di Mauro Suttora
Friday, October 19, 2018
Il pensionato d'oro vince la causa
di Mauro Suttora
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Grillini e preservativi
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Travaglio: verità e sciocchezze
Wednesday, April 18, 2018
Macron: inversione a U grillina
di Mauro Suttora
Libero, 18 aprile 2018
«Macron non fa altro che regalare tempo prezioso allo schieramento di plastica dei manichini serventi dell’euro, moneta impossibile».
Così Beppe Grillo soltanto 11 mesi fa stroncava la vittoria di Emmanuel Macron. Ora invece il presidente francese ai grillini piace: «Vuole il coinvolgimento dei cittadini nelle politiche dell’Unione europea, la sovranità digitale, la carbon tax. Dice che l’Italia deve riprendersi il ruolo che la nostra storia e importanza ci impongono. Siamo pronti a collaborare con lui».
Un altro forno in Europa? Agli eurodeputati 5 stelle è bastato ascoltare il primo discorso di Macron al Parlamento di Strasburgo per farsi ammaliare. E pazienza se pochi giorni fa il presidente francese era in prima linea nei bombardamenti sulla Siria. Così si sono precipitati a stilare un documento grondante simpatia: «Siamo pronti a discutere le sue proposte di riforma della Ue, punto per punto». Dimenticando che Macron vuole gli Stati Uniti d’Europa, bestia nera degli antieuropeisti, nel cui gruppo i grillini tuttora siedono.
L’inversione a U ha provocato una prevedibile valanga di commenti negativi sulla Rete da parte della base grillina: «È credibile uno che il giorno prima ordina l'attacco al "nemico" in modo unilaterale, senza preoccuparsi minimamente di quello che pensa l’Europa, e il giorno dopo va in Europarlamento a fare la morale sulla necessità di un’Europa unita e riformata?», scrive Daniele ‘Danyda’. «Sta prendendo in giro tutti, M5s incluso. Attenti alle false sirene». E Giorgio Pagano: «Ha bombardato la Siria dietro autocertificazione. Per produrre più disperazione e miseria e poi accollarla a Italia, Spagna e Grecia».
Per rimediare alla scivolata, qualche ora dopo il gruppo 5 stelle precisa: «Abbiamo letto alcune ricostruzioni fantasiose sul nostro rapporto con En Marche di Macron. La nostra linea è sempre la stessa: dialogo con tutti quelli che vogliono rilanciare il progetto dell’Unione. Abbiamo sempre lavorato in modo costruttivo con tutti. Il resto sono speculazioni».
Abbiamo chiesto un’interpretazione autentica a vari eurodeputati 5 stelle. Niente da fare. Il movimento della trasparenza nei momenti d’imbarazzo diventa omertoso. Nessuno osa commentare ufficialmente: manca un anno al voto europeo, si rischia la ricandidatura (e lo stipendio da 40mila euro mensili).
L’unica a parlare è Daniela Aiuto, autosospesa da un anno (altri tre eurodeputati hanno abbandonato il gruppo, ora sceso a 13 eletti): «Non ho visto entusiasmo per Macron da parte degli eurodeputati 5 stelle. Solo un’apertura cordiale verso chi si presenta per la prima volta. Anche perché il presidente francese ha attaccato genericamente tutti i populismi, senza un cenno agli errori da cui sono scaturiti. E ha condannato gli egoismi nazionalisti, ma poi neanche la sua Francia ricolloca i migranti».
E allora, visto che gli europarlamentari grillini non si sono scaldati troppo, chi ha deciso la clamorosa auto-offerta a Macron? Probabilmente si è ripetuto l’infortunio del gennaio 2017 quando, all’insaputa o nella contrarietà di quasi tutti gli eletti, la società Casaleggio decise di farli uscire dal gruppo degli antieuropeisti, passando ai liberali filo-Ue. Per poi essere rifiutati da questi ultimi.
«Quindi questa è solo la seconda puntata del cammino del M5s verso l’europeismo: vogliono mettersi con Macron e i Ciudadanos spagnoli», commenta con Libero Lorenzo Fontana, vicesegretario della Lega appena dimessosi da eurodeputato.
Tuesday, March 27, 2018
Fico: i segreti dell'estremista convertito
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I grillini epurano un altro capolista
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Chi comanda veramente nei 5 stelle
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Di Maio nel Nord che non lo ama
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Scherzi grillini: finti economisti, conti svizzeri, escort gay
di Mauro Suttora
Libero, 5 febbraio 2018
Il vero motivo per cui i grillini hanno nascosto imbarazzati per mezzo mese i risultati delle loro primarie è finalmente emerso: pochissime preferenze.
