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Saturday, May 22, 2021

Comunali e giustizia, le partite che decidono chi sale al Colle

Le elezioni comunali determineranno il peso dei partiti, che dopo avere eletto il successore di Mattarella (Draghi) non potranno evitare le urne

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 22 maggio 2021

“Fino alle presidenziali di gennaio il governo Draghi può stare tranquillo. Poi mi sembra logico che venga eletto al Quirinale e si vada a nuove elezioni”. Batterà il candidato della sinistra, secondo Mauro Suttora, giornalista, libertario per autodefinizione, un passato all’Europeo, Oggi, Newsweek e New York Observer

Elezioni? Sì, “perché non sarà più possibile tenere in vita un parlamento non rappresentativo”. Dunque gli eventi potrebbero essere molto più lineari di quello che lasciano pensare i densissimi retroscena politici sul rinnovo della presidenza della Repubblica. Chissà se è vero. È un fatto, però, che tutti i tentativi di Letta di rafforzare il peso politico del Pd al governo non stanno riuscendo. E il primo momento di verità per i partiti –  le comunali di settembre-ottobre – è ormai dietro l’angolo.

Cosa ci dice la bocciatura della proposta Letta da parte di Draghi?

Oggi l’Italia sulle grandi eredità incassa solo 0,8 miliardi annui contro i 14 della Francia, gli 8 della Germania, i 6 del Regno Unito e i 3 della Spagna. Quindi un problema di tasse di successione esiste. Ma Draghi ha già detto più volte che non si possono aumentare le imposte.

E cosa ci dice del Pd?

L’uscita di Letta è incomprensibile. Un autogol pari a quello di Grillo su suo figlio indagato per stupro. Bastava proponesse che si spostino, a parità di gettito, un po’ delle tasse che colpiscono il lavoro (diminuendo le aliquote Irpef) a quelle sulle eredità dei ricchi. 

E invece?

Invece, Letta è caduto nel solito vizio della sinistra: aumentare imposte già altissime, senza contropartita.

Chi logora chi, nel governo di unità nazionale, tra centrodestra, centrosinistra e Draghi?

I sondaggi ci dicono che soffrono il Pd – destino comune dei socialisti europei, spariti in Francia e Grecia, e bastonati in Spagna, Gran Bretagna e Germania –, e la Lega sfidata dai Fratelli d’Italia. La prova del nove avverrà alle comunali di autunno. Draghi invece non sembra logorato.

C’è ancora qualcuno che in una fase delicata come questa vorrebbe incrinare il patto di unità nazionale, mettendo in discussione un governo senza alternative?

Fino alle presidenziali di gennaio il governo Draghi può stare tranquillo. Poi mi sembra logico che Draghi venga eletto al Quirinale e si vada a nuove elezioni.

Si sussurra che Di Maio lavori ad un nuovo governo. Ti risulta? Con quali prospettive?

Mi sembra comico che Di Maio possa lavorare ad alcunché. Ai grillini non resta che tentare di riciclarsi in qualche modo, con chiunque, come ha già fatto Conte.

La Corte dei conti ha stoppato il vaccino italiano Reithera per “l’assenza di un valido e sufficiente investimento produttivo” da parte di Invitalia. D’Alema e i suoi uomini tengono il punto o sono destinati ad arretrare?

Non so quanto si possa ancora collegare Arcuri a D’Alema. Il primo, se sopravviverà, lo dovrà a Conte. D’Alema è uscito distrutto dalle ultime elezioni, assieme a Bersani: vale il 2 per cento.

D’Alema, Letta, il Pd, M5s. E Prodi. Non ti sembra un’ottima squadra per salvare un’idea dell’Italia, garantendosi il Colle?

Prodi presidente della Repubblica? Troppo vecchio. Il suo tempo è finito.

Quando si gioca la partita? Nel 2022 o nel 2023?

Il centrosinistra è terrorizzato dalle elezioni, visti i sondaggi. Ma ormai il 2022 sarà il quarto anno della legislatura, non sarà più possibile tenere in vita un parlamento non rappresentativo. Il M5s, primo partito col 33%, non esiste più da due anni, dimezzato dai sondaggi. A Montecitorio ci sono solo zombies. L’unico pericolo è che questi residuati bellici vogliano sopravvivere fino al maturare delle loro pensioni, nell’autunno 2022.

Il centrodestra può spuntarla? Come?

Moderandosi per non spaventare l’Europa e i mercati.

E Mattarella invece? Intendo Mattarella come potere uscente, capace di sostenere un suo candidato – o una sua candidata, come la ministra Cartabia. Può farcela?

Lasciamolo pensionarsi. Quanto alla Cartabia, il suo garantismo è ammirevole, ma la Guardasigilli non esprime un consenso.

Il Csm nel caos non rende facile il lavoro di Cartabia. Cosa vedi su questo fronte? Un approfondirsi della crisi o spiragli di soluzione?

La giustizia italiana non esiste più. Ormai nel mondo reale, quello dell’economia internazionale, chi fa affari in Italia si cautela dalle controversie nominando preventivamente arbitri. Entrare in un palazzo di giustizia significa regredire di un secolo, fra timbri, notifiche fatte a mano, scartoffie e tempi intollerabili.

Come valuti i referendum che intendono proporre Radicali e Lega?

Mossa intelligente da parte di entrambi. In realtà la responsabilità civile dei magistrati è già stata introdotta da un referendum radicale ben 34 anni fa, dopo il caso Tortora. Ma la casta giudiziaria l’ha annullata, azzeccando i soliti garbugli. E quanto alla separazione delle carriere fra magistrati giudicanti e dell’accusa, ottima idea. Ma a sud di Roma, dove interi territori sono controllati dalle mafie, come garantire l’indipendenza – e la sicurezza – delle procure della repubblica?

Federico Ferraù

Sunday, April 11, 2021

Salvini e la lezione Gregoretti: separare morale e giustizia

Siamo diventati tanti piccoli gup, perennemente sentenziosi e buffi. E invece niente, calmatevi. Se il leghista è un eroe o un mascalzone non lo decide un giudice

di Mauro Suttora

HuffPost, 11 aprile 2021

Ce la possiamo fare. Se nel 1648 abbiamo cominciato a separare la politica dalla religione, con la pace di Vestfalia, prima o poi riusciremo anche a distinguere fra morale e legge.

La procura di Catania ha chiesto l’assoluzione di Matteo Salvini per la nave Gregoretti: il capo della Lega non commise i reati di sequestro di persona e abuso d’atti d’ufficio quando vietò per sei giorni lo sbarco a 131 migranti.


Applaude la curva nord dei tifosi di centrodestra, ammutoliti quelli di sinistra. Peccato che le aule di tribunale non siano stadi: paghiamo i giudici non per decidere se un politico abbia fatto la cosa ‘giusta’, o migliore, o più umana, ma solo per sapere se ha violato precisi articoli del codice penale.

Inutili quindi sia le feste che il lutto, di fronte a richieste di archiviazione o incriminazione. Certo, l’equivoco è facile: la parola ‘giustizia’ contiene in sé l’aggettivo ‘giusto’. Quindi viene spontaneo caricare ogni sentenza di valore moralistico. Soprattutto per noi educati alla bontà dal catechismo, e ora immersi in quell’Era della Suscettibilità (© Guia Soncini) che ci fa stazionare col ditino alzato sul divano: siamo diventati tanti piccoli gup, perennemente sentenziosi e buffi.

E invece, niente. Calmatevi. Salvini non è né un eroe che ci difende dall’invasione dei clandestini, né un mascalzone che tortura donne e bimbi africani. O meglio, ciascuno di noi potrà continuare a pensarlo, e a votare di conseguenza. Ma non lo decide certo il giudice di Catania Nunzio Sarpietro (lui meno di tutti, fan dichiarato dell’ex premier Conte), né quello di Palermo che sta per giudicare Salvini su un caso uguale, il blocco della nave Open Arms.

Le loro sentenze non stabiliranno la ‘bontà’ (della politica) del capo leghista, ma solo se un suo determinato atto in un determinato giorno e luogo ha “integrato una fattispecie di reato”. Come ci hanno insegnato alla facoltà di giurisprudenza. Dove, lo confesso, ero un fan di Kelsen: quel giurista tedesco che per aver osato affermare la neutralità della legge si beccò del paranazista dai comunisti. Ma erano tempi complicati.

Ora invece sono i tempi dei grillini, che assolsero (politicamente) Salvini per il blocco della nave Diciotti quand’era loro alleato, ma lo hanno crocifisso per le navi successive: peccato che il codice penale non abbia fatto anch’esso un salto della quaglia assieme a loro, da destra a sinistra.

In ogni caso, il capo leghista è fortunato: meno di due anni sotto processo. Ai magistrati di Bertolaso ce ne sono voluti dieci per assolverlo. Stessa agonia per il sindaco di Parma Vignali, che dovette dimettersi nel 2011: diede il via all’epopea grillina con la vittoria dell’ottimo Pizzarotti. Assolto pure lui un anno fa, con annesse scuse della pm. E il povero Bassolino? Ci conviene fare proprio come i bagni per maschi e femmine: tenere separata la morale (e la politica) dalla giustizia.

