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Saturday, February 08, 2020

Grillini appiccicati alle poltrone


Regionali al centrodestra e governo Franceschini

8 febbraio 2020

intervista a Mauro Suttora

Il governo resta dov’è, almeno fino alle regionali. E se nelle urne qualcosa dovesse cambiare, il futuro si chiamerebbe Dario Franceschini, “capo delegazione” Pd al governo, in realtà un perfetto Dc, proprio come Conte, dice al Sussidiario il giornalista Mauro Suttora. 
Per M5s, che resisterà fino a che ci saranno eletti e portaborse, si prefigura un duumvirato Di Maio-Taverna. Solo un 6 a 0 alle regionali potrebbe cambiare davvero la partita; in quel caso, anche Mattarella dovrebbe rassegnarsi a sciogliere le Camere.

Dopo Salvini, è toccato alla Meloni andare negli States in cerca di sostegno politico. Le sorti del centrodestra dipendono da una nuova vittoria di Trump?

No, Trump non c’entra nulla. Dipendono purtroppo da Di Maio e Taverna: se i 5 Stelle si spappolano e il governo cade, potrebbe toccare al centrodestra. Ma poi, chi ha detto che si vota?

A fugare ogni dubbio ci ha pensato Repubblica. “Avviso del Quirinale: non ci sono altre maggioranze nella legislatura”.

Il centrosinistra sa di dover tenere in piedi questa maggioranza a qualsiasi costo. Anche Renzi e i 5 Stelle lo sanno. Certo, se alle regionali di maggio e giugno ci fosse una disfatta totale sia di M5s che del Pd, è evidente che l’attuale assetto non terrebbe più.

E se si ripete su scala maggiore il risultato dell’Emilia-Romagna?

Se il Pd tiene, attestandosi al 20%, e M5s crolla dal 32 al 3%, con il centrodestra che perde di misura, a quel punto Conte cade e nasce il governo Franceschini.

Come si mettono le cose in casa 5 Stelle?

Secondo me M5s continuerà ad avere se va bene il 15% nazionale, una media tra il 5% al Nord e al massimo il 20% al Sud. Ma c’è un fatto nuovo, passato quasi del tutto inosservato.

Non il fantasma di una scissione, non il 6% di cui sarebbe accreditato un partito di Paragone e Di Battista?

No. Domenica scorsa all’Hotel Ramada di Napoli si è avuto un colpo di scena, perché la base vera di M5s è stata interpellata per la prima volta. C’erano 400 attivisti e il 90 per cento di loro hanno detto no a un’alleanza con il Pd alle prossime regionali in Campania. Un’assemblea vera, fisica, per nulla virtuale, fatta di persone che prendono lo stipendio grazie ai posti ottenuti da M5s in Comuni, Regioni, Camera e Senato. Senza Rousseau la differenza c’è e si sente.

Dunque si va verso uno scontro aperto tra base e governativi filo-Pd?

Sì, ma in realtà sono tutti governativi, perché sanno che questo governo è la loro ultima occasione per avere uno stipendio. I duecento deputati e i cento senatori hanno tutti uno o due portaborse, è un grande gruppo di pressione che lotta per la propria sopravvivenza. Se arriva Di Battista a dire “Venite con me all’opposizione”, lo spernacchiano come hanno fatto con Grillo a Napoli la settimana scorsa.

Pronti a mandar giù di tutto?

Sì. Accetteranno qualsiasi cosa pur di continuare la legislatura e rimanere al governo. Anche un governo Franceschini a guida Pd, dopo la prevedibile batosta alle prossime regionali.

E accetterebbero di fare i comprimari?

Ciò che possono fare al massimo è indorare la pillola. Questo non esclude che ci saranno regolamenti di conti interni.

Chi vedremo in lizza per la leadership?

L’alternativa sarà tra Di Maio e Taverna. Tutti e due sono furbi e sanno bene che non possono governare il partito contro l’altra parte. Probabilmente faranno un duumvirato.

Renzi, Bonafede, Zingaretti, Conte: chi vince la partita sulla prescrizione?

Quelli che stanno zitti: i veri democristiani come Franceschini. Renzi fa rumore, ma finché i sondaggi lo inchiodano a percentuali irrisorie non può rischiare di andare alle urne perché verrebbe spazzato via. Lo stesso vale per Di Maio e Conte.

Uno dei maggiori pericoli per ciò che resta di M5s non viene proprio da Conte e dal suo progetto di fare un partito di sinistra-centro?

Conte non prenderebbe un voto né dagli attivisti né dagli elettori grillini. Se si presenta da solo fa la fine di Renzi.

Il governo è paralizzato su tutti i dossier, in più sul 5G ha stretto un patto con la Cina che non piace agli Usa. Come può essere ancora in piedi?

Conte è come Franceschini, è un democristiano di quattro cotte, un affabulatore bravissimo a barcamenarsi. Però sul 5G l’Italia deve assolutamente chinare la testa e lo farà. È anche vero che la Cina è in difficoltà e se non riesce rapidamente a trovare una cura per il coronavirus, si aprono scenari da colpo di Stato. A quel punto Huawei e la Via della Seta diventerebbero l’ultimo dei problemi.

Intanto, ammesso che le regionali possano cambiare il quadro politico, nei palazzi ci si attrezza in vista del 2022.
Come andrà a finire?

Non possiamo saperlo. Vista la rapidità con cui cambia oggi la politica, quei calcoli hanno la stessa affidabilità delle previsioni del tempo. Se Liguria e Veneto restano al centrodestra, tutto si gioca sulle restanti 4 Regioni: Marche, Toscana, Puglia e Campania.

E davanti a un 6-0?

Anche Mattarella dovrebbe sciogliere le Camere. La soluzione intermedia, più probabile, è quella del cambio di premier: Franceschini al posto di Conte con un governo più spostato sul Pd e sostenuto dalla stessa maggioranza di adesso.

Federico Ferraù

Saturday, October 05, 2019

intervista di Mauro Suttora sul M5s

CAOS M5S
“Ogni espulsione sono 50mila euro l’anno in meno per il partito di Casaleggio”

Intervista a Mauro Suttora

5 ottobre 2019

Il Sussidiario.net

È il decimo anniversario della nascita di M5s, che oggi appare lacerato da dissidi interni. Del primo movimento non è rimasto più nulla
Dieci anni fa, il 4 ottobre 2009, nasceva ufficialmente il Movimento 5 Stelle, dopo i “meet up” lanciati da Beppe Grillo nel 2005 e il “V-Day del 2007. 
In dieci anni passano dall’irrisorio 1,7% alle elezioni siciliane e dal 2,4% di quelle romane del 2008, quando ancora erano liste civiche denominate “Amici di Beppe Grillo”, al boom del 2013, quando con oltre il 25% il M5s diventa il primo partito della Camera. E poi l’ingresso al governo con il 32% del voto nel 2018. 

