DON VERZE' IN BRASILE
Cos'è successo al San Raffaele
di Mauro Suttora
Oggi, 21 dicembre 2011
Costa venti milioni di euro il jet intercontinentale di lusso Challenger con cui don Luigi Verzè e il suo vice Mario Cal volavano in Brasile. A Salvador di Bahia il padrone del San Raffaele aveva costruito un ospedale, con 17 miliardi di lire della Cooperazione italiana. Ma aveva anche due «fazendas», fattorie con piantagioni di cocco, mango, banane e uva senza semi. E nella più bella, con piscina in riva all'oceano, invitava spesso amici dall'Italia. Come l'attore Renato Pozzetto, suo socio nella compagnia aerea che gestiva gli elicotteri del pronto soccorso dell'ospedale milanese.
Nel 2007 don Verzè, in preda a una delle sue imbarazzanti megalomanie, si regalò quel costoso giocattolino per evitare i fastidiosi check-in degli aeroporti. Poi però i debiti della Fondazione San Raffaele peggiorarono, le banche non rinnovavano più i fidi, e il prudente Pozzetto l'anno scorso si è ritirato dalla società, l'Airviaggi. In perdita: la sua quota del 30 per cento svalutata ad appena 3 mila euro, praticamente zero.
Solo una briciola, in confronto al gigantesco «buco» provocato dal sacerdote veronese. Sembrava fosse di un miliardo nove mesi fa, quando è stato svelato. Ora è salito a un miliardo e mezzo. Il Vaticano ha estromesso don Verzè. Cal si è suicidato. Centinaia di fornitori premono furibondi per essere pagati. Il faccendiere Piero Daccò è in carcere per bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere. La scorsa settimana è finito al fresco anche l'ex direttore finanziario.
L'accusa: tangenti del 3-5 per cento sugli appalti. Il sospetto: che le buste alte centimetri piene di biglietti da 500, rivelate dalla segretaria di Cal, finissero a politici e dirigenti della regione Lombardia. La quale copre quasi tutto il bilancio dell'ospedale: più di mezzo miliardo l'anno. Ancora lo scorso agosto, 41 milioni per «premi di eccellenza». In totale, 3,3 miliardi di soldi pubblici finiti al San Raffaele negli ultimi cinque anni. Ma la pioggia di finanziamenti non ha evitato il crac.
Com'è potuto accadere? Nessuno si era accorto di nulla? Il San Raffaele è una fondazione, quindi non deve esibire i bilanci. Daccò nega di avere pagato pubblici ufficiali. Però conosceva tutti. Ospitava perfino il governatore lombardo Roberto Formigoni sul suo yacht Ad Maiora a Porto Cervo. Ma il vero «amico di tutti» era l'incredibile don Verzè, ammirato da tutti i premier: Giulio Andreotti (che andò in Brasile a inaugurare l'ospedale), Bettino Craxi, Silvio Berlusconi. Il San Raffaele è nato 40 anni fa, accanto alla Milano Due della Fininvest. Assieme riuscirono a far deviare le rotte degli aerei su Linate.
Ultimo estimatore del vulcanico prete bipartisn: il governatore pugliese Nichi Vendola, sponsor del nuovo San Raffaele a Taranto. Anche un altro ex comunista è stato sedotto da don Verzè: Massimo Cacciari, primo rettore della facoltà di Filosofia dell'università privata San Raffaele nel 2002. Lì si è laureata Barbara, figlia di Berlusconi.
«Io vado avanti, la provvidenza seguirà», rispondeva don Verzè a chi gli chiedeva se non facesse passi più lunghi della gamba. Anche quando ha speso 200 milioni di euro per l’enorme cupola accanto alla tangenziale Est di Milano. Sotto la quale in luglio si è suicidato il suo braccio destro Cal. Che disperazione, appena due anni dopo queste foto di «dolce vita» in piscina. E che tristezza, sentire il socio veneto della fazenda brasiliana confessare in tv a Report di rapporti sessuali con ragazze 14enni: «Pedofila, prostituzione? Ma no, qui ci vanno tutti. Sennò loro, poverine, cosa fanno?».
«Don Verzè si presentava come un miliardario con jet privato, circondato da donne e ragazzi», ha raccontato Pedro Lino, consigliere della corte dei conti dello stato di Bahia. Per anni console onorario italiano a Salvador, città di quattro milioni di abitanti, è stata Liliana Ronzoni, direttrice dell’ospedale brasiliano. Riservato a chi ha un’assicurazione, cioè non i poveri. Per loro il San Raffaele brasileiro ha aperto ambulatori esterni. Così non paga le tasse, perché è considerato «umanitario».
Don Verzè e i suoi amici spesso arrivavano alla fazenda in elicottero, per evitare le cinque ore in suv nero cilindrata 3.000 con aria condizionata da Salvador a Conde. Lì trovavano tre piscine, campi da tennis, ponies, gabbie con scimmie. Una fissa , quella del «don» per le gabbie. All’ultimo piano sotto la cupola di Milano, che aveva preteso tutto per lui e addobbato con arredamenti per quattro milioni, teneva una voliera per i pappagalli.
Gli ospiti in Brasile stavano in bungalows. Alle 8 della domenica mattina don Verzè celebrava messa. Superata, quindi, la sospensione a divinis subìta nel 1973 dall’arcivescovo di Milano. Prima di mangiare, a tavola, segno della croce per tutti.
Don Verzè ha fondato una propria congregazione, i «Sigilli». Quasi tutti i dirigenti (soprattutto donne) del San Raffaele ne fanno parte. Pronunciano voto di castità, devozione, purezza. Non di povertà. Una decina di loro, compreso il don, vivono in una lussuosa ex cascina ristrutturata vicino al San Raffaele. Con tre cuochi e tre chef, pagati dalla fondazione col buco miliardario.
Mauro Suttora
Wednesday, December 28, 2011
Wednesday, December 21, 2011
Cattelan: trionfo a New York
LA PERSONALE AL GUGGENHEIM
di Mauro Suttora
Oggi, 14 dicembre 2011
Grande successo per la mostra retrospettiva personale di Maurizio Cattelan al museo Guggenheim di New York (fino al 22 gennaio). Nonostante la stroncatura del critico del New York Times l’affluenza di pubblico è tale che gli orari serali sono stati prolungati di due ore per tutti i lunedì e martedì, fino a dopo Natale.
● Le Monde il 2 dicembre ha definito l’artista padovano «santo patrono dei sovversivi», e lo colloca con Jeff Koons (ex marito statunitense di Cicciolina), l’inglese Damien Hirst e il giapponese Takashi Murakami nell’olimpo dei quattro maggiori artisti contemporanei.
● 130 opere di Cattelan sono appese dal soffitto dell’edificio costruito 50 anni fa da Frank Lloyd Wright. L’effetto è giudicato strabiliante.
● L’ultimo artista italiano che ebbe l’onore di una mostra personale al Guggenheim fu, nel 1999, Francesco Clemente
della Transavanguardia.
di Mauro Suttora
Oggi, 14 dicembre 2011
Grande successo per la mostra retrospettiva personale di Maurizio Cattelan al museo Guggenheim di New York (fino al 22 gennaio). Nonostante la stroncatura del critico del New York Times l’affluenza di pubblico è tale che gli orari serali sono stati prolungati di due ore per tutti i lunedì e martedì, fino a dopo Natale.