Mauro Suttora



Friday, April 09, 2021

Addio cashback: i contanti non sono male

  

Soltanto quattro mesi fa sembrava che i contanti fossero la rovina dell’economia italiana. Ora invece, dietrofront.

di Mauro Suttora

HuffPost9 aprile 2021


Addio cashback, quindi. Soltanto quattro mesi fa sembrava che i contanti fossero la rovina dell’economia italiana. Perciò, lotterie e premi di miliardi per chi li rimpiazza con carte di credito e bancomat. Ora invece, dietrofront. Uno dei tanti, rispetto all’immaginifica era Conte-Arcuri: nel cestino app immuni, monopattini, banchi a rotelle e primule.

Resta però il dilemma: è vero che per annientare gli evasori fiscali e, già che ci siamo, pure i mafiosi, bisogna scoraggiare il contante? Contro questa tesi si è espresso niente di meno che Carl-Ludwig Thiele, dirigente della Bundesbank, la banca centrale tedesca: “Non mi risulta che nei paesi con un limite massimo per i contanti ci sia meno criminalità”. E si è chiesto provocatoriamente: “Dovremmo proibire i telefoni cellulari? Anch’essi, come i contanti, rendono più facile ai delinquenti compiere i loro crimini”.

Nel suo nuovo libro Viva i contanti (Ponte alle Grazie) Beppe Scienza, docente di matematica all’università di Torino, nega che l’obiettivo della lotta alle banconote sia l’evasione fiscale: “Solo un loro divieto completo servirebbe, ma richiederebbe l’uscita dall’euro. Che non propone però nessuno dei pugnaci combattenti della guerra contro i contanti, la ‘War on cash’”.


E allora, perché tutta questa spinta per i pagamenti elettronici? “Perché sui contanti le banche non guadagnano niente. In compenso convengono a negozianti, ristoratori e artigiani, i quali evitano provvigioni e costi vari, che altrimenti ribaltano poi inevitabilmente sui prezzi”.


I contanti infatti funzionano sempre, senza bisogno di apparecchi o collegamento a Internet. Tengono riservate le abitudini di consumo e danno il senso della spesa: uno vede subito quanto gli avanza. Permettono di pagare anche a falliti, homeless, minori, privi di conto bancario o carta prepagata.


È anche falso che in Italia siano troppo diffusi: i tedeschi li usano altrettanto, per l’80% dei pagamenti. Le banconote difendono poi egregiamente in caso di imposte patrimoniali o di ritorno alla lira. Sono la miglior riserva di valore, perché non consistono in moneta bancaria: li emette la banca centrale, che non fallisce. Occorrono solo alcune avvertenze per i prelievi e le cassette di sicurezza, che il libro spiega.


Si può convenire o no sulla tesi di Scienza, l’elogio dei contanti, ma il suo lavoro è anche ricco di informazioni e curiosità. Per esempio: agli sconsiderati che vogliano nascondere i propri averi sotto il materasso, convengono più i lingotti o le banconote?


“Prendiamo un lingotto d’oro da un chilo e una mazzetta di biglietti di banca da 500 euro, che complessivamente valgano altrettanto. L’ingombro, cioè lo spazio che occupano, sono simili. Non nego che psicologicamente il lingotto infonda un senso di sicurezza maggiore, e non solo perché pesa di più. Però come riserva di valore le banconote funzionano meglio dei lingotti. Infatti i vantaggi dell’oro sono pochi, e molti gli svantaggi”.


Il libro ne elenca parecchi, in particolare i saliscendi del prezzo e gli alti costi per acquisto e rivendita.

Le banche si lamentano per gli alti costi di gestione dei contanti. 

“Ma è strutturale che li abbiano”, taglia corto Scienza. “Bella pretesa, volerli evitare. È come se uno stabilimento balneare pretendesse di impedire ai clienti di andare in acqua, per non dovere pagare i bagnini”.

Mauro Suttora

Monday, April 05, 2021

I grillini e la roba: quanto vale il loro database?

Dagli stipendi ai debiti con Rousseau, i soldi determinano molte decisioni politiche M5S: in gioco c'è il cuore del Movimento

di Mauro Suttora

HuffPost, 5 aprile 2021

“La Chiesa e la roba”, si intitolava un articolo pubblicato dal settimanale Il Mondo il 17 maggio 1960. L’autore, il radicale Ernesto Rossi, sosteneva che fosse la Roba, cioè i soldi, a orientare non poche scelte del Vaticano.

Oggi scopriamo che la Roba determina anche molte decisioni politiche dei grillini. È il cospicuo monte stipendi dei loro 240 parlamentari, infatti, a renderli assai riottosi rispetto alla promessa di lasciare il seggio dopo due mandati, per evitare il professionismo politico. 

E sono 450mila euro quelli in ballo con la società Casaleggio ereditata da Davide, il figlio del fondatore. Lui pretende il saldo di questa cifra non versata dai parlamentari (300 euro mensili ciascuno) per continuare a fornire i servizi di democrazia diretta, marchio di fabbrica del Movimento 5 stelle: primarie online, referendum, ratifiche di espulsioni, gestione del blog.

Loro non vogliono più dipendere dalla sua piattaforma Rousseau, la quale però contiene lo strumento più prezioso del M5S: l’elenco degli iscritti, la mailing list, il database. Che, in un partito senza sedi né dirigenti locali, organizzato solo su web, rappresenta il cuore del sistema. 
La società Casaleggio non ha mai aperto a nessuno questo scrigno. Incredibilmente, neanche i massimi dirigenti nazionali grillini, da Di Maio a Taverna, da Fico allo stesso Grillo, hanno accesso all’indirizzario dei circa 190mila aderenti.
 
Se un deputato vuole organizzare un evento nel suo collegio, non può invitare gli iscritti della sua città. Il povero Crimi, quando nel 2016 il candidato sindaco di Milano fu scelto con primarie vere, fisiche, dovette verificare una a una l’iscrizione di ogni votante su un computer al seggio del voto. La srl Casaleggio negò l’elenco perfino a lui, fidato proconsole lombardo.

Quanto può valere commercialmente, allora, questo mitico database M5s? 
“I database hanno un valore estremamente variabile, che dipende dal numero di soggetti contenuti, dalla quantità di dati e dalle condizioni che rendano possibile e lecita la cessione”, spiega uno dei massimi esperti italiani di diritto informatico e privacy, l’avvocato bresciano Federico Vincenzi. “Sono come una casa di valore enorme: se si scopre che è abusiva, il prezzo crolla. Egualmente, puoi avere migliaia di dati, ma senza un consenso valido per la loro cessione non si possono trasferire a nessuno”. 
E quindi? “Non so quali consensi ci siano nel database M5s. Dubito però che siano sufficienti a giustificare la cessione, o addirittura una vendita”.
Perchè? “Il Tribunale di Roma ha definito il rapporto tra utente e Facebook ‘contratto a rilevanza sociale’. Perciò alcune piattaforme, e Rousseau per definizione, non possono essere considerate semplici portali privati: incidono sul dibattito politico, sul futuro del Paese. Credo quindi che i dati delle persone, che si sono iscritte perché vorrebbero - ahimè, il condizionale è d’obbligo - partecipare direttamente al processo democratico, non possano essere oggetto di trattative o cessioni come se si trattasse di semplici dati da cedere per fini pubblicitari”.

Vede una via d’uscita? 
“Quella più naturale sarebbe chiedere un consenso specifico e consegnare solo i dati di chi dice sì. La situazione è inedita, non poteva esser prevista quando la piattaforma è stata creata. Vedo difficile riciclare vecchi consensi. Ne serve uno nuovo. Una seconda ipotesi potrebbe venire ‘dal basso’: gli utenti/elettori che desiderano essere trasferiti alla nuova dirigenza chiedono - come loro diritto - la portabilità: la Casaleggio non potrebbe opporsi”. 
E se non si raggiungesse un accordo? 
“I dati non sono delle parti, ma degli interessati. Non si può giocare con la democrazia. Debiti e crediti vanno regolati a parte. La soluzione non è fare il prezzo dei dati degli elettori”. 

Insomma, la società milanese non può tirare troppo sui soldi. Ora i grillini offrono 150mila per coprire i debiti, più un contratto di servizio per il futuro. Degradando però il rampollo Casaleggio al rango di un qualsiasi fornitore tecnico di assistenza telematica. Addio Rousseau e utopie palingenetiche.

“In ogni caso”, spiega Lorenzo Borrè, legale di molti grillini espulsi, “non ci si può sottrarre al passaggio del voto su Rousseau per approvare le modifiche statutarie che Conte proporrà, perché la piattaforma è attualmente l’unico strumento per votare un nuovo comitato direttivo, come previsto dagli Stati generali di novembre”. 
In realtà Conte è già stato acclamato Capo unico, e agisce come tale. 
“Ma legalmente, senza la ratifica di un voto online Conte non conta nulla”, avverte Borrè.

Insomma, bisogna rispettare lo statuto M5s: per fare inversione a U e tornare al Capo unico, i grillini devono passare per forza da Casaleggio. Senza accordo, il nuovo partito di Conte dovrebbe ricominciare da zero: costruirsi una nuova mailing list di iscritti e forse perfino rinunciare al simbolo. 
Quanto a Casaleggio, potrebbe continuare a usare il suo database solo accusando il nuovo movimento di aver violato lo statuto, per poi eleggere propri dirigenti scismatici.
Scenario fantascientifico. Ai grillini, tramontati gli ideali, non resta che spartirsi la Roba: “Dimmi quanti soldi vuoi”, cantava Zucchero.
Mauro Suttora

Sunday, March 28, 2021

Caos M5s: Grillo-Casaleggio-Conte, quadratura impossibile

intervista a Mauro Suttora

Il Sussidiario.net, 28 marzo 2021

Conte vorrebbe i pieni poteri in M5s, ma Grillo non ci pensa neppure. Intanto Letta spera di cuocere i grillini a fuoco lento, per capovolgere a suo favore l’alleanza

“Sono completamente spaesati, come i comunisti quando Stalin si alleò con Hitler nel 1939-41”. I “comunisti” sono i 5 Stelle, che Grillo ha cercato di rianimare nell’ennesimo show in diretta zoom, senza peraltro risparmiare la bordata dello stop al terzo mandato. 

