senza pensiero»: parola di Nicola Zingaretti, fratello dell’attore di Montalbano, presidente pd della Provincia di Roma. In effetti il suo programma politico nazionale è riassumibile in un solo punto principale: eliminare i vecchi. Come dicevano gli hippy anni 60, il cui motto però era: «Non fidatevi di nessuno sopra i 30 anni». Renzi è già fuori di sette.
Mauro Suttora

Wednesday, November 30, 2011

Bruciati da Monti

VOLEVANO ROTTAMARE MA SON FINITI ROTTAMATI

La nascita improvvisa del nuovo governo ha spento le ambizioni di molti: da Giorgio Gori, marito di Cristina Parodi, al sindaco di Firenze Matteo Renzi

di Mauro Suttora

Oggi, 23 novembre 2011

Matteo Renzi: chi se lo ricorda più? Solo un mese dopo, il suo meeting alla Leopolda è già dimenticato. Travolto da Mario Monti, che ha «rottamato» quelli che voleva rottamare lui.

Anche altri hanno sbagliato i tempi, presi in contropiede dal governo tecnico. Giorgio Gori, per esempio: la sua discesa in campo non era per fare il deputato. Ce lo vedete l'ex direttore delle tv di Berlusconi e produttore dell'Isola dei famosi a passare le giornate tra aula e commissioni?. Forse puntava alla Rai, ma ora è fuori gioco.

Domenico Scilipoti e i «responsabili»: di colpo non contano più nulla. Gianfranco Fini: non sa più che fare, dimettersi o non dimettersi, il suo partito al 3 per cento, si riavvicina a Berlusconi, Casini lo cannibalizza...
Ma anche il segretario Udc ha i suoi problemi, con il tesoriere del proprio partito accusato di avere preso una tangente da 200 mila euro per lo scandalo Enav (Ente assistenza volo).

Gli ex dc Giuseppe Pisanu e Claudio Scajola (Pdl), che aspiravano al ruolo di "pontieri" fra i due poli, ora rimangono nell'ombra.

Alessandro Profumo: l’«altro» banchiere (ex Unicredit) pronto per la politica, azzoppato dallo scandalo per la sua buonuscita e da un’inchiesta per frode fiscale, è stato superato in corsa da Corrado Passera.

Un po’ spiazzati sembrano anche Luca di Montezemolo e Emma Marcegaglia. La presidente di Confindustria, il cui mandato scade fra pochi mesi, era candidata a un ministero. Ma Monti le ha preferito i professori. Fra questi, tuttavia, non il rettore dell'università Bocconi Guido Tabellini, che alla fine è rimasto fuori dalla compagine di governo.

Mauro Suittora