● Le Monde il 2 dicembre ha definito l’artista padovano «santo patrono dei sovversivi», e lo colloca con Jeff Koons (ex marito statunitense di Cicciolina), l’inglese Damien Hirst e il giapponese Takashi Murakami nell’olimpo dei quattro maggiori artisti contemporanei.
● 130 opere di Cattelan sono appese dal soffitto dell’edificio costruito 50 anni fa da Frank Lloyd Wright. L’effetto è giudicato strabiliante.
● L’ultimo artista italiano che ebbe l’onore di una mostra personale al Guggenheim fu, nel 1999, Francesco Clemente
della Transavanguardia.
'Poveri' più ricchi dei Trans
GLI ARTISTI DELL'ARTE POVERA SONO PIU' QUOTATI DI QUELLI DELLA TRANSAVANGUARDIA
Aste di Cristie's e Sotheby's: record per Boetti, Pistoletto, Pascali. Le due mostre antologiche parallele a Milano
di Mauro Suttora
Oggi, 14 dicembre 2011
Grandi emozioni due mesi fa, il 13 ottobre, nel salone dalla casa d’aste Sotheby’s di Londra. Altro che crisi. La vendita di arte contemporanea italiana stabilisce il record d’incassi: 62 milioni di dollari. Più di tutte le vendite di contemporanea dell’intero 2010. Record per Alberto Burri: la sua Combustione Legno del 1957 se l’aggiudica un anonimo cliente al telefono, dopo una fiera battaglia con altri quattro collezionisti che provoca un rialzo del 300 per cento.
Straccia la base d’asta e stabilisce il record personale anche Michelangelo Pistoletto, decano biellese dell’Arte povera: 800 mila dollari per il suo Muro del ’67 (vedere la classifica a pag.92). Ma è un trionfo per tutta l’Arte povera, da Alighiero Boetti «battuto» l’anno scorso per 2,7 milioni di dollari, al povero Pino Pascali, scomparso in un incidente di moto a 33 anni nel ’68.
Fino alla fine di gennaio è possibile visitare una grande mostra sull’Arte Povera alla Triennale di Milano. E, contemporaneamente, paragonarla all’altra corrente pittorica che ha dominato la scena italiana negli ultimi trent’anni: la Transavanguardia, in mostra a Palazzo Reale.
Anche quest’ultima ha raccolto notevoli soddisfazioni commerciali: cinque anni fa Enzo Cucchi è stato battuto per un milione di dollari da Christie’s a Londra, e nel 2007 Sandro Chia ha toccato il mezzo milione.
Però, volendo fare una semplice e semplicistica hit parade dei prezzi, vincono i «poveri». Perché?
«Il motivo è semplice», risponde la art advisor Patrizia Manici: «Molti artisti dell’Arte povera purtroppo sono scomparsi: Pascali, Boetti, Merz, Fabro. Le quotazioni aumentano sempre, dopo la morte. Anche perché gli artisti non possono produrre più, inflazionando il mercato. Il riconoscimento alla qualità del loro lavoro è arrivato anche grazie ai media. E comunque l’arte povera è meno compiacente della Transavanguardia, frutto di una ricerca più intellettuale: per questo dura di più».
Il successo commerciale di un artista è costruito o facilitato da critici, galleristi, grandi collezionisti e curatori di musei. Non è un mistero, per esempio, che per riconquistare il titolo di «artista vivente più quotato» sottrattogli da Lucian Freud (vedi sotto) Damien Hirst nel 2008 orchestrò con un consorzio l’acquisto del suo Cranio con diamanti.
«In 40 anni i prezzi dell’Arte povera si sono rivalutati mediamente del 300 per cento», spiega Marina Mojana, critico del Sole 24 Ore, «conferma la regola d’oro del mercato dell’arte: il consolidamento arriva dopo una trentina d’anni dall’esordio, ma soltanto se intorno agli artisti si crea la felice congiunzione di un critico intelligente e di galleristi coraggiosi e lungimiranti».
Sia l’Arte povera, sia la Transavanguardia hanno avuto i loro numi tutelari in due critici, che le hanno «inventate» dando loro il nome: il genovese Germano Celant (nel 1968) e il salernitano Achille Bonito Oliva (1979). A decenni di distanza, le due mostre antologiche di Milano sono ancora curate da loro.
«Erano veramente poveri»
«L’Arte povera, però, non è mai stata una costruzione a tavolino», precisa Roberto Coda Zabetta, uno dei pittori italiani più apprezzati e “internazionali” della generazione dei trentenni. «Prima di essere risconosciuti, quegli artisti hanno sofferto. Alcuni di loro erano poveri sul serio, vivevano in campagna, scolpivano con le mani. Usavano materiali poveri anche per necessità: semplicemente, l’immondizia costava meno delle tele. E se un giornalista voleva intervistarli, magari lo mandavano a quel paese.
«La Transavanguardia, invece, nacque come operazione di marketing. Dopo i concettualismi degli anni ’70 le avanguardie artistiche erano in crisi. Di qui il nome del movimento, che “supera” l’avanguardia e recupera la pittura. Nel 1980 Bonito Oliva e i suoi ‘magnifici cinque’ hanno studiato perfettamente momento, motivo e modo per arrivare al successo. Che infatti hanno raggiunto subito, alla Biennale di Venezia. E dicendo questo non voglio sminuire la genialità del critico e dei pittori».
Adesso sia i «poveri», sia i «transavanguardisti» sono star internazionali. Su di loro vengono girati film, come quello del tedesco Georg Brintrup su Enzo Cucchi. Pistoletto, 78 anni, gira il mondo, ma nella sua Biella ha messo in piedi una fondazione (Cittadellarte) che offre borse di studio Unesco a giovani artisti di tutto il pianeta. Altre Fondazioni curano i lasciti di Boetti e Merz.
Trasferiti a New York
Sandro Chia vive fra New York e la Toscana, dove produce vino. Anche Francesco Clemente (che da giovane fu assistente del «povero» Boetti) ormai si è stabilito a Manhattan: lì il museo Guggenheim gli fece già nel 1999 (vedere il riquadro sopra) l’onore di una retrospettiva personale. Dalla quale è reduce il suo collega Mimmo Paladino, nel milanese Palazzo Reale (con la grande montagna di sala accanto al Duomo), dopo che l’anno scorso ha curato la scenografia del grande tour di Francesco de Gregori e Lucio Dalla.
Oltre che a Milano, i Transavanguardisti sono in mostra singolarmente a Modena (Chia, fino al 29 gennaio), Prato (Nicola De Maria, fino al 4 marzo), Catanzaro (Cucchi al Marca dal 17 dicembre a fine marzo), Roma (Paladino il prossimo marzo all’ex Gil) e Palermo (Clemente dal 15 marzo a palazzo Sant’Elia).