Cosa resta di quel movimento antagonista, contro tutto e tutti?
Secondo Paolo Becchi, filosofo del diritto, primo ideologo del movimento, “a dieci anni di distanza il M5s è diventato un partito come gli altri, disposto ad allearsi con il partito della casta per salvare la poltrona”. 

Non solo: nel movimento tira aria di scissione da tempo. Proprio in questo decennale alcuni cosiddetti “scettici” hanno dato vita alla “Carta di Firenze” in cui si fanno richieste precise: attribuzione della piena proprietà della piattaforma Rousseau, oggi della famiglia Casaleggio, al Movimento, e un’assemblea nazionale per una riforma dello statuto con il superamento della figura del capo politico. 

Secondo Mauro Suttora, anche lui partecipante ai primi meet up e poi diventato criticissimo del Movimento, giornalista e scrittore, “si tratta di richieste legittime di regole che ogni associazione di adulti ha al proprio interno, ma essendo il Movimento una setta, subisce il dominio del figlio del padrone dopo che il padrone è morto, e quelle richieste non si potranno mai realizzare”.

Chi sono gli autori della Carta di Firenze? È da tempo che si respira aria di malcontento all’interno di M5s.
"È facile ipotizzare che siano coloro che hanno già fatto dichiarazioni pubbliche di critica come la Lombardi, la Ruocco, la Lezzi, forse anche Toninelli. Gli ex ministri trovano il coraggio di parlare solo dopo aver perso il posto".

Che ripercussioni ci potranno essere?
"Se il movimento non fosse la setta che è, ci sarebbe una maggioranza assoluta che chiederebbe cose minime come in ogni associazione di persone adulte, e che non dovrebbe subire il comando del figlio del padrone dopo che il padrone è morto. Nonostante tanti discorsi contro la meritocrazia e i familismi, il M5s è un partito-proprietà privata, proprio come quello di Berlusconi che loro tanto hanno criticato. Anzi, peggio: Berlusconi non ha imposto il figlio alla leadership di Forza Italia".

Paolo Becchi, ex ideologo del Movimento, dice che il Movimento non è più quello di dieci anni fa. È così?
"Certo, ma è da tempo che è diventato così. Negli altri partiti, anche nella Lega, esistono statuti precisi. La stessa Giorgia Meloni, leader carismatica di Fratelli d’Italia, rispetta uno statuto dove non è indicata come socio fondatore e inamovibile. Il problema non sono gli organi politici del M5s comunque inesistenti, ma il fatto che il partito vero è la piattaforma Rousseau che è di proprietà del socio fondatore Davide Casaleggio. Il quale è anche l'unico socio fondatore del M5s con Luigi Di Maio".

Questa Carta di Firenze potrà portare scompensi alla presenza al governo dei pentastellati?
"No. Quelli che sono al governo stanno fissi e tranquilli dove sono: hanno appena evitato di sparire mettendosi con il Pd, e adesso non mandano certo tutto all’aria. La stessa cosa vale per deputati e senatori".

Sembrava che Di Maio volesse fare un proprio gruppo parlamentare, cosa c’è di vero?
"Se e quando i grillini verranno ulteriormente dimezzati dal secondo abbraccio mortale, questa volta del Pd dopo quello della Lega, accadrà qualcosa. Non sappiamo cosa, ma tutto è possibile. C’è poi da tenere presente la figura di Conte che sta emergendo prepotentemente.

A cosa porteranno questi mal di pancia? Emorragia di voti, scissione, una nuova blindatura da parte di Casaleggio?
"Blindature di Casaleggio no, perché ha capito che ogni senatore che espelle sono 50mila euro all’anno in meno per i suoi gruppi parlamentari. Non fanno più espulsioni a valanga come nella passata legislatura".

Una possibile scissione, invece?
"Finché parlamentari e ministri possono stare nella maggioranza al governo non ci saranno scissioni, perché sanno che in caso di elezioni uno su due torna a casa".
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Saturday, March 30, 2019

La linea del Piave grillina: 19%

CAOS M5S/ IL 19,9% È LA LINEA DEL PIAVE: CHE SIGNIFICA LA MORTE DI DI MAIO (E RAGGI)

Il Movimento 5 Stelle si dibatte in una crisi interna ed esterna: se non supera le elezioni europee è la fine

29 marzo 2019

intervista a Mauro Suttora


Le elezioni europee rappresentano l'ultima ancora di salvataggio di un Movimento 5 Stelle ormai allo sfascio. 
Lo dice Mauro Suttora, giornalista, esperto delle dinamiche interne dei pentastellati: “Se scendono al 19,9% Di Maio è morto internamente ed esternamente, se vanno tra il 20 e il 25% possono galleggiare ancora un po’”. 
Le continue débâcle a livello regionale mostrano i segnali. Prima delle europee ci sono le elezioni comunali in Sicilia, dice ancora Suttora: “A Bagheria, uno dei primi comuni conquistati dai 5 Stelle, gli avvisi di garanzia per abusi edilizi ad assessori e consiglieri in questi anni si sono sprecati. Sarà una batosta che aprirà la strada anche al crollo di Roma”.

Di Maio è negli Stati Uniti. Ci è andato per ricucire i rapporti dopo le critiche americane per la firma del memorandum con la Cina?

Il viaggio è stato programmato da tempo, prima del disastro Cina. C’è da chiedersi invece chi riuscirà a vedere: se riesce a farsi ricevere dal consigliere per la sicurezza John Bolton è un successo. Di Maio cerca ogni volta di accreditarsi, ma in America non lo prende sul serio nessuno. Se poi parla con Bolton, che è un mastino neocon, lo riduce in polpette.

Ha definito la firma del memorandum “disastro”. Quella firma è stata un guaio del trio Conte-Di Maio-Geraci?

Il memorandum Cina è in mano al sottosegretario Michele Geraci, un personaggio dal curriculum strano, come tanti di questi nuovi, compreso il premier Conte. Probabilmente non si rendevano conto neanche loro di quello che hanno fatto, cioè il cavallo di Troia della Cina in Europa.

In che senso?

Non è tanto il numero dei contratti, tutti hanno diritto di farli, infatti anche Macron ha firmato una fornitura di Airbus per centinaia di milioni di euro, quanto la visione politica che non sta in piedi. La Via della Seta significa la seta cinese che arriva in Italia, non la seta italiana che va da loro.

Geraci è quello che ha messo in piedi questo “disastro”?

L’accordo è stato un'invenzione di Geraci, di cui si è fidato inizialmente anche Salvini che però negli ultimi tempi, ben istruito da Giorgetti, uno dei pochi con la testa sulle spalle, si è tirato indietro. Invece Di Maio ci è caduto dentro mani e piedi.

