INCHIESTA DI COPERTINA
Europeo, 24 febbraio 1989
Grande sete: i danni della stagione piu asciutta del secolo
Acqua razionata , colture distrutte , boschi bruciati , concentrazione dell' inquinamento . Ecco , regione per regione , la mappa di un' emergenza provocata da un eccesso di bel tempo invernale . E che si potra' risolvere soltanto con una bruttissima primavera
di Salvatore Gajas
e Mauro Suttora
Ci mancava soltanto il Worldwatch Institute . Il prestigioso centro di futurologia statunitense venerdi' 10 febbraio ha diffuso ai giornali di tutto il mondo il suo rapporto annuale . E in questo rapporto c' e' scritto , nero su bianco , che se non riduciamo l' inquinamento di ogni tipo (da quello delle industrie e quello delle auto , dal taglio delle foreste al sovrappopolamento) la Terra subira' danni irreversibili entro il 2000 . Cioe' entro dieci anni .
In Italia , intanto , molti cominciano a maledire il sole . Non piu' soltanto gli sciatori e gli albergatori di montagna che , dopo il Capodanno senza neve , vedono svanire anche la possibilita' di rifarsi con le settimane bianche di febbraio e marzo . O gli agricoltori del Sud e del Nord che hanno le colture distrutte dalla siccita' , e i vigili del fuoco costretti ai salti mortali dai mille incendi che continuano a scoppiare nei boschi secchi . Adesso anche i cittadini comuni scrutano il cielo con apprensione . Per ora soltanto quelli di Genova , Vigevano e Chioggia , che hanno gia' subito il razionamento di " sorella acqua " . Ma fin dai prossimi giorni l' emergenza siccita' si allarghera' e tocchera' concretamente la vita quotidiana di molti di noi .
Colpa nostra , maledetti inquinatori che abbiamo rovinato perfino l' elemento primario di ogni forma di vita sul nostro pianeta ? O tremenda fatalita' del destino , calamita' biblica contro cui non si puo' far nulla se non pregare ? Gli appelli apocalittici del Worldwatch Institute lasciano perplessi e scettici anche ecologisti di provata esperienza come Laura Conti , deputato del Pci . Ma certo l' inusuale siccita' che sta colpendo l' Italia in queste settimane e' aggravata dall' imprevidenza ambientale dei nostri governanti . Cosi' , nel momento in cui per cause naturali diventa poca , l' acqua potabile e' resa ancora piu' inquinata dall' atrazina , i cui livelli minimi tollerabili vengono aumentati per decreto governativo . E diversi acquedotti sono chiusi non per mancanza d' acqua , ma perche' i veleni si concentrano troppo nel poco liquido rimasto .
Ecco , regione per regione , la mappa del disastro . Provocato dal destino , ma anche dall' incuria .
PIEMONTE
Qui il bicchiere e' ancora pieno . Ma avvelenato . Per lo meno nelle province di Vercelli , Novara , Asti e Alessandria , dove atrazina , bentazone e molinate la fanno da padroni . Casale Monferrato e' all' asciutto , ma lo era gia' tre anni fa . E non perche' le falde sotterranee e i pozzi si siano inariditi (anzi , non per nulla queste sono le regioni del riso) , ma perche' diserbanti e fertilizzanti chimici sono penetrati nella terra e hanno inquinato l' acqua potabile . Eppure , in teoria , il Piemonte e' , assieme al Trentino Alto Adige , la regione italiana con la maggiore disponibilita' di acqua , sia di sorgente sia di falda . Ma la rete idrica e' antiquata . Anche in periodi normali , un quarto della popolazione piemontese riceve una quantita' di acqua potabile ritenuta insufficiente dalle stesse autorita' pubbliche .
Da ottobre il cielo e' uno specchio limpido su tutta la regione . Il raccolto di grano e' gia' dato per compromesso al 15 per cento . In provincia di Cuneo soffrono soprattutto gli alberi da frutta . Per la prima volta nella storia del Piemonte si discute sull' opportunita' di costruire serbatoi artificiali per riserve idriche . Emilio Lombardi , assessore regionale all' agricoltura , chiedera' lo stato di calamita' .