Il paragone è di Mauro Suttora, giornalista, che parlando con il Sussidiario fotografa in modo impietoso lo stato di salute dei 5 Stelle. 

“Penso che Letta speri di cuocere i grillini a fuoco lento, aspettando un loro ennesimo flop alle amministrative”, ma “Pd e M5s sono condannati ad allearsi, se vogliono contare”. Nessuno dei due, per ora, darà problemi a Draghi.

Qual è, in questo momento, per i 5 Stelle, il primo dei problemi?

L’identità. Non sanno più chi sono. Erano nati per pulire la politica, che però ora li ha sporcati: sono diventati i peggiori trasformisti. Non sanno più cosa vogliono. Né con chi vogliono farlo. Un proverbio romanesco dice: “Se po’ campa’ senza sapé pecché, ma nun se po’ campa’ senza sapé pe cchi”. Sono completamente spaesati, come i comunisti quando Stalin si alleò con Hitler nel 1939-41. 

Non si capisce perché Conte, che aveva ricevuto un’investitura per fare il leader, ancora tentenni. Che cosa sta succedendo?

Conte sta cercando di capire se gli conviene resuscitare il moncherino del Movimento 5 Stelle, il M5s dimezzato dai sondaggi, o creare qualcosa di nuovo. Senza piombare, e venire piombato, in un conflitto con la Casaleggio Associati.

Dunque torniamo sempre alla casella di partenza: in un modo o nell’altro, tutto o quasi ruota intorno a Casaleggio. Davide vuole farsi un partito?

No. Però non vuole neanche perderlo. Anche se l’attuale M5s ormai ha poco a che fare con quello inventato da suo padre, morto cinque anni fa.

Ma perché Davide Casaleggio ha preso un’altra strada?

Sono i grillini ad aver abiurato i princìpi fondamentali del loro Movimento: democrazia diretta, trasparenza, abbattimento dei costi e del professionismo politico.

Nel partito c’è fermento perché nessuno sa cosa si siano detti Letta e Conte. Secondo te hanno parlato solo di amministrative? O di altro?

Intanto si può immaginare come si sentano i vecchi militanti grillini, gente che ha dato quindici anni di vita al Movimento, a essere guidati da un signore, Conte, che non è mai stato neanche iscritto e che tre anni fa era stato pescato per caso come possibile tecnico per un ministero secondario. Conte non ha mai fatto alcuna lotta grillina, è un corpo estraneo. E ora dovrebbe decidere a loro insaputa il loro destino, e per di più con Letta, l’odiato premier Pd del 2013 che i grillini insultavano ogni giorno? Almeno Zingaretti non era mai stato un loro bersaglio. Certo, i due avranno parlato del voto amministrativo di ottobre. Il Pd offre una sola candidatura sicura ai grillini: Fico sindaco di Napoli.

Conte e M5s appoggeranno Letta sul maggioritario?

Al M5s conviene di più il proporzionale, ma dall’alto del loro 17% non sono in grado di dettare condizioni al Pd.

Si dice che Conte non sciolga le riserve perché teme un’emorragia elettorale; tanto varrebbe allora dar vita al partito contiano. Secondo alcuni è definitivamente morto la sera dei 156 voti in senato; tu cosa dici?

Manca ancora mezzo anno al voto nei Comuni, quindi Conte non ha fretta. E un suo partito personale rischierebbe di finire nel nulla come quelli di Monti e Renzi.

Quali condizioni starà ponendo a Grillo, sul versante M5s?

Quella di essere incoronato capo unico dei grillini. Cosa impossibile, perché ci sono anche Grillo e Di Maio. I grillini per ora accettano Conte solo perché ha oltre il 50% di popolarità.

La “safety car” istituzionale del governo Draghi ha riallineato Pd e M5s? Oppure Letta teme una subordinazione del Pd come durante il Conte 2?

Pd e M5s sono condannati ad allearsi, perché da soli non hanno i numeri per fronteggiare il 45% del centrodestra. Penso che anche Letta speri di cuocere i grillini a fuoco lento, aspettando un loro ennesimo flop alle amministrative.

Il pensiero verde è l’ultima opzione scelta da Grillo per attestare i 5 Stelle sulla linea del Piave. C’è concorrenza da quelle parti: anche Sala ha mollato il Pd per diventare verde.

Agli italiani importa nulla del green. Vogliono solo ricominciare a vivere e lavorare dopo il virus. Che ora costringe tutti a evitare bus e metro, usando le auto e avvelenando le nostre città. Che Sala a Milano si auto-definisca verde è divertente. Ma neanche Conte sa cos’è l’ecologia.

Ma chi avrebbe più probabilità di aggregare un fronte verde? il Pd di Letta? Conte da solo al centro? M5s?

Tutto sommato, in mancanza di un forte partito verde, Grillo ha le credenziali più forti. Anche se con idee strampalate come il no Tav, i treni ad alta velocità che inquinano meno di auto, tir e aerei.

A Roma chi vince le comunali?

Penso il centrodestra, se trova un candidato decente. La Raggi verrà battuta al primo turno anche dal candidato Pd.

Chi darà più problemi a Draghi? Letta o la galassia M5s?

Nessuno dei due. Staranno tranquilli fino alle presidenziali di gennaio. L’unico a fare un po’ di sceneggiata continuerà a essere Salvini. Ma solo a parole, per non dare troppo spazio alla destra della Meloni.

Federico Ferraù  

Sunday, February 07, 2021

Caos M5s: scissione inevitabile

LA FINTA SVOLTA VERDE DI GRILLO E' SOLO UN GIOCO DI POTERE

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 7 febbraio 2021

Grillo presenta a Draghi un programma a trazione ambientalista in 10 punti, ma M5s è spaccato e la scissione appare inevitabile

L’adesione al nuovo governo richiede argomenti convincenti, e pare che le grida istrioniche di Grillo si sentissero fino in strada. Ieri, prima dell’incontro con Draghi, l’Elevato ha incontrato i parlamentari M5s alla Camera regalando loro (e a Conte) un show-monologo di tre quarti d’ora. Obiettivo, ringalluzzire i suoi e tenere insieme i pezzi del Movimento. 

Grillo ha deciso di portare in dote al presidente del Consiglio incaricato un decalogo di 10 punti programmatici a trazione nettamente ambientalista. Come dire: eravamo green anche prima del Recovery. In ogni caso M5s resta in difficoltà, spiazzato dal sì della Lega e da una fetta importante di parlamentari che restano contrari.

“Se non fosse intervenuto Grillo avrebbero prevalso i movimentisti di Di Battista” dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, osservatore attento del fenomeno-M5s fin dagli esordi. La scissione è nelle cose, e l’iniziativa di Grillo ha un solo obiettivo".

È una svolta verde?

A me sembra solo una svolta poltronista. I grillini andrebbero al governo anche col diavolo, pur di restare al potere. L’ambientalismo grillino è una barzelletta. Si oppongono ai termovalorizzatori anche se producono riscaldamento gratis: preferiscono che la spazzatura vada in discarica? Dicono no alla Tav, ma i treni ad alta velocità inquinano meno di aerei, tir e auto.

E il tavolino di Conte in piazza Colonna? Dopo due giorni di silenzio nei quali ha incontrato Draghi e la linea del M5s era incerta, il presidente del Consiglio si è intestato una “Alleanza per lo sviluppo sostenibile”. Che cosa significa?

Che la parola “sostenibile” suona bene. La usano sempre anche i peggiori inquinatori, nelle loro pubblicità. Conte non ha mai fatto battaglie ecologiste. Però tutto il Recovery Plan europeo spinge verso l’ecologia, l’Italia dovrà adeguarsi. Ci sono anche tante isterie. Per esempio, senza i contributi pubblici – cioè le nostre tasse – le auto elettriche sarebbero fuori mercato.

Che cosa è successo davvero in M5s dopo l’incarico a Draghi? Nell’arco di un giorno sono passati dal no al sì.

Sono impazziti di rabbia, non se l’aspettavano. Crimi e Taverna hanno detto subito no a Draghi, poi hanno dovuto fare dietrofront. Del resto il soprannome di Crimi fra i grillini è sempre stato “Vito lo smentito”. Come sempre, ha deciso tutto Grillo. A Draghi è bastata una telefonata per incantarlo. Di Maio, Conte e anche il rampollo Casaleggio non contano nulla di fronte a lui.

C’è uno scontro tra Conte e Di Maio per il controllo del partito?

No, entrambi hanno capito che il M5s è morto, alle prossime elezioni non arriverà al 10%. Perché scannarsi per un cadavere? Si riposizioneranno dove conviene meglio.

Potresti essere più preciso?

Ora il Pd fa credere a Conte che sarà ancora il prossimo candidato premier di un’alleanza Pd-Leu-M5s. Più concretamente, Di Maio mira a conservare un posto da ministro anche nel governo Draghi.

Cosa ci dice il fatto che Grillo sia tornato in campo in questo momento?

