Friday, March 25, 1988

Fobie

La paura fa 90

Ci sono i rupofobi, i cleptofobi, i tachifobi. E poi i cinefobi , i cinofobi e i claustrofobi. Qualcuno non sopporta la profondità dell'universo, altri i capezzoli, le spalle, i laghi. Riconoscete qui la vostra angoscia privata. E tranquillizzatevi in buona compagnia

di Mauro Suttora e Fiamma Arditi

Europeo, 25 marzo 1988

Scusi, lei che fobia ha? Domanda indiscreta, privata, impertinente. Alla quale riesce a rispondere, probabilmente, solo chi di fobie veramente gravi non ne ha. Da quando, nel 1908, Sigmund Freud scopri' che il piccolo Hans, un bimbo di 5 anni, aveva la fobia di essere morso dai cavalli, di acqua ne e' passata sotto i ponti. Ma, anche se aggredite scientificamente dalla psicanalisi, le fobie non sono certo scomparse. Anzi.

"Per la verita' , almeno nel caso delle nevrosi isteriche , la scoperta della finzione drammatizzante le ha fatte diminuire drasticamente", avverte Giuseppe Zappone, psicoterapeuta comportamentale di Milano , autore del libro Origine e superamento delle paure inutili (ed . Masson) . " In compenso sono aumentate , negli ultimi decenni e soprattutto negli ultini anni , le fobie estetiche : quanti adolescenti , anche maschi , che non escono di casa perche' hanno paura di essere brutti , o comunque non all' altezza dei modelli proposti dalla pubblicità".

"Freud metteva le fobie in relazione alle figure interiorizzate dei genitori", spiega Massimo Ammanniti, professore di psicopatologia a Roma, "e infatti in generale le fobie sono legate ai conflitti edipici. Molto frequenti nei bambini , in alcuni adulti rimangono come conflitti residui ed entrano a far parte del carattere".

Spiegazione tranquillizzante ? Proviamo a ripetere la domanda : scusi, qual e' la sua fobia ? Ecco un elenco (nient'affatto esaustivo) di novanta paure, incubi e ossessioni che attanagliano personaggi della cultura, dello spettacolo, della politica. Alcuni sono semplici fastidi, raccolti al volo, altri sono veri e propri terrori cosmici . Ma anche le fobie piu' piccole e insignificanti possono essere fastidiose: sia per chi le ha, sia per chi gli sta attorno. E quando si trasformano in manie, seppur simpatiche e inoffensive, sono dolori per tutti . Cominciando dalle piu' comuni, ne elenchiamo novanta, in omaggio al detto: " La paura fa novanta".