Ci sono evidenti malumori interni ai 5 Stelle. Quali correnti ci sono? E’ Fico a spingere?

Fico non conta un fico, non ha dietro nessuna corrente nonostante i giornali ci abbiano fantasticato per mesi, sono al massimo due o tre i senatori che gli vanno dietro. 
Ci sono piccoli movimenti interni, come il caso di Paragone, che però suscita fastidio a quelli della vecchia guardia che si vedono scavalcati da uno che è diventato grillino da un anno.

Ma i malumori ci sono. Il caso Di Battista è poi a dir poco inquietante.

C’è un ribollire da vulcano, ma come sempre viene tenuto nascosto. Di Battista per cinque anni ci ha deliziato di tre post e video al giorno, ma  improvvisamente finisce come un desaparecido. E’ evidente che dopo i disastri elettorali lo hanno messo a tacere, e lui obbedisce. 
Di Battista, come ha detto sprezzante Di Maio definendolo il primo degli attivisti, è uno che tira fuori 100mila like a ogni post. Ma ha garantito e promesso a Di Maio e Casaleggio fedeltà assoluta e piuttosto che dire qualcosa contro, sta zitto. Ogni volta che sta zitto vuol dire che ha qualcosa contro che vorrebbe dire, ma non può farlo.

Come andranno le elezioni regionali per il M5s?

Prima delle europee ci sono le comunali in Sicilia a fine aprile. Sarà un’ulteriore batosta. A Bagheria che è una città importante i grillini hanno il sindaco da 5 anni e ci sono stati avvisi di garanzia con assessori che si sono dovuti dimettere per abusi edilizi. 
Alle europee la linea del Piave è il 19,9%, che significa la morte di Di Maio dentro al movimento e fuori. Dal 20 al 25% galleggiano, oltre il 25 sarebbe un successo insperato.

La compagine di governo è compatta?

I ministri si godono la poltrona. Sono quelli che se dovesse cadere il governo rimarrebbero fedeli a Di Maio.

Hanno un piano B per risollevarsi?

Fino al 26 maggio nessuno oserà dire nulla. L’intervista rilasciata da Roberta Lombardi in cui dice che lo stadio di Roma bisogna mollarlo, mentre Virginia Raggi dice che bisogna tenerlo, mostra la completa contraddizione in cui si trovano.

A proposito di Roma, dopo l'arresto del presidente grillino del consiglio comunale Marcello De Vito sembra che la Raggi abbia incassato bene il colpo. O no? Che succederà a Roma?

Assolutamente no. La Raggi non arriva a fine legislatura, cadrà insieme al patatrac che ci sarà a livello nazionale. La stessa Lombardi ha detto che è inutile illudersi, De Vito aveva messo a stipendio grillino la moglie come assessore di municipio e la sorella consigliere regionale. Tutto questo in un partito che aveva sempre detto di essere contro i favoritismi di famiglia. La Raggi cercherà di tener duro fino alle europee, ma non arriverà a fine anno. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Tuesday, December 04, 2018

L'agghiacciante video di Di Maio senior

La “confessione” delle sue colpe è stalinista

4 dicembre 2018

Il Sussidiario.net


Salvini li logora fino a quando non sprofonderanno da soli: è questo il parere di Mauro Suttora, opinionista di Libero, sull’attuale situazione del Movimento 5 Stelle, alla luce dello scandalo familiare che ha coinvolto Luigi Di Maio: “Ogni volta che parla fa perdere voti, mentre Salvini quando parla ne acquista di nuovi”. Ecco cosa ci ha detto.

Da dove vengono i guai maggiori dei 5 Stelle? Dal caso personale Di Maio padre e figlio? Da Salvini? O dagli imprenditori che vogliono le grandi opere?
Di Maio è diventato un Re Mida al contrario, tutto quello che tocca diventa un disastro. Il video del padre che “confessa” le sue colpe è agghiacciante.

In che senso?
Sembra una di quelle confessioni che Stalin faceva fare ai suoi oppositori, o Mao ai tempi della Rivoluzione culturale: le autoconfessioni sotto minaccia. C’è questo poveraccio che deve leggere un foglio preparato da chissà chi e dichiararsi il solo colpevole di tutto. Ma la cosa triste è che i grillini non se ne rendono conto, se gli fai queste citazioni storiche non capiscono perché non hanno un minimo di cultura. Colpa anche della scuola dove non si arriva a studiare personaggi come Stalin o Mao, una generazione intera a cui puoi propinare questi video senza che capisca cosa significhino veramente.

E Salvini? Gli porta via consenso o no?
Salvini è il contrario di Di Maio, non ne sbaglia una. In qualunque momento lo becchi sa cosa rispondere. Lo abbiamo visto a un talk show, comodamente seduto a teatro mentre aspettava che iniziasse un concerto di Edoardo Bennato e rispondeva perfettamente, la battuta simpatica sempre pronta. E’ comunicativo, può dire anche cose tremende ma riesce a farsi piacere. Ogni volta che parla acquista voti, Di Maio ogni volta che lo fa li perde.

Perché Salvini da Giletti ha fatto quella specie di endorsement su Di Maio?
Ha detto che lavora benissimo con Di Maio e Conte, ed è vero.  Fin che la barca va, fa bene a fare quello che non rompe, al massimo li provoca come sui termovalorizzatori. Non sarà mai lui quello che manda in crisi il governo, al massimo gli logora i nervi fino a quando i 5 Stelle non sprofondano da soli.

Quali implicazioni ha la differenza tra Di Maio e Fico?
Su Fico bisogna dire che Di Maio ha ragione: lui faccia il presidente della Camera, la politica la fa lui.

Fico ha preso le distanze dal decreto sicurezza.
Lo ha detto a babbo morto, quando la questione era già chiusa.

Però queste prese di distanza e il prossimo arrivo di Di Battista ci fanno pensare che nel M5s ci siano anime diverse, è così?
Il fatto che una nazione si preoccupi del ritorno di Di Battista significa che è un paese spacciato. Che i giornalisti politici dei maggiori quotidiani si preoccupino di analizzare il ritorno di Di Battista fa ridere.

Tra l’altro ha già detto che è pronto a ripartire per il Sudamerica, non c’è un ruolo per lui al governo?
Non potrà mai essere un contraltare di Di Maio. Sono ottimi amici, tra di loro c’è un patto di ferro: a Di Battista le piazze, a Di Maio la politica. Il lavoro di Di Battista è raccattare voti da ogni parte, è il grillo parlante dei 5 Stelle.