Che i grillini si stavano spaccando in due: i soliti movimentisti di Di Battista contro i governisti di Di Maio. Se non fosse intervenuto Grillo, avrebbero prevalso i primi.

Secondo un retroscena di Minzolini, Conte sperava che il tentativo di Draghi fallisse per tornare in gioco. Conte lo spera ancora?

Conte e il suo Casalino, come tutti i parvenu, sono obnubilati da delirio di onnipotenza. Tre anni di potere danno alla testa.

Forse Conte non ha più bisogno del partito di cui si è parlato per mesi. Sarà lui a prendersi la leadership dei 5 Stelle?

La leadership dei 5 Stelle non è più interessante. E fra un anno, quando si dovrà trovare un altro premier perché Draghi passerà al Quirinale, anche i sondaggi che ora gonfiano Conte si saranno afflosciati, come capita a tutti i fenomeni quando perdono il potere: Monti, Renzi, perfino Prodi e Berlusconi.

Intanto in M5s c’è sempre chi di Draghi non vuole sentir parlare. Il numero dei contrari viene variamente quantificato: che cosa puoi dirci?

Senza l’intervento di Grillo, la sua base votando su Rousseau avrebbe stracciato Draghi.

I dissenzienti sono guidati da Morra e Di Battista? O le cose stanno diversamente?

Di fronte agli ordini di Grillo sono tornati tutti a cuccia, anche i movimentisti Lezzi e Morra. Dibba è isolato.

Sarà scissione?

Sì, ma con i loro elettori che non li voteranno più.

Che prospettive ha l’alleanza Pd-M5s? Si ha l’impressione che sia più indispensabile al Pd che a M5s anche se il federatore è Conte.

Entrambi i partiti non hanno più linea politica. Sono finiti nell’ammucchiata. Dopo Renzi anche Salvini, aprendo a sorpresa a Draghi, li ha gettati nel panico. Forse per fare politica in Italia oggi bisogna chiamarsi Matteo.

Secondo te come intendono condizionare la partita del Colle?

Al Colle andrà Draghi. La partita fra un anno sarà per il posto da premier. Ma a quel punto voteremo tutti, finalmente.

Federico Ferraù

Wednesday, January 20, 2021

L’Italia è una Repubblica fondata sul Var

di Mauro Suttora


HuffPost, 20 gennaio 2021

Dalle ore 22 e 14 del 19 gennaio 2021 l’Italia è una repubblica fondata sul Var. Dimenticate il primo articolo della Costituzione, che citava il lavoro: ormai ce n’è poco, è stato sostituito dal reddito di cittadinanza, è più un diritto che un dovere.

No, la nuova frontiera della democrazia è il Video Assistant Referee: arbitro assistente video, quindi maschile, sbagliato dire “la Var”. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ieri sera ha chiesto ai suoi questori di rivedere le riprese della seduta dopo aver chiuso la votazione sulla fiducia al governo Conte. E quelli hanno stabilito che i senatori Lello Ciampolillo (ex grillino) e Riccardo Nencini (socialista) potevano votare, perché lo avevano chiesto alzando la mano pochi secondi prima del termine.

Urla di protesta, naturalmente, proprio come negli stadi. Questa volta i tifosi imbufaliti erano quelli di centrodestra, visto che i due senatori hanno votato per Conte, portando il suo esiguo bottino a quota 156.

La coppia di ‘costruttori’ (o voltagabbana, per i loro avversari) ha aspettato ben due ‘chiame’ (gli appelli in ordine alfabetico) prima di esprimere la propria scelta. “La riunione di segreteria del Psi è finita tardi”, si è giustificato Nencini. Eppure avevano avuto tutto il tempo per decidere, quindi il ritardo è sospetto. Hanno fatto i preziosi? Esibizionismo? Imbarazzo per il loro passaggio dall’opposizione alla maggioranza, denominato volgarmente ‘salto della quaglia’?

Le cronache da Bisanzio registrano che, in ogni caso, l’innovazione procedurale introdotta dalla Casellati non è stata pro domo sua, visto che lei è di centrodestra. Ma aspettiamoci d’ora in poi bisticci infiniti: i parlamentari pigri e sbadati chiederanno il Var ogni volta che si attarderanno al bar.

Non è la prima volta che la moviola entra in aula. Il povero senatore Barani (pure lui socialista) ha avuto la carriera stroncata nel 2015 quando la terribile grillina Taverna gli si scagliò contro, accusandolo di avere mimato con mano e bocca un rapporto orale a commento di un intervento della collega Lezzi.

Processo, replay, sporcaccione sospeso e non ricandidato.

Soltanto che nella foga l’incantevole Taverna commise un errore: ripeté il gestaccio per convincere l’allora presidente Grasso, più divertito che allibito, ad aprire il procedimento. Cosicché oggi, in quell’immenso Var che è la rete, si reperisce più facilmente il video della denunciante che quello del reprobo.

In realtà la moviola è la peggior nemica dei politici, perché li inchioda al loro passato. Prossimo o remoto: Veltroni che annuncia di trasferirsi in Africa, Renzi che promette di lasciare la politica se perde il referendum, il grillino che giura di ridursi lo stipendio a 2500 euro, il Salvini comunista padano, la Meloni fascista hobbit.

Prima delle videocamere c’erano fotografi che si guadagnavano da vivere appostandosi per ore e ore in tribuna stampa al solo scopo di cogliere attimi imbarazzanti: i ‘pianisti’ che votavano di nascosto per il vicino assente, il parlamentare dormiente, la Jotti col dito nel naso. Agguati poi amplificati da Striscia la Notizia, con Tapiro d’oro al malcapitato.

In realtà, nella nostra nuova repubblica fondata sul Var, non possiamo che ringraziare le videocamere. Che, è vero, ci angustiano con gli autovelox. Ma, installate a milioni su ogni strada, hanno permesso un incommensurabile balzo in avanti alle statistiche su casi risolti, criminali catturati, pirati della strada individuati. Fino agli stupratori esibizionisti come Genovese, che regalano essi stessi prove agli inquirenti con i filmatini da distribuire agli amici.

E quando useremo il Var anche fra marito e moglie, nessun Ciampolillo la farà franca: annienteremo il coniuge colpevole con un semplice rewind, facendogli risentire o rivedere la scemenza detta un’ora, un giorno, un mese prima.

Mauro Suttora

Monday, January 18, 2021

Razzi, Scilipoti, Casaleggio, Spadafora: trasformisti del terzo millennio

di Mauro Suttora


HuffPost, 18 gennaio 2021

Cos’hanno in comune coi grillini Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, eroi eponimi del trasformismo?

Molto, scopriamo. Dopo un decennio usato dai 5 stelle per far carriera sventolando i loro due nomi, simboli del male, adesso i voltagabbana, trasformati in responsabili costruttori, risultano preziosissimi per conservare il proprio stipendio.

Ma sono sfuggite ai più due altre curiose coincidenze. Da chi furono infatti eletti deputati, Razzi nel 2006 e Scilipoti nel 2008? Da Antonio Di Pietro, altro ex moralizzatore. E chi organizzava la campagna elettorale online del suo partito, Italia dei Valori? La società Casaleggio&associati, che per portare quei due gentiluomini in Parlamento incassò un milione e mezzo di euro nel 2005-10. Provenienti dal finanziamento pubblico con cui Di Pietro pagava all’azienda milanese la gestione del suo sito (e pazienza se contemporaneamente, nel 2008, la Casaleggio organizzava con il nascente Grillo politico un referendum contro quello stesso finanziamento pubblico).

Ecco quindi che, grazie alla casa madre grillina, la contiguità e continuità fra i saltatori della quaglia del terzo millennio è assicurata.

Certo, Razzi&Scilipoti furono dilettanti al cospetto di Giuseppe Conte. Il nostro ineguagliabile premier infatti detiene il guinness mondiale del trasformismo. Non si rinvengono nella storia dell’intero pianeta precedenti di un premier passato direttamente dalla guida di un governo a quella di un altro di segno opposto. 

Andreotti nel 1972 presiedette una coalizione di centrodestra e nel 1976-79 sposò i comunisti, ma dopo un intervallo di quattro anni. E, anzi, fu scelto proprio grazie ai suoi precedenti non di sinistra per rassicurare gli elettori dc di destra durante l’abbraccio col Pci.

Il liberale tedesco Genscher nel 1982 terminò l’era del socialista Schmidt e inaugurò quella del dc Kohl rimanendo ministro degli Esteri. Ma non era premier.

Si parva licet, il sindaco psi di Milano Pillitteri nel 1987 passò da un’alleanza con la Dc al Pci. Però erano tradimenti locali.

Seconda connection con lo spensierato mondo delle giravolte: il ministro grillino dello Sport Vincenzo Spadafora da Afragola. Lui con il neoalleato Mastella sente odore di casa. Se non gli riesce l’impresa di far espellere l’Italia dalle Olimpiadi (perché ha tolto al Coni l’autonomia dal governo), recupererà almeno le comuni origini campane. La sua variopinta carriera inizia infatti da virgulto 24enne come segretario particolare del presidente regionale campano Andrea Losco (Udeur di Mastella). Poi plana ovunque, destra, sinistra, centro: eccolo alla corte di Pecoraro Scanio, Rutelli, Fini, Schifani, Carfagna, Montezemolo, finché atterra dal compaesano Di Maio. 

Spadafora è un prodigio di ubiquità. Infatti il titolo della sua autobiografia, inopinatamente pubblicata da Mondadori nel 2014, è “Manifesto di un Paese che non si tira indietro”.