CHIUSO. Soffre furiosamente di claustrofobia , oltre a Renato Vallanzasca, l'editrice Adelina Tattilo.
APERTO . " Da bambino avevo l' agorafobia , ma forse per il lavoro che faccio mi sta scomparendo ". Ippolito Pizzetti, architetto di giardini .
SILENZIO . Arrigo Cipriani , proprietario dell' Harry' s Bar a Venezia : " Non mi piace il rumore dell'Harry's Bar vuoto ". ASCENSORI . Gabriella Farinon , ex presentatrice tv , moglie dell'imprenditore Stefano Romanazzi , ha evitato gli ascensori dopo aver subito un tentativo di violenza in quello di casa sua. Il giornalista Giuliano Ferrara non sopporta gli ascensori chiusi, senza porte di vetro. Anche Antonio Del Pennino, deputato repubblicano, tituba dopo essere rimasto prigioniero di un ascensore per tre ore una domenica d'estate .
VOLARE . Oltre all' ex campione del mondo dei pesi massimi Cassius Clay Muhammad Ali, Sandra Mondaini , Raimondo Vianello e Monica Vitti , anche Adriano Celentano e Mina, nonche' Pupi Solari, proprietaria di negozi di moda , sono vittime di un' insuperabile paura di volare . E per questo che non hanno mai tenuto concerti negli Stati Uniti .
SPORCO . Rupofobia , dal greco " rupos " . " Sono sempre con lo straccio della polvere in mano " , dichiara l' attrice Paola Borboni , 88 anni . " E una mania legata alla mia infanzia : mia madre mi ha cresciuto con il terrore dei microbi che portano le malattie , e che si trovano nella polvere . Ma almeno e' una paura positiva : la mia casa e' uno specchio" .
CUOCHI . " Ho una paura furiosa delle pentole , dei piatti , ho il terrore che un leggero residuo di polvere o di grasso sia rimasto su di loro . Ecco perche' ho paura dei cuochi . Per il resto la polvere puo' ricoprire tutto : i libri , le persone , le cose , non mi importa " . Valentino Zeichen , poeta .
PULITO . La fobia per lavaggi e abluzioni frequenti non e' piu' monopolio dei sozzoni . Parlate con un dermatologo . " I bimbi , le donne , gli anziani e chi ha la pelle asciutta , non deve lavarsi tutti i giorni " , avverte infatti il professor Giancarlo Armuzzi di Milano . L' eczema da troppa pulizia e' in aumento .
VELOCITA' . La tachifobia quasi paralizza Joanne Woodward , moglie di Paul Newman : ha fatto tarare la propria auto per non poter superare i 40 chilometri all' ora , neppure spingendo al massimo l' acceleratore . Purtroppo per lei , suo marito e' invece un noto fanatico delle auto da corsa .
ANGOLI . Mai tagliare gli angoli delle strade e accarezzare sempre gli spigoli . Lo raccomanda l' ex deputato comunista Antonello Trombadori .
SPECCHI. Guai se si rompono . Sono molti a crederlo . Anche Marisa Bellisario , amministratore delegato dell' Italtel . SCALE. Monica Vitti . Se per distrazione passa sotto una scala , da attrice comica , qual e' diventata , ritorna a essere una diva drammatica come ai tempi del film Deserto rosso.
OLIO E VINO. Quando li rovescia inavvertitamente a tavola, l'industriale Pietro Barilla , per superare il trauma , bagna il dito e si tocca il lobo dell' orecchio.
SERPENTI. Ofidiofobici sono sia l'attrice Ann Margret sia il deputato liberale Paolo Battistuzzi : " Mia moglie ed io volevamo comprare una casa di campagna in Umbria " , racconta Battistuzzi , " sapendo che in zona si avvistavano serpenti , abbiamo cambiato idea " .
TOPI . L' attore Clint Eastwood e la psicologa Gianna Schelotto (deputata della Sinistra indipendente) condividono lo stesso schifo : per i topi . " Specialmente quando il tu per tu avviene in una stanza " , precisa la Schelotto .
CIVETTE . Stefano Romanazzi , imprenditore barese e marito di Gabriella Farinon (vedere alla voce ' ' ascensori' ' ) , appena scorge la sagoma di una civetta su un quadro o su una stoffa scappa .
FORMICHE . Alberto Bevilacqua , scrittore : " Ho il terrore delle persone che , come le Formicole rosse nel romanzo di Remo Lugli , ti si appiccicano addosso recitando sentimenti di finta amicizia , ma soltanto per spremerti qualcosa . L'ipocrisia e' una mistificazione che va ben oltre la semplice bugia " .
UCCELLI . Sono numerosi gli amanti dell 'omonimo film di Alfred Hitchcock : quelli che non ce la fanno ad attraversare piazza Duomo o piazza San Marco per paura dei piccioni .
SE STESSI . Autofobia : " La mia sola paura e' di vedermi e farmi vedere la mattina presto , quando non sono ancora truccata " . Jaclyn Smith , Charlie' s Angel .
INFLAZIONE . Pietro Citati , scrittore : " Mi scusi tanto , ma in questo periodo ho dato tante di quelle interviste che ho paura di inflazionarmi " .
BALLERINI . " Mi sento male a guardarli " , dice la regista Muzi Lofredo , " se trasmettono un film di Fred Astaire alla tv devo girare subito la faccia dall' altra parte " .
GATTI. Alberto Dall' Ora , avvocato : " Ricordo con terrore i 700 metri di retromarcia che mia moglie mi ha fatto fare nel centro di Vigevano dopo che di fronte alla nostra auto era passato un gatto nero " . Davanti ai gatti neri perdono ogni ritegno anche il giornalista sportivo Paolo Valenti , Corrado , Alberto Sordi , nonche' il sottosegretario socialista alla Sanita ' , senatrice Elena Marinucci .
CANI. Cinofobia. La Quaker Chiari e Forti è una società leader nella produzione di cibi per animali. Ma, ironia della sorte, il suo presidente Giulio Malgara non può soffrire i cani.
CINEMA. Cinefobia . Che fine ha fatto il piu' volte annunciato film di Federico Fellini Viaggio di G. Mastorna ? Il superstiziosissimo regista lo ha avviato , ma non lo ha mai portato a termine . Molte le scuse : un' inspiegabile malattia , improvvisi intoppi della produzione , persino un misterioso incendio del copione . Ce n' e' abbastanza per decretare una fobia di Fellini verso questo disgraziatissimo film .
TELEVISIONE. " Non sono un voyeur " . Giorgio Caproni , poeta . " Per me la tv non esiste , la detesto " . Emilio Servadio , psicanalista . " Ho otto figli e preferisco stare con loro " . Giuseppe De Rita , sociologo . " Non guardo la tv , ma devo passare le mie serate a sentire opinioni sulla tv . . . " . Grazia Cherchi , critica letteraria .
INTERVISTE IN TV. Marella Agnelli, moglie del presidente della Fiat Giovanni: "Le ho sempre rifiutate, con la fermezza di una roccia. Mi disturba perfino pensarci. Mi fanno sentire come da ragazzina prima d'un esame: inadeguata. Dovrei nascondermi dietro qualcosa, per farle. Ad esempio dietro un cappello... La tv trasforma i non valori in valori. Peccato".
INTERVISTE AL TELEFONO . Francesco Rosi , regista : " Ho la fobia di voi giornalisti che volete fare le interviste per telefono " .
SENZA TELEFONO . " Ho la fobia di non comunicare con l' esterno . Mi sembra di stare in una casa morta " . Achille Bonito Oliva , critico d' arte .
NATURA . Il prototipo del maschio virile , John Wayne , non si vergognava di ammettere in pubblico il proprio sacro terrore di fronte agli elementi primordiali della natura : vento (anemofobia) , fuoco (pirofobia) , acqua (talassofobia) : " Ho avuto a che fare con tutti e tre , ragazzi , e vi dico che l' avrebbero avuta vinta se non mi fossi sbrigato a scappare " .
TERREMOTI . " Faccio spesso un sogno : io , mio marito e i miei figli stiamo su un' isola bellissima , incantata . Improvvisamente , pero' , arriva un terremoto o un maremoto . Mi sveglio morta d' angoscia " . Rosanna Vaudetti , annunciatrice tv.
DIAVOLO . Per Paolo Pietroni, ideatore e curatore di Sette, la paura e' un desiderio negativo . La sua fobia per il maligno lo conferma. Lo teme come principe della notte , come entita' negativa all' armonia di un mondo possibile. Lo corteggia e lo usa , quando lo sente in se' come anima nera , per distruggere : un rapporto , un' impresa , un affare .
INFERNO . Anthony Burgess , scrittore inglese , laico : " Non possono esserci molti dubbi che ci aspetta un inferno dopo questa vita " .
FANTASMI . " Mi terrorizzano . Avverto le ' ' presenze' ' di provenienza arcana per una qualche facolta' paranormale che mi porto addosso da sempre . Di notte mi fanno rischiare l' infarto " . Sandra Milo , attrice .
MORTE . L' unica paura di Roberto d' Agostino , arbiter elegantiarum , potrebbe forse essere quella di apparire normale . E invece no , il suo cruccio e' assai normale : " Fobie ? Paure ? Mah . . . forse la morte " .
VECCHIAIA. Marina Punturieri, 46 anni, moglie di Vittorio Ripa di Meana , ex Lante della Rovere , e' gerontofoba : " Ho paura del declino fisico che si subisce inevitabilmente con l' eta'. Chi dice che si puo' invecchiare bene fa della retorica , o sfugge alla realta' . La morte non la temo : e' una tappa , l' ultima , gia' scontata . Ma il declino fisico , e ancor piu' quello intellettuale , mi fanno proprio orrore " .
AMBULANZE . " Mi viene la nausea quando vedo un' ambulanza con la scritta ' ' ambulanza' ' alla rovescia " , Luciano Satta , linguista .
SOLITUDINE . "Per esistere bisogna che si mettano in tanti" : cosi' Jean Paul Sartre, nella Nausea, bollava sprezzante i monofobici . Ma Dario Argento, regista dell' orrore , e' un uomo dominato da questa paura : " Non posso dormire da solo . Il clima angoscioso dei miei film rispecchia le mie ansie personali , le mie nevrosi " .
LADRI . Alberto Lattuada , regista , e' cleptofobo : " Provo una vera e propria repulsione nei confronti dei ladri di ogni tipo : da quelli delle tangenti miliardarie a quelli dei furtarelli da 30 mila lire . Rifiuto quindi i doni , non mi faccio mai corrompere " .
BUIO . Ornella Vanoni non dorme mai a luce spenta. Laura Antonelli di notte accende tutte le lampade di casa : " Il buio mi mette addosso una sensazione di terrore che mi prende alla gola e quasi mi paralizza , sia fisicamente che psicologicamente . Mi rendo conto che e' puerile tenere le luci accese quando si dorme , perche' con gli occhi chiusi la luce non si vede piu' . Ma il buio mi angoscia". Stessa fobia anche per la pur battagliera Jane Fonda.
LUCE . Fotofobico era Ugo La Malfa , convinto che alzarsi dopo il levar del sole portasse male . E l' industriale Alberto Pirelli faceva ogni sera il giro degli uffici della sua societa' per chiudere tutte le luci . Fobia da bolletta ?
GAS . " Avro' spento il gas ? " . Rosi dall' incertezza , si alzano e rialzano dal letto finche' il sonno non li fa crollare . Su questa fobia diffusa Giorgio Gaber ha montato una celebre gag .
NEVE . " La neve e la montagna mi danno un senso di distacco , di convalescenza . La neve , cosi' immacolata , mi ricorda malattie letterarie come la tubercolosi , che da grande magari ti fanno diventare uno scrittore famoso " . Achille Bonito Oliva , critico .
MARE . La puntata di Love Boat dove e' apparsa Janet Leigh ha dovuto essere girata tutta a terra , in una cabina ricostruita e su un ponte finto che dava su un prato verde . " Se vado in mezzo al mare " , ha spiegato l' attrice americana , " provo la sensazione di essere inghiottita da un momento all' altro " .
ONDE . " Da quella volta che ho rischiato di affogare a Fregene " , dice Gianni Mattioli , capogruppo dei Verdi alla Camera , " il mio incubo ricorrente e' di venire travolto da enormi onde grigio giallastre che mi passano sulla testa " . Curiosamente anche un' altra deputata verde , Laura Cima , ha la stessa fobia .
LAGO . " Ho la fobia di affogare in un lago fatto solo di semolino " . Raimonda Gaetani , scenografa .
ISOLE . Carmen Llera , moglie di Alberto Moravia : " Mi fanno sentire prigioniera . Anche la Sicilia , che e' bella grande . Non posso dipendere da nulla , neanche da un aereo o da una nave . Mi ricordo quando si ruppe un piccolo aereo , eravamo in Gabon e rimanemmo bloccati per due giorni . Cominciai a piangere e a urlare in mezzo all' aeroporto".
CITTA' . " La mia fobia e' di essere condannato a vivere in citta " . Matteo Spinola , press agent .
CAMPAGNA. Barbara Alberti , scrittrice : " La campagna e' odiata da tutti gli intellettuali , di destra e di sinistra . E io muoio se li devo accompagnare " .
ARIA . L' attrice Mariangela Melato e' pneumofoba : " Ho la fobia dell' ossigeno , dell' aria pura . Fino a svenirne " . MANCANZA D'ARIA. Dudu' La Capria , scrittore : " La mia fobia e' di rimanere soffocato da qualche parte . Mi angoscia dover vivere in una situazione protratta di mancanza d' aria " .
MOVIMENTO . La critica d' arte Lea Vergine , tra le tante paure o inquietudini che la tormentano , confessa l' ultima fobia . Riguarda il cambiare luogo o posizione . Dall' entrare o uscire da una stanza al decidere di viaggiare . DISORDINE . " Ho una forte tendenza , continuamente disattesa dalla vita , a organizzare non solo i miei cassetti ma anche la quotidiana realta' . Il disordine mi fa sentire perduta , in balia degli avvenimenti " . Patrizia Carrano , scrittrice .
PROFONDITA' DELL' UNIVERSO. Alberto Ongaro, scrittore : " Non vorrei sembrare pomposo , ma a volte mi prende la consapevolezza della profondita' dell' universo . Vengo assalito da un vero e proprio senso di panico . Mi puo' accadere in ogni ora e in ogni luogo , per esempio guardando il cielo . A pensarci bene , pero' , questa non e' una fobia : e' la condizione normale dell' uomo . Ma noi ci dimentichiamo spesso della nostra condizione " .
NOIA . " Non riesco a sopportare le persone noiose , le evito in tutti i modi . Quando ne avvisto una per strada cambio subito marciapiede . Se mi telefonano a casa , faccio dire che non ci sono . E se riescono a trovarmi , rispondo testualmente : non ci sono . Sono uscita " . Camilla Cederna , giornalista .
FESTE . L'attrice Adriana Asti sfugge come la peste tutte le riunioni mondane : " Mi annoio con il prossimo , anche se sto attenta a evitare gli imbecilli . La noia ha su di me effetti devastanti . I sintomi sono precisi : pallore , brividi , svenimento . So gia' che moriro' durante una conversazione tediosa " .
PRETI E POLACCHI . Federico Zeri , critico d' arte : " Ho la fobia dei preti che fanno politica . Ma anche degli individui arroccati al potere che fanno finta di essere di sinistra . Inoltre mi sono odiosi tutti i polacchi". Perche'? " Per un'infinita' di motivi che sarebbe troppo lungo elencare " .
CATTOCOMUNISTI . " Da piccolo sognavo che mi uccidevano perche' sono omosessuale . Adesso sono insofferente verso chi parla sempre di democrazia e di pace , come i cattocomunisti di ogni tipo : dal Pci alle Acli alla Caritas". Angelo Pezzana, fondatore nel 1971 del Fuori (Fronte unitario omosessuali rivoluzionari italiani) , libraio , consigliere regionale del Piemonte .
ORGOGLIOSI E MILLANTATORI . Monsignor Loris Capovilla , vescovo di Loreto , ex segretario di papa Giovanni XXIII : " Come cristiano accetto tutti , ma se penso all' etimologia della parola ' ' fastidio' ' mi accorgo che essa deriva da due parole latine : ' ' fastus' ' , che significa orgoglio , e ' ' tedium' ' , noia . Noia degli orgogliosi e dei millantatori , quindi . Nessun odio e nessuna fobia , pero' , per carita' ! Chi odia avvelena se stesso e l' ambiente in cui vive , mentre gli uomini sono nati per stare tutti assieme , formando una sinfonia " .
PERDERE . " Ho paura di ogni tipo di sconfitta " . Nino Benvenuti , ex campione mondiale dei pesi medi .
VINCERE . Lo scrittore Giorgio Manganelli ha la fobia dei premi letterari : quando sa di essere stato selezionato , arriva fino al punto di telefonare ai giurati a uno a uno , pregandoli di non farlo vincere .
ANIMA . Ruggero Guarini , giornalista : " La mia idiosincrasia e' per gli ideologi che fanno i romanzieri , per i professori che fanno i poeti e per tutti quelli che non si fanno i fatti loro . Volgarita' per me e' il tentativo disperato di sembrare quello che non si e' : ho la fobia di chi considera un privilegio avere un' anima , quando l' anima ce l' hanno tutti , anche le portiere " .
VOLGARI . " Ho la fobia della volgarita' , di ogni tipo : dal linguaggio ai gesti , al modo di vestirsi , alla tv , alle copertine di certi giornali . . . " . Elisabetta Catalano , fotografa .
GELOSI . Silvio Ceccato , cibernetico : " Ho una fobia verso i gelosi . Sono convinti di essere gli unici che amano davvero . E invece amano solo se stessi " .
INCIDENTI . Tutte le mamme sono apprensive e ansiose . Ma mai quanto la cantante Orietta Berti: "Una sera , prima di uno spettacolo , ho telefonato a casa e mi hanno detto che Omar, mio figlio , non era ancora tornato dal mare . Poco dopo essere andata in scena sono svenuta " .
NUMERO QUATTRO . Stava antipatico a Jorge Luis Borges : durante una conferenza stampa lo scrittore argentino chiese ai giornalisti di saltare la quarta domanda.
TREDICI. Il governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi ha sempre un funzionario pronto a subentrare quando il numero dei presenti a pranzi e riunioni si arresta sul fatidico tredici . Giovanni Agnelli ha inveito contro il martedi' 13 durante il quale , qualche mese fa , si e' rotto la gamba . E l' ufficio stampa della Fiat ha diligentemente diffuso la sua imprecazione in un comunicato ufficiale .
DICIASSETTE Fa rabbrividire Sandro Pertini , che cada di venerdi' o in un qualsiasi altro giorno della settimana : non prende decisioni , manda a casa i collaboratori , una volta ha perfino spostato un comizio . " Sono convinto che se Luigi XVII si fosse chiamato 16 bis non sarebbe finito ucciso da bambino " , assicura lo scrittore Luciano De Crescenzo .
DICIOTTO . Alla fobia per i numeri si concede anche Giovanni Mariotti , scrittore e critico letterario . Con qualche sorpresa : "Spesso alcuni che considero malevoli si mostrano benevoli , e viceversa . Ora ho in sospetto il 18 , che ritenevo buonissimo " .
PARI . Il poeta Vittorio Sereni non voleva che i suoi libri fossero pubblicati negli anni pari , che considerava infausti .
VENERDI . Renato Ruggiero, adesso ministro del Commercio estero, nominato segretario generale del ministero degli Esteri , chiese di anticipare l' entrata in carica di 24 ore per non farla cadere di venerdi' . E il ministro Giulio Andreotti lo accontento' .
SABATO . "Il sabato porta sfortuna a chi lavora", mormora Woody Allen, "bisogna riposarsi e , per maggior sicurezza , evitare gli jettatori " . In effetti , molti degli interpreti dei programmi tv trasmessi negli Stati Uniti il sabato sera negli ultimi anni sono finiti male : come David Soul (l' Hutch di Starsky & Hutch) che , dopo avere perso il lavoro e la moglie , ha tentato di uccidersi .
DOMENICA . Glabrofobia domenicale quella del calciatore Francesco Graziani , che si e' ritirato due mesi fa : non si faceva mai la barba il giorno della partita .
UN ATTIMINO . Logofobia , o fobia delle parole : Giorgio Forattini e' allergico all' " attimino " che segretarie e centraliniste ci pregano invariabilmente di aspettare .
CARNE . Non la puo' sopportare Enrico Cuccia , consigliere anziano di Mediobanca , benche' si dichiari lontano mille miglia dalle ideologie vegetariane e " animaliste " .
PUNTEGGIATURA. La fobia per i punti attanagliava , a volte , lo scrittore Giuseppe Berto . E anche lo svizzero Friedrich Duerrenmatt , con le sue " 24 frasi lunghe " , non e' da meno . Per non parlare del flusso continuo del cecoslovacco Bohumil Hrabal .
AUTOGRAFI . Non li regalava mai volentieri il vecchio Ernest Hemingway . E non sopportava proprio gli scippatori in vena di furberie . Per esempio , quelli che gli scrivevano solo per ricevere una risposta firmata . Hemingway , cortese , rispondeva . Ma con una lettera anonima . In fondo , al posto del nome , uno spazio bianco .
LINGUA MATERNA . Per Paul Wolfson , scrittore americano nato a New York , e' impossibile parlare inglese . Fino dall' adolescenza ha dei veri e propri sconvolgimenti fisici nel sentire parole in lingua materna . Cosi' e' cresciuto inseguendo per radio e televisione programmi stranieri e ha raggiunto la notorieta' con due opere scritte in francese .
COLORI . Odiano il viola Wanda Osiris, Ronald Reagan, tutta la gente di spettacolo in genere , nonche' l'editore Edilio Rusconi. Il quale e' cromofobo anche nei confronti della pelle nera: poche settimane fa ha vietato la pubblicazione , sulle copertine delle sue riviste Eva e Onda Tv, di foto del comico di colore Eddie Murphy e del presentatore Sammy Barbot .
CAPEZZOLI SCURI. Nico Orengo , scrittore: "Anni fa corteggiavo una ragazza in Francia. Erano i primi tempi del topless, e lei era bellissima. Ma la vista dei suoi capezzoli, scurissimi, mi disturbo' a tal punto che la lasciai".
NUDO . " Fin da piccolo il mio incubo e' quello di camminare nudo per strada . E nudo mi sento di fronte alle delegazioni dei Cobas " . Giovanni Galloni , dc , ministro della Pubblica Istruzione .
SANGUE . Renzo Arbore : una brillante carriera stroncata sul nascere dall' ematofobia . Dalla natia Foggia sarebbe dovuto andare a studiare medicina a Napoli , ma rinuncio' dopo che svenne assistendo a un' incisione a un dito nello studio dello zio medico .
CALVIZIE . Pippo Baudo , presentatore tv : " Ho sofferto moltissimo per i capelli . Ero calvo , ho dovuto ricorrere ai trapianti per superare questo complesso , sottoponendomi a cinque interventi a Parigi " .
DENTISTA . "L' ultima volta che ci sono dovuta andare quasi mi veniva l' esaurimento nervoso " . Giuliana De Sio , attrice .
SPALLE . Armando Costa , avvocato : " Ho la fobia delle spalle al vuoto . Quando mi siedo devo avere sempre le spalle protette , da una parete , da una libreria , da qualcosa " .
MANI . Nell' ambiente pubblicitario e' nota la fobia di Gavino Sanna per la stretta di mano . E capace di trucchi di ogni tipo pur di evitarlo .
OROLOGI . Ciriaco De Mita non riesce piu' a mettere quel bellissimo orologio in acciaio e oro che portava al polso il giorno della batosta elettorale della Dc , nel giugno 1983 .
VESTITI NUOVI . Piero Bassetti , presidente della Camera di commercio di Milano , preferisce indossare fino alla consunzione i vecchi abiti , perche' e' convinto che gli portino fortuna .
SCARPE . L' attrice Brooke Shields non le indossa mai nuove : le fa provare prima alla sua segretaria . E Nancy Reagan le odia sotto al letto di notte .
TUTTO . "Vivo nella paura . Paura del caos , dei politici che sbagliano e ti fanno pagare i loro errori , dei terroristi della guerra nucleare ". Barbara Bouchet , attrice .
FOBIE . Alberto Ronchey , giornalista : " Fobie ? No , no . Non ho di questi problemi , io " . Fobofobico ?