Che ne pensa del retroscena su Conte? E’ lui il prossimo capo del M5s?
Può essere, d’altro canto lo hanno proposto loro, era già nella lista dei ministri preparata a febbraio. Ai 5 Stelle che ci siano degli esterni va benissimo. Conte poi sta superando brillantemente l’esame del perfetto politico, quello che accetta i compromessi.
Paolo Vites

Tuesday, October 30, 2018

Casalino d'azzardo



IL CAPO GRILLINO PROMUOVEVA I GIOCHI D'AZZARDO IN TV

di Mauro Suttora

Libero, 30 ottobre 2018

Rocco Casalino è degno del decreto Dignità? Il numero 3 del Movimento 5 stelle (dopo Luigi Di Maio e Davide Casaleggio) fra le sue varie attività prima di buttarsi in politica ne ha una di cui non va fiero. Tanto da nasconderla nel cv presentato nel 2012 alle primarie grilline (che non passò): l’ex della scuderia di Lele Mora e del Grande Fratello fino all’anno prima conduceva una rubrica tv quotidiana serale sul canale Sky 847 Betting Channel, specializzato nella promozione del gioco d’azzardo.

Che però è anche il bersaglio di una delle maggiori crociate grilline. Infatti la prima legge (addirittura un decreto d’urgenza) confezionata dal nuovo governo tre mesi fa, soprannominata chissà perché Dignità dai propagandisti M5s, assesta una notevole mazzata al business dei giochi: divieto di pubblicità e sponsorizzazioni (per esempio sulle maglie delle squadre di calcio), tessera sanitaria obbligatoria per giocare, 10mila euro di multa a chi lo permette ai minori. E anche sciocchezze come la scritta “Il gioco nuoce alla salute” sui Gratta e vinci, o il logo “no slot” per i locali senza macchinette.

In effetti, la ludopatia è diventata un’emergenza nazionale. Negli ultimi dieci anni abbiamo raddoppiato i soldi che giochiamo, fino a superare l’astronomica cifra di 100 miliardi annui. E solo in scommesse legali. Ne recuperiamo 80 miliardi in vincite. Dieci vanno in tasse, e altrettanti in profitti per un settore che mantiene 100mila persone.

Contro questo business si scagliano da anni i grillini, con la consueta moderazione. “Assassini” e “rovinafamiglie” sono gli epiteti con cui bollano i padroni dei giochi, dalle sale bingo all’ippica. Naturalmente avendo quasi tutti in famiglia un aficionado di lotto e lotterie.

Quel che nessuno immaginava, però, è che anche il simpatico Casalino fosse complice di questa presunta mattanza. Ci ha pensato il programma Omnibus (La7) a riesumare un imbarazzante filmato in cui l’attuale badante del premier Giuseppe Conte (che però è sempre più insofferente al suo fiato sul collo) si lanciava in appassionate difese tv del gioco d’azzardo.
A chi associava la ludopatia alle immense vincite promesse dal Superenalotto, per esempio, rispondeva: “Non ci si ammala di più perché il montepremi è più alto”. Fingendo di dimenticare che è un gioco con un ‘payout’ (restituzione di vincite ai giocatori) inferiore a quello delle slot machine.
     
Insomma, Casalino non solo era lontano mille miglia dal proibizionismo grillino sui giochi d’azzardo, ma addirittura li incoraggiava, sottolineandone il prezioso gettito fiscale per lo stato, e attaccando i politici: “Sulle slot machine, le demoniache slot machine, dicono cose incredibili. Sembrano macchinette infernali. Dicono cose palesemente sbagliate, populiste [sic]: cose che la gente comune pesa e che loro amplificano, ma nella totale ignoranza”.

Naturalmente Omnibus ha incassato sui social gli insulti dei tifosi grillini, imbestialiti per le rivelazioni sul loro capo colto in castagna.
Mauro Suttora

Saturday, September 22, 2018

Grillini e preservativi


I CINQUESTELLE SI OCCUPANO DI PRESERVATIVI

di Mauro Suttora

Libero, 22 settembre 2018

La democrazia diretta dei grillini? Funziona. Ma solo sui preservativi. In questi giorni tutti gli iscritti al Movimento 5 stelle (M5s) hanno ricevuto una mail dalla società Casaleggio & associati per dirimere una questione fondamentale: è giusto che i profilattici abbiano l’Iva al 22%, o sarebbe meglio ridurla al 10%?

Non stiamo scherzando. Il senatore grillino Gaspare Antonio Marinello, 63enne dottore all’ospedale di Sciacca (Agrigento), forse per sfuggire alla noia dei parlamentari peones, ha presentato una proposta di legge di due articoli per abbassare la tassa sui preservativi.

Nobili le sue motivazioni: «Sono  357 milioni le nuove infezioni sessuali ogni anno, di cui una su quattro su quattro rappresentate da: clamidia, gonorrea, sifilide e tricomoniasi. Un adolescente su venti presenta un’infezione batterica di questo tipo», scrive nella lunga relazione che è stata pubblicata dalla piattaforma Rousseau, massimo (e unico) organo decisionale del primo partito italiano.

Il senatore è preoccupato: «La distinzione tra contraccezione e prevenzione non è sempre chiara tra i giovani. Il 70% usa il profilattico come strumento di prevenzione, ma il 17% dichiara di ricorrere alla pillola anticoncezionale, collocandola erroneamente tra gli strumenti di prevenzione».

Quindi, più preservativi per tutti: «Nonostante siano considerati dispositivi medici, il prezzo in Italia continua ad essere molto elevato a causa, anche, dell’Iva applicata al 22%». Soluzione: aliquota agevolata al 10%.

Fra due mesi tutti i cittadini aderenti al M5s potranno democraticamente votare sulla proposta del senatore Marinello. Di nuovo sovrani sul proprio destino di consumatori di preservativi. E se il voto online avrà esito positivo, il prezioso disegno di legge verrà depositato in senato.

Sulla piattaforma Rousseau si è già acceso il dibattito: «Ma con tutti i mega problemi che ci sono, infinitamente più seri e importanti, ai preservativi ha pensato?! Non aggiungo altro…», scrive l’iscritto Andrea Ferruccio Chiarini.

Gli risponde Massimiliano Milazzo: «Il fatto che esistano problemi più gravi non significa che non debbano essere affrontati anche quelli più piccoli».

Obietta il tradizionalista Filippo Dalla: «Non credo che l'abbassamento dell'iva sui preservativi sia la via giusta per combattere le malattie sessualmente trasmissibili. Una buona formazione su una sessualità ordinata (non certo incentivando la promiscuità sessuale) e un cammino sull'affettività (più che sul sesso) potrebbero fare molto di più. Vi suggerisco inoltre di approfondire il discorso sui metodi naturali, che non costano nulla».