Ora gliele tira addosso il grillino Di Battista, che poche settimane fa alludendo a Spadafora gemeva: “Rischiamo di finire come l’Udeur”. E non erano ancora arrivati i neoRazzi&Scilipoti a salvarli.

Mauro Suttora

Thursday, January 14, 2021

Conte (quasi) out

“L’alternativa Pd è pronta: Franceschini premier con Di Maio vice”

intervista a Mauro Suttora

di Federico Ferraù

Ilsussidiario.net, 14 gennaio 2021

Renzi ritira le ministre di Iv e accusa conte di violare le regole. ma la trattativa rimane aperta. Se ne gioveranno Franceschini e Zingaretti

Sono passate da poco le 18.20 quando Renzi annuncia in conferenza stampa che le ministre di Italia viva Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, insieme al sottosegretario Ivan Scalfarotto, lasciano il governo. “La crisi politica non è aperta da Italia viva” spiega Renzi, “è aperta da mesi”. 

L’ex premier snocciola una lunga serie di critiche alla conduzione di Conte: “Proprio perché c’è la pandemia occorre rispettare regole democratiche, perché se durante la pandemia non le rispetti allora la democrazia non serve più a niente”. 

A sorpresa, però, Renzi lascia aperte diverse porte. “Noi non abbiamo nessuna pregiudiziale né su nomi né su formule”, tranne quella di un’alleanza con la destra.

Adesso si attende di capire quali saranno i binari della crisi. Mauro Suttora, giornalista, collaboratore dell’Huffington Post dopo Oggi e L’Europeo, vede improbabile un Conte ter, perché “l’obiettivo di Renzi è fare fuori Conte per conto del Pd”. Prematuro fare ipotesi, ma una di queste contempla una sorta di staffetta M5s-Pd a Palazzo Chigi. Tre, secondo Suttora, i nomi possibili.

L’unica pregiudiziale di Renzi è verso un possibile accordo con la “destra sovranista e populista”. Dunque la trattativa continua?

Sì. La politica è trattativa continua. Ma dietro Conte in realtà c’è il Pd, ridotto nei sondaggi al 19%, che non ha guadagnato un voto dell’alleanza coi grillini. In un anno di governo Salvini li dimezzò, vampirizzandoli. Ora la Lega è scesa, ma i voti di destra sottratti ai grillini sono comunque rimasti nel centrodestra, finendo alla Meloni.

Il Pd invece?

Il Pd invece non è riuscito ad attrarre il voto di un solo grillino di sinistra: il M5s era al 17% all’inizio del Conte 2, alle europee 2019, e oggi resiste al 14-16%. Invece di svuotare i grillini, è stato il Pd a grillizzarsi.

Cosa vuole veramente Renzi?

Far fuori Conte per conto del Pd.

Renzi continua a sostenere che non si vota. Come fa a esserne così sicuro?

Perché tutti gli attuali 945 parlamentari rischierebbero il seggio con un nuovo voto, dato il taglio del loro numero, tranne i Fratelli d’Italia. L’unico dato sicuro è che non ci saranno elezioni politiche fino al febbraio 2022, dopo che sarà votato il successore di Mattarella.

Conte potrebbe guidare un governo per la terza volta? O l’operazione di Renzi rende possibile “quasi” tutto ma non questo?

La vedo dura. Sarebbe il suo terzo salto della quaglia. Troppo anche per lui, che pur detiene il record mondiale del trasformismo. Non si conoscono precedenti di un premier che guida prima una coalizione e poi ne guida un’altra di segno opposto. Ricordo solo il liberale tedesco Genscher, che nel 1982 fece fuori il socialista Schmidt per mettersi con il democristiano Kohl, o il sindaco Psi di Milano Pillitteri che nel 1987 passò da un’alleanza con la Dc al Pci. Ma non erano capi nazionali di governo.

Le parole di Bettini (Pd): “ci sono le condizioni per definire un’intesa di fine legislatura” dette poco prima che Renzi ritirasse le ministre hanno ancora un senso?

Quel grande stratega di Bettini ha addirittura incoronato Conte come capo della sinistra, facendone uno statista eccelso, una specie di Moro in sedicesimo.

Stando ai retroscena, l’aut-aut di Conte ieri a Italia viva ha spiazzato tutti, Colle compreso. Tutti dunque a pensare che Conte avesse davvero i numeri. Che cosa è successo?

Più che avere i numeri, Conte li ha dati… E Mattarella lo ha ridotto a più miti consigli. Che non sono quelli di Casalino e Travaglio.

Secondo te il governo ha i voti in Senato? Insomma i responsabili si troveranno?

Mi limito a dire che i cosiddetti “responsabili” fino a pochi mesi fa venivano definiti “Razzi e Scilipoti”, orrendi voltagabbana.

Cosa faranno i 5 Stelle e gli ex 5 Stelle, quelli che sono nel Misto?

I grillini ed ex grillini ingoieranno qualsiasi cosa pur di conservare il posto, visto che sono destinati a dimezzarsi dal 33 al 16%.

“Un patto tra tutti i partiti, costruttori per il bene comune dell’Italia”. Che senso dare all’appello di Grillo?

È un appello degno del comico che è. Dopo aver tuonato per quindici anni che i politici sono tutti ladri, ora li vuole tutti con sé. L’ammucchiata finale. Pittoresco.

E adesso? Che cosa potrebbe succedere nel breve termine?

Non lo so, la politica è bella perché imprevedibile. So solo che Renzi sembra essere l’unico che fa politica oggi in Italia. L’unico che la sa fare, o che la vuole fare. È stato lui a inventare il Conte 2, costringendo il Pd ad allearcisi. E ora è di nuovo lui a distruggere la sua marionetta Conte, dopo averla creata. Sarebbe del tutto normale, a metà legislatura, una staffetta di governo. Finora il premier è stato grillino, ora è il turno di un Pd. Magari con Di Maio vice.

C’è qualcuno ne Pd che può aspirare a questo ruolo?

Franceschini, Zingaretti, Gualtieri. Ma per ora è fantapolitica.

E Renzi?

Con tutti i suoi difetti, per fortuna che Renzi c’è. Poi magari rimarrà al 3%. Ma il Pd dovrebbe fargli un monumento, se non altro come kamikaze.

Federico Ferraù 

Thursday, December 24, 2020

Il “partito del mutuo” pronto a tradire Conte e prendersi il Colle

CAOS RECOVERY

intervista a Mauro Suttora

di Federico Ferraù

ilsussidiario.net 24 dicembre 2020

L’incertezza sul Recovery Plan potrebbe indurre l’Ue a volere un nuovo governo con base più ampia. L’altro problema è che ogni calcolo sul 2022 è quasi impossibile

Il problema di Conte non è solo Renzi: l’incertezza sulla governance del Recovery Plan potrebbe indurre l’Unione Europea a volere “un nuovo governo, con base più ampia”, dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, oggi collaboratore dell’Huffington Post dopo Oggi e numerose corrispondenze estere. 

“Cambierà solo il governo, non il parlamento” perché votare non conviene a nessuno, tranne che alla Meloni, e perché il “partito del mutuo” a 5 Stelle mette la durata della legislatura davanti a tutto, anche allo stesso Conte. Il vero problema si presenterà nel 2022, al momento di eleggere il successore di Mattarella. Quando M5s, un terzo del parlamento, potrebbe essere totalmente furi controllo.

Sarà la “missione Recovery”, con i suoi tempi, a garantire la sopravvivenza di Conte?

Al contrario. Proprio la dimensione astronomica dei finanziamenti europei richiede un nuovo governo, con base più ampia. Ci rendiamo conto che i 209 miliardi del Recovery sono venti volte più del piano Marshall Usa di cui beneficiammo nel 1948-51?

Conte avrebbe trovato una mediazione con i renziani sulla struttura di governance, che secondo Iv “non c’è più”. Ma Boccia ieri ha smentito la Bellanova. Come stanno le cose?

Sono piccoli sussulti di dispute bizantine senza importanza. Con tutto il rispetto per Boccia e Bellanova, non contano nulla.

Renzi non pare intenzionato a mollare. Conte dovrà cedere la delega sui Servizi?

Mi sembra ovvio che un settore delicato come i servizi segreti non possa stare in mano a Conte, espressione di un partito che in pratica non esiste più, i grillini. Proprio il fatto che lui si aggrappi ai servizi con tale insistenza rende la faccenda sospetta. Meglio Minniti, che da sottosegretario dicono abbia già dato buona prova. 

Prodi ha criticato il governo sul Recovery: mancano “le autorità chiamate a decidere” e “le procedure e gli atti necessari per arrivare alle decisioni”.

Prodi ha ragione. È sconcertante che il Pd non se ne renda conto. Zingaretti sembra succube di Conte. Vuole affondare assieme a lui e ai grillini?

È la bocciatura da parte di un possibile presidente della Repubblica?

Prodi avrà 82 anni quando si voterà per il Quirinale. Troppo anziano, più di Pertini nel 1978.

Le urne sono un’ipotesi della realtà? O questo governo e questo parlamento sapranno resistere?

Cambierà solo il governo, non il parlamento. Nessun partito ha interesse al voto anticipato, perché con il taglio dei seggi solo la Meloni può garantire le rielezione a tutti i suoi. Neanche Salvini chiede più le urne, ora che ha perso dieci punti nei sondaggi.

Veniamo ai 5 Stelle. Possono solo appoggiare Conte? Cioè, se qualcosa va storto, esplodono?