Ecco , queste sono novanta fobie da Vip . Le conclusioni facciamole trarre da Cesare Musatti , padre della psicanalisi italiana . Che , personalmente , non ha paure da denunciare : " Se uno di noi ha una fobia e vuole curare gli altri , bisogna che prima se la cavi , come l'appendicite . Da cosa dipendono le fobie ? Beh , mettetevi in analisi , e allora lo capirete..."
Mauro Suttora
Fiamma Arditi
Ha collaborato Alessandra Baldini

Friday, January 15, 1988

Il cancro ha un Limito

Europeo, 15 gennaio 1988

Inquinamento: valanghe di accuse contro il polo chimico alle porte di Milano

Tumori , acqua in pericolo , professionisti in rivolta . intorno a Pioltello infuria la battaglia fra " terroristi " e " assassini " . Una industria chimica accusata di creare cancro

di Mauro Suttora
foto di Gianfranco Moroldo

A Limito passa anche l' Orient Express . Ma i viaggiatori del treno Parigi-Istanbul che transitano per questo paese di 8 mila persone , venti chilometri dopo Milano in direzione Venezia , non conoscono il triste primato della zona che attraversano : uno dei piu' alti tassi di cancro al polmone in Europa . Intravedono solo per un attimo alte ciminiere , giganteschi labirinti di tubi e rotondi serbatoi lungo la ferrovia . Che pero' subito dopo sono cancellati dalla paradisiaca visione del parco di Trenzanesio , con la villa Invernizzi e filari di alberi secolari , prati verdi , viali e caprioli . Nessun brivido , insomma , come quello che gli stranieri scesi da Chiasso ancora provano quando passano per Seveso .

E invece a Limito si muore . Di tumore , in silenzio , da anni . Piu' di 200 polmoni mangiati via dal cancro nell' ultimo decennio a Pioltello , di cui Limito e' frazione . E poi cancri alla prostata , al fegato , dappertutto . " In questa strada abbiamo un morto in una casa si' e una no . Mio padre se n' e' andato pochi mesi fa " , dice un abitante di via Manzoni , una stradina dove le villette si addensano l' una contro l' altra , in grigio stile hinterland .

Nulla di strano , in una regione come la Lombardia dove i tumori sono saliti del 6 per cento fra le cause di morte rispetto a solo 15 anni fa : ormai un lombardo su tre muore di cancro . A Pioltello la quota di cancri al polmone sul totale dei tumori e' del 40 per cento , contro il 13 del resto della provincia di Milano . Un' indagine dell' Istituto nazionale tumori sul periodo 1976 80 ha stabilito che la mortalita' di Pioltello e' doppia rispetto a quella della provincia di Varese , unica altra provincia lombarda con dati disponibili .

E la situazione peggiora a Limito : il medico Giovanni Moretti qualche mese fa ha calcolato che , nel campione dei suoi 1500 assistiti , dal 1977 al 1985 ci sono stati sette casi di tumore maligno al polmone , mentre i casi che si sarebbero dovuti verificare , secondo le previsioni statistiche medie , erano solo 2 , 5 . Anche se i numeri di questi campioni sono troppo piccoli per fornire certezze scientifiche , la domanda e' lecita : che aria entra nei polmoni degli abitanti di Limito ?

Non c' e' neppure bisogno che , per rispondere , qualcuno punti il dito contro le fabbriche del " polo chimico " : sono li' , cosi' imponenti e vicine alle case che si presentano da sole . Sisas , Sio , Carlo Erba , Cgt : ettari di camini , impianti e magazzini , piu' di mille lavoratori , treni e camion in partenza e in arrivo , produzioni di gas , solventi , antibiotici , emulsioni . Il ministero della Sanita' ha classificato Sisas e Sio " aziende ad alto rischio " assieme ad altre 390 industrie in tutta Italia .

Gli ecologisti minacciano referendum di chiusura come quello contro la Farmoplant di Massa . E il ministro dell' Ambiente Giorgio Ruffolo , per ammorbidire i Verdi , ha promesso controlli accurati su una ventina di grandi aziende chimiche : una di queste e' proprio la Sisas di Limito . Ma anche la Carlo Erba , che non figura nell' elenco delle industrie pericolose , in quanto a inquinamento non scherza : il suo impianto di depurazione delle acque entrera' in funzione solo quest' anno . Cioe' ben dodici anni dopo la legge Merli .

In via del Santuario , a Pioltello , su un muro campeggia una scritta : " Falciola assassino " . I fratelli Luciano e Alberto Falciola sono i proprietari della Sisas , fondata dal nulla da loro padre 40 anni fa . Andiamo a trovare l' " assassino " in Corsia dei Servi a Milano , proprio sopra al Teatrino , dove spesso si esibisce Cicciolina : gli uffici della Sisas sono piazzati orgogliosamente qui , fra il Duomo e San Babila .

Alberto Falciola , baffoni alla Francesco Giuseppe , appena pronunciamo la parola " cancro " balza dalla scrivania e va ad afferrare un dossier in un armadio per mostrarci la sentenza che l' anno scorso lo ha assolto dall' accusa di " omicidio colposo plurimo " che gli era stata scaraventata addosso dal Comune di Pioltello . " Nessun elemento " , ha scritto il pretore , " evidenzia un nesso di causa tra l' uso e la diffusione delle sostanze impiegate nel polo industriale di Pioltello e l' elevata mortalita' verificatasi in zona " .

Ma Falciola nel suo studio ha un' altra ventina di dossier che testimoniano una lotta vecchia di anni per difendersi dalle accuse della Usl e di un comitato antinquinamento formato dai cittadini di Pioltello , Limito e Rodano . Perche' la sua azienda chimica e' una delle piu' contestate d' Italia ? Le ragioni , a parte le numerose vertenze di lavoro col sindacato , spesso risolte a colpi di licenziamenti e sospensioni , sono essenzialmente due : una discarica di nerofumo e di altri rifiuti industriali , che la Sisas nel 1983 ha ricevuto l' ordine di risanare , e un nuovo impianto di produzione bloccato da due anni per le proteste dei Verdi .

" La discarica riguarda il passato , il nuovo impianto il futuro : ma tutt' e due sono caratterizzati dalla pericolosita' , dalle irregolarita' commesse dalla Sisas e dall' inerzia delle autorita' che dovrebbero proteggere la salute dei cittadini " , dichiara Pippo D' Amico , un consulente d' informatica che dalla sua villetta di Rodano coordina le attivita' del comitato antinquinamento . Perche' proprio Rodano ? Perche' e' il comune confinante a sud con Limito , e le sue acque sono minacciate da perdite della discarica accumulata dalla Sisas nei decenni : l' anno scorso sono state trovate tracce di idrocarburi policiclici aromatici (cancerogeni) nella falda che passa sotto il polo chimico .

Ma c' e' anche un' altra ragione che spiega perche' il paesetto di Rodano , tremila abitanti , rappresenta per le industrie della zona una spina ben maggiore di Pioltello Limito , con i suoi 40 mila abitanti : gli immigrati a Rodano sono professionisti milanesi scappati dalla citta' in cerca di verde , mentre Pioltello da vent' anni accoglie meridionali disperati , che non trovano casa a Milano . E cosi' il comitato antinquinamento e' animato soprattutto dai professori del Politecnico e dai dirigenti dell' Ibm di Rodano che dedicano alla passione civica serate e week end , mentre difficilmente a Pioltello i pendolari tornati a casa alle otto rinunciano a un po' di tv . E poi , molti di loro nelle industrie chimiche ci lavorano .

Partecipiamo una sera a un' assemblea pubblica nel cinema di San Felice (Segrate) : anche gli abitanti di questo ghetto per ricchi , cosi' come quelli delle vicine Milano 2 e San Bovio , cominciano a preoccuparsi per la propria acqua potabile e per " le porcherie che escono da quelle fabbriche " . Tutte le aziende del polo chimico sono invitate , ma soltanto la Sisas si presenta . E cosi' il suo ingegnere fa da parafulmine per le paure e le accuse degli intervenuti.

" La discarica dev' essere messa in sicurezza , isolata e impermeabilizzata a spese dell' industria : chi inquina paga " , sostengono gli ecologisti , che accusano anche un nuovo impianto per la produzione di anidride maleica e acido fumarico , costruito dalla Sisas nel 1985 : " Funzionera' col benzolo , una delle 14 sostanze cancerogene certe " , avverte Gabriele Salvago , docente di chimica al Politecnico . Ma lo scorso 27 novembre il pretore di Cassano ha dato il via al nuovo impianto , ritenendolo innocuo . L' ingegnere della Sisas sbotta : " Certo , siamo un' industria chimica , e per questo siamo classificati come ' ' impianti insalubri di prima classe' ' . Ma rispettiamo tutte le prescrizioni di legge , e anzi abbiamo un depuratore all' avanguardia . Diteci quello che volete veramente : che ce ne andiamo ? " . " Si " , risponde una signora dalla platea . " Puo' darsi che lo faremo , perche' qui ormai siamo completamente bloccati " , replica stizzito l' ingegnere .

Il proprietario della Sisas , Falciola , alle assemblee vorrebbe andarci : " Ma con questi baffi poedi minga : sono troppo riconoscibile . Pero' qualche volta vorrei rispondergli in faccia , a chel terurista del Bai " . Il " terrorista " Edoardo Bai e' l' ufficiale sanitario della Usl che mette continuamente i bastoni fra le ruote della Sisas . Andiamo a trovarlo nel suo ufficio a Gorgonzola : " Se sperano che gli dia l' autorizzazione per il nuovo impianto , se lo sognano . Che lo facciano andare a butano , invece che a benzolo . E poi , lo hanno costruito con i rottami di un impianto Snia di Colleferro saltato in aria " .

" Non e' vero , il nostro e' un impianto sicurissimo " , ribatte a distanza Falciola , " e infatti il pretore ci ha dato ragione . Emetteremo solo cento grammi all' ora di benzene , mentre la regione Lombardia ha autorizzato per l' Alusuisse di Scanzorosciate nove chili all' ora " . Addentrarsi in ogni singolo dettaglio tecnico , mettere a confronto le tesi del " terrorista " con quelle dell' " assassino " e' tanto appassionante quanto complicato e noioso . Anche perche' spesso tutto finisce di fronte al tribunale : sono una cinquantina i processi sostenuti dalla Sisas negli ultimi anni , di cui sei contro Bai .

C' e' un unico punto su cui ecologisti e Sisas sono d' accordo : l' inefficienza della pubblica amministrazione . Che non ha impedito ai privati di costruire le case addosso alle fabbriche , e che adesso vuole aggiungerci anche un centro commerciale di Silvio Berlusconi , a Pioltello . " Ma qui c' eravamo prima noi , non possono cacciarci " , protestano alla Sisas . La provincia di Milano ha affidato il progetto di bonifica della discarica di nerofumo alla Castalia , un ' azienda di disinquinamento dell' Iri .

" Mi sun chi che speti " , ironizza tranquillo Falciola . Lui sarebbe contento di regalare al comune di Rodano il terreno della discarica , per farlo bonificare con fondi pubblici . " Basta che non succeda come l' altra estate , quando quei pirla mi hanno telefonato mentre ero in Carinzia in cima a un albero al tramonto , proprio nell' ora migliore per la caccia al capriolo".

Gli ecologisti obiettano che la Sisas , con un fatturato annuo superiore ai 400 miliardi , puo' benissimo spenderne una ventina per ripulirsi la discarica . " Ma allora perche' lo Stato ha regalato 50 miliardi alla Montedison per la sua discarica di Marghera ? " , ribatte pronto il Falciola . E cosi' via , all' infinito . La piccola guerra alle porte di Milano continua , con i suoi " assassini " , con i suoi " terroristi " . E con i suoi morti di cancro .

Mauro Suttora

Saturday, January 09, 1988

A noi la molecola

Scommesse sul futuro: alla ricerca di nuovi materiali

Idee geniali. Denari pochi. Da 20 anni la chimica italiana campa sugli allori di vecchi brevetti. La via d'uscita per il 2000? Una fusione tra i nostri due giganti, Montedison ed Enichem

Saturday, December 12, 1987

parla il generale Jean

Guerre del futuro/i dilemmi di uno stratega: parla il generale Carlo Jean

I CANNONI DELLA PACE

Gorbaciov ha accettato di smantellare gli euromissili perche' ha un esercito piu' potente dei paesi Nato. Adesso aumentano i rischi di un conflitto europeo. Per il disarmo: aumentare gli armamenti

di Mauro Suttora

Europeo, 12 dicembre 1987
 
“No, il trattato che Reagan e Gorbaciov firmeranno a Washington non e' un salto nel vuoto, non nasce improvvisamente, non e' un trauma per noi militari. Ma le sue conseguenze devono essere chiare per tutti: d'ora in poi gli europei dovranno pagare molto di piu' per la propria difesa. Mamma America se ne va". 

È uno dei cervelli piu' brillanti delle nostre forze armate a parlare : il generale Carlo Jean, 51 anni, ex comandante degli alpini e attualmente responsabile degli studi strategici del Casd (Centro alti studi difesa) a Roma, dove studiano gli ufficiali destinati agli altissimi gradi. E getta subito acqua sul fuoco degli entusiasmi di chi esulta per la " svolta epocale", la "doppia opzione zero" con la quale per la prima volta nella storia due potenze militari contrapposte accettano di autodistruggere fisicamente un' intera famiglia di armi : i missili a corto e medio raggio in Europa . 

Si' , quelle 3800 testate nucleari (tremila sovietiche , 800 statunitensi) che spariranno nel giro di tre anni , alleggeriranno il nostro continente dalla minaccia atomica . Dopo tante dimostrazioni pacifiste addio euromissili , addio 112 Cruise installati a Comiso , addio SS 20 , al macero tutti i missili nucleari con portata dai 500 ai 5 mila chilometri.

Ma qui, negli uffici del Casd sul lungotevere della Lungara, nella caserma dove alloggia Giovanni Spadolini, fra gli specialisti e i massimi esperti di cose militari, tutto appare piu' problematico. Il generale Jean ci riceve alle sette e mezzo del mattino, e da buon piemontese apre subito le finestre del suo studio "per aerare un po', se non le spiace". 

Si figuri, generale. E per cominciare, ci dica subito cosa pensa della frase con cui Eduard Shevardnadze, ministro degli Esteri sovietico, ha gioiosamente commentato l'avvenuto accordo: "Adesso i militari se ne staranno buoni per tredici anni, impegnati come saranno a verificare il rispetto del trattato". 

Ma come ? È noto a tutti che i generali russi farebbero volentieri a pezzetti Michail Gorbaciov con tutte le sue perestroike e aperture agli occidentali, e quello sciagurato di ministro li provoca cosi' pesantemente? 