Mauro Suttora
Classifiche quotazioni alle aste:
TRANSAVANGUARDIA
1° Enzo CUCCHI
(Ancona, 1949)
1 milione di $
'Quadro Santo' (1980)
aggiudicato da Christie's Londra il 22.6.06
2° Sandro CHIA
(Firenze, 1946)
500 mila $
'Il figlio del farmacista'
Christie's Londra 15.10.07
3° Francesco CLEMENTE
(Napoli, 1952)
400 mila $
'Porta Coeli'
Christie's Londra 23.6.05
4° Mimmo PALADINO
(Benevento, 1948)
300 mila $
'Canto I' (1995)
Christie's Londra 22.6.06
5° Nicola DE MARIA
(Benevento, 1954)
150 mila $
'Regno dei fiori'
Christie's Londra 23.10.01
ARTE POVERA
1° Alighiero BOETTI
(1940-94)
2,7 milioni
'Mappa' (1989)
Christie's Londra, luglio 2010
2° Piero PASCALI
(Bari, 1935-68)
2,6 milioni
'Cannone semovente' (1965)
Christie's Londra ottobre 2003
3° Mario MERZ
(Milano, 1925-2003)
1,4 milioni
'Igloo object cache-toi' (1968)
Christie's Londra febbraio 2005
4° Jannis KOUNELLIS
(Pireo, Grecia 1936)
1,2 milioni
'Untitled' (1960)
Christie's Londra ottobre 2008
5° Luciano FABRO
(Torino, 1936-2007)
900 mila
'Italia carta stradale' (1969)
Sotheby's Londra ottobre 2006
6° Michelangelo PISTOLETTO
(Biella, 1933)
800 mila
'Muro' (1967)
Sotheby's Londra 13 ottobre 2011
Aste di Cristie's e Sotheby's: record per Boetti, Pistoletto, Pascali. Le due mostre antologiche parallele a Milano
di Mauro Suttora
Oggi, 14 dicembre 2011
Grandi emozioni due mesi fa, il 13 ottobre, nel salone dalla casa d’aste Sotheby’s di Londra. Altro che crisi. La vendita di arte contemporanea italiana stabilisce il record d’incassi: 62 milioni di dollari. Più di tutte le vendite di contemporanea dell’intero 2010. Record per Alberto Burri: la sua Combustione Legno del 1957 se l’aggiudica un anonimo cliente al telefono, dopo una fiera battaglia con altri quattro collezionisti che provoca un rialzo del 300 per cento.
Straccia la base d’asta e stabilisce il record personale anche Michelangelo Pistoletto, decano biellese dell’Arte povera: 800 mila dollari per il suo Muro del ’67 (vedere la classifica a pag.92). Ma è un trionfo per tutta l’Arte povera, da Alighiero Boetti «battuto» l’anno scorso per 2,7 milioni di dollari, al povero Pino Pascali, scomparso in un incidente di moto a 33 anni nel ’68.
Fino alla fine di gennaio è possibile visitare una grande mostra sull’Arte Povera alla Triennale di Milano. E, contemporaneamente, paragonarla all’altra corrente pittorica che ha dominato la scena italiana negli ultimi trent’anni: la Transavanguardia, in mostra a Palazzo Reale.
Anche quest’ultima ha raccolto notevoli soddisfazioni commerciali: cinque anni fa Enzo Cucchi è stato battuto per un milione di dollari da Christie’s a Londra, e nel 2007 Sandro Chia ha toccato il mezzo milione.
Però, volendo fare una semplice e semplicistica hit parade dei prezzi, vincono i «poveri». Perché?
«Il motivo è semplice», risponde la art advisor Patrizia Manici: «Molti artisti dell’Arte povera purtroppo sono scomparsi: Pascali, Boetti, Merz, Fabro. Le quotazioni aumentano sempre, dopo la morte. Anche perché gli artisti non possono produrre più, inflazionando il mercato. Il riconoscimento alla qualità del loro lavoro è arrivato anche grazie ai media. E comunque l’arte povera è meno compiacente della Transavanguardia, frutto di una ricerca più intellettuale: per questo dura di più».
Il successo commerciale di un artista è costruito o facilitato da critici, galleristi, grandi collezionisti e curatori di musei. Non è un mistero, per esempio, che per riconquistare il titolo di «artista vivente più quotato» sottrattogli da Lucian Freud (vedi sotto) Damien Hirst nel 2008 orchestrò con un consorzio l’acquisto del suo Cranio con diamanti.
«In 40 anni i prezzi dell’Arte povera si sono rivalutati mediamente del 300 per cento», spiega Marina Mojana, critico del Sole 24 Ore, «conferma la regola d’oro del mercato dell’arte: il consolidamento arriva dopo una trentina d’anni dall’esordio, ma soltanto se intorno agli artisti si crea la felice congiunzione di un critico intelligente e di galleristi coraggiosi e lungimiranti».
Sia l’Arte povera, sia la Transavanguardia hanno avuto i loro numi tutelari in due critici, che le hanno «inventate» dando loro il nome: il genovese Germano Celant (nel 1968) e il salernitano Achille Bonito Oliva (1979). A decenni di distanza, le due mostre antologiche di Milano sono ancora curate da loro.
«Erano veramente poveri»
«L’Arte povera, però, non è mai stata una costruzione a tavolino», precisa Roberto Coda Zabetta, uno dei pittori italiani più apprezzati e “internazionali” della generazione dei trentenni. «Prima di essere risconosciuti, quegli artisti hanno sofferto. Alcuni di loro erano poveri sul serio, vivevano in campagna, scolpivano con le mani. Usavano materiali poveri anche per necessità: semplicemente, l’immondizia costava meno delle tele. E se un giornalista voleva intervistarli, magari lo mandavano a quel paese.
«La Transavanguardia, invece, nacque come operazione di marketing. Dopo i concettualismi degli anni ’70 le avanguardie artistiche erano in crisi. Di qui il nome del movimento, che “supera” l’avanguardia e recupera la pittura. Nel 1980 Bonito Oliva e i suoi ‘magnifici cinque’ hanno studiato perfettamente momento, motivo e modo per arrivare al successo. Che infatti hanno raggiunto subito, alla Biennale di Venezia. E dicendo questo non voglio sminuire la genialità del critico e dei pittori».
Adesso sia i «poveri», sia i «transavanguardisti» sono star internazionali. Su di loro vengono girati film, come quello del tedesco Georg Brintrup su Enzo Cucchi. Pistoletto, 78 anni, gira il mondo, ma nella sua Biella ha messo in piedi una fondazione (Cittadellarte) che offre borse di studio Unesco a giovani artisti di tutto il pianeta. Altre Fondazioni curano i lasciti di Boetti e Merz.
Trasferiti a New York
Sandro Chia vive fra New York e la Toscana, dove produce vino. Anche Francesco Clemente (che da giovane fu assistente del «povero» Boetti) ormai si è stabilito a Manhattan: lì il museo Guggenheim gli fece già nel 1999 (vedere il riquadro sopra) l’onore di una retrospettiva personale. Dalla quale è reduce il suo collega Mimmo Paladino, nel milanese Palazzo Reale (con la grande montagna di sala accanto al Duomo), dopo che l’anno scorso ha curato la scenografia del grande tour di Francesco de Gregori e Lucio Dalla.
Oltre che a Milano, i Transavanguardisti sono in mostra singolarmente a Modena (Chia, fino al 29 gennaio), Prato (Nicola De Maria, fino al 4 marzo), Catanzaro (Cucchi al Marca dal 17 dicembre a fine marzo), Roma (Paladino il prossimo marzo all’ex Gil) e Palermo (Clemente dal 15 marzo a palazzo Sant’Elia).