LOMBARDIA
I devoti cattolici lombardi pregano . E ormai le invovazioni sono diventate ufficiali . Domenica 12 febbraio hanno chiesto nubi all' orizzonte da tutte le chiese . Che sarebbe finita cosi' , l' aveva capito per primo un parrocco brianzolo , don Gino Molon , malgrado la delusione finale . Aveva esposto nella chiesa di Canzo (Como) le reliquie di San Miro Paredi (uno dei pochissimi santi forniti anche di cognome) , noto e apprezzato durante i secoli per le pioggie provocate in suo nome . Questa volta , pero' , nonostante le preci dei fedeli di fronte alle sue ossa , nulla di nulla . Cosi' , dopo due giorni , don Gino ha riposto San Miro nell' urna per evitargli ingiusti sarcasmi . E i brianzoli si consolano con pellegrinaggi alla fonte Gajum , dove pero' le taniche si riempiono piu' faticosamente del solito .
Le acque lombarde sono oggetto di grandi traffici . Dopo aver avvelenato le preziosissime acque sotterranee di falda (che in queste zone scorrono anche a soli 50 centimetri dalla superficie , rendendo cosi' i campi i piu' fertili d' Europa) , adesso i politici accarezzano un sogno costosissimo : dissetare Milano con l' acqua di Ticino e Adda , potabilizzata e trasportata in acquedotto dai laghi Maggiore e di Como . E il cosiddetto " piano Lambro " , che invece di far disinquinare ai colpevoli , prevede molto cemento in opere pubbliche . Costo : 5 mila miliardi , tutti soldi pubblici . Significato concreto dell' operazione : piu' appalti , piu' tangenti , piu' finanziamenti per i partiti .
A Roma , in Parlamento , circola la facile battuta : " I nordisti hanno inventato Lambro e Po per istituire la Cassa del Mezzogiorno di Milano " . Sempre in quest' ottica , assistenzialista , ammaestrati dalle centinaia di miliardi spillati grazie all' alluvione in Valtellina , i politici lombardi gia' chiedono 1 . 500 miliardi per gli agricoltori . Un' enormita' , se si pensa che la nebbia umida ha limitato i danni in Padania , e che la Sardegna ha chiesto solo 800 miliardi , ma con danni ben maggiori . Intanto , l' " acqua all' atrazina " viene bevuta da 273 mila lombardi sparsi in sei province (escluse solo Sondrio , Varese e Como , troppo montane per avere le falde gia' inquinate) e in 73 comuni . Le piu' colpite sono le province di Milano (30 comuni) e Bergamo (22) .
LIGURIA
E' la regione settentrionale piu' colpita . I " mareometri " di Genova e Savona segnalano che il mare in Liguria si e' abbassato di 36 centimetri . Ma questo e' solo l' aspetto piu' spettacolare della siccita' . A Genova c' e' il razionamento dell' acqua gia' da dieci giorni . Per ora e' vietato lavare le automobili e innaffiare i giardini . Cosi' si risparmia l' equivalente di dieci milioni di bottiglie di acqua potabile ogni giorno . Ma , in mancanza di pioggia , da lunedi' 20 febbraio scatterranno misure ben piu' restrittive . Il comune ha gia' preparato il piano di razionamento , con mappe e calendario quartiere per quartiere .
Intanto Liguria ed Emilia litigano per la " briglia " sul Cassinghero : Genova accusa Piacenza di rubarle la poca , preziosa acqua del fiume Trebbia . Altra acqua , poi , ci pensa lo stesso acquedotto di Genova a sciuparla : nonostante che le tubazioni piu' recenti risalgono agli anni ' 60 , infatti , le perdite raggiungono spesso punte del 30% , contro una percentuale del 12 fisiologica in ogni acquedotto . Cosi' , mentre il fabbisogno canonico pro capite sarebbe di 400 litri al giorno , ogni genovese anche in periodi normali puo' contare solo su 320 litri .
Infuriano gli incendi nei boschi : i danni ormai si calcolano in migliaia di ettari . Vicino a Savona e' precipitato un Canadair " innaffiatore " , e i due piloti sono morti . Una delle cause " umane " degli incendi , oltre ai piromani che stanno agendo anche in questi giorni , e' la preferenza data alle conifere nei rimboschimenti degli ultimi anni . Querce e lecci , invece , sono molto piu' resistenti al fuoco . Il sughero , poco infiammabile al contrario della resina dei pini , fa da scudo per le parti vitali dei tronchi , e permette alle querce attaccate dal fuoco di riprendersi nel giro di poche stagioni .