"I rapporti fra politici e militari in Unione Sovietica sono sempre molto sfumati. Il caso Eltsin dimostra che il potere reale e' ancora tutto in gioco. Resta tuttora un mistero, per esempio: dov'e' finito Gorbaciov per 52 giorni la scorsa estate, prima di riapparire circondato da marescialloni e ammiraglioni nella base militare di Arcangelo, sul mar Bianco?".

Pare che scrivesse il suo libro . 
" Mah . . . Quel che e' certo e ' che , nei negoziati sugli armamenti , l' influsso dei militari sovietici e' assai maggiore di quello che hanno i militari occidentali . E ai russi questo permette di avere una visione strategica della linea da seguire . Invece i nostri politici , che devono tenere d' occhio le opinioni pubbliche interne , hanno spesso considerato il negoziato come uno scopo a se' stante , e non come un mezzo per raggiungere maggiore sicurezza . Perche' , per esempio , dopo aver respinto con sdegno per anni l' opzione zero proposta dalla Nato i sovietici alla fine l' hanno accettata ? La risposta e ' semplice : fin dal 1984 all'accademia Frunze, che sforna gli alti dirigenti politico militari di Mosca , e' emersa una nuova tendenza strategica : quella della convenzionalizzazione". 

Che vuol dire fare a meno delle armi nucleari.

"Si' , e questo per loro e' accettabile perche' in Europa detengono la superiorita' nelle forze convenzionali . Gorbaciov puo' imporre la distruzione dei missili SS 20 perche' ormai la nuova dottrina militare sovietica prevede le armi atomiche solo per un eventuale secondo colpo, per la dissuasione. Una guerra in Europa loro la ipotizzano combattuta solo con le armi convenzionali".

E la Nato lamenta una superiorita' di tre a uno del Patto di Varsavia nelle armi non nucleari. Ma alcuni, come per esempio i socialdemocratici tedeschi occidentali e il loro responsabile Esteri, Karstens Voigt, sostengono invece che c' e' parita', vista la superiorita' tecnologica dell' Ovest . Chi ha ragione ? 

"Il problema non e' uno sbilanciamento numerico a livello generale. Per esempio nel 1940, quando i tedeschi attaccarono la Francia, avevano meno carri armati dei francesi e degli inglesi. Ci sono oggi delle asimmetrie geografiche che giocano in favore dell'Est: loro possono spostare e concentrare le forze ovunque, mentre noi fra l'Italia e la Germania abbiamo il cuneo della Svizzera e dell'Austria neutrali, e fra l'Italia  la Grecia e la Turchia c'e' il mare. Inoltre, gli Stati Uniti non hanno un sistema di controllo sui propri alleati europei cosi' ferreo come quello dell'Unione Sovietica sui suoi satelliti. Una delle conseguenze della doppia opzione zero e' che, venendo a mancare tutta una classe di armi atomiche, si perde anche il collante che teneva assieme le varie aree della Nato. Adesso il fronte Sud, di cui l' Italia fa parte, e' separato completamente dal centro Europa. Paradossalmente, senza i Cruise di Comiso che potevano colpire Minsk e Kiev, i rischi di un conflitto limitato nel Mediterraneo aumentano..."

Mi scusi, generale, ma mi sembra che lei rimpianga gli euromissili la cui eliminazione viene invece accolta con sollievo da tutti.

"Purtroppo nel campo del controllo degli armamenti non si puo' correre dietro alle fantasie e ai buoni sentimenti . Un dirigente di uno Stato , responsabile della sicurezza dei suoi concittadini , non fa mai regali : giunge a determinate decisioni dopo aver valutato a fondo gli interessi della propria parte ".

E questo a Est come a Ovest.

" Si' . I sovietici non avevano installato gli SS 20 come strumenti militari , ma per esercitare un' intimidazione politica sull' Ovest . E quindi il loro significato e' scomparso quando noi abbiamo schierato gli euromissili : gli SS 20 sono diventati del tutto inutili , se non controproducenti . E questo che ha permesso ai sovietici di accettarne lo smantellamento".

E adesso , generale ? Tutti sperano che il disarmo continui. 

" Nel caso degli euromissili e' stato tutto relativamente facile , perche' noi avevamo da offrire in cambio Pershing e Cruise e anche perche' era una partita a due . Ma in campo convenzionale , se disarmo ci sara' , dovra' essere necessariamente diseguale . Dovra' insomma disarmare piu' l' Unione Sovietica che non gli occidentali , per ridurre lo squilibrio esistente . Noi abbiamo poco da offrire , perche' siamo gia' inferiori : l' anno scorso l' Urss ha prodotto 3 mila carri armati , noi 1200 ".

E allora , per ridurre questo squilibrio , l' Europa occidentale dovrebbe armarsi di piu'? 

"Si', e' un altro paradosso ma e' cosi': per disarmare bisogna prima armarsi. E questa per noi europei e' ormai una scelta obbligata , perche' non si puo' pensare che gli Stati Uniti mantengano in eterno 300 mila loro soldati a presidiare l' Europa . I cittadini americani non accettano piu' di pagare tasse anche per la nostra sicurezza " .

Le armi atomiche sono tremende ma hanno un pregio : costano relativamente poco . Le armi convenzionali , invece , sono costosissime . Per il riarmo europeo , che e' in cantiere , circolano cifre da far tremare i polsi . L' Italia , per esempio , ha attualmente una spesa militare di circa 20 mila miliardi all' anno . Come pensate di far accettare all' opinione pubblica aumenti dell' 8 per cento annuo ? 

"Purtroppo l' inflazione militare e' molto piu' alta di quella civile , perche' le armi sono un prodotto ad altissima tecnologia. Ogni generazione di armi costa dalle due alle cinque volte in piu' di quella precedente. Ma un modo per spendere di meno c'e': la standardizzazione, la cooperazione fra le industrie europee. La fregata Nato degli anni Novanta , per esempio, sara' costruita in 27-28 esemplari. Con gli stessi soldi , se si fosse proceduto separatamente , non saremmo arrivati a piu' di 19 20 navi".

L' esercito italiano , pero' , sembra vergognarsi di se stesso . La sua attuale campagna pubblicitaria mostra i soldati che fanno di tutto (spengono incendi , sfamano terremotati , spalano la neve) tranne quello per cui esiste un esercito : prepararsi a fare la guerra . 

" E vero : esiste una certa contraddizione fra il livello dichiaratorio verso il grande pubblico e le reali necessita' di una politica di sicurezza e di difesa . Ma questo , probabilmente , e' il difetto di ogni campagna pubblicitaria : per vendere , si accredita l'immagine piu' accettabile".

A gennaio il ministro della Difesa Valerio Zanone presentera' in Parlamento la nuova legge promozionale per il riammodernamento delle nostre forze armate. I programmi sono molti e costosissimi : si va dai missili antiaerei Patriot made in Usa (3 mila miliardi) al primo tank interamente made in Italy, l'Ariete della Fiat Oto Melara , che verra' prodotto in 500 esemplari. Pero' oltre all'Efa (European Fighter Aircraft) non sono molte le coproduzioni europee. Perche'?

"Se nella divisione delle commesse in Europa alle nostre industrie viene riservata la carpenteria metallica , e' evidente che non possiamo starci . Comunque , nel caso dell' Ariete alla fine ciascun esemplare ci costera' piu' o meno come un Leopard . Voglio pero' precisare che i nostri programmi di ammodernamento non sono una conseguenza dell' opzione doppio zero : se ne discuteva gia' quattro anni fa".

Il fallimento del vertice italo-francese a Napoli il 26 novembre dimostra che ciascun paese europeo anche nel campo della difesa se ne sta per conto suo, iperprotettivo verso le proprie industrie nazionali. 

"Guardi che negli Stati Uniti , dove per le commesse militari c' e' concorrenza , quando la Lockheed si vede bocciare un prototipo licenzia 30 mila dipendenti in un colpo solo . Lei pensa che il nostro mercato del lavoro lo permetterebbe?" 

Un'ultima domanda, generale : perche' la Nato non studia forme di resistenza civile ed economica da affiancare alla difesa armata, come fa la Svizzera? 

"Purtroppo il nostro paese non ha la stessa coesione sociale della Svizzera. Quanti sarebbero da noi i collaborazionisti in caso di invasione? Ciascun ufficiale svizzero ha il potere di punire il civile che collabora con il nemico. E la parola "punire", in casi come questi, e' un eufemismo".
Mauro Suttora

Saturday, October 17, 1987

Svizzera al voto


Inchiesta: come gli svizzeri difendono la loro immensa ricchezza

Viaggio nel cuore della Confederazione, chiusi in un Cantone. "Gli alberi sono sacri": lo aveva detto Guglielmo Tell. Ora i suoi discendenti di Uri li difendono. Dichiarando guerra ai motori

dall'inviato a Uri (Svizzera) Mauro Suttora

Europeo, 17 ottobre 1987

Gli urani non sono lontani. Se ne stanno lì sotto, nella loro valle appena oltre il passo del San Gottardo, a meno di 200 chilometri da Milano. Con le loro mucche, i loro boschi, i loro paesini deliziosi. E con l'autostrada. Le quattro corsie levigate che uniscono il Canton Ticino a Zurigo, l'Italia alla Germania, il Mediterraneo all'Europa del nord, tagliano in due la stretta valle di Uri. Ma i 35 mila urani hanno imparato a odiarlo, quel nastro d'asfalto. Perché i milioni di auto e camion che transitano ogni anno sull'autostrada stanno uccidendo il piu' antico cantone svizzero.

"Papà, è vero che gli alberi sanguinano quando vengono tagliati?", chiede, nel Guglielmo Tell di Friedrich Schiller  il figlio del mitico fondatore della Svizzera. E l' eroe risponde : "Gli alberi sono sacri, questa è la verità. Le valanghe avrebbero seppellito da molto tempo la nostra Altdorf se non ci fosse la foresta a proteggerci".

Sette secoli dopo la mela e la cacciata del cattivo balivo Gessler, che angariava gli urani per conto degli Asburgo, la cittadina di Altdorf e' sempre, con i suoi 8 mila abitanti, la capitale del cantone di Uri. A infastidire le centinaia di Huber e di Arnold sono rimaste solo le campane della chiesa, che suonano inesorabili ogni quarto d'ora. Ma nessuno qui si sogna di denunciare il parroco per disturbo della quiete pubblica, com' e' successo in Italia . Perche' gli urani sono ancora devoti al papa come nel 1847, quando fecero scoppiare la guerra civile del Sonderbund assieme agli altri bastioni conservatori cattolici di Schwyz, Lucerna, Friburgo, Zug e Vallese.

Oggi pero', se non e' guerra, e' rivolta. Il cuore della Svizzera profonda si ribella non piu' contro i lumi della ragione, ma contro i fumi delle automobili. Perche' il bosco di Guglielmo Tell, quello che tuttora protegge il cantone di Uri e tutte le valli elvetiche da valanghe e frane, sta morendo. Meta' degli alberi sono malati.

"Ancora pochi anni, e fra parassiti e piogge acide causate dall'inquinamento qui di abeti ne rimarranno ben pochi", si lamenta il sindaco di Silenen, un paesino fra Altdorf e il Gottardo dove la montagna si fa ancor piu' scoscesa e minacciosa. Ecco allora apparire, nelle valli svizzere, enormi barriere di cemento: sostituiscono quelle naturali degli alberi. Con la differenza, pero', che il cemento non beve dal terreno i 20 mila litri d'acqua assorbiti ogni anno da ciascun albero. E le conseguenze cominciano a essere catastrofiche.

Due mesi fa, contemporaneamente alla Valtellina, anche a Uri e nel Ticino le piogge torrenziali hanno devastato argini, interrotto strade, provocato frane. Il traforo del San Gottardo e' stato riaperto a meta' settembre, ma per settimane tutto il traffico internazionale e' stato deviato verso il passo del San Bernardino. Magra figura, per un' opera terminata appena cinque anni fa e costata ben duemila miliardi di lire.

Il cantone di Uri, in un raptus di isolazionismo medievale, ha deciso dopo le inondazioni di limitare il traffico sull'autostrada alle sole auto con targa Ur e ticinesi. Risultato : piomba immediatamente da Zurigo Michael Dreher, 43 anni, consulente finanziario e fondatore del nuovo partito degli automobilisti. Pigia sull'acceleratore della sua Chevrolet (in garage ha anche due Mercedes e una Lancia), e con alcuni accoliti imbocca l'autostrada numero 2, in barba ai vigili urani.

"Protestiamo contro lo strapotere degli ecologisti, arroganti intellettuali che pretendono di penalizzare i cittadini che usano l'auto ", proclama Dreher. Nel suo mirino, oltre al Gottardo, ci sono i limiti di velocita' imposti dal 1985 (120 chilometri all'ora sulle autostrade, 100 nelle altre), la tassa sulle autostrade (26 mila lire all'anno, ma in cambio non ci sono caselli) e i catalizzatori da applicare ai tubi di scappamento (in questo campo la Svizzera e' il paese piu' severo al mondo, con Germania Ovest, Svezia e Usa).

Quanti voti prenderà Dreher alle elezioni del 18 ottobre? Sicuramente meno degli odiati verdi, i quali si preparano a festeggiare l'aumento dei propri deputati da quattro ad almeno 15-20. Ma sono verdi svizzeri, quindi diversi dai colleghi italiani o tedeschi: si interessano solo di inquinamento, senza preoccuparsi di pacifismo o altri argomenti al di fuori di quelli strettamente naturalistici.

"Per risolvere il problema del San Gottardo", propone Maurizio Ghini, 32 anni, biologo e deputato ecologista nel Canton Ticino, "invece di costruire una seconda galleria automobilistica bisogna allargare quella ferroviaria, per permettere ai treni di caricare i camion, come fa l'Austria dal Brennero alla Germania. Cosi' non ci saranno più' gas di scarico".