Più concreto Maurizio Barzi: «Sono contrario, non credo che diminuire in modo molto marginale il prezzo dei preservativi aiuti. Piuttosto, sarei per investire la stessa cifra, con le stesse coperture, in educazione sessuale. Non credo che le persone che oggi non comprano i preservativi perchè costano 10 euro li comprino perchè dopo costeranno 8».

Romano Racanella invita i senatori grillini a coordinarsi: «Facciamo una legge unica per Iva agevolata per prodotti per l’infanzia, preservativi, medicine, e poi parlatevi tra di voi: Pierpaolo Sileri propone la stessa cosa per prodotti per l’igiene intima femminile».

E mentre i senatori grillini si dilettano con gli assorbenti per le signore, i loro capi si guardano bene dal far votare la mitica «base» dei cittadini su argomenti più scottanti come Ilva, Tav o Tap: lì potrebbero avere sgradevoli sorprese.
Mauro Suttora




Saturday, March 24, 2018

I grillini epurano un altro capolista

FRIULI-VENEZIA GIULIA: IL FAVORITO PER IL VOTO REGIONALE DEL 29 APRILE 2018 ELIMINATO CON UN CLIC. RIVOLTA NELLA BASE

di Mauro Suttora

Libero, 23 marzo 2018

Ci risiamo. Ancora una volta i capi grillini hanno eliminato senza motivo un loro candidato capolista, senza dare spiegazioni. 
Dopo i clamorosi casi di Marika Cassimatis l’anno scorso e di Patrizia Bedori nel 2016, che avevano vinto le primarie per sindaco a Genova e Milano, ora è la volta dell’avvocato triestino Fabrizio Luches, 44 anni, al quale è stato impedito con un clic di concorrere a governatore del Friuli-Venezia Giulia nelle regionali del 29 aprile, prima verifica elettorale dopo il 4 marzo.

«Da mesi sei dei principali Meetup regionali mi avevano proposto come candidato. Ma all’ultimo momento sono stato escluso dalle votazioni online senza una spiegazione. Ho scritto subito allo staff della Casaleggio a Milano, ma non mi hanno risposto», racconta Luches.

Dopo una settimana, verbalmente, gli hanno spiegato che non poteva concorrere perché non si era dimesso dalla segreteria del gruppo regionale del Movimento 5 Stelle.
«Ma è una scusa: quello era un requisito solo per le candidature a Roma, non in Regione. E poi io sono un funzionario della Regione, non un dipendente del gruppo». 

E adesso farà ricorso? 
«Sono un professionista, conosco il carico di lavoro dei tribunali. Non ritengo opportuno occupare un magistrato per decidere su questioni che potevano essere risolte con una semplice risposta via mail».

Quindi cosa farà? «Mi sono dimesso dal gruppo consiliare, dove ero stato chiamato da loro a lavorare tre anni fa, fruendo di una legge che assegna funzionari della Regione per assistere i gruppi consiliari. La mia dignità personale e professionale è un limite invalicabile».

La vita dei grillini friulani e triestini è sempre stata turbolenta. Già quattro anni fa ci furono le prime epurazioni: cacciati il deputato Walter Rizzetto di Pordenone (oggi rieletto con Fratelli d’Italia, l’unico ex parlarentare grillino ad avere mantenuto il seggio) e il senatore Lorenzo Battista di Trieste. Loro avversario, proconsole della società Casaleggio, era Stefano Patuanelli, ex consigliere comunale triestino, ora neoeletto senatore e già nominato vicepresidente del gruppo.

Si respira un’aria di famiglia fra i grillini locali. Un eurodeputato voleva candidare la moglie a sindaco di Trieste, e gli attivisti insorsero accusando di Parentopoli. Ora sono due mariti di consiglieri comunali triestini a scendere in campo per le regionali. Questa volta però tutti zitti. 
Non ci sono divergenze politiche fra i gruppi rivali, solo personalismi. Eliminato Luches, non ci sono state neppure le primarie. È rimasto un candidato unico, il ricercatore universitario Alessandro Fraleoni Morgera, 48 anni, ex iscritto ad Alleanza nazionale, imposto direttamente da Luigi Di Maio e Casaleggio junior.

Ma fra i grillini è la rivolta. Protestano in tanti: Matteo Muser, ex candidato sindaco a Tolmezzo (Udine), si è dimesso; Kascy Cimenti, primo dei votati alle regionali per l'alto Friuli ha rinunciato alla candidatura e ha abbandonato il movimento; Elisabetta Maccarini, vicepresidente del consiglio comunale di Monfalcone (Gorizia), dice: «Speravo in un errore informatico, Fraleoni non lo conosce nessuno». 
«Luches invece è un attivista di lunga data, conosciuto dai territori, dagli attivisti, dai portavoce e da moltissimi cittadini del Friuli Venezia Giulia, persona incredibilmente preparata e competente. Sono estremamente imbarazzato», dice Muser.

Depennata dalla lista dei candidati pure una consigliera comunale udinese, Claudia Gallanda. A Udine anche Elena Porzio ha lasciato il movimento.

Insomma, un terremoto aggravato anche dal risultato scarso alle politiche in regione: appena il 24%. Il Meetup di Trieste aveva 850 iscritti, adesso gli attivisti sono solo 230. E alle primarie i candidati più votati hanno avuto al massimo un centinaio di preferenze: niente, in una regione con oltre un milione di abitanti.

Commenta amaro con Libero Luches, che ha una vasta esperienza su urbanistica, ambiente, diritto amministrativo e fisco degli Enti locali, e che proprio per questo era stato cercato dai grillini: «Forse ho pagato un eccesso di competenza, in un’organizzazione che predica una linea di trasparenza e poi nei fatti ne porta avanti un’altra, diametralmente opposta».
Mauro Suttora


Friday, March 23, 2018

Chi comanda veramente nei 5 stelle

IL FIGLIO DI CASALEGGIO VANEGGIA SUL WASHINGTON POST, E ORGANIZZA UN GALA ESCLUSIVO SUL ROOFTOP DI UN HOTEL A ROMA, CON VISTA SU SAN PIETRO

di Mauro Suttora

Libero, 21 marzo 2018

«I partiti sono vecchi e moribondi. La politica ha modelli organizzativi obsoleti e diseconomici. La democrazia rappresentativa sta perdendo significato. Quella diretta, resa possibile da internet, dà una nuova centralità ai cittadini e destrutturerà le attuali organizzazioni politiche e sociali».

Altro che ammorbidimento dei grillini. Davide Casaleggio, sulle orme del padre, conferma tutta la carica eversiva del Movimento 5 stelle, e pubblica sul Washington Post un articolo dai toni trionfali e incendiari.

L’unica speranza sono i pentastellati: «Di Maio ha detto: “Non si può fermare il vento con le mani”. Il nostro è un vento inarrestabile che continua a crescere, perché appartiene al futuro».