I grillini appoggeranno qualsiasi governo, perché sono quelli che hanno più da perdere con le elezioni. Né si limiteranno a un appoggio esterno, perché hanno sviluppato una gran piacere per il potere, e quindi non molleranno le poltrone di ministro e sottosegretario. Hanno mutui da pagare. Magari perderanno una ventina di dibattistiani non disposti a governare con Berlusconi.

Riusciresti a dividere gli ex M5s che sono nel Misto tra centrodestra e centrosinistra, o sono pura materia oscura?

In uno scenario di grandi intese diventa un calcolo inutile: tutti dentro, appassionatamente. I grillini più refrattari andranno con Paragone o la Meloni, ma non conteranno nulla.

Vedi nuovi leader in pectore dentro il palazzo? O c’è solo Di Maio?

Sarà molto interessante il risultato del voto per i nuovi cinque capi del loro direttorio il 15 giugno. Casaleggio si è battuto per evitare inciuci preconfezionati com’è sempre successo finora, con una squadra fissa di cinque da votare in blocco. Questa volta si vota sui singoli, e magari prevalgono i movimentisti rispetto ai governativi.

E fuori? C’è solo Di Battista?

La maggioranza degli iscritti grillini è per lui. E lo voteranno assieme a Lezzi, Morra e l’ex ministra Grillo, se si presenterà.

Si legge in giro che l’assoluzione di Raggi cambia gli schemi tra Pd e M5s. È vero?

No, perché la Raggi non riuscirà comunque ad arrivare al secondo turno, al comune di Roma. Quindi ci sarà un ballottaggio fra Pd e centrodestra. I grillini ormai sono marginalizzati.

Chi deciderà come votano i 5 Stelle nelle elezioni del presidente della Repubblica? Grillo? Di Maio? O saranno fuori controllo?

Bella domanda. Ci sarà una massa di 300 elettori, quasi un terzo del totale, imprevedibile e ingovernabile. Alcuni pretendenti al Colle, come Sassoli, stanno già strizzando loro l’occhio per conquistarli.

Federico Ferraù 

 

Friday, November 13, 2020

Prima di Conte la letterina di Natale arrivò a Kennedy

I potenti hanno sempre ricevuto centinaia di missive dai bambini. Anche Stalin

Huffington Post, 13 novembre 2020

Non è la prima volta che un bambino, preoccupato per Babbo Natale, si rivolge a un politico. Sessant’anni prima di Tommaso Z., 5 anni, di Cesano Maderno (Monza Brianza), che ha chiesto a Giuseppe Conte di garantire al vecchio Santa Claus “un’autocertificazione speciale per consegnare i doni a tutti i bambini del mondo”, Michelle Rochon, 8 anni, scrisse una lettera dal suo Michigan a John Kennedy: “Ferma i russi, per favore. Se bombardano il polo Nord uccideranno Babbo Natale”.

“Non preoccuparti, ieri ho parlato con lui e sta bene. Farà di nuovo il suo giro questo Natale”, le rispose il presidente Usa, più sintetico del nostro premier. Era il 28 ottobre 1961. Due giorni dopo i sovietici sganciarono la bomba Zar, il più potente ordigno all’idrogeno mai sperimentato, sull’isola Nuova Zemlja, oltre il circolo polare artico. Era sei volte più devastante di quella di Hiroshima, il fungo atomico raggiunse l’altezza di 64 chilometri e il lampo fu visto a mille chilometri di distanza. L’onda d’urto rase al suolo le case di legno di paesi lontani centinaia di chilometri e danneggiò finestre anche in Finlandia.

Le circostanze oggi sono serie (virus), ma non così drammatiche. E Conte non ha rinunciato a farsi un po’ di propaganda pubblicando su Facebook la sua lunga risposta a Tommaso, prodigio già alfabetizzato: “Voglio rassicurarti, Babbo Natale mi ha garantito che già possiede un’autocertificazione internazionale: può viaggiare dappertutto e distribuire regali a tutti i bambini del mondo. Senza nessuna limitazione. Mi ha poi confermato che usa sempre la mascherina e mantiene la giusta distanza per proteggere se stesso e tutte le persone che incontra. L’idea di fargli trovare sotto l’albero, oltre al latte caldo e ai biscotti, anche del liquido igienizzante mi sembra ottima. Una buona strofinata gli permetterà di disinfettare ben bene le mani e di ripartire in piena sicurezza».

A questo punto il povero Tommaso già dorme, tramortito dalla logorrea del premier. Che però va avanti: “Sono contento di sapere che tu e i tuoi compagni rispettate con scrupolo tutte le regole, in modo da proteggere anche mamma e papà, i nonni, e le persone più care. Per questo motivo ti annuncio che non sarà necessario precisare nella letterina a Babbo Natale che sei stato bravo: gliel’ho detto io. Gli ho raccontato che quest’anno in Italia è stato un anno molto difficile e tu e tutti i bambini siete stati adorabili. Ho saputo anche che vuoi chiedere a Babbo Natale di mandare via il coronavirus. Non sprecare l’occasione di chiedere un regalo in più. A cacciare via il coronavirus ci riusciremo noi adulti, tutti insieme. Così tu e i tuoi compagni potrete tornare presto a giocare liberi e felici e ad abbracciarvi tutti. Spensierati come sempre».

Sui social naturalmente si è scatenata l’ironia. Anche perché i bambini sembrano essere diventati grafomani in tempi recenti: un certo Manuel da Settimo Torinese avrebbe inviato la sua personale solidarietà a Matteo Salvini per il processo di Catania sulla nave Gregoretti.

Così Luca Bizzarri ha scritto una parodia di lettera: «Caro Luca, sono Adelmo, un bambino di 6 mesi, e ho una domanda da farti. Secondo te il nostro presidente del Consiglio pensa davvero che siamo tutti così coglioni? Perché già ci aveva provato quell’altro signore, ti ricordi, quello che diceva che un bambino gli aveva scritto una lettera perché lo vogliono processare. E io ho pensato va be’ dai, è un po’ un pirlone, ci sta. Ora ci prova anche questo signore, ma commette un errore banalissimo: un bambino di 5 anni non scrive così. Per vedere come scrive un bambino di 5 anni deve leggere i post su Instagram del suo ministro degli Esteri. Ciao, salutami Babbo Natale, che magari non esiste, ma non esiste neanche il ciondolo anti Covid, il senso dello Stato, il rispetto della carica istituzionale, un’opposizione decente, il senso del ridicolo». 

Bizzarri ha pubblicato anche la propria risposta: «Caro Adelmo, come darti torto. Ma se puoi scrivere a qualcun altro che io i bambini finti non li sopporto. Sopporto a malapena quelli veri”.

In realtà presidenti democratici e dittatori hanno sempre ricevuto lettere dai ragazzini, più o meno imboccate dai loro genitori. Claretta Petacci scrisse al suo idolo Benito Mussolini già a 14 anni, nel 1926, dopo l’attentato di Violet Gibson al duce che l’aveva impressionata. Ne sarebbe diventata l’amante solo dieci anni dopo.

Innumerevoli furono anche le richieste d’intercessione, come questa inviata il 5 gennaio 1942 da tre ragazze ad Anna Maria, figlia di Mussolini, per farsi autografare tre cartoline col suo ritratto: “Ci troviamo per poco a Roma per poi ritornare nella nostra amata Sicilia. Siamo fiere di essere in prima linea a fronteggiare le offese nemiche, e volentieri sopportiamo qualche sacrificio perché presto arrida la vittoria alia Patria nostra diletta. Ci permettiamo inviarti tre foto del tuo grande Papà perché Egli voglia compiacersi di apporvi la sua firma che noi terremo come carissimo ricordo”.

Più tragica la vicenda di Engelsina Markizova, fotografata nel 1936 a sei anni con uno Stalin bonario e sorridente. Lei era figlia di un dirigente comunista dell’estremo oriente sovietico. La foto ebbe un tale successo che venne pubblicata dai giornali del regime con la scritta ‘Grazie, compagno Stalin, per la nostra infanzia felice’. Dalla foto venne addirittura tratta una statua, eretta a Mosca e intitolata a ‘Stalin, l’amico dei bambini’.

Engelsina ha potuto raccontare la vera storia della sua vita soltanto a 60 anni, nel 1990, dopo il crollo del comunismo. Un anno dopo quella foto suo padre, Sergei Markizov, venne arrestato come presunto agente dei giapponesi e fucilato. Sua madre, che non sapeva dell’esecuzione, fece scrivere alla bambina una patetica lettera a Stalin, per ricordargli la foto e chiedere clemenza verso un vero comunista. 

Il dittatore rispose facendo arrestare anche la madre di Engelsina, che venne esiliata in Kazakistan come nemica del popolo e morì a 32 anni, probabilmente sgozzata dalla polizia segreta. Engelsina fu affidata a una zia. La sua identità nella famosa foto venne cambiata con quella di un’altra bambina, Tagiki Mamlakat Nakhangova.

Ma i principali destinatari delle lettere dei bambini sono i loro idoli di musica e cinema. Gigliola Cinquetti ha depositato al museo Storico di Trento il suo archivio con ben 150mila lettere di ammiratori e ammiratrici. Ecco una delle più divertenti, spedita dalla tredicenne R.S. l’8 dicembre 1966: “lo ti ho scritto questa lettera per dirti si mi vuoi aiutarmi a farmi venire con te dove stai tu, perché io vorrei scrivermi a farmi cantanta, e io sono sicura che tu l’accetterai”.