I temi ecologici sono gli unici a scaldare i cittadini in campagna elettorale. Nella Svizzera italiana, oltre al traffico, le principali questioni riguardano un deposito di rifiuti radioattivi che Berna vorrebbe rifilare alla Val Mesolcina, e l'aeroporto di Locarno-Bellinzona che dovrebbe allungare e asfaltare l'attuale pista civile in erba: "Usate la pista in cemento dei militari", ribattono gli oppositori.

Nel Canton Ticino si propone al voto anche un "partito ecologico liberale" .Ma , attenti al trucco: e' stato fondato in aprile da Valentin Oehen, leader degli xenofobi che si battono contro una forma particolare di "inquinamento": quello degli immigrati e dei rifugiati politici. Poco coerente, Oehen da qualche anno si e' stabilito nel Ticino, a Sessa di Malcantone, in mezzo ai disprezzati italiani: piu' del razzismo puo' il clima.

Ma la Svizzera offre di tutto. Vogliamo per esempio passare dalla xenofobia alla misoginia? Ecco cio' che scrive il maggiore scrittore elvetico, Max Frisch, nel suo Libretto di servizio (Einaudi, 1977), micidiale ritratto dei compatrioti: "Benche' esistano anche vere svizzere, il vero svizzero si sente meglio tra uomini". Nessuna meraviglia, quindi, che sulle dolci rive del lago dei Quattro cantoni, nella Altdorf di Guglielmo Tell, ancora pochi mesi fa i rappresentanti della Korporation, l' ente che amministra gli affari locali, abbiano respinto il voto alle donne. Situazione identica al cantone di Uri anche in quelli di Appenzell, vicino al Liechtenstein.

E povera Elizabeth Kopp, prima donna svizzera nella storia a diventare, l'anno scorso, ministro (della Giustizia): ce l' ha fatta per il rotto della cuffia nonostante fosse la candidata del maggiore partito, quello liberalradicale dei banchieri. Suo marito, anch'egli deputato, le ha votato contro. Scorie del passato nel paese piu' ricco del mondo? "Nel 1992, quando nascera' il Mercato comune della Cee, rischieremo di diventare il Nepal dell' Europa", avverte il deputato democristiano Werner Martignoni. Ma , per ora, gli svizzeri rimangono fieri isolazionisti. Anche se, fra i tanti record del benessere, ce n'e' uno inquietante: il primo posto in Europa per malati di Aids. Sono 41 ogni milione di abitanti.
Mauro Suttora

L'esercito svizzero

Vecchia Europa 1: come gli svizzeri difendono la loro immensa ricchezza

L'ARMA DEL MANAGER

Gli elvetici vanno a votare il 18 ottobre. Verdi a parte, non cambierà nulla. Così come non cambierà il loro esercito senza generali. Ma con i dirigenti delle banche e dell'industria che fanno gli ufficiali per 25 giorni l'anno. Patriottismo? Certo. Ma anche un ottimo investimento

di Mauro Suttora 
fotografie di Gianfranco Moroldo



Europeo, 17 ottobre 1987 

L'ingegner Peter Amacher, 38 anni, dirigente della societa' di elettronica Gretag di Zurigo, ha sotto di se' 350 tecnici e operai. Ma in questi giorni il maggiore Peter Amacher, comandante di battaglione dell'esercito svizzero, da' ordini a 800 soldati che si addestrano nei dintorni dell'abbazia benedettina di Einsiedeln, nel cantone Schwyz. Il servizio militare di Amacher, infatti, e' ricominciato il 24 settembre, e durera' fino alla meta' di ottobre. 

Come ogni ufficiale, ogni anno l' ingegnere deve dedicare tre settimane e mezzo al "corso di ripetizione": una specie di naia a puntate, obbligatoria per tutti gli svizzeri maschi dai 20 ai 32 anni, e che per chi sceglie di diventare colonnello si allunga fino ai 55 anni , per un totale di 1513 giorni (piu' di quattro anni). 

Strana Svizzera, cosi' vicina all'Italia ma cosi' sconosciuta : per la maggior parte di noi e' sempre quella di Pane e cioccolata, il film di Nino Manfredi, o di Pablo, l'emigrante cantato da Francesco De Gregori. 
Strana Svizzera, neutrale da secoli, che ospita l'Onu a Ginevra, ma che l'anno scorso ha deciso, in uno dei suoi numerosissimi referendum, di rimanere fuori dall' Onu. 
Ricchissima Svizzera , soprattutto : inflazione e disoccupazione sono irrilevanti , ferme all' uno per cento. Mentre nel 1971 bastavano 150 lire per comprare un franco, adesso ce ne vogliono 900. 

Il 18 ottobre i sei milioni di abitanti di questa eccentrica macchia nel centro Europa andranno a votare per il rinnovo del Parlamento federale . Da quasi trent' anni al governo di Berna c' e' un' " ammucchiata " di partiti " borghesi " (liberalradicali , democristiani , agrari) e socialisti , che assieme controllano 180 deputati su duecento . Il resto sono xenofobi di destra , comunisti , localisti e verdi . Saranno gli ecologisti l' unica sorpresa dell'inamidato panorama politico svizzero ? I sondaggi li danno al 15 per cento : sarebbe un terremoto. 

Ma il vero mastice della Svizzera, paese con due religioni e quattro lingue, e' un altro: gli affari. Ben 150 deputati (su 200) appartengono ad almeno tre consigli di amministrazione. Detto questo, detto tutto: "Il socialismo si addice alla Svizzera come la sella alla mucca", aveva concluso Lenin gia' ottant'anni fa. 

L' altra grande colonna dell' orgoglio elvetico e' la neutralita' . Armata , pero' . E quindi , ecco l' esercito . Di popolo , pero' . E sul serio : su 600 mila uomini mobilitabili nel giro di poche ore , i militari di carriera sono solo un migliaio . Soprattutto istruttori , il minimo necessario per tenere in piedi la baracca . Niente generali , in Svizzera : i comandanti di corpo assumono questo grado solo in caso di mobilitazione preguerra, come nel 1940. 

I pacifici elvetici non hanno la bomba atomica, non stanno ne' con la Nato ne' con il Patto di Varsavia, non hanno piu' attaccato nessuno dopo la batosta subita dai loro antenati a Marignano nel 1515 contro i francesi, e nessuno ha piu' attaccato loro. Hanno un esercito difensivo, pronto a combattere solo in caso di invasione del proprio territorio e le cui uniche vittorie sono quindi le guerre evitate. Cosi', le citta' svizzere sono piene di monumenti a generali considerati eroi proprio perche' non hanno mai combattuto. L'ultimo, Henri Guisan, nel 1940 mobilito' le truppe con tale efficacia che perfino i nazifascisti lasciarono perdere: il costo di un' invasione sarebbe stato davvero troppo alto anche per loro. 

Ma c'e' un argomento che batte tutti gli altri , e che spiega l'entusiasmo degli elvetici per le proprie forze armate: il loro costo . Molto basso: appena 4 mila miliardi di lire all'anno, l'1,9 del prodotto nazionale lordo contro , per esempio, il 2,8 dell'Italia . E se a questo si aggiunge che il reddito medio di ciascuno svizzero e' il quarto al mondo (dopo Qatar, Kuwait ed Emirati Arabi) , doppio di quello britannico , superiore di due volte e mezzo a quello di ogni italiano, si conclude che per la Svizzera comprare (pochi) cannoni non significa sacrificare sul burro. 

Ma come si svolge, in concreto , la vita di questo " esercito di cittadini " ? Per scoprirlo , abbiamo seguito per due giorni uno dei numerosi dirigenti svizzeri che regalano alla patria tre settimane e mezzo all' anno del proprio tempo . E impariamo subito che il regalo non lo fanno i cittadini , ma le imprese che continuano a pagarli con lo stesso stipendio anche durante il servizio militare : " Per l' industria privata e' un investimento", spiega l' ingegner Amacher, "perche' l' esperienza nell' esercito e' paragonabile a quella di una scuola per manager : si imparano la presa di decisioni rapide , la valutazione delle situazioni , l' organizzazione e la valorizzazione dell' elemento umano . . . " .

L' indennita' per perdita di guadagno pagata dall' esercito va da un minimo di 15 a un massimo di 126 mila lire al giorno , a seconda dello stipendio del " precettato " e della sua situazione familiare (celibe , sposato , con figli , ecc . ) . Per i lavoratori autonomi c' e' un assegno supplementare di 35 mila lire al giorno . E in alcuni cantoni agricoli si raggiunge quasi la perfezione : dei contadini " statali " sostituiscono gli agricoltori chiamati in servizio durante il periodo dei raccolti . 

L' esercito e' territoriale . Il maggiore Amacher , che e' nato a Berna , comanda il 36 battaglione di fanti di montagna (paragonabili ai nostri alpini) , tutti bernesi . Siamo nel suo ufficio di Zurigo, alla Gretag, una societa' del gruppo Ciba Geigy che fattura circa 180 miliardi di lire all' anno . Produzioni : apparecchiature fotografiche , fotofinish , laser , eidophor , densitometri . Ma anche criptologia , un settore delicato , dove la produzione elettronica per scopi bellici e' molto richiesta . E qui si intuisce la convenienza , per l' industria , di avere dirigenti che conoscono bene le esigenze dei militari , essendo militari essi stessi . 

Amacher sottolinea che la sua vita non e' divisa in due : " Sono un cittadino che fa il soldato con lo stesso impegno con cui dirigo l' azienda " . Per la verita' , visto il suo entusiamo per la vita militare , piu' che un manager prestato all' esercito potrebbe essere definito come un militare che per 49 settimane all' anno e' un civile . Seguiamo l' ingegnere elettrotecnico a casa, nella villa sul lago di Hallwil , in Argovia . Sua moglie , insegnante di ginnastica , non sembra particolarmente entusiasta della carriera militare del marito: " Ritorna sempre cosi' stanco dal servizio". 

Il mattino dopo, caricata sulla macchina la cassa con l' equipaggiamento militare che ciascuno svizzero conserva in casa assieme all' immancabile fucile, Amacher parte per Einsiedeln , dove sono previste le esercitazioni di quest'anno . Li' incontra il suo superiore , colonnello Robert Messerli , che da civile e' direttore dell' Ubs (la maggiore banca elvetica) a Interlaken . E, a pranzo con gli ufficiali, si intuisce un' altra grande forza dell' esercito svizzero, oltre a quella del connubio con l'industria: la possibilita', per le migliaia di svizzeri che scelgono la carriera di ufficiale (che "costa" tre anni in piu' di servizio), di entrare in contatto con una quantita' di altri manager e dirigenti la cui conoscenza e' preziosa nella vita normale. 

L' esercito, insomma, e' anche un club di ad alto livello. Colonnello Messerli, e' piu' stretto il segreto militare o quello bancario, in Svizzera ? Il colonnello dell'Ubs d'estate va in vacanza a Punta Ala, il suo italiano e' ottimo . Ma questa domanda molto gentilmente fa finta di non averla capita . E allora contraccambiando la discrezione evitiamo di fargli l'altra domanda, d' obbligo in questi giorni : colonnello , cosa pensa di quel rapporto dell'Fbi che accusa l' Ubs di aver fatto fuggire Licio Gelli dal carcere di Ginevra nel 1983?
Mauro Suttora

Saturday, September 26, 1987

Profughi istriani e dalmati


Ferite socchiuse: 40 anni dopo, gli esuli italiani si interrogano sul proprio passato

PALESTINESI DI CASA NOSTRA

Dalmati e istriani si incontrano a Trieste per commemorare gli avvenimenti del 1947. Gli jugoslavi li chiamano fuggiaschi, il Msi li corteggia. Ma loro cosa rivendicano? Le terre perdute? No, dicono, soltanto il diritto alla nostalgia

Europeo, 26 settembre 1987

di Mauro Suttora

In via Montenapoleone a Milano, fra i re della moda mondiale, la Dalmazia è regina. Sono dalmati, infatti, i due stilisti che si fronteggiano all'inizio della via, con le loro ricche vetrine nelle postazioni più prestigiose, quelle vicine a piazza San Babila: Ottavio Missoni e Mila Schoen. Dalmati , e quindi profughi. Così come gli altri 350 mila istriani, fiumani e lussignani che nel 1947, quarant'anni fa, dovettero abbandonare le proprie terre ai partigiani jugoslavi.

Fu un esodo drammatico. Per molti comincio' gia' nel 1943: gli abitanti di Zara scapparono in 14 mila per non morire sotto i bombardamenti a tappeto degli aerei inglesi. " Io ero prigioniero in Africa", ricorda Missoni, oggi sindaco onorario del 'Libero comune di Zara in esilio', "ma la mia famiglia fuggi' a Trieste con il 90 per cento della popolazione, che era tutta italiana. Quando tornai in Italia trovai mio padre che a 65 anni, per mantenerci, si era dovuto rimettere a navigare. Erano tutti scappati senza una lira".

Per altri la fuga fu meno precipitosa: gli italiani della "zona B" del mai nato Territorio libero di Trieste se ne andarono nel 1954-55, quando la zona passo' sotto amministrazione jugoslava in cambio del ritorno di Trieste all'Italia. Ma il grosso dei profughi "esodò" nel 1947, quando il trattato di pace impose all'Italia sconfitta di cedere quasi tutta la Venezia Giulia alla Jugoslavia.

Fu la ratifica di una realta': gia' da due anni nei paesi italiani della costa istriana si erano installate vincitrici le truppe comuniste del maresciallo Josip Broz detto Tito. Che avevano prevalso, con l' aiuto russo-inglese, non solo su tedeschi e italiani, ma anche, dopo una feroce guerra civile interslava, sui fascisti croati (gli "ustascia") e sui partigiani monarchici "cetnici" (paragonabili ai nostri badogliani).

Il 19 e 20 settembre a Trieste si riuniscono gli esuli istriani e dalmati per commemorare gli avvenimenti di quel 1947. Arriveranno 5 mila persone dall'Italia e dall'estero (soprattutto Canada  Australia e Usa, dove si sono rifugiati circa 50 mila profughi). E poi ci saranno i 50 mila triestini di origine istriana e dalmata.