VENETO
Gli epicentri della siccita' qui per ora sono due : l' altopiano di Asiago (Vicenza) e Chioggia (Venezia) . I sindaci dei piccoli comuni dell' altopiano stanno emanando ordinanze per evitare l' uso dell' acqua potabile nell' innaffiamento dei giardini . L' acquedotto che rifornisce Chioggia invece e' gia' rimasto chiuso per tre giorni , fino a sabato 11 , per un inquinamento del fiume Adige . E scattato un vero e proprio piano di emergenza , come se ne vedranno molti in altre parti d' Italia se non piovera' molto e presto . Il sindaco ha fatto chiudere le scuole , la gente ha dovuto comprare il pane in comuni limitrofi . Sono arrivate in citta' autobotti sia di privati , sia del IV Corpo d' armata , di Udine , sia dei vigili del fuoco di Mestre e Vicenza . Il problema piu' grosso e' stato quello dei servizi igienici : " Va bene , non useremo l' acqua per berla o per cuocerci la pasta , ma almeno datecela per far funzionare lo sciacquone " , imploravano soprattutto i negozianti . Sabato l' acquedotto e' stato riaperto , ma l' acqua puzza di solvente al nitro . Puo' davvero servire solo per il bagno .
TRENTINO ALTO ADIGE
È la regione meno colpita dalla siccita' . Eppure in Val d' Isarco , vicino a Vipiteno , domenica scorsa e' scoppiato un incendio che e' stato difficilissimo domare per mancanza d' acqua . Ci sono voluti gli elicotteri per circoscrivere le fiamme , che minacciavano il villaggio di Campo Trens .
FRIULI VENEZIA GIULIA
Il " Tilimint " (Tagliamento) e' ridotto a un rigagnolo . Per ora non si parla di razionamenti , ma soia e mais stanno gia' soffrendo . Qui il vescovo aveva invitato a pregare gia' una settimana prima che a Milano , ma per ora egualmente senza esito . Assieme alla siccita' e' arrivata perfino la nebbia , fenomeno rarissimo da queste parti . Il Friuli e' rinomato per essere la regione piu' piovosa d' Italia , e le riserve sotterranee non sono ancora prosciugate . Ma i vigili del fuoco hanno fatto molti straordinari , dai primi di gennaio ad oggi , per affrontare incendi che sul Carso vengono aggravati dalla bora .
EMILIA ROMAGNA
A Ferrara l' acqua potabile e' un bene prezioso gia' da vari anni . Infatti , poiche' questa citta' ricava le sue scorte idriche direttamente dal Po , almeno una volta all' anno gli inquinamenti del grande fiume malato bloccano l' erogazione : vengono raggiunti livelli spaventosi di atrazina . " In Emilia Romagna c' e' stato il 64% in meno della media delle precipitazioni avvenute negli ultimi sessant' anni " , ha calcolato Mauro Bencivenga , ingegnere del Servizio idrografico del ministero dei Lavori pubblici . La Lipu (Lega italiana protezione uccelli) ha chiesto ai ministri dell' Agricoltura e dell' Ambiente l' immediata chiusura anticipata della caccia su tutto il territorio nazionale : " Milioni di uccelli migratori sostano nel nostro paese trovando rifugio in zone umide che adesso invece sono completamente secche , e non trovano tregua perche' quando non piove vanno tutti a caccia " , avvertono gli ecologisti .
Intanto , e' scoppiata la psicosi dell' acqua minerale : a Rimini diverse famiglie hanno ordinato scorte per 30 40 casse , e anche i bolognesi sono terrorizzati dalla sete . La Cerelia , una delle ditte distributrici piu' importanti , ha 600 mila bottiglie in circolazione , ma sempre meno vuoti tornano indietro . Cosi' l' Emilia Romagna si avvia a battere il proprio record di 70 litri annui di minerale a testa , secondo solo alla Lombardia.