Mauro Suttora
Classifiche quotazioni alle aste:
TRANSAVANGUARDIA
1° Enzo CUCCHI
(Ancona, 1949)
1 milione di $
'Quadro Santo' (1980)
aggiudicato da Christie's Londra il 22.6.06
2° Sandro CHIA
(Firenze, 1946)
500 mila $
'Il figlio del farmacista'
Christie's Londra 15.10.07
3° Francesco CLEMENTE
(Napoli, 1952)
400 mila $
'Porta Coeli'
Christie's Londra 23.6.05
4° Mimmo PALADINO
(Benevento, 1948)
300 mila $
'Canto I' (1995)
Christie's Londra 22.6.06
5° Nicola DE MARIA
(Benevento, 1954)
150 mila $
'Regno dei fiori'
Christie's Londra 23.10.01
ARTE POVERA
1° Alighiero BOETTI
(1940-94)
2,7 milioni
'Mappa' (1989)
Christie's Londra, luglio 2010
2° Piero PASCALI
(Bari, 1935-68)
2,6 milioni
'Cannone semovente' (1965)
Christie's Londra ottobre 2003
3° Mario MERZ
(Milano, 1925-2003)
1,4 milioni
'Igloo object cache-toi' (1968)
Christie's Londra febbraio 2005
4° Jannis KOUNELLIS
(Pireo, Grecia 1936)
1,2 milioni
'Untitled' (1960)
Christie's Londra ottobre 2008
5° Luciano FABRO
(Torino, 1936-2007)
900 mila
'Italia carta stradale' (1969)
Sotheby's Londra ottobre 2006
6° Michelangelo PISTOLETTO
(Biella, 1933)
800 mila
'Muro' (1967)
Sotheby's Londra 13 ottobre 2011
Wednesday, December 14, 2011
Svizzera: la casa dei suicidi
DOPO IL CASO DI LUCIO MAGRI: VIAGGIO A ZURIGO, DOVE SI PUO' MORIRE CON DIGNITAS
Oggi - dal nostro inviato Mauro Suttora
Pfäffikon (Svizzera), 1 dicembre 2011
«Non si nota. Non ci fa impressione. Lì dietro c’era già il cimitero, e avere davanti la “casa blu” è come stare di fronte a una clinica. Sono molto discreti».
Parola di Theo Widmer, allenatore della squadra di calcio di Pfäffikon che si allena in uno dei ben cinque campi di fronte alla «clinica del suicidio». Dignitas, l’associazione per «l’aiuto alla morte» («Sterbehilfe»), è arrivata qui nel 2009 dopo essere stata cacciata in dieci anni da due sedi, sempre nei dintorni di Zurigo. Ai vicini dava fastidio il lugubre andirivieni di bare. Così l’avvocato Ludwig Minelli, fondatore di Dignitas, questa volta ha scelto una zona industriale fuori mano, fra la fabbrica Maschinenbau e i boschi di pini.
Qui vengono gli stranieri
Questo è l’unico posto in Svizzera, oltre a Exit International di Berna, ad accogliere anche stranieri. L’ospedale pubblico di Losanna e Exit di Ginevra assistono solo i suicidi svizzeri romandi. È venuto qui Lucio Magri, il politico di sinistra che l’ha fatta finita la scorsa settimana? «Non so nulla, e comunque sono dati che non forniamo», risponde un anziano signore sospettoso da dietro il cancello. Non apre.
«Magri si è affidato a un medico privato a Bellinzona», ci dice Emilio Coveri, presidente di Exit Italia. Sì, perché oltreconfine basta la ricetta di un qualsiasi dottore per ottenere un flacone del micidiale Nap (Natrium Pentobarbital) che, bevuto con un sonnifero, provoca la morte indolore in pochi minuti.
Forse la verità non si saprà mai, perché gli articoli 579 e 580 del codice penale italiano puniscono sia l’omicidio del consenziente, sia l’aiuto al suicidio. Nel caso di Magri, pare che ad assisterlo in Svizzera sia stata la compagna di lotte politiche Rossana Rossanda (87 anni, residente da 30 a Parigi). «Noi non possiamo neppure accompagnare al confine chi va in Svizzera», dice Coveri, «anche se forniamo tutte le informazioni».
C’è poi la distinzione fra «aiuto al suicidio», permesso in Svizzera, e l’eutanasia («dolce morte»), proibita anche lì. Perciò è lo stesso suicida che deve portare alla bocca con le proprie mani il bicchiere con il farmaco letale. Se lo fa chiunque altro, è omicidio. Per dimostrare che la legge viene rispettata, tutte le fasi dell’operazione vengono filmate.
I cento suicidi all’anno effettuati in questo prefabbricato di lamiera blu (2-3 alla settimana, il 60% dalla Germania, 19 italiani nel 2011) seguono una procedura rigorosa. All’inizio c’è l’incontro col medico per un colloquio preliminare, la presentazione della cartella clinica e la prescrizione della ricetta. La malattia incurabile dev’essere accertata da tre medici, che verificano anche se il malato è in pieno possesso delle sue facoltà mentali.
Obbligo di far cambiare idea
I dottori hanno il preciso obbligo di convincere gli aspiranti suicidi a recedere dal loro proposito. E pare che nella maggioranza dei casi ce la facciano: «In dodici anni abbiamo aiutato a vivere 30 mila persone, e a morire solo 1.200», assicura Minelli.
Dignitas ufficialmente non accetta casi di depressione anche gravissima come quello di Magri. In teoria la legge svizzera non lo proibisce, ma non si è mai trovato alcuno psichiatra che la certificasse come «malattia terminale».
Poi inizia la fase finale. Quasi sempre il malato è accompagnato da un familiare o un amico. Può scegliere come colonna sonora per il congedo fra varie canzoni. Le preferite: God only Knows (Solo il Signore sa) dei Beach Boys, How Can I Tell You di Cat Stevens e For My Lady dei Moody Blues (quest’ultima probabilmente per le coppie).
Bob Dylan per Welby
Può sembrare grottesco e perfino agghiacciante addentrarsi in particolari musicali. Invece le canzoni sono importanti per affrontare questi momenti tremendi. Piergiorgio Welby nel 2006 scelse un brano di Bob Dylan.
Poi il malato lascia gli accompagnatori ed entra in una seconda stanza, dove alla presenza di un medico legale si procede. Gli si domanda ancora se è convinto della sua decisione. Si somministra un antiemetico per evitare il vomito. Dopo mezz’ora, sempre che il suicida non abbia cambiato idea in extremis, gli viene portato il cocktail letale sciolto in acqua o succo di frutta. Per berlo può usare anche una cannuccia. Dopo pochi minuti si addormenta, all’anestesia subentra il coma, infine entro 20-30 minuti sopraggiunge l’arresto cardiaco o respiratorio.
«Siamo coinvolti anche noi, oltre alla procura e alla polizia», dice il segretario comunale di Pfäffikon, Hanspeter Thoma, «perché il medico che stabilisce il decesso lo comunica all’anagrafe per il certificato di morte».
Le salme vengono trasportate con veicoli neutri: niente carri funebri, per non dare nell’occhio. E i vicini sembrano apprezzare: «Al massimo vediamo qualcuno che entra in sedia a rotelle», ci dice il proprietario del chiosco di cevapcici (spiedini slavi) proprio di fronte alla casa blu.
Max Sommerhalder, che ha uno studio pubblicitario a due portoni di distanza su Barzloostrasse, conferma: «Se non avessi letto sui giornali di quest’attività, non me ne sarei accorto: al massimo un po’ di auto targate Germania o Olanda parcheggiate lì davanti».