Ma non sara' un anniversario facile. Il quotidiano semiufficiale Delo (Lavoro) di Lubiana ha gia' dedicato al raduno un articolo in cui si esprime "sorpresa e meraviglia per l'appoggio delle autorita' italiane a questi 350 mila fuggiaschi" (agli esuli, nonostante l'insulto del termine "fuggiasco", l'articolo non e' interamente dispiaciuto: per la prima volta infatti gli jugoslavi riconoscono il numero di 350mila profughi. Nel tentativo di minimizzare l'esodo, in passato Belgrado non era mai andata oltre la cifra di 200-250 mila).

L'ambasciata jugoslava a Roma ha protestato con il nostro governo, che dovrebbe essere rappresentato al raduno dal ministro della Funzione pubblica Giorgio Santuz (Dc), unico titolare di dicastero seppure senza portafoglio proveniente dal Friuli Venezia Giulia.

Perche' queste proteste? "Non lo so, noi non avanziamo alcuna rivendicazione nei confronti della Jugoslavia", assicura Silvio Cattalini, organizzatore del raduno ed esule da Zara. "Certo, nei decenni scorsi c'e' chi ci ha fatto passare tutti per nazionalisti o fascisti. Ma noi vogliamo fare solo un discorso culturale : mantenere viva la memoria sulla nostra tragedia , farla studiare sui libri di scuola. Fra qualche anno, dei protagonisti diretti di quella vicenda non rimarra' piu' nessuno. Ecco, noi vogliamo che la nostra sofferenza non sia cancellata".

A complicare le cose, pero', e' arrivato il Movimento sociale italiano. Il quale ha organizzato per sabato 19, alle sette di sera, un comizio di Giorgio Almirante in piazza Unita'. Gli esuli hanno un concerto nel vicino teatro Verdi alle 18  e usciranno negli stessi momenti in cui il segretario del Msi iniziera' il suo discorso.

"Almirante e' fiero di aver potuto parlare in pubblico per la prima volta proprio a Trieste, nel 1949", spiegano al Msi, "e vuole concludere la sua carriera da segretario con un comizio nella stessa città". Apriti cielo : il consigliere comunale della minoranza slovena a Trieste Alessio Lokar ha protestato per l'adesione del Comune, con il sindaco Giulio Staffieri in testa, al raduno "sciovinista e revanscista" dei profughi.

Il messaggio di Staffieri agli esuli, in effetti, si differenzia da quelli piu' anodini fatti pervenire dal presidente della Regione e da quello della Provincia. Mentre per esempio quest'ultimo definisce l'esodo come "una scelta imposta dalla storia" (frase che fa imbestialire i profughi, ma che si giustifica per la presenza in provincia di Trieste di molti sloveni ai quali dispiacerebbero indicazioni piu' precise), il sindaco si lancia in affermazioni drastiche: "All'emigrazione degli esuli va coraggiosamente dato il nome di esilio, ma noi siamo rimasti qui a mantenere le posizioni di una civilta' che non e' destinata a morire". E poi: "Accanto al rilancio dell'economia , a quello emporiale e scientifico, e' da coltivare o addirittura da anteporre il rilancio dei grandi valori ideali, di cui uno dei piu' alti e sacri e' l'amor di patria".

Patria: una parola che fa venire ancora i brividi di commozione ai profughi (anche perche' la patria e' piu' bella se perduta), ma che suscita sentimenti opposti fra i 30 mila sloveni di Trieste, che non si considerano certo un "avamposto della civiltà" (italiana, latina, occidentale, cristiana) in territorio nemico.

Cosi', a quarant' anni dalla fine della guerra, molti sono ancora gli argomenti che scottano. E anche i gesti: "Finalmente", annuncia per esempio Silvio Del Bello, 53 anni, di Umago, presidente dell'Unione degli istriani, "domenica, per la prima volta , un ministro del governo italiano rendera' omaggio alle vittime delle foibe di Basovizza e Monrupino".

Le foibe sono grotte carsiche, cavita' profonde dentro le quali i partigiani di Tito gettarono circa seimila italiani, spesso ancora vivi: tutti accusati di essere fascisti o collaborazionisti, mentre in realta' in non pochi casi si tratto' di vendette personali. Nella foiba di Basovizza, per esempio, che e' la piu' grande fossa comune d' Italia, sono finiti anche comunisti e soldati neozelandesi.

Pochi i corpi riconoscibili : quando gli alleati scoprirono la foiba, i cadaveri legati l'uno all'altro da fil di ferro erano gia' decomposti. Si conosce solo lo spazio che occupano: 300 metri cubi di ossa.

Ma si sa, fra i crimini di guerra quelli dei vincitori sono sempre i meno gravi. E quindi le vittime delle foibe non hanno ricevuto gli stessi onori degli altri caduti. Anzi, illustri professori di storia, come Giovanni Miccoli ancora nel 1976, si sono esercitati nel bollare come "aberrante" l'accostamento fra due pagine egualmente nere della guerra a Trieste, seppure di segno opposto: le foibe slavo-comuniste e il campo di sterminio nazista della risiera di San Sabba (dove, per ironia della sorte, nel dopoguerra vennero parcheggiati molti profughi istriani in attesa di sistemazione).

Ma chi sono veramente i profughi istriani e dalmati? Cos'hanno fatto in quarant'anni questi nostri 350 mila "palestinesi"?
"A differenza dei palestinesi noi siamo esuli in patria", risponde Del Bello, "e pensiamo di esserci comportati bene: ci siamo sparsi un po' in tutta Italia, abbiamo lavorato duro, ci siamo rifatti una casa".

Alcuni hanno fatto fortuna, come l'industriale farmaceutico Fulvio Bracco, quello del Cebion. Altri sono arrivati al successo: l'attrice Laura Antonelli, nata a Pola nel 1941, il cantante Sergio Endrigo, anche lui polesano, la presentatrice tv Paola Perissi (Processo del lunedi).

Uno che non ha dimenticato e' il celebre violinista Uto Ughi, 43 anni, che sta eguagliando le gesta del suo compaesano piranese Giuseppe Tartini: fa parte del consiglio nazionale dell'Unione degli istriani. Dall' ex zona B vengono lo scrittore Fulvio Tomizza e il pugile Nino Benvenuti, da Lussinpiccolo il comandante Tino Straulino, olimpionico di vela.

Mila Schoen (vero nome Maria Nutrizio, sorella del celebre giornalista Nino, ex direttore della Notte) e' fuggita dalla sua Trau', in Dalmazia, addirittura nel 1923, quando aveva un anno e mezzo. Il padre, farmacista, passo' il confine di notte, perdendo tutto. "Mio padre era un patriota", ricorda lei adesso, "e quando la Dalmazia fini' alla Jugoslavia fu considerato un traditore dagli slavi".

Non pochi sono i dalmati profughi due volte: nel primo dopoguerra quando si rifugiarono a Fiume, Zara o Pola, e poi nel 1947, quando dovettero andarsene di nuovo. Mila Schoen e' sfuggita a questo amaro destino: lei nel 1940 era gia' a Milano. "Sono ritornata per la prima volta a Trau ' sei anni fa, mi ci hanno portata in barca degli amici brasiliani. Sono posti bellissimi, straordinari. Quando sono sbarcata, ho domandato in piazza al primo passante se si ricordava dov'era la farmacia del dottor Nutrizio. 'La farmacia del buon Gigi ? Era quella la'!', mi ha subito risposto".

L' Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha sede a Roma: ha assistito 172 mila profughi e pubblica un quindicinale, Difesa Adriatica. Presidente e' Paolo Barbi, europarlamentare democristiano fino al 1984; segretario un prete, padre Flaminio Rocchi. Per le ultime elezioni Difesa Adriatica ha indicato alcuni candidati da votare, tutti Dc (l'olimpionico Abdon Pamich, Uto Ughi e lo zaratino Lucio Toth, eletto senatore) e del Msi. Perche'? "Abbiamo segnalato tutti quelli che ce lo hanno chiesto", risponde padre Rocchi. "L'unico requisito e' essere nati nelle nostre terre. Abbiamo pero' una preclusione verso il Pci, che nel 1947 voleva dare Trieste e Gorizia alla Jugoslavia".

Annunci piu' inquietanti sono pubblicati sul mensile Voce di Fiume: raduni di reduci della Decima Mas repubblichina  incontri al Vittoriale. "I nostalgici ci sono dappertutto", commenta Silvio Cattalini, "ma sono solo una piccola minoranza".

E Missoni, che ne pensa? "Fiol, cos te vol che te diga, mi de politica no me interesso. Io vado in Jugoslavia da 25 anni ogni estate con la mia barca  perche' il vino, il mare, i canti e i tramonti sono sempre quelli. Ma nessuno ha mai pensato di tornare. Io non ho mai avuto odio, ne' allora ne' oggi, verso gli slavi. In fondo, noi dalmati siamo sempre stati sotto qualcuno".

Padrone per padrone, l'unica nostalgia che riesce ad accomunare tutti gli esuli istriani e dalmati e' forse quella per l'impero austriaco di Francesco Giuseppe, che riusci' a far convivere pacificamente marinai e pescatori italiani della costa con i contadini slavi dell'interno. Poi sono arrivati i fascisti. Poi i comunisti. E gli ammiratori degli Asburgo sono aumentati: "Quando governavano loro, profughi non ce n'erano".

Mauro Suttora

Saturday, September 05, 1987

Irangate 2

Europeo, 5/9/1987, pag. 16

Irangate all' italiana, 2

Esclusivo: tutti i documenti del traffico di esplosivi tra il nostro paese e Teheran

Nome in codice: "Operazione Niklas". Protagonisti : cinque grandi produttori di munizioni. E una piccola azienda italiana. Dalle riunioni a Parigi dell'82 alle triangolazioni con Israele e Sudafrica, l' affare è ricostruito in un rapporto top secret. "Europeo" lo svela

di Mauro Suttora - inviato a Stoccolma
Foto di Gianfranco Moroldo

I sette volumi da 700 pagine stanno nella sede delle dogane svedesi , a Sandhamnsgatan 57 , Stoccolma. Contengono i risultati di tre anni di indagini sui traffici illeciti della Bofors Nobel , l' industria bellica svedese che ha contrabbandato armi e munizioni in Iran attraverso Italia e Jugoslavia violando le leggi del proprio paese . Sono atti pubblici : adesso l' inchiesta della magistratura si e' conclusa e il processo si terra' in autunno .

Ma dal rapporto delle dogane mancano i due fascicoli che riguardano Tirrena e Valsella , le aziende italiane che hanno fatto da ponte fra la Bofors e l' Iran . La mannaia del segreto si e' abbattuta su 300 pagine di documenti . Perche' ? " Abbiamo spedito cio' che riguarda l' Italia alla vostra Guardia di Finanza " , spiega il funzionario Ingvar Carlsson , " e qui in Svezia sono pubblici solo i documenti che riguardano direttamente la Bofors . Tutto il resto e' riservato , fa parte della collaborazione fra le dogane degli Stati europei che si scambiano informazioni in base a un trattato del 1953 " .

La Guardia di finanza , a Roma , conferma di star conducendo un' indagine su Tirrena e Valsella . Iniziata dopo aver ricevuto il rapporto svedese ? " No comment " . L' inchiesta , svolta per conto dei giudici italiani , e' coperta dal segreto istruttorio . Segreto in Svezia , segreto in Italia . L' Europeo e' in grado , pero' , di pubblicare i documenti riservati che ci vengono negati dalle autorita' di Roma e Stoccolma . Nel numero scorso , avevamo rivelato la vicenda di un' imponente fornitura di esplosivi all' Iran in cui una ditta italiana si era assunta il ruolo di spedizioniere . In questo numero , ricostruiamo con materiale inedito la storia completa della " connection " Europa Italia Iran (con sconfinamenti in Israele , Sudafrica e Irak) arricchita da nuovi particolari .

Europa unita .
C' e' un funzionario , alle dogane di Stoccolma , che fa dei bellissimi disegnini . Non bisogna tradurre dallo svedese tutte le pagine del rapporto consegnato in maggio da Sivgard Falkenland , capo della sezione criminale delle dogane , per capirne il significato : basta dare un' occhiata alle didascaliche cartine accluse ai verbali degli interrogatori dei dirigenti della Bofors e alle conclusioni degli investigatori . E questo significato e': l' Europa unita esiste . È viva , operosa , solidale . Puo' anche marciare in ordine sparso sulla questione dell' invio di cacciamine nel Golfo Persico , puo' latitare in politica estera o in materia di agricoltura . Ma quando si e' trattato di vendere armi e munizioni all' Irak e all' Iran , l'unita' europea ha funzionato a meraviglia . Anzi , si e' estesa oltre i confini della Cee , inglobando tutta la Scandinavia e perfino la Jugoslavia .

Quella cartina con le frecce che convergono sull' Italia per poi partire verso l' Iran illustra l' affare delle 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo M1 fornite da Bofors (Svezia) , Nobel (Scozia) , Snpe (Francia) , Prb (Belgio) e Muiden (Olanda) alla Tirrena di Roma , e da questa riesportate verso Teheran . Valore totale appurato nel rapporto : 315 milioni di sek (corone svedesi) . Cioe' , esattamente i 75 miliardi di lire indicati dall'Europeo la scorsa settimana . Quindi la smentita della Tirrena , che ha parlato di 13 miliardi , non regge : questa cifra si riferisce al totale dei suoi acquisti all' estero.