Passando dalla poesia alla concretezza: «Con il 33% abbiamo raggiunto un successo storico nelle democrazie occidentali. Abbiamo avuto 11 milioni di voti, al costo di 8 centesimi l’uno. Una cifra coperta da micro-donazioni di 19mila cittadini che hanno dato 865mila euro, coprendo tutti i costi della nostra campagna elettorale. Ai partiti tradizionali invece ogni voto è costato fino a cento volte di più: il partito +Europa, per esempio [quello di Emma Bonino, ndr] ha un costo stimato di 7 euro a voto».

Casaleggio jr riprende i toni millenaristici e definitivi del padre: «Sulla nostra piattaforma Rousseau tutti i cittadini possono proporre e votare le leggi online. E non ci fermeremo qui. Già adesso scegliamo i nostri parlamentari sulla Rete, e non nelle stanze piene di fumo dei vecchi partiti. Ma puntiamo a un milione di iscritti. Applicheremo una certificazione decentralizzata su ogni votazione online. E fonderemo la Rousseau Open Academy per selezionare candidati di altissima qualità».

Sogni? Vaneggiamenti? Sicuramente il figlio di Casaleggio con questo articolo-programma pubblicato grazie al World Post del Berggruen Institute (finanziato da Nicolas Berggruen, uno speculatore Usa eccentrico tipo Soros) dimostra ancora una volta di non essere un «semplice attivista» di «supporto tecnico», come si autodefinisce con finta modestia.

E la conferma c’è stata l’altra sera, quando i parlamentari grillini hanno fatto a gara per essere invitati al gala romano della sua fondazione privata, ospitato sul rooftop dell’hotel Atlantic, con splendida vista su San Pietro.

I fortunati invitati (pagando 300 euro di iscrizione e 60 la cena) sono quelli che contano. Chi non c’era, non conta niente. «Formichine», direbbe Casaleggio junior. 

La nomenklatura grillina è fatta a strati. Iscriversi al Movimento non costa nulla, quindi vale nulla. Il cuore del potere vero sta nelle fondazioni Casaleggio e Rousseau. E lì non si può essere eletti, ma solo scelti, in barba a ogni democrazia diretta o indiretta.

«Nessun conflitto d’interesse: questa è un’iniziativa culturale», ha assicurato Davide, annunciando per il 7 aprile la seconda puntata del meeting di Ivrea in memoria del padre, inaugurato l’anno scorso. 

Fra gli invitati al gala c’era Alberto Bonisoli, direttore della Naba (Nuova accademia di belle arti) di Milano. Trombato al voto del 4 marzo, a causa dello scarso risultato ottenuto dal M5s in città (17%), ma già nominato ministro della Cultura nel futuribile governo grillino. 
E fra i non politici spiccava il presenzialista Arturo Artom, assiduo dei salotti della Milano bene.

Intanto, la sindaca 5 stelle di Roma Virginia Raggi annuncia un grande risultato: dopo due anni è riuscita ad abbassare la tassa rifiuti. Dello 0,7%.
Mauro Suttora


Monday, March 19, 2018

Di Maio nel Nord che non lo ama

IL CAPO GRILLINO VA A COMO, DOVE HA RACCOLTO SOLTANTO IL 19%

di Mauro Suttora

Libero, 18 marzo 2018

La provincia di Como è stata avara con i grillini, appena il 19% dei voti il 4 marzo. Ma ieri Luigi Di Maio è tornato a Carugo, in Brianza, a trovare l’artigiano marmista Giuseppe Caggiano, fondatore di un’associazione antitasse che lo aveva ospitato in campagna elettorale, e lì ha magicamente moltiplicato la propria forza: «Abbiamo il 36% dei deputati, quindi rivendichiamo la presidenza della Camera».
In realtà il M5s ha preso il 32% dei voti, e anche calcolando la percentuale in seggi si arriva al 35% (222 eletti su 630, escludendo impresentabili, massoni e truffatori del bonifico, già espulsi in pectore).

Ma la matematica traballante non è mai stata un problema per lo statista di Pomigliano. Quindi ora, forte dei sondaggi che approvano un eventuale governo M5s-Lega (favorevoli il 43-46% dei grillini, il doppio di quelli che preferirebbero un’alleanza col Pd), cerca di piazzarsi al centro dei giochi e annuncia magnanimo: «Telefonerò ai principali esponenti dei futuri gruppi parlamentari: Salvini, Brunetta, Meloni, Martina e Grasso. A ognuno di loro dirò che noi vogliamo coinvolgere tutti in questa fase di individuazione delle figure che presiederanno le Camere, naturalmente riconoscendo il peso specifico di ogni vincitore».

Bontà sua. E aggiunge l’ovvio: «Non accetteremo candidati condannati o indagati». Come se gli altri partiti smaniassero dalla voglia di imporre loschi figuri. Ma effettuando così un’ulteriore inversione a u rispetto all’ultimo garantismo appiccicaticcio grillino, che ora deve assolvere i numerosi indagati presenti anche nelle proprie fila.

Infine, il capo pentastellato se la piglia con i vitalizi: «I nuovi uffici di presidenza dovranno abolirli». Peccato che siano già stati cancellati dal governo Monti sei anni fa. Quanto a quelli pregressi, difficile che i tribunali cancellino i diritti acquisiti. E pericoloso per le pensioni di tutti noi.

Insomma, un Di Maio in perenne campagna elettorale ancora mezzo mese dopo il voto, che fa propaganda e gira come una trottola per l’Italia. In mattina si era fatto vedere al Cosmoprof alla Fiera di Bologna, assieme al ras grillino locale Max Bugani.
È l’unico abilitato a parlare, fra le centinaia di parlamentari grillini cui è stata imposta la mordacchia dal figlio di Casaleggio e dal capo della comunicazione Rocco Casalino (che, si scopre ora, si è inventato un master negli Usa).

Così il dibattito si sfoga nei gruppi privati di facebook, dove la fa da padrone la rivelazione di Vittorio Sgarbi: «Mi dicono che Di Maio sia fidanzato con Vincenzo Spadafora, suo collaboratore fatto eleggere senatore in Campania».
Ovviamente tutti precisano che i gusti sessuali dell’aspirante premier grillino sono irrilevanti. «Però sarebbe buffo che per negarli Gigi si circondasse di finte o vere fidanzate», commenta perfida Marika Cassimatis, vincitrice delle primarie a sindaco di Genova poi espulsa dal movimento.

Un altro espulso, Fabio Fucci sindaco di Pomezia (città laziale di 65mila abitanti, grillina da 5 anni), lodatissimo fino a pochi mesi fa come amministratore modello, è stato fatto cadere dai suoi compagni di partito. Non sopportano che, sulle orme di Federico Pizzarotti a Parma (rieletto trionfalmente), voglia ricandidarsi. «Viola la regola dei due mandati», strillano. La stessa regola che centinaia di parlamentari grillini neoeletti si apprestano a violare in caso di ritorno alle urne.