TOSCANA
La riserva e' di nove milioni di metri cubi , si puo' andare avanti ancora per 40 giorni . Poi , per Firenze sara ' l' emergenza . I pozzi della citta' sono quasi tutti contaminati dalla trielina , l' Arno e' ridotto al 10% della sua portata , ma il bacino dell' Anconella allontana il pericolo delle autobotti militari . Sara' un' annata preziosissima quella dell' 89 per il Chianti : gia' oggi si stima una produzione d' uva decimata dal secco . Ancor peggio andando a sud , in provincia di Grosseto . L' Ombrone e' arrivato al 7% della portata . Il ricordo della grande siccita' dell' 85 e' ancora forte in Toscana , ma la soglia dell' Arno nel bacino dell' Anconella , che allora aveva raggiunto i 17 centimetri , adesso e' ancora a 38 . Ma gia' si parla di bloccare gli autolavaggi , di chiudere le piscine , di limitare il lavoro delle lavanderie e di vietare l' innaffiamento dei giardini .
UMBRIA
" Danza della pioggia " a Gubbio organizzata dal clero cittadino sotto la piu' rassicurante forma della " veglia di preghiera " . L' iniziativa ha pero' provocato reazioni rabbiose da parte della gente . Costretti a un razionamento " da Terzo mondo " , gli eugubini se la sono presa con l' amministrazione comunale , colpevole di avere annunciato tante volte , e di non aver mai realizzato , un grande serbatoio di riserva per le emergenze . A Terni la situazione e' appena migliore : l' acqua non manca , ma la pressione e' ormai tanto bassa che chi abita nei piani piu' alti delle palazzine della parte nuova della citta' deve aspettare la notte per lavarsi .
Nel capoluogo invece le cose vanno decisamente meglio . A palazzo dei Priori , sede del municipio di Perugia , i funzionari snoccialano le cifre con l' orgoglio di chi ha vinto una battaglia : " Attualmente giungono a Perugia cinquecento litri d' acqua al secondo , di cui quattrocento da pozzi e cento da sorgenti appenniniche " . Invece che diminuire , l' erogazione e' addirittura aumentata , passando dai 37 . 800 metri cubi dell' ultimo trimestre dell' 87 ai 38 . 890 metri cubi del periodo corrispondente dell' 88 . Anche per il futuro non c' e' da temere : le riserve non mancano e nel prossimo marzo la disponibilita' d' acqua sara' di 38 . 890 metri cubi , mentre in aprile si scendera' di poco , toccando i 35 . 800 metri cubi . Ma se , a parte qualche caso , le citta' e le campagne umbre non soffrono troppo per la siccita' , i piu' pessimisti pensano gia' al futuro : ad Assisi il sindaco e l' assessore ai servizi tecnici hanno messo in allarme le squadre antincendio , per la prima volta nella loro storia . E hanno preteso che si lanciassero in una estenuante serie di esercitazioni dal vivo , sotto gli occhi un po' stupefatti della gente .
MARCHE
Nessun caso di razionamento nelle citta' e che vede gli agricoltori preoccupati ma non in difficolta' . Unica eccezione : Ancona , servita da un acquedotto tanto vecchio e inefficiente da essere continuamente soggetto a guasti .
LAZIO
Roma , che consuma con i suoi oltre quattro milioni di abitanti piu' acqua di tutto il resto della regione , non soffre di problemi gravi e finisce anche , con allacciamenti volanti sul suo acquedotto , per fare da pompa di rifornimento per chi ne ha bisogno . Nell' alto Lazio la situazione e' del tutto diversa , e i problemi peggiori li hanno proprio le zone che finora venivano additate a modello di buona gestione del patrimonio idrico . E il caso del Consorzio Maremma Etrusca , che grazie a impianti modernissimi permette di norma la messa a coltura di oltre 5 . 500 ettari dalle capacita' produttive record . " Quest ' anno certo non sta andando cosi " , si lamentano a Tarquinia , centro del Consorzio . " Nel 1987 passammo grossi guai perche' l' acqua era tanta , al punto che registrammo una serie di inondazioni disastrose . Ora siamo arrivati al punto di irrigare perfino il grano , che d' inverno di solito non ne ha certo bisogno . Ma nonostante questo , una gran parte del seminato e' gia' andato in malora . Per non parlare degli altri prodotti pregiati , come il carciofo , le barbabietole e i finocchi che stanno venendo su tanto duri e immangiabili da valere la meta " .