Non solo polvere .
Ma quello delle 5 . 300 tonnellate e' solo uno dei sei contratti per munizioni che la Tirrena ha firmato nel 1982 con la Ndio (National defence industries organization) iraniana , e ne rappresenta solo un decimo del valore complessivo . In realta' , dal 1982 al 1984 , la Tirrena ha avuto , grazie a regolari licenze concesse dal governo italiano , il quasi monopolio delle forniture di munizioni che partivano dall' Italia verso l' Iran . Polveri ed esplosivi che provenivano in larga parte dall' Italia . Secondo la Tirrena e' stato per ragioni di equilibrio con l' Irak che la ditta romana ha ottenuto tutte quelle licenze per l' Iran . Sei in tutto , abbiamo detto . Una di queste , l' unica di cui l' Europeo possa rivelare i dettagli , ha riguardato per esempio 200 tonnellate di potente esplosivo , il Pentyl (pentastite) Nsp 46 , umido al 25 per cento , arrivato agli ayatollah per un prezzo di quasi due miliardi di lire . Intendiamoci : quelle 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo per i grossi cannoni iraniani da 105 e 155 millimetri che bombardano Bassora non sono poca cosa : basti dire che il consumo totale dell' Iran in un anno e' di 4 mila tonnellate . Ma le carte svedesi dicono, lo ripetiamo. che la Tirrena aveva altri cinque contratti con Teheran . E che per diversi di questi l ' Italia ha fornito una sponda compiacente (illegale per la legge svedese ma non per quella italiana) alle " triangolazioni " Svezia Italia Iran , per un valore di almeno 250 miliardi di lire .

Operazione " Niklas " .
Nei documenti sequestrati alla Bofors non si trovano mai i nomi Iran e Irak . Il nome di codice che gli svedesi usavano per l' Iran era " Niklas " , Nicola (vedere documento qui sopra) . L' Irak invece era " Kalle " , Carlo . L' " operazione Niklas " viene discussa durante una cena il 12 settembre 1982 a Parigi fra alcuni rappresentanti del consorzio Easspp (Associazione europea per lo studio della sicurezza di polveri e propellenti) , che riunisce i 13 maggiori produttori di esplosivo dell' Europa occidentale , dalla Spagna alla Finlandia (per l' Italia c' e' la Snia, che pero' dichiara di essersi sempre attenuta ai soli scopi statutari dell' associazione).

La Tirrena , attraverso i belgi della Prb con cui collabora da dieci anni , chiede al cartello i quantitativi di munizioni che non riesce a reperire in Italia . Ma l' interesse e' reciproco : contemporaneamente i produttori europei cercano un' azienda italiana che , viste le maglie larghe delle leggi del nostro paese , faccia da intermediario " legale " per l' Iran , poiche' negli altri paesi le licenze non vengono concesse (non certo per motivi umanitari : la Snpe francese , societa' statale , e' per esempio costretta a seguire la scelta di Parigi di vendere armi all' Irak , di cui e' il secondo fornitore mondiale dopo l' Urss) . Le trattative per celebrare questo matrimonio di convenienza sono pero' lunghe (come mostra il documento qui accanto ) : si trascinano per un anno , dal primo incontro fra Bofors e Tirrena nel marzo 1983 alla firma del contratto per le 5 . 300 tonnellate il 15 marzo 1984 .

Anche qui , la smentita della Tirrena alle nostre rivelazioni della settimana scorsa e' erronea : esattamente come avevamo sostenuto il contratto di fornitura e' del 1984 , non del 1982 . Il dettaglio temporale non e' insignificante. Benche' le esportazioni della Tirrena fossero in regola , proprio in quei mesi del 1984 si dibatteva la necessita' di imporre un embargo del materiale bellico a Iran e Irak . Un dibattito poi sfociato nelle disposizioni dell' allora ministro della Difesa , Giovanni Spadolini .

Un' ulteriore conferma : la garanzia per i pagamenti anticipati della Tirrena viene data dalla Banca nazionale del lavoro il 17 febbraio 1984 . La Snpe fornira' 1 . 800 tonnellate , Nobel e Bofors 900 , Prb e Muiden 850 ciascuna . Il 4 maggio 1984 Mats Lundberg , sales manager della Bofors (adesso imputato nel processo) , scende a Roma per incontrare , nella sede della Tirrena in via del Quirinale 22 , all' angolo delle Quattro fontane , tre persone : il presidente della Tirrena Vittorio Amadasi , la sua assistente Franca , e il capo della Bofors Italia Renato Golinelli.

Riproduciamo l' interessante verbale dell' incontro scritto a mano da Lundberg e poi sequestrato dalla giustizia svedese sopra il riquadro . Il punto 1 riguarda le 5 . 300 tonnellate di polvere e un preteso interessamento del ministro degli Esteri , Giulio Andreotti , al rinnovo della licenza d' esportazione della Tirrena verso l' Iran (vedi il riquadro) . Il punto 2 e' intitolato " Petn " , e riguarda una delle altre forniture della Bofors alla Tirrena . Eccone la traduzione letterale : " Spedire 25 tonnellate il 15 18 maggio . Bofors ne spedira' 50 al piu' presto , il 20 30 giugno . Le manderemo in container , ma c' e' il problema dell' umidita' . Non dobbiamo pagare troppo per il trasporto da Montepescali (la stazione ferroviaria a tre chilometri dal deposito militare di Versegge , Grosseto , ndr) a Piombino " .

Qual e' il problema cripticamente sollevato nell' appunto di Lundberg ? Semplice : se l' esplosivo viaggia per mare , dev' essere umidificato in percentuale diversa dai viaggi in ferrovia , per evitare il pericolo di esplosioni . Ma le dogane svedesi credono che la spedizione della Bofors via terra alla Tirrena restera' in Italia . Come giustificare allora un tasso di umidita' diverso , che tradisce la vera destinazione del materiale ? Probabilmente il problema non venne risolto del tutto , ed e' proprio grazie a questi indizi che la verita' e' venuta a galla .

Altro problema al punto 3 . Titolo : " 30 tonnellate di Petn ' ' plastico' ' " . Nelle quattro righe c' e' scritto : " Metteremo solo 5 kg di plastico in un barile pieno di polvere , per mostrarlo agli iraniani . Il numero del contratto e' : 334 1401 11825 . Telefonare a Franca per dirle il numero del barile " . Qui la Bofors deve fare arrivare in Iran un campione di un altro prodotto , che probabilmente a Teheran vogliono controllare prima di ordinare . Ma poiche' non vale la pena di chiedere una licenza di export (neanche per l' Italia) per un quantitativo cosi' piccolo , si usa un trucco : celare il plastico in un barile pieno di polvere . Alla Tirrena confermano : " Si' , era un plastico con una diversa gradazione di flegmatizzante " .

Rimane un fatto incontestabile : la Tirrena conferma che quel campione venne contrabbandato . L' ultimo punto del verbale , " Nuova licenza di esportazione " , dice : " Il governo (italiano , ndr) e' sotto forte pressione dall' estero (gli Usa , ndr) . Il dr . Amadasi pensa che nessuna nuova licenza verra' concessa " . Si tratta evidentemente di licenze che non riguardano le 5 . 300 tonnellate di polvere , che la Bofors in quel momento e' sicura di poter far arrivare in Iran via Italia . E infatti il 23 agosto 1984 gli svedesi domandano al loro governo il permesso per l ' export delle prime cento tonnellate in Italia . Questa spedizione avviene in due fasi : 50 tonnellate arrivano al deposito dell' esercito di Versegge in settembre , i restanti mille barili da 50 chili l' uno vengono spediti il 27 9 ' 84 . Questa e' la prima ma anche l' ultima spedizione di polvere M1 che la Bofors fa alla Tirrena . Infatti in ottobre la licenza della societa' italiana scade , e non viene piu' rinnovata dal Comitato interministeriale .

Pero' l' annunciato ' ' embargo' ' verso l' Iran non era affatto rigido : sono diverse la aziende italiane che negli anni successivi hanno potuto continuare a rifornire Teheran . La Oerlikon , per esempio , ha avuto il permesso di spedire mitra e cannoni fino al 15 luglio 1987 , sei settimane fa . La Tirrena afferma di essere riuscita a mandare in Iran solo 270 delle 5 . 300 tonnellate pattuite . Di queste solo 50 erano della Bofors . Le altre 50 sono rimaste a Versegge per sette mesi , fino all' aprile 1985 , perche' la Bofors dice la Tirrena ha cercato senza successo di venderle in Italia (vedere telex qui sopra) .

Ma , sulla vicenda del mancato rinnovo della licenza alla Tirrena , a pagina 00141 del rapporto svedese , c' e' un' affermazione sconcertante e che potrebbe contenere un giallo politico . Lo fa , durante un interrogatorio del 12 giugno 1985 , l' ingegnere Carl Nygren , dirigente della Bofors . " Perche' l' Italia non ha rinnovato la licenza della Tirrena per l' Iran ? " , gli domandano gli investigatori . Risponde testualmente Nygren : " Perche' un' azienda bellica pubblica italiana in quel periodo ha una commessa di 11 miliardi di corone (2 . 200 miliardi di lire , ndr) con l' Irak , che chiede in cambio a Roma di sospendere le forniture all' Iran " .

Poiche' non risulta nessun affare Italia Irak di quell' entita' in quel periodo , e' probabile che il riferimento sia al pagamento delle undici navi costruite dalla Fincantieri per l' Irak : navi mai ritirate da Baghdad , per il semplice motivo che ormai gli irakeni hanno perduto tutti i loro porti , ma anche mai finite di pagare .

Sudafrica .
Anche il Sudafrica , come l' Italia , nei primi anni ' 80 , imbottisce di armi e munizioni l' Iran . Nel 1981 , Karl Erik Schmitz di Malmoe (Svezia) , uno dei piu' grossi trafficanti d' armi del mondo , ottiene per la sua azienda di import export Scandinavian Commodities (Scanco) un ordine gigante dall' Iran , del valore di 600 milioni di dollari (1 . 200 miliardi di lire) . Lo confessa lo stesso Schmitz , imputato nel processo Bofors , negli interrogatori . Ma nel 1984 il Sudafrica ottiene a sua volta una commessa militare di 400 milioni di dollari dall' Irak , con la clausola di bloccare l' export verso l' Iran . Schmitz va nei guai : deve ancora consegnare 300 miliardi di lire di polvere all' Iran , e non sa come rimpiazzare la polvere sudafricana . Manna dal cielo : contemporaneo al blocco del Sudafrica , arriva quello dell' Italia , e le due storie si saldano . Schmitz e' ben felice di rilevare dalla Tirrena la commessa per 5 mila tonnellate di polvere da sparo , e sposta gli imbarchi da Talamone al porto jugoslavo di Bar (Montenegro) .

Il nuovo partner di Bofors e soci e' adesso niente di meno che il Direttorato federale dei rifornimenti per l' esercito jugoslavo . Il quale non si limita a mettere a disposizione un deposito , come hanno fatto le Forze armate italiane : fornisce a Schmitz tutta la copertura , come importatore dal Nord Europa e come esportatore verso il Kenya (con falsi certificati di uso finale , per non far bloccare le navi dirette in Iran dagli egiziani nel canale di Suez) . Anche le navi cambiano : non sono piu' quelle iraniane , che attraccavano al porto di Talamone (Grosseto) e che poi erano costrette al periplo dell' Africa per evitare Suez , ma danesi e tedesche . I carghi " Frauke " , " Bentota " , " Katja " e " Othonia " fanno la spola fra la Jugoslavia e Bandar Abbas (vedere la bolla di scarico della Frauke , a pag . 20) . I produttori di munizioni del cartello Easspp sono soddisfatti : si riuniscono a Oxford il 5 febbraio 1985 (pag . 00046 dell' inchiesta svedese) per ratificare il passaggio della commessa dalla Tirrena a Schmitz . Il quale trova il resto della polvere , che il Sudafrica non gli manda piu' , soprattutto in Israele .

Era l' "Italian transaction" (ma la Tirrena nega : " Tutto era in regola , niente ' ' triangolazioni sporche' ' : su quell' affare , che e' stato solo l' 1 per cento del commercio bellico italiano verso il Golfo , noi abbiamo pagato tasse e dogane fino all' ultima lira"). Ora diventa la " international transaction " e arriva all' Iran in varie partite , fino al dicembre 1986 . L' unica cosa che e' cambiata e' il prezzo (telex del 19 8 ' 85 da Schmitz all' Iran) : e' passato nel giro di un anno dai 20 marchi al chilo della Tirrena ai 23 marchi di Schmitz . Tutto aumenta .

Mauro Suttora

didascalie:
Gli iraniani lanciano un missile contro gli iracheni durante la battaglia di Korramshar . A sinistra : l' inchiesta dell ' " Europeo " della scorsa settimana con le rivelazioni sul traffico Italia Iran . A destra : la copertina del dossier sulla Tirrena delle dogane svedesi .
Qui sopra : le due cartine , disegnate da funzionari delle dogane svedesi , sono allegate al rapporto di 5 mila pagine che mette sotto accusa la triangolazione illecita fra Svezia e Iran , passata attraverso l' Italia .
La cartina a sinistra indica l' entita' dei " performance bond " (garanzie per l' esecuzione del contratto) versati dalla Tirrena all' Iran : quasi sei milioni di sek (corone svedesi) , che corrispondono a circa 1 , 2 miliardi di lire . La cartina a destra mostra il flusso delle 5.300 tonnellate di polvere da sparo che la Tirrena voleva vendere all'Iran. Valore totale dell' affare: 315 milioni di corone svedesi (75 miliardi di lire).
A sinistra: gli appunti di Mats Lundberg, sales manager della Bofors, sequestrati in Svezia. Il titolo è "Niklas", nome in codice per l' Iran.
A destra : un riassunto delle trattative fra Tirrena e Bofors per il contratto delle 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo . Il " client " di cui si parla e' l' Iran . Al punto 1 , l' indirizzo a cui spedire il materiale : il deposito militare di Versegge (Grosseto) . Al punto 2 , un disaccordo : sia l' Iran sia la Tirrena vogliono incaricarsi del trasporto della spedizione dal porto di Talamone . Al punto 3 , il pagamento anticipato : la Tirrena vuole pagare i produttori dopo ogni partita , la Bofors vuole subito il 10 per cento sul totale del contratto . Lars Jederlund , studioso svedese del commercio d' armi , con i dossier su Tirrena e Valsella .
Qui accanto : il verbale scritto a mano da Mats Lundberg della riunione avvenuta a Roma il 4 maggio 1984 negli uffici della Tirrena . Partecipanti : Vittorio Amadasi , presidente della Tirrena , la sua assistente Franca , " Gol " (nome in codice per Renato Golinelli , rappresentante della Bofors in Italia) e " Lum " (Lundberg , della Bofors Svezia) . Al primo punto , Lundberg scrive che Amadasi avrebbe parlato personalmente con il ministro degli Esteri per ottenere la licenza di esportazione .