Discrezione, praticità. Anche di fronte alle accuse contro Minelli di arricchirsi con la morte altrui: il costo è di 3 mila euro, che aumentano fino a 7-8 mila se si arriva fino alle urne con le ceneri spedite a domicilio all’estero. L’anno scorso è stato assolto dall’accusa di avere gettato in un lago 67 urne. Ma un mese fa ha dovuto ingoiare l’epiteto di «mostro» pubblicato da un giornale: non era un insulto, perché è stato scritto in senso ironico.
Svizzeri indifferenti e pratici
Come sempre, gli svizzeri badano al sodo. Nessun dibattito ideologico su astratti diritti alla vita e alla morte. Lo scorso maggio il cantone di Zurigo ha votato sulla possibilità per gli stranieri di venire a farla finita da Dignitas. Ha votato soltanto il 30 per cento, e 80 su cento hanno confermato il sì. Ma più che altro qualcuno voleva far pagare una tassa ai «turisti del suicidio».
Così la Svizzera, che ai suoi tossici fornisce l’eroina per drogarsi in un ambulatorio, dà a tutti gli europei la libertà di ammazzarsi.
Mauro Suttora
Oggi - dal nostro inviato Mauro Suttora
Pfäffikon (Svizzera), 1 dicembre 2011
«Non si nota. Non ci fa impressione. Lì dietro c’era già il cimitero, e avere davanti la “casa blu” è come stare di fronte a una clinica. Sono molto discreti».
Parola di Theo Widmer, allenatore della squadra di calcio di Pfäffikon che si allena in uno dei ben cinque campi di fronte alla «clinica del suicidio». Dignitas, l’associazione per «l’aiuto alla morte» («Sterbehilfe»), è arrivata qui nel 2009 dopo essere stata cacciata in dieci anni da due sedi, sempre nei dintorni di Zurigo. Ai vicini dava fastidio il lugubre andirivieni di bare. Così l’avvocato Ludwig Minelli, fondatore di Dignitas, questa volta ha scelto una zona industriale fuori mano, fra la fabbrica Maschinenbau e i boschi di pini.
Qui vengono gli stranieri
Questo è l’unico posto in Svizzera, oltre a Exit International di Berna, ad accogliere anche stranieri. L’ospedale pubblico di Losanna e Exit di Ginevra assistono solo i suicidi svizzeri romandi. È venuto qui Lucio Magri, il politico di sinistra che l’ha fatta finita la scorsa settimana? «Non so nulla, e comunque sono dati che non forniamo», risponde un anziano signore sospettoso da dietro il cancello. Non apre.
«Magri si è affidato a un medico privato a Bellinzona», ci dice Emilio Coveri, presidente di Exit Italia. Sì, perché oltreconfine basta la ricetta di un qualsiasi dottore per ottenere un flacone del micidiale Nap (Natrium Pentobarbital) che, bevuto con un sonnifero, provoca la morte indolore in pochi minuti.
Forse la verità non si saprà mai, perché gli articoli 579 e 580 del codice penale italiano puniscono sia l’omicidio del consenziente, sia l’aiuto al suicidio. Nel caso di Magri, pare che ad assisterlo in Svizzera sia stata la compagna di lotte politiche Rossana Rossanda (87 anni, residente da 30 a Parigi). «Noi non possiamo neppure accompagnare al confine chi va in Svizzera», dice Coveri, «anche se forniamo tutte le informazioni».
C’è poi la distinzione fra «aiuto al suicidio», permesso in Svizzera, e l’eutanasia («dolce morte»), proibita anche lì. Perciò è lo stesso suicida che deve portare alla bocca con le proprie mani il bicchiere con il farmaco letale. Se lo fa chiunque altro, è omicidio. Per dimostrare che la legge viene rispettata, tutte le fasi dell’operazione vengono filmate.
I cento suicidi all’anno effettuati in questo prefabbricato di lamiera blu (2-3 alla settimana, il 60% dalla Germania, 19 italiani nel 2011) seguono una procedura rigorosa. All’inizio c’è l’incontro col medico per un colloquio preliminare, la presentazione della cartella clinica e la prescrizione della ricetta. La malattia incurabile dev’essere accertata da tre medici, che verificano anche se il malato è in pieno possesso delle sue facoltà mentali.
Obbligo di far cambiare idea
I dottori hanno il preciso obbligo di convincere gli aspiranti suicidi a recedere dal loro proposito. E pare che nella maggioranza dei casi ce la facciano: «In dodici anni abbiamo aiutato a vivere 30 mila persone, e a morire solo 1.200», assicura Minelli.
Dignitas ufficialmente non accetta casi di depressione anche gravissima come quello di Magri. In teoria la legge svizzera non lo proibisce, ma non si è mai trovato alcuno psichiatra che la certificasse come «malattia terminale».
Poi inizia la fase finale. Quasi sempre il malato è accompagnato da un familiare o un amico. Può scegliere come colonna sonora per il congedo fra varie canzoni. Le preferite: God only Knows (Solo il Signore sa) dei Beach Boys, How Can I Tell You di Cat Stevens e For My Lady dei Moody Blues (quest’ultima probabilmente per le coppie).
Bob Dylan per Welby
Può sembrare grottesco e perfino agghiacciante addentrarsi in particolari musicali. Invece le canzoni sono importanti per affrontare questi momenti tremendi. Piergiorgio Welby nel 2006 scelse un brano di Bob Dylan.
Poi il malato lascia gli accompagnatori ed entra in una seconda stanza, dove alla presenza di un medico legale si procede. Gli si domanda ancora se è convinto della sua decisione. Si somministra un antiemetico per evitare il vomito. Dopo mezz’ora, sempre che il suicida non abbia cambiato idea in extremis, gli viene portato il cocktail letale sciolto in acqua o succo di frutta. Per berlo può usare anche una cannuccia. Dopo pochi minuti si addormenta, all’anestesia subentra il coma, infine entro 20-30 minuti sopraggiunge l’arresto cardiaco o respiratorio.
«Siamo coinvolti anche noi, oltre alla procura e alla polizia», dice il segretario comunale di Pfäffikon, Hanspeter Thoma, «perché il medico che stabilisce il decesso lo comunica all’anagrafe per il certificato di morte».
Le salme vengono trasportate con veicoli neutri: niente carri funebri, per non dare nell’occhio. E i vicini sembrano apprezzare: «Al massimo vediamo qualcuno che entra in sedia a rotelle», ci dice il proprietario del chiosco di cevapcici (spiedini slavi) proprio di fronte alla casa blu.
Max Sommerhalder, che ha uno studio pubblicitario a due portoni di distanza su Barzloostrasse, conferma: «Se non avessi letto sui giornali di quest’attività, non me ne sarei accorto: al massimo un po’ di auto targate Germania o Olanda parcheggiate lì davanti».
Discrezione, praticità. Anche di fronte alle accuse contro Minelli di arricchirsi con la morte altrui: il costo è di 3 mila euro, che aumentano fino a 7-8 mila se si arriva fino alle urne con le ceneri spedite a domicilio all’estero. L’anno scorso è stato assolto dall’accusa di avere gettato in un lago 67 urne. Ma un mese fa ha dovuto ingoiare l’epiteto di «mostro» pubblicato da un giornale: non era un insulto, perché è stato scritto in senso ironico.
