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Sunday, April 11, 2021

Salvini e la lezione Gregoretti: separare morale e giustizia

Siamo diventati tanti piccoli gup, perennemente sentenziosi e buffi. E invece niente, calmatevi. Se il leghista è un eroe o un mascalzone non lo decide un giudice

di Mauro Suttora

HuffPost, 11 aprile 2021

Ce la possiamo fare. Se nel 1648 abbiamo cominciato a separare la politica dalla religione, con la pace di Vestfalia, prima o poi riusciremo anche a distinguere fra morale e legge.

La procura di Catania ha chiesto l’assoluzione di Matteo Salvini per la nave Gregoretti: il capo della Lega non commise i reati di sequestro di persona e abuso d’atti d’ufficio quando vietò per sei giorni lo sbarco a 131 migranti.


Applaude la curva nord dei tifosi di centrodestra, ammutoliti quelli di sinistra. Peccato che le aule di tribunale non siano stadi: paghiamo i giudici non per decidere se un politico abbia fatto la cosa ‘giusta’, o migliore, o più umana, ma solo per sapere se ha violato precisi articoli del codice penale.

Inutili quindi sia le feste che il lutto, di fronte a richieste di archiviazione o incriminazione. Certo, l’equivoco è facile: la parola ‘giustizia’ contiene in sé l’aggettivo ‘giusto’. Quindi viene spontaneo caricare ogni sentenza di valore moralistico. Soprattutto per noi educati alla bontà dal catechismo, e ora immersi in quell’Era della Suscettibilità (© Guia Soncini) che ci fa stazionare col ditino alzato sul divano: siamo diventati tanti piccoli gup, perennemente sentenziosi e buffi.

E invece, niente. Calmatevi. Salvini non è né un eroe che ci difende dall’invasione dei clandestini, né un mascalzone che tortura donne e bimbi africani. O meglio, ciascuno di noi potrà continuare a pensarlo, e a votare di conseguenza. Ma non lo decide certo il giudice di Catania Nunzio Sarpietro (lui meno di tutti, fan dichiarato dell’ex premier Conte), né quello di Palermo che sta per giudicare Salvini su un caso uguale, il blocco della nave Open Arms.

Le loro sentenze non stabiliranno la ‘bontà’ (della politica) del capo leghista, ma solo se un suo determinato atto in un determinato giorno e luogo ha “integrato una fattispecie di reato”. Come ci hanno insegnato alla facoltà di giurisprudenza. Dove, lo confesso, ero un fan di Kelsen: quel giurista tedesco che per aver osato affermare la neutralità della legge si beccò del paranazista dai comunisti. Ma erano tempi complicati.

Ora invece sono i tempi dei grillini, che assolsero (politicamente) Salvini per il blocco della nave Diciotti quand’era loro alleato, ma lo hanno crocifisso per le navi successive: peccato che il codice penale non abbia fatto anch’esso un salto della quaglia assieme a loro, da destra a sinistra.

In ogni caso, il capo leghista è fortunato: meno di due anni sotto processo. Ai magistrati di Bertolaso ce ne sono voluti dieci per assolverlo. Stessa agonia per il sindaco di Parma Vignali, che dovette dimettersi nel 2011: diede il via all’epopea grillina con la vittoria dell’ottimo Pizzarotti. Assolto pure lui un anno fa, con annesse scuse della pm. E il povero Bassolino? Ci conviene fare proprio come i bagni per maschi e femmine: tenere separata la morale (e la politica) dalla giustizia.

Mauro Suttora