Intanto, nel totonomine per la presidenza della Camera, salgono le quotazioni del 5 stelle ex berlusconiano Emilio Carelli, che sarebbe andato a chiedere una sponsorizzazione personale perfino a Gianni Letta, eminenza grigia dell’ex odiato Cavaliere.

Mauro Suttora


Monday, January 08, 2018

Eurodeputata grillina fa la guerra al suo ex

DANIELA AIUTO PRENDE 18 MILA EURO NETTI AL MESE FRA STIPENDIO E RIMBORSI, MA NON VUOLE DARE GLI ALIMENTI ALL'EX MARITO.
CHE COMINCIA A SPIFFERARE LE SPESE SEGRETE DEI GRILLINI. E LEI LO QUERELA

di Mauro Suttora

Libero, 7 gennaio 2018

Lui vorrebbe da lei 3.500 euro al mese come assegno di mantenimento. Lei non solo glieli rifiuta, pur guadagnandone 17.700 al mese, ma ora vuole farsene dare da lui 150mila, per diffamazione continuata e aggravata.

Fuochi d'artificio in arrivo il 15 gennaio al tribunale di Vasto (Chieti), quando verrà discussa la querela dell'eurodeputata grillina Daniela Aiuto al suo marito separato Maurizio Pozzolini.

Come nel caso di Mario Chiesa 15 anni fa, che diede il via a Tangentopoli, anche questa volta per scoprire le magagne interne dei partiti non c'è nulla di meglio delle liti fra ex.

"Mia moglie ha fatto uso improprio dei fondi dell'Europarlamento", accusa Pozzolini. Che queste cose le conosce bene, perché nei primi anni del mandato a Bruxelles sua moglie lo aveva imbarcato nell'affollata truppa 5 stelle approdata in Europa: 17 eletti nel giugno 2014, più decine fra portaborse e consulenti.

Una vera manna: ogni eurodeputato infatti non solo incassa quasi 18mila euro netti al mese fra stipendio, diaria e rimborsi vari, ma può contare su altri 21mila da distribuire ad amici e sodali politici, assunti come collaboratori.

Inoltre quel che fa impazzire di rabbia gli attivisti grillini è che i loro eurodeputati non rendicontano le spese come tutti gli altri eletti, e "restituiscono" solo mille euro mensili.

La bella Daniela non si è tirata indietro di fronte alla cuccagna.
Ha assunto ben sette portaborse, di cui quattro in Abruzzo per curare il collegio (mai come il grillino siciliano Ignazio Corrao, che aveva toccato quota 11).

Non ha assunto il marito, perché l'Europarlamento vieta di pagare parenti. Ma Pozzolini l'aveva seguita egualmente a Bruxelles, lavorando gratis per il gruppo grillino. E qui, da assistente, ha assistito agli sprechi e alle irregolarità nell'uso degli astronomici fondi da parte di alcuni 5 stelle.

Così, dopo la rottura un anno fa, si è vendicato spifferando tutto. E a marzo la povera Daniela è stata messa sotto inchiesta dall'Europarlamento per una presunta truffa su uno studio sul turismo pagato a un consulente, ma in realtà ampiamente copiato da wikipedia.
Da allora la Aiuto è sospesa dal Movimento 5 stelle.

Ma le sue disavventure sono continuate in questi mesi. L'ex ha infatti aperto un altro fronte: quello dei viaggi "allegri" a Strasburgo e Bruxelles finanziati con soldi pubblici.

Ogni eurodeputato può invitare fino a 110 suoi elettori all'anno per visitare le sedi dell'Europarlamento con aereo, hotel e pranzi pagati. Ma pare che in alcuni casi i conti presentati non collimassero con il numero dei presenti. Ed è arrivata la Guardia di Finanza.

Anche una cena nel paese di Monteodorisio (Chieti) era stata finanziata dalla Aiuto con fondi europei, ma secondo Pozzolini e Stefano Moretti, dell'Osservatorio antimafia abruzzese, il numero dei partecipanti è stato gonfiato.

Stesso discorso per rimborsi dell'auto della Aiuto, ottenuti anche per un periodo in cui l'auto risultava in riparazione in un'officina, o quando la guidava non lei, ma una sua portaborse.

Ci sarebbe poi la fattura di un ottico presentata dalla Aiuto per il rimborso (in barba ai proclami grillini di rifiutare i privilegi), ma intestata al padre.

In autunno la contesa si è inasprita. Pozzolini ha denunciato di essere stato aggredito e minacciato per strada a Vasto dal marito di un'assistente di sua moglie, mentre era in auto col figlio.
Quel che è peggio, tutte queste accuse alla ex le pubblica giornalmente sulla propria pagina facebook.

Ora Daniela Aiuto ha querelato lui e Moretti dell'Osservatorio antimafia (che ha denunciato anche il consigliere regionale grillino Pietro Smargiassi per essere stato assunto a chiamata diretta dal consorzio industriale vastese a guida forzista) e chiede la rimozione immediata dei post di accusa. Imputa all'ex marito perfino la propria mancata reintegrazione nel gruppo grillino.

I vastesi e abruzzesi, divertiti dalla telenovela coniugale, aspettano le prossime puntate.
Mauro Suttora

Tuesday, September 19, 2017

intervista a Mauro Suttora su Di Maio

CAOS M5S/ Suttora: primarie e Di Maio, la truffa finale di Casaleggio

"La candidatura di Di Maio è il miglior risultato della finta democrazia che c'è in M5s. La Casaleggio Associati comanda, il movimento risponde" commenta Mauro Suttora, inviato di Oggi

19 settembre 2017

link all'originale su www.ilsussidiario.net

"Questo fa il M5s: dare l'opportunità a chiunque di farsi Stato ed occuparsi della cosa pubblica". E Twitter si scatena: chi le chiama buffonarie M5s, chi scrive "Di Maio contro nessuno: un bel derby".
Ieri sono scaduti i termini per la presentazione delle candidature alle primarie a 5 Stelle. Hanno fatto un passo indietro big pentastellati come Di Battista, Nicola Morra, Roberto Fico, rimangono sette controfigure di contorno, la più nota delle quali è la senatrice Elena Fattori.

Il peggiore schiaffo ai vertici viene dallo sfidante Vincenzo Cicchetti, consigliere comunale a Riccione per M5s: "Io sono rimasto legato a quell'idea di movimento che aveva Grillo nel 2011 — ha spiegato Cicchetti —. Me la raccontò quando lo riaccompagnai a Bologna dopo un suo comizio a Rimini. Mi parlò di meritocrazia, uno vale uno e tutte quelle cose che in questi anni sono state messe da parte perché il leaderismo attuale è lo stesso degli altri partiti che abbiamo sempre criticato".