ABRUZZO
Unica o quasi fra le regioni del Centro Sud , l' Abruzzo non sembra aver risentito della siccita' generale . All' Aquila , dove la celebre fontana delle 99 cannelle continua a gettare , giorno e notte , freschi zampilli d' acqua , nessuno sembra troppo preoccupato . Si pensa , piuttosto , al futuro . E molti discutono del progetto del primo , modernissimo depuratore , che e' stato approvato proprio in questi giorni . Il Marsica 1 , finanziato con i fondi del minstero del Tesoro per oltre 20 miliardi , sara' un gioiello nel suo genere . " Ce lo invidieranno tutti " , dicono da queste parti , " questo nuovo impianto , che sara' facilissimo da gestire , produrra' anche acque depurate per irrigare i campi " .
CAMPANIA
Le citta' da sempre servite da acquedotti vecchi e poco efficienti sono ormai alle prese con il razionamento , soprattutto nell' area che corre intorno al Vesuvio . A Napoli , che in passato ha avuto per anni l' acqua a singhiozzo , i timori sono molti , ma la situazione non sembra drammatica . " I veri guai vengono soprattutto dagli incendi nei boschi " , ha dichiarato qualche giorno fa l' assessore regionale all' agricoltura Nicola Mottola . " Ne stiamo registrando un numero impressionante , peggio che d' estate " .
PUGLIA
" Anche la siccita' e' di due tipi " , si lamenta il presidente del Consorzio bonifica apulo lucana , Angelo Schittulli . " Di serie A quella del resto d' Italia , di serie B la nostra " . Vittimismo meridionalistico ? A giudicare dalla situazione , si direbbe proprio di no . A pezzi l' agricoltura , che vede compromesso quasi l' ottanta per cento del seminato di grano e di altri cereali e che e' ormai di fronte alla terribile prospettiva di un crollo della produzione di vino e olio , due colture che proprio in questo periodo immagazzinano le proprie riserve d' acqua . Guai grossi anche per l' acqua potabile , le cui riserve sono ridotte a un decimo di quelle considerate normali . Complessivamente , in Puglia sono rimasti appena 1 , 2 miliardi di metri cubi (per tutti gli impieghi) di fronte ai circa 150 miliardi che costituiscono la norma .
BASILICATA
In questa regione , da cui sotto molti aspetti dipende proprio la Puglia per l' approvvigionamento idrico , la situazione non e' migliore . Colture pregiate , come la vite , sono in pericolo .
CALABRIA
In panne l' agricoltura , anche perche' tutto e' affidato di norma a una piovosita' eccezionale per il Mezzogiorno (in media 1176 millimetri , contro i 970 di media nazionale) , che compensa in gran parte la mancanza di grandi bacini e corsi d' acqua . " Dato che il sessanta per cento delle piogge si concentra di norma nei mesi di novembre , dicembre e gennaio " , spiega Nunzio Laquaniti , direttore regionale della Coldiretti , " si puo' ben capire quanti guai possono scaturire dalla totale assenza di piogge che abbiamo registrato quest' anno . Ormai il rischio si e' esteso anche alle colture tradizionalmente piu' resistenti , come gli agrumi e gli alberi da frutta " .
SICILIA
La situazione e' disperata soprattutto nelle province di Gela e Caltanissetta , dove e' stato introdotto ormai da settimane il razionamento sia dell' acqua potabile sia di quella destinata all' agricoltura . Nel resto dell' isola i problemi non mancano , ma sembrano quasi attenuati dalla tradizionale mancanza d' acqua che da sempre costringe cittadini e agricoltori a sopravvivere con poco o nulla . Nella marea di segnalazioni e di problemi , non c' e' che da pescare a caso : a Modica , per esempio , la mancata istallazione di una pompa di sollevamento delle acque indispensabile quando i livelli delle scorte si abbassano ha messo improvvisamente a secco i rubinetti cittadini , mentre nel quartiere siracusano di Cassibile (dove fu firmata la resa dell' Italia agli Alleati nel ' 43) e' l' inquinamento a fare la parte del leone . Un inquinamento del quale il sindaco di Siracusa sembra sia stato informato solo ora con mesi di ritardo . Ma non basta : oltre alla altissima concentrazione di colibatteri e di streptococchi che rendono l' acqua del tutto imbevibile , i tecnici hanno indicato nelle condutture dell' acquedotto , realizzate trent' anni fa con l' eternit , un materiale oggi fuorilegge per questo genere di impieghi , una potenziale fonte di casi di cancro .
