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Friday, April 09, 2021

Addio cashback: i contanti non sono male

  

Soltanto quattro mesi fa sembrava che i contanti fossero la rovina dell’economia italiana. Ora invece, dietrofront.

di Mauro Suttora

HuffPost9 aprile 2021


Addio cashback, quindi. Soltanto quattro mesi fa sembrava che i contanti fossero la rovina dell’economia italiana. Perciò, lotterie e premi di miliardi per chi li rimpiazza con carte di credito e bancomat. Ora invece, dietrofront. Uno dei tanti, rispetto all’immaginifica era Conte-Arcuri: nel cestino app immuni, monopattini, banchi a rotelle e primule.

Resta però il dilemma: è vero che per annientare gli evasori fiscali e, già che ci siamo, pure i mafiosi, bisogna scoraggiare il contante? Contro questa tesi si è espresso niente di meno che Carl-Ludwig Thiele, dirigente della Bundesbank, la banca centrale tedesca: “Non mi risulta che nei paesi con un limite massimo per i contanti ci sia meno criminalità”. E si è chiesto provocatoriamente: “Dovremmo proibire i telefoni cellulari? Anch’essi, come i contanti, rendono più facile ai delinquenti compiere i loro crimini”.

Nel suo nuovo libro Viva i contanti (Ponte alle Grazie) Beppe Scienza, docente di matematica all’università di Torino, nega che l’obiettivo della lotta alle banconote sia l’evasione fiscale: “Solo un loro divieto completo servirebbe, ma richiederebbe l’uscita dall’euro. Che non propone però nessuno dei pugnaci combattenti della guerra contro i contanti, la ‘War on cash’”.


E allora, perché tutta questa spinta per i pagamenti elettronici? “Perché sui contanti le banche non guadagnano niente. In compenso convengono a negozianti, ristoratori e artigiani, i quali evitano provvigioni e costi vari, che altrimenti ribaltano poi inevitabilmente sui prezzi”.


I contanti infatti funzionano sempre, senza bisogno di apparecchi o collegamento a Internet. Tengono riservate le abitudini di consumo e danno il senso della spesa: uno vede subito quanto gli avanza. Permettono di pagare anche a falliti, homeless, minori, privi di conto bancario o carta prepagata.


È anche falso che in Italia siano troppo diffusi: i tedeschi li usano altrettanto, per l’80% dei pagamenti. Le banconote difendono poi egregiamente in caso di imposte patrimoniali o di ritorno alla lira. Sono la miglior riserva di valore, perché non consistono in moneta bancaria: li emette la banca centrale, che non fallisce. Occorrono solo alcune avvertenze per i prelievi e le cassette di sicurezza, che il libro spiega.


Si può convenire o no sulla tesi di Scienza, l’elogio dei contanti, ma il suo lavoro è anche ricco di informazioni e curiosità. Per esempio: agli sconsiderati che vogliano nascondere i propri averi sotto il materasso, convengono più i lingotti o le banconote?


“Prendiamo un lingotto d’oro da un chilo e una mazzetta di biglietti di banca da 500 euro, che complessivamente valgano altrettanto. L’ingombro, cioè lo spazio che occupano, sono simili. Non nego che psicologicamente il lingotto infonda un senso di sicurezza maggiore, e non solo perché pesa di più. Però come riserva di valore le banconote funzionano meglio dei lingotti. Infatti i vantaggi dell’oro sono pochi, e molti gli svantaggi”.


Il libro ne elenca parecchi, in particolare i saliscendi del prezzo e gli alti costi per acquisto e rivendita.

Le banche si lamentano per gli alti costi di gestione dei contanti. 

“Ma è strutturale che li abbiano”, taglia corto Scienza. “Bella pretesa, volerli evitare. È come se uno stabilimento balneare pretendesse di impedire ai clienti di andare in acqua, per non dovere pagare i bagnini”.

Mauro Suttora