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Tuesday, December 04, 2018

L'agghiacciante video di Di Maio senior

La “confessione” delle sue colpe è stalinista

4 dicembre 2018

Il Sussidiario.net


Salvini li logora fino a quando non sprofonderanno da soli: è questo il parere di Mauro Suttora, opinionista di Libero, sull’attuale situazione del Movimento 5 Stelle, alla luce dello scandalo familiare che ha coinvolto Luigi Di Maio: “Ogni volta che parla fa perdere voti, mentre Salvini quando parla ne acquista di nuovi”. Ecco cosa ci ha detto.

Da dove vengono i guai maggiori dei 5 Stelle? Dal caso personale Di Maio padre e figlio? Da Salvini? O dagli imprenditori che vogliono le grandi opere?
Di Maio è diventato un Re Mida al contrario, tutto quello che tocca diventa un disastro. Il video del padre che “confessa” le sue colpe è agghiacciante.

In che senso?
Sembra una di quelle confessioni che Stalin faceva fare ai suoi oppositori, o Mao ai tempi della Rivoluzione culturale: le autoconfessioni sotto minaccia. C’è questo poveraccio che deve leggere un foglio preparato da chissà chi e dichiararsi il solo colpevole di tutto. Ma la cosa triste è che i grillini non se ne rendono conto, se gli fai queste citazioni storiche non capiscono perché non hanno un minimo di cultura. Colpa anche della scuola dove non si arriva a studiare personaggi come Stalin o Mao, una generazione intera a cui puoi propinare questi video senza che capisca cosa significhino veramente.

E Salvini? Gli porta via consenso o no?
Salvini è il contrario di Di Maio, non ne sbaglia una. In qualunque momento lo becchi sa cosa rispondere. Lo abbiamo visto a un talk show, comodamente seduto a teatro mentre aspettava che iniziasse un concerto di Edoardo Bennato e rispondeva perfettamente, la battuta simpatica sempre pronta. E’ comunicativo, può dire anche cose tremende ma riesce a farsi piacere. Ogni volta che parla acquista voti, Di Maio ogni volta che lo fa li perde.

Perché Salvini da Giletti ha fatto quella specie di endorsement su Di Maio?
Ha detto che lavora benissimo con Di Maio e Conte, ed è vero.  Fin che la barca va, fa bene a fare quello che non rompe, al massimo li provoca come sui termovalorizzatori. Non sarà mai lui quello che manda in crisi il governo, al massimo gli logora i nervi fino a quando i 5 Stelle non sprofondano da soli.

Quali implicazioni ha la differenza tra Di Maio e Fico?
Su Fico bisogna dire che Di Maio ha ragione: lui faccia il presidente della Camera, la politica la fa lui.

Fico ha preso le distanze dal decreto sicurezza.
Lo ha detto a babbo morto, quando la questione era già chiusa.

Però queste prese di distanza e il prossimo arrivo di Di Battista ci fanno pensare che nel M5s ci siano anime diverse, è così?
Il fatto che una nazione si preoccupi del ritorno di Di Battista significa che è un paese spacciato. Che i giornalisti politici dei maggiori quotidiani si preoccupino di analizzare il ritorno di Di Battista fa ridere.

Tra l’altro ha già detto che è pronto a ripartire per il Sudamerica, non c’è un ruolo per lui al governo?
Non potrà mai essere un contraltare di Di Maio. Sono ottimi amici, tra di loro c’è un patto di ferro: a Di Battista le piazze, a Di Maio la politica. Il lavoro di Di Battista è raccattare voti da ogni parte, è il grillo parlante dei 5 Stelle.

Che ne pensa del retroscena su Conte? E’ lui il prossimo capo del M5s?
Può essere, d’altro canto lo hanno proposto loro, era già nella lista dei ministri preparata a febbraio. Ai 5 Stelle che ci siano degli esterni va benissimo. Conte poi sta superando brillantemente l’esame del perfetto politico, quello che accetta i compromessi.
Paolo Vites

Saturday, August 09, 2008

Inaugurazione olimpica in Cina

QUATTRO ORE DI NOIA A COLORI

di Mauro Suttora

Il Foglio, 9 agosto 2008

Pechino. Non ha piovuto. Ma è stato il caldo a rendere insopportabile l’inaugurazione interminabile (oltre quattro ore) delle Olimpiadi ieri sera. Gli ospiti anche illustri – per esempio l’89enne Edoardo Mangiarotti, unico plurimedagliato reduce dai Giochi di Berlino 1936 – sono stati costretti ad arrivare allo stadio con ore di anticipo.