"La candidatura di Di Maio è il miglior risultato della finta democrazia che c'è in M5s. La Casaleggio Associati comanda, il movimento risponde" commenta Mauro Suttora, inviato del settimanale Oggi. Suttora ha seguito le vicende del mondo pentastellato fin dai suoi inizi.

Sembra che Grillo si farà da parte perché il candidato premier sarà anche il capo politico del movimento. Lei ci crede?

Figurarsi. Sono almeno tre anni che si continua a dire che Grillo si fa da parte. Grillo vorrebbe fare un passo indietro, ma non può farlo, anzi, ieri sera (domenica, ndr) è stato costretto a fare un passo avanti, perché la maggioranza dei parlamentari grillini non sopporta Di Maio. Questa è la verità che nessuno di loro osa dire apertamente.

Forse perché vorrebbero essere al suo posto.

Perché hanno capito che è smodatamente ambizioso e che la sua corsa solitaria va contro la filosofia portante del movimento, che è nato anche per dire no ai personalismi della politica italiana. Non si può, dopo aver tuonato per dieci anni contro Berlusconi e il suo partito padronale, e poi contro Renzi, fare esattamente lo stesso. C'è da dire che da questo punto di vista Di Maio è tecnicamente perfetto: potrebbe fare carriera in qualsiasi partito perché è il classico democristiano.

Un insulto.

Per me no, per i grillini sì. Il peggiore.

Le ricorda più Renzi o Berlusconi?

Ha la lingua sciolta e il cervello fino di entrambi. Con l'aggravante — o il pregio — di avere dici anni in meno di Renzi e cinquanta in meno di Berlusconi.

Si parla di prove sotterranee di intesa tra Salvini e Grillo in vista del dopo elezioni. E' possibile?

Secondo me no. Soltanto il no all'euro e un vago sovranismo accomunano M5s alla Lega, con la differenza che la Lega ha una sua ideologia, ormai più o meno elaborata, e dei princìpi, sbagliati o giusti che siano, mentre M5s ne è del tutto sprovvisto. La Casaleggio Associati segue i sondaggi e decide. Ha visto che ora fa comodo essere contro i migranti e quindi è contro i migranti. E così via.

Idem per la moneta unica e le regole Ue.

Su euro e Ue si sono viste le montagne russe: nel 2014 i grillini si presentarono alle europee dicendo che volevano dare battaglia contro il fiscal compact e contemporaneamente raccolsero le firme per un referendum sull'euro che già sapevano che non si sarebbe mai potuto fare. Dopo il dietrofront di Tsipras, quando è sembrato chiaro che la Ue avrebbe tenuto, hanno messo il referendum in cantina.

E adesso?

Dipende dalla situazione economica. Se le cose andranno bene, non faranno alcunché. Se invece, per ipotesi, dovesse avere un exploit il partito xenofobo e antieuropeo in Germania (AfD, ndr), tornerebbero a tuonare contro Ue ed euro.

Perché Casaleggio jr ha scelto di puntare su Di Maio?

Nell'aprile scorso, quando è morto Gianroberto, Di Maio ha stretto un patto con il figlio Davide facendogli capire che se si voleva il potere serviva un volto istituzionale, spendibile nei salotti. Davide Casaleggio, che queste logiche le capisce perché è un bocconiano, non ha avuto difficoltà a convincersene e a puntare tutto su di lui.

Da chi è fatta oggi la base di M5s?

Direi che la maggioranza è più di sinistra che di destra. Nel sovranismo del movimento si trova un po' di tutto, ma prevale la vecchia matrice ex No global.

Chi vincerà in Sicilia?

Fino a poco tempo M5s era favorito. Oggi il disastro di Roma e la finta elezione di Di Maio potrebbero avvantaggiare il centrodestra. Vedremo.

Insomma alla fine avremo un Di Maio che sembrerà autonomo, invece prenderà ordini da Grillo e Casaleggio.

Attenzione, Grillo e Casaleggio non sono uniti. Casaleggio sostiene Di Maio, mentre Grillo ha un'anima più movimentista ed è più vicino agli "ortodossi", nei quali si rispecchia la maggioranza degli eletti e degli attivisti, che sono tutti anti-establishment. Ma voteranno Di Maio per disciplina.

Grillo però è andato a Roma in extremis per riportare gli ortodossi alla ragione.

Al contrario: non è come si legge in giro. Voleva che Fico si candidasse per evitare la figuraccia di un plebiscito.

Allora che cos'è cambiato? Con chi sta Grillo?

Ha capito che per contare bisogna legarsi ai poteri forti. Sta con la piazza, ma voterà Di Maio.

Federico Ferraù

Thursday, March 02, 2017

Dalla Guardia di Finanza al carcere

Dalla Guardia di finanza al carcere, passando per la politica

2 marzo 2017

di Mauro Suttora

Il grillino Raffaele Marra non è il primo ex ufficiale della Guardia di Finanza datosi alla politica e arrestato per tangenti in ambito immobiliare.

Massimo Maria Berruti, 67 anni, lucano, deputato di Forza Italia dal 1996 al 2013, lascia l’arma nel 1980 dopo un’ispezione alla Edilnord di Silvio Berlusconi, e si mette in proprio con consulenze Fininvest. 

Cinque anni dopo viene arrestato per una tangente da 150 milioni sull’Icomec (lo scandalo che distrugge il segretario Psdi Pietro Longo): assolto in Cassazione. Poi, negli anni 90, otto mesi per favoreggiamento alla Fininvest
.
Le traversie giudiziarie di Berruti si sono concluse nel 2012 con 2 anni e 10 mesi per riciclaggio annullati per prescrizione. E ricompare nelle cronache quattro mesi fa, quando vende a Berlusconi 420metri quadri in un indirizzo romano dal nome prestigioso: via delle Zoccolette
.
Marco Milanese, 57 anni, irpino, nel 1994 lavora con Antonio Di Pietro su Tangentopoli. Tenente colonnello della Finanza, è distaccato al ministero dell’Economia, dove nel 2002 diventa il braccio destro del ministro Giulio Tremonti. Due anni dopo lascia l’arma e si laurea. 

Deputato Pdl nel 2008, è vice di Nicola Cosentino, a capo del partito in Campania. Nel 2011 la richiesta di arresto per corruzione (negata dalla Camera), l’anno seguente è condannato a 8 mesi per la casa romana di Tremonti, di cui pagava l’affitto.

La via crucis di Milanese continua nel 2014 con un altro arresto, per traffico di influenze nell’inchiesta Mose di Venezia: condannato a due anni e mezzo, è in corso l’appello.

Mauro Suttora