Svizzeri indifferenti e pratici
Come sempre, gli svizzeri badano al sodo. Nessun dibattito ideologico su astratti diritti alla vita e alla morte. Lo scorso maggio il cantone di Zurigo ha votato sulla possibilità per gli stranieri di venire a farla finita da Dignitas. Ha votato soltanto il 30 per cento, e 80 su cento hanno confermato il sì. Ma più che altro qualcuno voleva far pagare una tassa ai «turisti del suicidio».
Così la Svizzera, che ai suoi tossici fornisce l’eroina per drogarsi in un ambulatorio, dà a tutti gli europei la libertà di ammazzarsi.
Mauro Suttora
Manovra: cosa cambia per noi?
10 RISPOSTE PER CAPIRE: SPECIALE MANOVRA
L'USO DEI CONTANTI. L'AUMENTO DI IVA E IRPEF. L'ETÀ DELLA PENSIONE. LA NUOVA ICI, LE TASSE SULLA CASA E GLI AFFITTI. IL BOLLO SULLE AUTO DI LUSSO E SULLE BARCHE.
ECCO TUTTO QUELLO CHE DOBBIAMO SAPERE SULLE DECISIONI "SALVA ITALIA" DEL GOVERNO MONTI. CON UN OCCHIO SULLO STIPENDIO DEL PREMIER E SUI VITALIZI DEI PARLAMENTARI
di Mauro Suttora
Oggi, 14 dicembre 2012
Una manovra di sacrifici per salvare l'Italia e l'Europa. I ministri e le tv ci hanno riempito di parole. Ma che cosa accadrà davvero alle nostre tasche con questa stangata? Quando potremo andare in pensione? Quanto pagheremo per le nostre case (se ne abbiamo una o più di una)? E gli affitti aumenteranno? Quanto dovranno pagare i proprietari delle auto di lusso e delle barche? Ma pagherà anche chi ha un gommone di 10 metri? Iva e Irpef aumenteranno? E chi ha Bot è salvo o paga? Infine: è ancora possibile pagare in contanti o dobbiamo affidarci solo a pagobancomat e carta di credito?
L'Italia è uscita frastornata e con le idee confuse dalla conferenza stampa dei ministri economici e ci hanno lasciato molte domande senza risposte certe. Qui abbiamo cercato di spiegarvi tutto (o quasi) in dieci punti
1) HO ANCORA DELLE VECCHIE LIRE. NON SI POSSONO PIÙ CAMBIARE?
No. Basta, finito. Potevate svegliarvi prima. Ci avevano dato dieci anni e due mesi di tempo per il cambio, quando nacque l' euro il 1° gennaio 2002. Se non ci abbiamo pensato Qno ad ora, peggio per noi. Con il trucchetto di anticipare di tre mesi la scadenza del 29 febbraio 2012 lo Stato incamera un bel gruzzoletto: un miliardo e 300 milioni di euro. Sono infatti ben 300 milioni le banconote in lire che non risultano mai cambiate, e quindi ancora in circolazione. Il totale in lire è 2.500 miliardi. Mancano all' appello ben 200 milioni di vecchie mille lire, ma anche 300 mila pezzi di banconote da 500 mila.
2) HO 59 ANNI E LAVORO DA 35. STO PER PENSIONARMI. ORA NON POSSO PIÙ?
No. E dovrà lavorare ancora per sette anni. Questo è il caso più doloroso: quello di chi fino a ieri poteva usufruire delle pensioni di «anzianità» (anticipate), per le quali bastava avere lavorato almeno 35 anni. Ora il limite minimo è stato portato a 42 anni per gli uomini e 41 per le donne. Sette anni in più in un colpo solo.
«In pratica le pensioni di anzianità sono state quasi abolite», spiega l'esperto di previdenza Bruno Benelli. Infatti, anche chi ha cominciato a lavorare (e versare contributi!) a 14 anni, deve comunque andare avanti fino a 55-56 anni. Naturalmente valgono per tutti i nuovi limiti per le pensioni di «vecchiaia» (quelle normali): 66 anni per i maschi e 62 per le femmine (ma arriveranno pure loro a 66 entro il 2018). Chi si prepensiona prima dei 41-42 anni di lavoro ha una decurtazione del 2% annuo.
Restano in vigore le eccezioni per i lavori «usuranti» (gallerie, miniere, cave, palombari, fonderie, lavoratori notturni, conducenti di bus). Ora ci saranno problemi per le aziende che contavano di prepensionare dipendenti costosi sostituendoli con giovani pagati meno. E per i giovani, che hanno meno opportunità.
3) CON UNA PENSIONE DI MILLE EURO QUANTO PERDO SENZA INDICIZZAZIONE?
Dipende dal tasso d'inflazione. Che nel 2011, secondo l'Istat, è stato del 2,6 per cento. I titolari di pensioni fino a 936 euro mensili (il doppio della minima) sono gli unici a rimanere protetti al 100% dall'aumento dei prezzi. Le pensioni di mille euro perderanno 1,6 euro al mese, 21 all' anno. Quelle da 2 mila euro, invece, subiranno un salasso mensile di 26 euro netti, che moltiplicati per tredici mensilità fa 341 euro.
Oltre i 2.300 euro le pensioni sono protette dall' inflazione solo per il 75 per cento, quindi la perdita è in proporzione minore. L'indicizzazione è sospesa per due anni. I pensionati devono quindi sperare che nel 2012 l' inflazione non sia troppo alta.
4) HO UNA CASA, PIÙ UNA IN MONTAGNA E UNA AL MARE. QUANTO PAGHERÒ?
Nell'ipotesi che la casa in città (prima casa) abbia un valore commerciale di 400 mila euro, quella in montagna 200 mila e quella al mare 300 mila, ecco l' ammontare Sulla prima casa è reintrodotta l' Ici (abolita nel 2008), che si chiamerà Imu (Imposta municipale immobili), ingloberà la Tarsu (Tassa rifiuti solidi urbani, la spazzatura) e finanzierà direttamente i Comuni.
Il valore catastale è sempre assai inferiore a quello di mercato. Supponiamo che sia di 129 mila euro. L'estimo catastale va aumentato del 60%, quindi si arriva a 206 mila. Il 4 per mille ammonta a 826 euro annui, e con la detrazione fissa (franchigia) si scende a 626. Ma attenti: il Comune può aumentare l'aliquota al 6 per mille, e si arriva a 1.038. In ogni caso, si pagherà il 60% in più dell' Ici 2008. Per le seconde case l'aliquota arriverà fino al 10,6 per mille. Quest'anno l'Ici media era del 7 per mille, quindi la batosta è notevole: circa 800 euro in più per la case da 200 mila euro, e 1.200 per quelle da 300 mila.
5) CON LE TASSE SULLE SECONDE CASE AUMENTERANNO ANCHE GLI AFFITTI?
Probabilmente sì. Ma solo nei periodi di punta delle vacanze: agosto per quelle al mare, e Natale e Capodanno in montagna. Per il resto, il mercato della case di vacanza era in grande sofferenza anche prima della manovra. Tranne che per le località top, le quotazioni medie erano diminuite del 10-20% nell' ultimo anno, e in alcuni casi (laghi, campagna lontana dalle metropoli) erano crollate anche di un terzo.