SARDEGNA
Non e' piu' soltanto siccita' , ma una vera e propria carestia , paragonabile soltanto ai grandi flagelli medievali . " Si tratta di un dramma di proporzioni immense " , spiega Salvatore Demuro , commissario straordinario per il Flumendosa , il bacino idrografico che , insieme con il Tirso garantisce la maggior parte delle gia' magre scorte idriche sarde . " Un dramma che non coinvolge piu' soltanto l' agricoltura , ma che coinvolge e coinvolgera' sempre piu' la popolazione " .
Bastano pochi dati a chiarire la proporzione della catastrofe : nella zona tradizionalmente piu' ricca della Sardegna , in Campidano , sono disponibili oggi appena 8 , 5 milioni di metri cubi d' acqua : un quantitativo sufficiente ad assicurare per appena un mese l' erogazione ridotta di sola acqua potabile e destinata alle industrie primarie . Un dato che ha indotto le autorita' a ridurre ancora la distribuzione , che fino ad oggi era pari all' 80 per cento del fabbisogno .
" Oggi " , spiega il presidente del Consorzio bonifica integrale del Campidano , Giovanni Crobe , " siamo gia' al 60 per cento ed e' prevedibile che si debba scendere ancora . Del resto in Sardegna ormai non abbiamo che cento milioni di metri cubi di riserve , contro una norma di oltre un miliardo " . Ma come verra' distribuita la poca , preziosissima acqua che rimane ? I piani ci sono , ma vengono tenuti gelosamente nel cassetto : " Quattro anni fa , in condizioni molto migliori di questa " , spiegano i responsabili , " facemmo l' errore di rendere pubblico il programma . E ci trovammo di fronte a una specie di guerra civile , che vedeva opposti cittadini e agricoltori , coltivatori di grano e di ulivo , industriali e proprietari di aziende zootecniche . Ognuno contestava il piano di razionamento e voleva piu' acqua per se " .
In attesa di un autentico miracolo che salvi la situazione (ma e' gia' stato calcolato che dovrebbe diluviare ininterrottamente per oltre due mesi per ristabilire le riserve necessarie) , i sardi guardano impotenti e disperati le prime , autentiche scene della carestia : nei campi , gli uccelli che non trovano piu' cibo nelle erbe selvatiche hanno cominciato a smuovere le zolle fino a venti centimetri di profondita' per cercare i semi impiantati dall' uomo . E l' acqua , a centinaia di metri cubi alla volta , viene estratta dalle vecchie miniere abbandonate o risucchiata , con pazienza e fatica , perfino dalle pozzanghere e dai fossi piu' minuscoli .
Salvatore Gajas
Mauro Suttora
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Friday, February 24, 1989
Saturday, January 09, 1988
A noi la molecola
Scommesse sul futuro: alla ricerca di nuovi materiali
Idee geniali. Denari pochi. Da 20 anni la chimica italiana campa sugli allori di vecchi brevetti. La via d'uscita per il 2000? Una fusione tra i nostri due giganti, Montedison ed Enichem
di Mauro Suttora
Europeo, 9 gennaio 1988
L'ultima Ferrari Gran turismo, modello F40, ha solo uno scheletro di metallo. Tutta la carrozzeria è di plastica e fibra di vetro: stesso principio del cemento armato (cemento più tondino di ferro), stessa resistenza.
Le pale dell'ultimo elicottero Agusta, l'Eh 101, che si è levato in volo per la prima volta il 14 dicembre, sono anch'esse di 'materiale composito': plastica e fibre di carbonio. Leggerissime, super-resistenti, formula segreta: in aeronautica ogni chilo in meno fa risparmiare miliardi.
Il cestello delle lavatrici Philips degli anni Novanta non sarà in acciaio inossidabile, ma in polipropilene. E ancora: i mobili dei nostri uffici e delle nostre case, i telai delle finestre, i rubinetti, metà dei vestiti che indossiamo, cosmetici e profumi, vernici e detersivi, le medicine... Tutto viene dall'industria chimica.