Mauro Suttora

Friday, October 02, 2020

I grillini non esistono più, al nord hanno preso il 3%

CAOS M5S/ “Grillo resta il leader, il Pd pensa a Fico, il mistero è Di Maio”

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net

2 ottobre 2020 

Movimento 5 Stelle sempre più spaccato dopo la batosta elettorale: è rivolta contro Casaleggio. A contendersi la leadership saranno Di Maio, Di Battista, Fico o Taverna

Mentre il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha incontrato a Roma Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, il Movimento 5 Stelle dopo la batosta elettorale appare sempre più disorientato e spaccato. Ne abbiamo parlato con Mauro Suttora, giornalista e scrittore, attento al fenomeno-M5s fin dalla sua nascita, che ci ha confermato come il M5s di fatto non esista più: “Alle ultime elezioni ha preso il 7% a livello nazionale, il 3% al Nord. Contando gli astenuti, significa che hanno preso l’1,5%, in pratica non esiste più, anche se resta questo cadavere ambulante che è il gruppo parlamentare, che in Parlamento vale comunque sempre il 32%”. E aggiunge: sono quattro i big che possono aspirare a prendere la leadership di quello che resta: Di Maio, Di Battista, Taverna e Fico. 

Facciamo il punto sul M5s. Il Movimento è spaccato; chi ha in mano il pallino in questo momento? Grillo? Casaleggio? Di Maio attraverso Crimi?

Grillo è sempre quello che conta di più.

In che senso?

Nessuno oserà mai mettersi contro di lui, neanche Di Battista.

In realtà Grillo sembra piuttosto fuori dalla scena politica. In che modo è la figura più importante?

Basta pensare che un anno fa ha benedetto l’alleanza con il Pd e che ha detto di andare avanti così anche l’anno prossimo quando si voterà nelle quattro più importanti città italiane, Torino, Milano, Roma e Napoli. Al massimo si possono presentare separati al primo turno e allearsi al secondo.

Casaleggio invece?

Lo vedo male. Ha sbagliato a mandare il messaggio a tutti gli iscritti, si fa per dire, sarebbe meglio dire i registrati a Rousseau. Una mail tremenda in cui accusa decine di parlamentari di non pagare i 300 euro al mese alla Casaleggio e di essere indietro con le restituzioni dello stipendio, che poi su 12mila euro netti ne versano 1.700 al mese. E anche su quello molti sono indietro. In sostanza ha contro tutti i parlamentari.

Di Maio e Crimi?

Non vanno molto d’accordo. Crimi non esiste più, è scaduto il suo tempo.

Però è sempre in tv.

Perché formalmente è ancora il capo, doveva restare fino agli Stati generali, è stato miracolato dal coronavirus.

Quindi tra i due non c’è alcun legame?

No. E poi Crimi è irrilevante. Il problema sono Di Maio, Fico, Taverna e Di Battista, i quattro big.

Che non vanno d’accordo, giusto?

Giusto, però ci sono aspetti trasversali. Di Battista è movimentista, per cui è contro l’alleanza con il Pd; anche la Taverna è movimentista amata dalla base. In teoria sarebbe contraria al Pd, però sta buona perché fedelissima di Grillo. In sostanza è alleata con i governisti di Di Maio.

Ecco, Di Maio: è solo soletto?

No, ha tutti i governisti e i parlamentari, non si sa quanti, non si sa neanche quanta base ha. Non è mai stata fatta una votazione in cui ci fosse il gradimento per Di Maio da quella volta che fu votato capo politico. E poi c’è tutta la classe intermedia che è importante.

Sarebbe?

Tutti i consiglieri e assessori comunali e regionali, che saranno almeno un migliaio. Se i parlamentari si stanno emancipando da Casaleggio, questa fascia intermedia ha protestato perché i parlamentari hanno fatto la riunione congiunta una settimana fa per prendere in mano il Movimento. Giustamente hanno imposto a Crimi di dire ai giornali che faranno una riunione anche loro. Essendo il M5s un movimento che non ha mai avuto un concetto democratico di dialogo e discussione interna, è difficile  riuscire a trovare un accordo; sono abituati da dieci anni a prendere ordini da Casaleggio padre e figlio.

Articolisti e retroscenisti scrivono di una intesa crescente tra Zingaretti e Di Maio. Ti risulta? Con quali prospettive? 

Fico, che comanda l’ala di sinistra, è felicissimo di questa intesa, il Pd lo porta in braccio per candidarlo a sindaco di Napoli.

Di Maio riprenderà il controllo politico di M5s?

Potrebbe anche darsi: in nome delle poltrone e degli stipendi. Se fossi un eletto grillino starei con lui per rimanere appiccicato allo stipendio. Ma la cosa più importante è che dopo le elezioni regionali il bluff si è svelato.

Cioè?

Non esistono più, hanno preso il 7% a livello nazionale, il 3% al Nord, contando gli astenuti hanno preso l’1,5%. In pratica non esistono più, resta questo cadavere ambulante che è il gruppo parlamentare, che vale sempre il 32% dei seggi.

Conte oggi come viene percepito dai grillini?

In privato lo insultano, lo chiamano un democristiano arrivista che non c’entra niente con il Movimento, però sono costretti a difenderlo in pubblico per difendere il governo e quindi per difendere loro stessi.

I 5 Stelle diranno sì al Mes così come hanno aperto a modifiche al reddito di cittadinanza?

Diranno di sì a tutto, già si sapeva, chiedevano solo di aspettare le regionali per non perdere altri voti.

Conte e Di Maio come possono dare rassicurazioni a Pompeo sul 5G e simpatizzare con la Cina? Come stanno le cose?

Intanto Di Maio e Conte devono aspettare chi vince in America alle presidenziali, poi troveranno un modo. Come galleggiano loro non glielo insegna nessuno, sono come la vecchia Democrazia Cristiana. Peccato che il Recovery Fund non arriverà fino a chissà quando e che nel frattempo l’economia vada a rotoli.

Paolo Vites

 

Sunday, August 16, 2020

Nembo kid a Nembro? Quel maledetto 5 marzo



TUTTO QUEL CHE NON TORNA NEL RACCONTO DI CONTE SULLA MANCATA ZONA ROSSA A NEMBRO E ALZANO (BERGAMO)  

di Mauro Suttora

Huffington Post, 16 agosto 2020

Il premier Conte dice la verità su quel maledetto 5 marzo, sulle poche cruciali ore in cui lui afferma di avere appena saputo che i suoi scienziati gli chiedevano la zona rossa alla periferia di Bergamo, ma contemporaneamente a Bergamo già arrivavano 370 fra carabinieri, poliziotti, finanzieri e soldati per sigillarla?

Lo decideranno i magistrati. Paolo Mieli, nel suo pur rispettoso editoriale sul Corriere della Sera del 13 agosto, gli crede poco. Gabriella Cerami sull’Huffington Post dell′8 agosto ha già rilevato le contraddizioni in cui è caduto il premier dopo essere stato costretto a desecretare i verbali del Cts (Comitato tecnico scientifico).

Ha smentito le sue stesse parole. Quattro mesi fa, infatti, dichiarò al Fatto Quotidiano: “Il 3 marzo il Cts propone una zona rossa per Alzano e Nembro. Chiedo agli esperti di formulare un parere più articolato. Mi arriva la sera del 5 marzo e conferma l’opportunità di una cintura rossa per Alzano e Nembro. Il 6 marzo decidiamo di imporla a tutta la Lombardia. Il 7 arriva il decreto”.
Invece l′8 agosto, dopo la pubblicazione obtorto collo del verbale Cts, Conte dichiara: “Del verbale del 3 marzo sono venuto a conoscenza il giorno 5”.
Gli fa eco il ministro della Salute Roberto Speranza: “Ho saputo del verbale il giorno successivo. E il 5 l’ho trasmesso a Conte”.

Se fosse vero, sarebbe una illustrazione agghiacciante della lentezza della nostra burocrazia. Tutte le agenzie di stampa, i siti giornalistici e le tv riferirono la proposta del Cts sulla zona rossa di Bergamo già la stessa sera del 3 marzo. Gli unici ignari in Italia erano Conte e Speranza? Il dinamico Casalino non avvertì il suo premier?

Ma che le date non combacino lo dimostrano soprattutto gli avvenimenti in loco. Nella giornata del 5 marzo infatti arrivano ad Alzano e Nembro numerosi reparti di forze dell’ordine da tutta la Lombardia. In certi casi, gli stessi uomini che hanno già isolato con successo la zona rossa di Codogno (Lodi).
Nel primo pomeriggio cominciano i sopralluoghi. Tutti danno per scontato il blocco di Alzano e Nembro. L’unica incertezza riguarda il quando. Quella sera stessa? L’indomani mattina?
È stabilita perfino l’ora esatta e il posto del concentramento da dove partiranno le pattuglie per il blocco simultaneo delle strade in entrata e uscita della zona rossa: le 19 dal comando provinciale dei carabinieri nella circonvallazione delle Valli a Bergamo.
Contemporaneamente, i reparti prendono alloggio in due alberghi, a Osio Sotto e Verdellino.