I valori di acquisto/vendita non si ripercuotono automaticamente sugli affitti: seguono la legge della domanda e offerta di ciascuna località e di ciascun periodo. Tutti sappiamo che la stessa casa a Porto Cervo o a Cortina si può affittare a un terzo del prezzo in giugno o a settembre rispetto ad agosto. Insomma, come per la domanda seguente, tutto dipende dal locatario e dal locatore. Quest' ultimo proverà a giustificare un richiesta d' aumento con le nuove tasse. Ma gli si può sempre rispondere di no.
6) L'IVA CRESCE FRA SETTE MESI. ANCHE I PREZZI? E L'IRPEF REGIONALE?
Attenti agli speculatori. Chi giustifica gli aumenti con la crescita dell' Iva sta solo cercando di truffarvi. Infatti l' Iva era già aumentata quest'estate, ma di un solo punto. E, tranne che in alcuni casi in cui i margini per i commercianti sono già ridotti al minimo (per esempio, gli alimentari nelle catene di supermercati), un aumento così piccolo non giustifica una ripercussione automatica sul prezzo finale. L'Iva aumenta di nuovo (dal 21 al 23%) dal luglio 2012. Ma fino ad allora, qualunque aumento è ingiustificato.
Più nascosta, invece, la manovra sull'Irpef (la dichiarazione dei redditi che si presenta a maggio). È vero che, contrariamente alle attese, il governo non ha aumentato le aliquote: neppure quelle del 41% sui redditi da 55 mila a 75 mila euro, e quella massima del 43% oltre i 75 mila. Ma ha aumentato dello 0,33 l'Irpef regionale su tutte le aliquote. Quindi, per i redditi da 50 mila annui c' è un +165 euro.
7) I VITALIZI DEI PARLAMENTARI VENGONO ABOLITI? E LE PROVINCE?
No, il governo non può imporre nulla agli altri organi costituzionali (Parlamento, Presidenza della Repubblica e Corte Costituzionale). Quindi devono essere loro stessi ad autodisciplinarsi. Sarebbe grave che, nel momento in cui tutte le pensioni passano dal sistema retributivo (80% dell' ultimo stipendio) a quello contributivo (la media di tutti i contributi effettivamente versati), soltanto i mille parlamentari percepissero un vitalizio che vale otto volte più dei contributi. Camera e Senato hanno promesso una revisione, vedremo se manterranno l'impegno.
Neanche le Province possono essere abolite senza una legge costituzionale. Quindi il governo si è limitato a tagliarne totalmente le giunte, e a diminuire fino a dieci i consiglieri, che non verranno più eletti, ma nominati dai consigli comunali. E ha diminuto i posti nelle costose Authorities.
8) UN GOMMONE DI 10 METRI PAGA 7 EURO AL GIORNO ANCHE STANDO FERMO?
Sì. Incredibile ma vero, con la scusa di colpire il lusso (yacht, aerei privati, elicotteri) vengono prese di mira tutte le imbarcazioni che superano i dieci metri. E poiché è difficile individuarne i proprietari, che spesso si mascherano dietro a società estere, viene tassata la navigazione in acque pubbliche e il semplice «posteggio» (perfino l' ancoraggio a una boa): sette euro al giorno dai 10 ai 12 metri, 12 euro fino ai 14 metri, 40 euro fino a 17, 75 euro fino a 24 metri, e 150 euro al giorno per gli yacht oltre i 24 metri.
9) QUANTO COSTERÀ TENERE BOT E ALTRI TITOLI SU UN CONTO IN BANCA?
Chi ha titoli pubblici e privati (azioni, obbligazioni, fondi) fino a 5 mila euro è esentato. Dai 5 ai 50 mila si paga lo stesso bollo dei conti correnti: 34 euro l' anno. Dai 50 ai 150 mila la tassa sarà di 70 euro, che aumenterà nel 2013 a 230. Fino ai 500 mila ora sono 240 euro, che fra un anno aumenteranno a 780. Oltre il mezzo milione di titoli il prelievo aumenterà dagli attuali 680 a 1.100 euro.
«È una piccola patrimoniale sulle attività finanziarie», ha detto il viceministro dell'Economia Vittorio Grilli. La tassa sui «patrimoni» (quello che si ha, non quel che si guadagna) era una richiesta del centrosinistra, mentre il centrodestra è contrario. Mario Monti ha detto che lui personalmente non è contrario, visto che esiste in Paesi come la Francia.
10) PAGARE IN CONTANTI PER PIÙ DI 1.000 EURO È PROIBITO? COSA SI RISCHIA?
Fino ad agosto si poteva pagare in contanti fino a 12.500 euro. Poi il tetto è stato ridotto a 2.500 euro dal governo Berlusconi. E ora passa a soli mille euro. Oltre questa cifra si potranno usare solo bancomat, carte di credito, assegni non trasferibili e bonifici on line. Gli assegni circolari e i libretti al portatore sono equiparati al contante. La sanzione arriva fino al 40 per cento della cifra pagata illegalmente.
Fra i Paesi sviluppati l'Italia è quello in cui circola più contante. Questo è il modo più semplice per mafia, camorra, 'ndrangheta, evasori e tangentari di nascondere i propri affari e riciclare il denaro sporco. Quindi è una misura necessaria: i pagamenti devono essere «tracciabili». Il governo negozierà con banche e società di carte di credito la diminuzione delle commissioni.
Mauro Suttora
L'USO DEI CONTANTI. L'AUMENTO DI IVA E IRPEF. L'ETÀ DELLA PENSIONE. LA NUOVA ICI, LE TASSE SULLA CASA E GLI AFFITTI. IL BOLLO SULLE AUTO DI LUSSO E SULLE BARCHE.
ECCO TUTTO QUELLO CHE DOBBIAMO SAPERE SULLE DECISIONI "SALVA ITALIA" DEL GOVERNO MONTI. CON UN OCCHIO SULLO STIPENDIO DEL PREMIER E SUI VITALIZI DEI PARLAMENTARI
di Mauro Suttora
Oggi, 14 dicembre 2012
Una manovra di sacrifici per salvare l'Italia e l'Europa. I ministri e le tv ci hanno riempito di parole. Ma che cosa accadrà davvero alle nostre tasche con questa stangata? Quando potremo andare in pensione? Quanto pagheremo per le nostre case (se ne abbiamo una o più di una)? E gli affitti aumenteranno? Quanto dovranno pagare i proprietari delle auto di lusso e delle barche? Ma pagherà anche chi ha un gommone di 10 metri? Iva e Irpef aumenteranno? E chi ha Bot è salvo o paga? Infine: è ancora possibile pagare in contanti o dobbiamo affidarci solo a pagobancomat e carta di credito?
L'Italia è uscita frastornata e con le idee confuse dalla conferenza stampa dei ministri economici e ci hanno lasciato molte domande senza risposte certe. Qui abbiamo cercato di spiegarvi tutto (o quasi) in dieci punti
1) HO ANCORA DELLE VECCHIE LIRE. NON SI POSSONO PIÙ CAMBIARE?
No. Basta, finito. Potevate svegliarvi prima. Ci avevano dato dieci anni e due mesi di tempo per il cambio, quando nacque l' euro il 1° gennaio 2002. Se non ci abbiamo pensato Qno ad ora, peggio per noi. Con il trucchetto di anticipare di tre mesi la scadenza del 29 febbraio 2012 lo Stato incamera un bel gruzzoletto: un miliardo e 300 milioni di euro. Sono infatti ben 300 milioni le banconote in lire che non risultano mai cambiate, e quindi ancora in circolazione. Il totale in lire è 2.500 miliardi. Mancano all' appello ben 200 milioni di vecchie mille lire, ma anche 300 mila pezzi di banconote da 500 mila.