La solita scusa: i controlli di sicurezza. Ma in realtà gli organizzatori hanno bloccato l’arrivo delle navette alle 18, due ore prima dell’inizio, perché volevano strade completamente libere per i supervip: gli 80 capi di stato e di governo che hanno affollato la tribuna d’onore solo a pochi minuti dall’inizio.

Un successo per il presidente cinese Hu Jintao, capelli laccati come sempre, che ha inaugurato i Giochi dopo il presidente del Cio (Comitato olimpico internazionale) Jacques Rogge. Accanto a lui, sotto a Bush e Sarkozy, l’intera gerontocrazia impettita del regime.

A tutto il pubblico sono stati distribuiti tamburini, torce, bastoni illuminati di ogni colore, un foulard rosso e bandierine cinesi da sventolare (ai giornalisti quelle bianche con i cinque cerchi olimpici). Il regista del grandioso spettacolo, il cinese Zhang Yimou subentrato a Steven Spielberg ritiratosi in febbraio per il Darfur, ha voluto coinvolgere tutti gli spettatori.
Ma nella notevole porzione di tribune riservata ai media la parte più apprezzata dello stadio sono state le toilettes, perché dotate di aria condizionata. Più che la prostata poté il sudore, e le permanenze in gabinetto con l’unico scopo di rinfrescarsi si sono moltiplicate.

Per gli amanti del genere, il megakitsch olimpico quest’anno è stato ancora più mega delle edizioni passate. E gli annunciatori ufficiali hanno puntualizzato il numero dei fuochi d’artificio, di danzatori dei balletti, di spettatori sperati nel mondo (“Quattro miliardi, mai prima d’ora”), e perfino del numero di abitanti della Cina (“Uno su cinque nel pianeta”). Elegantissime e coloratissime tutte le delegazioni degli atleti.

Da oggi per fortuna cominciano le gare, cosicché si spera che il patriottismo profuso a piene mani dalla nomenklatura si stemperi nella quotidianità dei risultati.

Commovente l’impegno delle decine di migliaia di ragazzi cinesi volontari, il quintuplo del necessario. Ce li ritroviamo appresso dappertutto, con le loro magliette azzurre: appena arrivati in aeroporto per vidimarci gli accrediti, nelle hall di tutti gli alberghi per scriverci in cinese gli indirizzi da fornire ai tassisti che non sanno mai dove andare, sui marciapiedi vicino a tutti i siti olimpici per incanalarci ai controlli, e perfino a Casa Italia, la struttura messa in piedi da ambasciata italiana a Pechino e Coni, dove alcune bellissime ragazze presidiano impalate gli angoli, e altre sono utilizzate per servire i caffè e a distribuire pezzi di parmigiano reggiano.
Il loro sorriso contagioso è la migliore arma del regime, anche se non parlano una parola d’italiano, poche parole d’inglese, e quelle poche con pronuncia incomprensibile. Ma la buona volontà è tanta, e va bene così.

Efficientissimi invece i poliziotti in borghese che a piazza Tian an men bloccano in pochi secondi chiunque tenti una piazzata per il Tibet o qualsiasi delle numerose cause di protesta oggi in Cina. Hanno sviluppato una nuova tattica per non farsi inquadrare dalle telecamere: coprono gli spiacevoli trascinamenti per terra dei manifestanti con gli ombrelli usati per mascherarsi da turisti in cerca di riparo dal sole. Uno degli energumeni che l’altro giorno ha neutralizzato due cristiani evangelici americani indossava una maglietta azzurra con la scritta Italia, cosicché a prima vista in mondovisione è sembrata una zuffa fra connazionali.

Ieri i giornali cinesi hanno risposto furiosamente al ben calibrato appello di Bush per la liberazione dei dissidenti politici. Ma gli argomenti sono apparsi ammuffiti: l’editoriale di Op Rana sul China Daily, per esempio, ha riesumato citazioni di Mao Zedong e Marx.

In realtà sono passati trent’anni dalla liberalizzazione di Deng Xiaoping, e tutte le speranze di un traino economico che porti libertà politiche sono totalmente deluse. Oggi il modello di Pechino, anche architettonicamente e urbanisticamente, sembra il tecnofascismo di Singapore. Con un po' di grandiosità olimpica mussoliniana e hitleriana. Così forse a qualche spettatore occidentale stremato ieri sera è venuto il sospetto, sotto il sudore, di essere il solito utile idiota.

Mauro Suttora