Tutto a insaputa del premier, che adesso postdata la propria cognizione della richiesta di zona rossa al 5 marzo? Oppure la ministra dell’Interno e il prefetto di Bergamo stanno cinturando a sua insaputa Alzano e Nembro (che non sono paesini in mezzo al nulla come Vo’ Euganeo, ma una delle zone industriali più antropizzate d’Europa)?
Oppure ancora, prendendo per buona la sua seconda versione: Conte sa da Speranza del verbale soltanto  il 5 mattina, ma veloce come Nembo Kid riesce a spedire un intero gruppo interforze a Bergamo in poche ore, nonostante la lentezza della nostra burocrazia di cui sopra?

Poi c’è il mistero su chi e quando riuscì a far fare marcia indietro a Conte. La zona rossa di Bergamo abortì, probabilmente perché i bergamaschi - tutti, non solo i padroni - preferiscono rischiare di morire piuttosto che non lavorare.

Ma poiché il contagio si espande con una velocità di accelerazione al quadrato, se il 3 bastava isolare Nembro e Alzano, il 6 era necessario farlo con tutta la Lombardia (come ha giustamente detto Conte1, prima versione). E alla fine, il 9 marzo, l’intera Italia si ritrovò in lockdown proprio perché erano state persi sei giorni preziosi.
Sull’eventuale numero di infetti e morti in meno a Bergamo sorvoliamo, per buon gusto.

Il presidente Usa Nixon non dovette dimettersi per il Watergate (una piccola, insignificante effrazione), ma perché disse il falso sul Watergate. Clinton passò i guai non per quel che gli fece Monica, ma perché lo negò.
Le parole del gentile e flautato premier Conte svolazzano nell’aria. Inafferrabili come un virus.
Mauro Suttora

Saturday, August 01, 2020

Che bel regalo per Salvini

CAOS GOVERNO/ Un doppio rimpasto per “arginare” migranti, Regionali e autunno caldo

1 agosto 2020

intervista a Mauro Suttora


La crisi economica e le regionali saranno uno tsunami per il governo, e Conte potrebbe essere tentato, per salvarsi, di giocare d’anticipo. Ma potrebbe non bastare

È un brusco risveglio quello che il dati del Pil impongono al governo: -12,4% rispetto al primo trimestre e -17,3% rispetto allo stesso periodo del 2019.
 “È solo un antipasto della tragedia economica che arriva in autunno” dice al Sussidiario Mauro Suttora, giornalista, già corrispondente Usa per numerose testate italiane ed estere. La crisi economica e le regionali saranno uno tsunami per il governo, e Conte potrebbe essere tentato, per salvarsi, di giocare d’anticipo proponendo a Mattarella un rimpasto. Servirà? Non è detto. A quel punto per scongiurare il voto ci sarebbe solo un’ultima chance: “fare un altro governo con la stessa maggioranza, ma cambiando il premier. Però potrebbe non bastare”. Nel frattempo, con l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, la maggioranza crede di avere ottenuto una vittoria, invece è una sconfitta, secondo Suttora.

Salvini è spacciato?

No, anzi. Gli hanno fatto una pubblicità insperata.

Dovrà comparire in Procura a Palermo. Inizierà la trafila giudiziaria.

Sì, certo. Ma sono convinto che sia doppiamente fortunato. Non solo perché la maggioranza ha riaperto il suo campo di battaglia preferito, ma perché gli sbarchi sono di nuovo un’emergenza. 

Dunque è destinato a guadagnare consensi?

Io credo di sì. C’è una polarizzazione all’americana dell’elettorato. Ai leader di destra e sinistra non interessa convincere quelli che stanno al centro, i moderati, devono soprattutto mobilitare le proprie truppe in modo da convincere gli astenuti del proprio campo ad andare a votare. Chi riesce a convincere anche solo il 5 per cento dei propri elettori potenziali, vince le elezioni.

Non eravamo un sistema a tre poli? Non guardano tutti al centro?

Ormai prevalgono gli estremisti, a destra come a sinistra. Il terzo polo dei grillini è lacerato: Di Battista e l’ex M5s Paragone sono sovranisti e populisti, quindi di destra, mentre Grillo e Fico si aggrappano al Pd.

Quindi secondo te nel caso di Salvini il fattore consenso si imporrà su quello processuale.

Facciamo l’ipotesi peggiore: che sia condannato in primo grado, secondo grado e Cassazione, e gli succeda di essere cacciato dal Senato come fu per Berlusconi. 

In questo caso?

Sarebbe la sua apoteosi. Ci ricorda qualcosa la vicenda di Berlusconi dopo le rivelazioni del giudice di Cassazione?

Sdoganato a tutto campo. È più forte di prima.

Appunto.

L’ex ministro Giovanni Tria ha detto che la decisione era collegiale.

Ma certo, nessuno nel governo obiettò. E comunque sono decisioni politiche in cui i magistrati non devono assolutamente entrare.

È il Parlamento che ha votato l’autorizzazione a procedere.

Infatti. Proprio per questo io l’avrei negata. I senatori avrebbero dovuto difendere l’autonomia della politica rispetto alla magistratura. Ripeto, a Salvini è stata apparecchiata una torta. E poi: viene mandato a processo nel giorno in cui vengono trovati positivi 129 migranti in un centro di accoglienza nel trevigiano? Siamo a posto.

I giornali hanno ritratto un Salvini deluso, quasi si aspettasse di avere da Renzi un aiuto che non è arrivato. 

Può darsi. Anche perché non si capisce che cosa è cambiato dalla Commissione all’Aula in questi mesi. Non c’è alcun fatto nuovo: o Renzi aveva ragione prima (in Commissione Iv votò no al processo, ndr) o ha ragione adesso, non può aver ragione entrambe le volte. 

Come commenti invece la linea di M5s? 

È puro trasformismo. Durante il governo giallo-verde tiravano dalla parte del buonismo, giocando a quelli che moderavano Salvini. Adesso fanno i cattivisti con i buonisti del Pd. Durante il Conte 1 c’era il famigerato “inferno libico”: adesso non c’è più? Sicuramente c’è chi viene dalla Tunisia con zainetto e barboncino.

Sul Mes cosa faranno?

A settembre-ottobre, quando non ci saranno più i soldi per pagare stipendi e pensioni, il Mes verrà votato in due ore e nessuno nei 5 Stelle dirà nulla. Sarà, temo, una situazione come quella delle ultime settimane di Berlusconi nel 2011, prima dell’arrivo di Monti.

I Cinquestelle sono contrari. Come ne usciranno?

Rinviando il dibattito sul Mes a dopo le regionali. Cambieranno idea. Lo stesso Speranza, nemico dei cosiddetti poteri forti e della troika, non vede l’ora di disporre di quei soldi, che obiettivamente ci servono.

Ci servono, ma dovremo restituirli.

Quello è un altro capitolo. Per dirne una: con l’arrivo dell’influenza in autunno dovremo decuplicare i tamponi, ci vorranno operazioni di screening su vasta scala. Come fare per sapere se i 38 gradi di febbre degli italiani sono Covid o normale influenza? Chi farà questi tamponi? Ancora: il Policlinico di Milano attende l’ammodernamento da vent’anni.

Dunque il governo non è pronto?

Non pare. Passa il tempo a discutere di quali banchi comprare per le scuole.

Nella lunga partita a scacchi per le presidenze delle commissioni, Forza Italia ha aiutato il governo. Sembra che al suo interno sia guerra per bande.

Di certo dipende da quello che dice Berlusconi. L’appoggio esterno arriverà al momento del Mes. Lo abbiamo già visto in settimana, con il sì al prolungamento dello stato di emergenza. Le assenze di una trentina di forzisti sono state strategiche.

Il governo è all’altezza dello stato di emergenza o potrebbe venire soverchiato dagli avvenimenti?

Non è all’altezza nemmeno dell’ordinaria amministrazione, basti il fatto che l’Azzolina è ancora al governo. Quella dell’emergenza sarà una parentesi utile per “sburocratizzare” – cioè buttare soldi in banchi scolastici e altro senza gare d’appalto – o per intervenire ancora sulle attività economiche, vedi la chiusura delle fiere.

A proposito di Azzolina. Le voci di un possibile rimpasto non sono morte del tutto. Lo escludi?

Al contrario. Potrebbe essere un modo furbo di Conte per prevenire una crisi vera e quindi un suo esautoramento. Alle regionali del 20 settembre M5s e Pd potrebbero prendere una tale batosta che la situazione sarà insostenibile. Meglio anticipare le mosse.

Intanto il Pil ha fatto segnare la peggior contrazione di sempre: -12,4% nel secondo trimestre.

È solo un antipasto della tragedia economica che arriva in autunno. La gestione dell’economia è stata disastrosa. Se un datore di lavoro con due dipendenti incassa il 30 per cento in meno, non può licenziare fino al 31 dicembre. È sbagliato: bisogna proteggere il lavoratore, non il posto di lavoro.

Come?

Permettendo i licenziamenti, ma  varando contemporaneamente sussidi di disoccupazione seri. In certi Stati degli Usa chi guadagnava 3mila dollari ha un sussidio di disoccupazione di 2.500, non di 1.200. I questo modo si alimentano i consumi e si mantiene attivo il mercato del lavoro. Non si possono legare i dipendenti a posti di lavoro che non ci sono più, come stanno facendo Gualtieri e Conte. 

Dopotutto, per restare in sella il governo Conte 2 e la maggioranza che lo sostiene devono solo raggiungere l’agognato inizio del semestre bianco, 1° agosto 2021. 

Non so se ci arrivano. Sicuramente, per scongiurare il voto la prima mossa è quella di fare un altro governo con la stessa maggioranza, ma cambiando il premier. Però potrebbe non bastare.
Federico Ferraù