Saturday, August 29, 1987

Irangate: dall'Italia armi a Iran e Iraq

Rivelazioni: cosi' il nostro paese spediva migliaia di tonnellate di esplosivo a Teheran

Fino al 1985 , la società Tirrena industriale ha smistato enormi carichi di polvere da sparo per conto dei grandi produttori . Porto d' imbarco : Talamone . Punto d' arrivo :il fronte di Bassora . Dopo quello delle mine , Europeo documenta un altro traffico . all' ombra della legalita' e con l' ospitalita' del nostro esercito

Europeo, 29 agosto 1987

di Mauro Suttora

"La polveriera dell' esercito ? E li', sulla strada per Siena . Bisogna svoltare a destra e andar dentro per un chilometro . . ." La moglie del casellante di Versegge (Grosseto), sulla ferrovia Roma Livorno, ha steso le lenzuola ad asciugare la mattina di Ferragosto . Lei non lo sa, ma quel deposito militare nascosto fra gli alberi adesso scotta : secondo documenti in possesso dell'Europeo, nel deposito dell' esercito italiano a Versegge sono state custodite , almeno fino al 1985 , migliaia di tonnellate di polvere da sparo e di altri esplosivi in partenza per l' Iran.

È la seconda puntata dello scandalo " Valsella Meccanotecnica " , l' ormai nota azienda di Brescia accusata di aver venduto un milione di mine all' Iran . Ma qui c' e' qualcosa di piu' : c' e' la connivenza del governo italiano , che non solo ha concesso licenze di esportazione di materiale bellico per un paese in guerra , ma ha anche custodito questo materiale in una polveriera delle nostre forze armate per conto di una ditta privata italiana e di aziende estere che violavano le leggi dei propri paesi .

Il settimanale francese Evenement du Jeudi e' andato a spulciare fra le 5 mila pagine di un ' inchiesta conclusa qualche settimana fa da Sivagard Falkenland, ispettore capo delle dogane svedesi , traendone le rivelazioni del traffico di esplosivi fra la Bofors Nobel di Stoccolma , la Valsella e l' Iran . Ma in quelle stesse pagine c' e' una seconda pista che riguarda l' Italia . Fra i documenti sequestrati nella sede della Bofors Nobel , infatti , ci sono le prove di un' altra grossa " triangolazione " . Destinazione finale : Teheran . E con due tappe intermedie fondamentali , entrambe in provincia di Grosseto : il deposito di Versegge e il porto di Talamone . Qui le navi dell' Iran sono venute a caricare 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo (per un valore di circa 75 miliardi di lire) . Le operazioni sono continuate indisturbate fino al 1985 inoltrato .

Il deposito di Versegge e' enorme : una vera e propria base , immersa in un bosco e recintata da doppio filo spinato . L' ufficiale di grado piu' alto presente nella base e' un giovane sottotenente di leva . Quando gli spieghiamo perche' siamo li' e sente il nome " Iran " sbianca e si rifugia nel segreto militare : " Mi spiace " , risponde , imbarazzato e gentile , " ma io non posso rilasciare dichiarazioni . Si rivolga al comando del distretto , a Grosseto " . Va bene , grazie .

Lunedi' mattina telefoniamo al comandante del distretto di Grosseto . E un colonnello , ma anche lui non dice nulla : " Rivolgetevi al comando territoriale di Firenze " . Ma come , colonnello , possibile che lei non sappia cosa e' passato in quel deposito ? " Ma lo sa che lei potrebbe essere inquisito ? Queste sono notizie riservate , io sabato mattina dopo che mi hanno avvertito della sua visita ho chiamato i carabinieri . Lei in quella strada non poteva entrarci , l' ubicazione del deposito deve rimanere riservata . Anzi , lei non deve neanche sapere che esiste , quel deposito . Se avesse preso delle foto la avremmo arrestata " .

Andiamo piu' su . E a Roma , al ministero della Difesa , finalmente confermano : " Si' , le forze armate possono temporaneamente custodire materiale esplosivo di societa' private " . E a Grosseto ? " Ragioni di riserbo impediscono di fornire ulteriori indicazioni . Comunque rispettiamo gli embarghi decisi dal governo " .

È tutta colpa dell' ingegnere svedese Ingvar Bratt se siamo andati a dare fastidio ai militari di Grosseto . E stato lui , qualche mese fa , a convertirsi al pacifismo e a spifferare alla Spaas , la potente associazione antimilitarista svedese , tutti i segreti dell' azienda dove lavorava : la Bofors Nobel , specializzata nel fabbricare esplosivi . Ne e' nato un grosso scandalo : inchiesta , perquisizioni , interrogatori , arresti . Come , la pacifica e neutrale Svezia esporta cannoni e dinamite verso l' Iran , paese in guerra , violando le proprie severissime leggi sull' export bellico di cui andava tanto fiera ? Sissignori , la Bofors si e' macchiata di questo reato . L' amministratore delegato e' stato cacciato , i 4 . 700 dipendenti tremano . C' e' di mezzo anche un morto : il contrammiraglio Karl Fredrik Algernon , spappolato sotto un treno della metropolitana di Stoccolma in gennaio . Omicidio o suicidio ? Di sicuro c' e' solo che Algernon era il responsabile delle licenze per le esportazioni di armi , che era accusato dai pacifisti di essere complice dei traffici illegali della Bofors , e che un' ora prima dell' incidente aveva avuto un tempestoso colloquio col direttore dell' azienda svedese incriminata .

Ma ecco come risulta la pista italiana dai documenti della Bofors Nobel . Siamo nel 1984 . In Italia e' perfettamente legale vendere armi sia all' Iran sia all' Irak . Nel concedere licenze d' esportazione a mucchi il nostro ministero degli Esteri sta attento solo a una cosa : usare bene la bilancia , per non scontentare ne' Bagdad ne' Teheran . Unico divieto : quello di fornire agli ayatollah materiale elettronico particolarmente sofisticato , definito " di importanza strategica " . Piu' che altro per paura che finisca in mano ai russi , e solo perche' e' un divieto imposto dagli Stati Uniti .

Per il resto , gli affari dell' industria bellica italiana vanno a gonfie vele : superiamo di slancio la Gran Bretagna e ci piazziamo al quarto posto fra gli esportatori d' armi mondiali dopo Usa , Urss e Francia . Un' azienda di Roma , la Tirrena Industriale (sede in via del Quirinale 22 , stabilimento a Pomezia , 130 dipendenti , specializzata nella produzione di parti metalliche per munizioni) , rifornisce l' Iran di munizioni complete e di polvere da sparo . Ha le licenze in regola , un rappresentante a Teheran , buone entrature al ministero degli Esteri . Ma quando Sazemane Sanaye Defa , l' Organizzazione delle industrie della difesa iraniane , le richiede 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo per i suoi cannoni (made in Usa) M4A2 da 155 millimetri e per gli howitzer da 105 , capisce che non ce la puo' fare da sola .

La Snia Bpd e la Sipe di Milano , le piu' grosse produttrici di polvere da sparo in Italia , sono sovraccariche di ordini . Dove rivolgersi ? Entra allora in campo un consorzio europeo di fabbricanti di esplosivi , lo stesso che e' stato partner d' affari della Valsella , e che ha un nome chilometrico : Easspp (Associazione europea per lo studio dei problemi di sicurezza di polveri e propellenti) . Le aziende del consorzio hanno un grave handicap : i loro governi sono piu' severi di quello italiano nell' impedire esportazioni belliche verso paesi in guerra . Ma possono risolvere ogni problema se vendono il loro prodotto a una societa' italiana , la quale poi a sua volta soddisfa il cliente iraniano . Insomma , per anni proprio l' Italia e' stata il lato " sporco " dei triangoli che permettono di aggirare i divieti all' export d' armi verso i paesi belligeranti . Il contratto viene firmato il 15 marzo 1984 .

Con perfetto spirito europeista la Tirrena Industriale acquista 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo per i cannoni degli ayatollah suddividendo equamente gli ordini fra la francese Snpe (Societe' nationale des poudres et explosifs) , la scozzese Nobel explosives , la svedese Bofors Nobel , la belga Prb e l' olandese Muiden (vedere una copia dell' ordine nella pagina precedente) . Il prezzo e' in marchi tedeschi : attorno ai venti marchi per chilo , per un totale di circa 75 miliardi di lire . Il pagamento avviene in due fasi : il 10 per cento e' anticipato , con garanzia della Banca nazionale del lavoro (documento del 17 2 84) , il resto alla consegna . E , per la consegna dei vari lotti (uno al mese per venti mesi) , l' indirizzo che i produttori stranieri devono mettere sui vagoni ferroviari pieni di polvere da sparo e' questo : Tirrena Industriale , c/o Deposito militare , 58035 Versegge (Grosseto) , Italy (documento del 15.3.84) .

Perche' un deposito dell' esercito italiano ? Semplice : perche' tutti i produttori d' armi italiani fanno custodire e collaudare il materiale destinato all' estero dalle nostre forze armate . Anche quando l' acquirente si chiama Khomeini . O Gheddafi : centinaia di cannoni e obici dell' Oto Melara , per esempio , sono stati puliti , controllati e messi a punto dai soldati italiani prima di essere spediti in Libia , nostro potenziale nemico . Le spese di immagazzinamento e " guardieria " non sono elevate , anche perche' di solito le aziende sono le uniche fornitrici del nostro esercito . E questo spesso si ritiene soddisfatto semplicemente dal poter utilizzare una parte delle munizioni o delle armi per le proprie esercitazioni : un pagamento in natura , insomma .

Qualche disaccordo invece c' era stato sulle modalita' di pagamento fra la Tirrena Industriale e i suoi fornitori : loro volevano l' anticipo del 10 per cento subito , su tutto il valore del contratto , gli italiani invece lo volevano scaglionare al ritmo delle consegne mensili (documento del 2 11 83) . Alla fine ha avuto la meglio la Tirrena . Fortuna per lei . Perche' l' estate 1984 , ricordate ? , e' quella della spedizione dei nostri cacciamine a ripulire il Mar Rosso . E li' cominciano i guai per l' export allegro verso l' Iran e l' Irak : sull' onda delle proteste dell' opinione pubblica il governo stringe la corda e non rinnova piu' le licenze verso i due paesi in guerra .

Ma la licenza della Tirrena Industriale e' valida fino all' aprile del 1985 , e non viene revocata . Ogni mese , tranquillamente , arriva un carico di 300 tonnellate a Versegge (vedere il telex della Bofors a pag . 117) . E dopo qualche giorno la polvere da sparo per i cannoni che bombardano Bassora percorre i 40 chilometri che separano Versegge da Talamone , il famoso porto che detiene il quasi monopolio dei trasporti bellici dall' Italia per l' estero . Li' la aspettano navi iraniane che la caricano e la portano a Bandar Abbas . Contemporaneamente da Talamone partono , nel 1985 , anche i carichi per l' Irak . Ma siccome Bagdad non possiede una flotta , non ha porti , e poiche' in ogni caso le sue navi verrebbero facilmente individuate e bombardate dagli iraniani nello stretto di Hormuz , armi e munizioni italiane per l' Irak hanno sempre viaggiato su navi terze . Se poi si trattava di traffici " sporchi " , provenienti cioe' da paesi che avevano dichiarato l' embargo , allora entravano in gioco gli armatori danesi , pronti a ogni avventura .

Scaduta la licenza la Tirrena non puo' piu' far fronte ai propri impegni (documento del 3 4 85) . Nessun problema per i fornitori nordeuropei : smistano il traffico sui porti della Jugoslavia e su navi tedesche e danesi (bolla di scarico a Bandar Abbas del 21 4 85) . Ma sul conto della Banca nazionale del lavoro restano bloccati alcuni miliardi : gli anticipi delle ultime partite arrivate a Versegge ma mai potute partire da Talamone . " Quei nostri soldi sono ancora li " , si lamentano alla Tirrena , " anche se l' inadempienza non e' colpa nostra : e' stato un ' ' fatto del principe' ' , com' e' scritto in inglese sulle polizze di carico per indicare un intervento politico " .

Adesso nella rada del porticciolo toscano , che accoglieva navi dalle piu' svariate bandiere , tutte affamate di armi made in Italy , c' e' il deserto . O meglio : c' e' il pieno , ma di motoscafi e barche turistiche . Le due gru gialle sono inoperose . Restano attraccate al molo , vuote , due chiatte gemelle che facevano la spola fra il piccolo molo e le navi piu' grosse che non potevano entrare in rada .

Una si chiama Dina , e l' altra , ovviamente , Mite . Un delicato gioco di parole che la dice lunga sul tipo di trasporti effettuati dai due natanti . Le ragioni di questo crollo dell' export sono due : la stagione estiva e il decreto Formica del 2 dicembre 1986 . Quest' ultimo accadimento , paragonato alla peste da tutti i fabbricanti ed esportatori d' armi italiani , ha fatto cadere verticalmente le nostre esportazioni belliche , perche' ha imposto controlli e condizioni severissimi per il rilascio delle licenze .

Ecco , questo e' il racconto di uno dei tanti business con l' Iran come quello della Valsella e molti altri che possono essere scandali solo in Svezia . Perche' fino a due anni fa migliaia di italiani hanno lavorato , guadagnato e mangiato vendendo armi e munizioni , mine e polvere da sparo , sia all' Iran sia all' Irak . Equamente . E in regola con tutti i timbri e tutte le leggi . Se non con quelle della morale , per lo meno con quelle dell' Italia .

Mauro Suttora