Gli esperti prevedono per questo settore il raddoppio della produzione nei prossimi vent'anni. Sempre meno legno, metallo, cemento. Sempre più plastica e affini. Eppure per le imprese chimiche italiane questi non sono tempi felici.
Alla Montedison sono momentaneamente in festa dopo la riapertura della Farmoplant di Massa, la fabbrica chiusa da un referendum 'verde' in ottobre. Ma la chimica rimane nel mirino degli ecologisti, che stanno passando all'azione contro altre 14 fabbriche in tutta Italia: per una Farmoplant che (forse) riapre, già inizia una raccolta di firme per la chiusura della Stoppani di Cogoleto (Genova).
Non sono solo le accuse di inquinamento, però, ad angustiare gli industriali chimici. È vero che la spada di Damocle delle proteste locali sta bloccando 800 miliardi di investimenti. Ma è anche vero che la chimica italiana nei guai c'è già per conto suo: ha un deficit con l'estero di 7mila miliardi, il terzo dopo l'energia e l'alimentare; i 230 mila addetti, già diminuiti di 50mila negli anni Ottanta, sono ancora troppi; i due gruppi più grandi, Montedison ed Enichem, diventano nani appena superato il confine, a confronto dei colossi tedeschi Bayer, Basf, Hoechst e della svizzera Ciba Geigy.
Dietro di loro, in Italia, dopo la Snia (gruppo Fiat) che segue a distanza, c'è il deserto: "La struttura della nostra industria chimica", spiega il professor Carlo Maria Guerci, consulente Eni, "è caratterizzata da pochissime imprese grandi, nessuna media e una miriade di piccolissime: dopo le prime tre troviamo in fila ben nove multinazionali, poi una italiana e quindi altre multinazionali".
Il risultato di questa polverizzazione è che l'Italia esporta poco, perché la quota di export sul fatturato è di norma più elevata per le imprese maggiori: nel 1986 solo il 23 per cento della produzione ha varcato le frontiere, contro il 91 per cento dell'Olanda, il 52 della Germania Ovest , il 47 della Gran Bretagna e il 38 della Francia.
Un altro dato, ancor più preoccupante, getta un'ombra sul futuro della chimica italiana: i finanziamenti per la ricerca scientifica. Nulla si può muovere, in questo come in tutti i campi dell'economia moderna, senza ingenti investimenti per l'innovazione tecnologica. Ebbene, oggi l'Italia spende in ricerca e sviluppo nella chimica un decimo della Germania Ovest. Hoechst da sola investe 1500 miliardi di lire l'anno, Montedison ed Enichem assieme non arrivano a 430 miliardi. Il divario non è solo in cifre assolute: sei per cento è la quota di fatturato spesa in ricerca dalla chimica tedesca, 2,6 la percentuale italiana.
"Non è tanto un problema di percentuali, però", precisa il professor Luciano Caglioti, docente universitario a Roma e direttore del Progetto Cnr chimica fine e secondaria. "Per avere un laboratorio efficiente e potente occorre anche fare quel salto di 'massa critica' sotto la quale si disperdono energie". Traduzione: è inutile che centinaia di piccole aziende chimiche italiane mettano in piedi ciascuna il proprio laboratorio. Auspicabile sarebbe invece procedere subito alla prevista fusione fra Montedison ed Enichem, cioè fra il polo privato e quello pubblico della chimica italiana.
Anche così, tuttavia, i problemi non sarebbero risolti. Di nuovo, infatti, l'economia condiziona la scienza e nega alla ricerca le risorse di cui avrebbe bisogno: Montedison deve ripianare un debito di 8mila miliardi, Enichem è stata appena risanata a fatica e per merito soprattutto del calo del dollaro e del petrolio (che continua a essere la materia prima della chimica). Come pretendere da questi due giganti esausti le migliaia di miliardi necessari al salto tecnologico?
Anche lo Stato non fa molto: il progetto Cnr diretto da Caglioti viene finanziato soltanto per venti miliardi annui, anche se riesce a mobilitare risorse private per cinque volte tanto.
Eppure i campi di eccellenza per la chimica italiana non mancano. Per esempio, continuiamo a essere i leader mondiali nel settore delle fibre sintetiche, a trent'anni dai miracoli del premio Nobel Giulio Natta, inventore del polipropilene. Oggi leacril, terital e altri materiali acrilici e poliesteri escono da impianti tecnologicamente avanzati e dominano i mercati internazionali. Negli ultimi due anni Montedison ha venduto 48 brevetti per il polipropilene nel mondo (uno perfino alla Hoechst), e il 60 per cento della produzione mondiale di questo importante materiale è' sotto sua licenza.