Il loro metodo assurdo, per cui chiunque poteva candidarsi se vergine politicamente e penalmente, ha fatto disperdere i voti su 10mila arrivisti, più che attivisti.
Quindi, ancora una volta, alla lotteria per conquistare il superbo stipendio da parlamentare (12mila mensili, al netto delle truffaldine "restituzioni" di circa 2000 euro, con rendiconti farlocchi senza ricevute - semplici autodichiarazioni sulla fiducia) è bastato racimolare poche centinaia di voti di amici, parenti e clienti.
A volte poche decine, come la capolista milanese al Senato Simona Nocerino: soltanto 57 aficionados.
Particolarmente bruciante per Luigi Di Maio il confronto con Paola Taverna e Carla Ruocco, esponenti della corrente movimentista a lui avversa: 490 voti al 'capo politico', 2.136 e 1.600 alle regine dei 5 stelle.
Quest'anno, ad aggravare il fattore-deserto, si è aggiunta la fuga di Grillo. Per votare gli iscritti hanno dovuto spostarsi nel giro di pochi giorni dal vecchio blog al nuovo, dopo l'abbandono del comico terrorizzato dai processi e dalle richieste di risarcimento degli ex che gli grandinano addosso da tutta Italia.
Quindi buona parte dei simpatizzanti, annoiati o bloccati dalla lunghezza delle procedure, non ha votato.
In compenso, fra i candidati paracadutati dall'alto che non hanno dovuto sottoporsi alle primarie (oltre al portaborse mastelliano di Gigino, Vincenzo Spadafora, imposto a Casoria) spicca il caso di Lorenzo Fioramonti.
Di Maio lo spaccia per "grande economista", si è fatto accompagnare da lui a Londra per baciare la pantofola agli ex odiati "speculatori della finanza".
Il genio anti-Pil risulta avere un dottorato di scienze politiche a Siena, dopodiché è emigrato prima in Germania, poi a Pretoria in Sudafrica.
Lì lo hanno assunto, e lui ha fondato un Centro studi dal nome altisonante ("Per l'innovazione della governance"), che però non ha neanche l'indirizzo web dell'università: il dominio internet, come ha appurato il giornalista Luigi Cangiano, presidente del movimento Stop Camorra, l'ha dovuto registrare Fioramonti stesso a proprio nome. E il suo libro 'Presi per il Pil' lo ha pubblicato un editore dal nome infelice: Asino d'oro.
Gli infortuni delle primarie sono innumerevoli. La più votata a Milano, Laura De Franceschi, attivista conosciutissima e rispettata della vecchia guardia, è stata epurata dopo che un delatore anonimo, suo nemico interno, ha riesumato un articolo vecchio di tre anni con il suo nome che appare nella famigerata "lista Falciani" di quelli che avevano un conto in Svizzera. Il suo ammonterebbe a 80mila dollari. Lei ha negato, ma intanto è stata depennata.
Ugualmente cacciato senza potersi difendere è stato il candidato maschio più votato a Torino. Con metodo da Stasi lo hanno accusato perché una sua foto apparirebbe in un sito di escort gay.
Il malcapitato, Marco Corfiati, non ha neppure ricevuto una comunicazione dal movimento. Gli hanno soltanto detto che avrebbe causato un "danno d'immagine".
"Ma davvero pensate che se fossi stato un escort gay non avrei ripulito la mia, di immagine, prima di candidarmi?", ha commentato lui, amaramente.
A Imola (Bologna) invece come capolista all'uninominale è stato catapultato dal vertice Claudio Frati, consigliere comunale dal 2013.
In teoria i posti all'uninominale erano riservati alle "eccellenze" esterne, ma alcuni fortunati li hanno ottenuti per non sottoporsi alle rischiose primarie (a Milano, per esempio, i movimentisti hanno trombato il casaleggiano Stefano Buffagni, considerato il Di Maio del nord).
Non si capisce però in che cosa eccella il simpatico Frati. Dichiara reddito quasi zero. Certo, non è l'unico, in un movimento con centinaia di nullatenenti e nullafacenti (come il candidato a Latina che paga solo 7 euro d'affitto, ora costretto a promettere di ritirarsi).
Pare che il maggior merito di Frati, sussurrano gli attivisti locali, sia la fedeltà al ras di Bologna Max Bugani.