Nel campo delle gomme Enichem è leader mondiale per gli elastomeri, e Dutral (Montedison) sforna brevetti ad alto valore aggiunto. Biologi e ricercatori sono mobilitati nei laboratori di tutta Italia, ma soprattutto negli istituti Donegani di Bollate (Milano) e di Novara, per compiere i primi passi nel campo delle biotecnologie.
È qui, nello snodo fra agricoltura e chimica, nella produzione e manipolazione di sementi oltre che di fertilizzanti e antiparassitari, che il nuovo padrone di Montedison, l'agroindustriale Raul Gardini, spera di ottenere i risultati più interessanti e di poterli applicare immediatamente nelle aziende agricole del suo gruppo.
Anche se in Montedison non si sbilanciano, sarà sicuramente la ricerca biotecnologica la prima a essere innaffiata dai nuovi investimenti in ricerca di Foro Buonaparte.
E la plastica, la cara vecchia plastica ? Nonostante i verdi (ma alcuni di loro, come Laura Conti, hanno confessato di amarla), i tre milioni e mezzo di tonnellate consumate in Italia aumentano ogni anno del dieci per cento. Per alcuni tipi particolari di polimeri la crescita è addirittura forsennata, a ritmi del 60 per cento.
Sono soprattutto i 'tecnopolimeri', ovvero le leghe composte da diversi film in polipropilene sovrapposti, a essere incessantemente perfezionati per adeguarsi a ogni tipo di richiesta. I 'blister' per l'imballaggio di frutta, burro e caffè, per esempio, hanno fino a quattro strati laminati diversi: uno trattiene gli aromi, l'altro fa da barriera all'ossigeno, il terzo isola termicamente, il quarto blocca gli odori ambientali.
Ogni automobile è formata da almeno cento chili di plastica: non più solo cruscotti e imbottiture, ma anche paraurti, alloggiamenti dei fari e tutte le fiancate inferiori sono ormai in polipropilene e in altri 'tecnopolimeri'. Metalli come lo zinco invece, di cui nel 1970 venivano usati 50 chili per auto, sono calati a 13 chili.
Diminuisce il peso delle automobili, calano i consumi di benzina e crollano anche i costi di fabbricazione: una sola parte in plastica, stampata da un'unica pressa, prende il posto di 30-40 pezzi metallici da montare uno a uno.
La Fiero della General Motors, l'auto più 'plasticosa' del mondo, ha già venduto 100mila esemplari. Ma saranno dolori per gli sfasciacarrozze, e per chiunque voglia riciclare il materiale: è difficile scindere i vari polimeri, una volta messi assieme.
Gli altri settori del futuro, per la chimica, sono quelli delle leghe amorfe (superconduttori di elettricità che non disperdono energia) e dei materiali compositi. In questi campi Montedison è più avanti di Enichem, perché negli anni scorsi i privati hanno rifilato all'ente di Stato tutta la chimica di base (come gli impianti per la separazione dell'etilene dalla nafta), meno redditizia e spesso disastrata, conservando per sé le 'specialità' e la chimica fine.
Sono otto le società Montedison che producono materiali compositi. Il loro fatturato è 350 miliardi l'anno, con l'obiettivo di triplicarlo in poco tempo. Peccato che tutti questi stupendi superpolimeri, collanti per nuovi usi, fibre per metalli e altre meraviglie tecnologiche servano soprattutto per la guerra: gli ormai famosi cacciamine dell'Intermarine, fibre antiproiettile di Texindustria, corazze della Lasar, spolette Junghans, eliche per siluri della Monfrini.
Unici impieghi simpatici (per ora): i caschi da moto Nolan (Tecnofibre) e gli sci disegnati da Pininfarina che la Monfrini fabbrichera per Anzi Besson. Più in là, addirittura ponti. Sì, ponti interi prefabbricati, che Montedison costruirà assieme alla Schiaretti, società di Parma. Saranno più leggeri, più semplici di quelli d'acciaio. E, quel che conta, più resistenti.
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