2) HO 59 ANNI E LAVORO DA 35. STO PER PENSIONARMI. ORA NON POSSO PIÙ?
No. E dovrà lavorare ancora per sette anni. Questo è il caso più doloroso: quello di chi fino a ieri poteva usufruire delle pensioni di «anzianità» (anticipate), per le quali bastava avere lavorato almeno 35 anni. Ora il limite minimo è stato portato a 42 anni per gli uomini e 41 per le donne. Sette anni in più in un colpo solo.
«In pratica le pensioni di anzianità sono state quasi abolite», spiega l'esperto di previdenza Bruno Benelli. Infatti, anche chi ha cominciato a lavorare (e versare contributi!) a 14 anni, deve comunque andare avanti fino a 55-56 anni. Naturalmente valgono per tutti i nuovi limiti per le pensioni di «vecchiaia» (quelle normali): 66 anni per i maschi e 62 per le femmine (ma arriveranno pure loro a 66 entro il 2018). Chi si prepensiona prima dei 41-42 anni di lavoro ha una decurtazione del 2% annuo.
Restano in vigore le eccezioni per i lavori «usuranti» (gallerie, miniere, cave, palombari, fonderie, lavoratori notturni, conducenti di bus). Ora ci saranno problemi per le aziende che contavano di prepensionare dipendenti costosi sostituendoli con giovani pagati meno. E per i giovani, che hanno meno opportunità.
3) CON UNA PENSIONE DI MILLE EURO QUANTO PERDO SENZA INDICIZZAZIONE?
Dipende dal tasso d'inflazione. Che nel 2011, secondo l'Istat, è stato del 2,6 per cento. I titolari di pensioni fino a 936 euro mensili (il doppio della minima) sono gli unici a rimanere protetti al 100% dall'aumento dei prezzi. Le pensioni di mille euro perderanno 1,6 euro al mese, 21 all' anno. Quelle da 2 mila euro, invece, subiranno un salasso mensile di 26 euro netti, che moltiplicati per tredici mensilità fa 341 euro.
Oltre i 2.300 euro le pensioni sono protette dall' inflazione solo per il 75 per cento, quindi la perdita è in proporzione minore. L'indicizzazione è sospesa per due anni. I pensionati devono quindi sperare che nel 2012 l' inflazione non sia troppo alta.
4) HO UNA CASA, PIÙ UNA IN MONTAGNA E UNA AL MARE. QUANTO PAGHERÒ?
Nell'ipotesi che la casa in città (prima casa) abbia un valore commerciale di 400 mila euro, quella in montagna 200 mila e quella al mare 300 mila, ecco l' ammontare Sulla prima casa è reintrodotta l' Ici (abolita nel 2008), che si chiamerà Imu (Imposta municipale immobili), ingloberà la Tarsu (Tassa rifiuti solidi urbani, la spazzatura) e finanzierà direttamente i Comuni.
Il valore catastale è sempre assai inferiore a quello di mercato. Supponiamo che sia di 129 mila euro. L'estimo catastale va aumentato del 60%, quindi si arriva a 206 mila. Il 4 per mille ammonta a 826 euro annui, e con la detrazione fissa (franchigia) si scende a 626. Ma attenti: il Comune può aumentare l'aliquota al 6 per mille, e si arriva a 1.038. In ogni caso, si pagherà il 60% in più dell' Ici 2008. Per le seconde case l'aliquota arriverà fino al 10,6 per mille. Quest'anno l'Ici media era del 7 per mille, quindi la batosta è notevole: circa 800 euro in più per la case da 200 mila euro, e 1.200 per quelle da 300 mila.
5) CON LE TASSE SULLE SECONDE CASE AUMENTERANNO ANCHE GLI AFFITTI?
Probabilmente sì. Ma solo nei periodi di punta delle vacanze: agosto per quelle al mare, e Natale e Capodanno in montagna. Per il resto, il mercato della case di vacanza era in grande sofferenza anche prima della manovra. Tranne che per le località top, le quotazioni medie erano diminuite del 10-20% nell' ultimo anno, e in alcuni casi (laghi, campagna lontana dalle metropoli) erano crollate anche di un terzo.
I valori di acquisto/vendita non si ripercuotono automaticamente sugli affitti: seguono la legge della domanda e offerta di ciascuna località e di ciascun periodo. Tutti sappiamo che la stessa casa a Porto Cervo o a Cortina si può affittare a un terzo del prezzo in giugno o a settembre rispetto ad agosto. Insomma, come per la domanda seguente, tutto dipende dal locatario e dal locatore. Quest' ultimo proverà a giustificare un richiesta d' aumento con le nuove tasse. Ma gli si può sempre rispondere di no.
6) L'IVA CRESCE FRA SETTE MESI. ANCHE I PREZZI? E L'IRPEF REGIONALE?
Attenti agli speculatori. Chi giustifica gli aumenti con la crescita dell' Iva sta solo cercando di truffarvi. Infatti l' Iva era già aumentata quest'estate, ma di un solo punto. E, tranne che in alcuni casi in cui i margini per i commercianti sono già ridotti al minimo (per esempio, gli alimentari nelle catene di supermercati), un aumento così piccolo non giustifica una ripercussione automatica sul prezzo finale. L'Iva aumenta di nuovo (dal 21 al 23%) dal luglio 2012. Ma fino ad allora, qualunque aumento è ingiustificato.
Più nascosta, invece, la manovra sull'Irpef (la dichiarazione dei redditi che si presenta a maggio). È vero che, contrariamente alle attese, il governo non ha aumentato le aliquote: neppure quelle del 41% sui redditi da 55 mila a 75 mila euro, e quella massima del 43% oltre i 75 mila. Ma ha aumentato dello 0,33 l'Irpef regionale su tutte le aliquote. Quindi, per i redditi da 50 mila annui c' è un +165 euro.
7) I VITALIZI DEI PARLAMENTARI VENGONO ABOLITI? E LE PROVINCE?
No, il governo non può imporre nulla agli altri organi costituzionali (Parlamento, Presidenza della Repubblica e Corte Costituzionale). Quindi devono essere loro stessi ad autodisciplinarsi. Sarebbe grave che, nel momento in cui tutte le pensioni passano dal sistema retributivo (80% dell' ultimo stipendio) a quello contributivo (la media di tutti i contributi effettivamente versati), soltanto i mille parlamentari percepissero un vitalizio che vale otto volte più dei contributi. Camera e Senato hanno promesso una revisione, vedremo se manterranno l'impegno.
Neanche le Province possono essere abolite senza una legge costituzionale. Quindi il governo si è limitato a tagliarne totalmente le giunte, e a diminuire fino a dieci i consiglieri, che non verranno più eletti, ma nominati dai consigli comunali. E ha diminuto i posti nelle costose Authorities.
8) UN GOMMONE DI 10 METRI PAGA 7 EURO AL GIORNO ANCHE STANDO FERMO?
Sì. Incredibile ma vero, con la scusa di colpire il lusso (yacht, aerei privati, elicotteri) vengono prese di mira tutte le imbarcazioni che superano i dieci metri. E poiché è difficile individuarne i proprietari, che spesso si mascherano dietro a società estere, viene tassata la navigazione in acque pubbliche e il semplice «posteggio» (perfino l' ancoraggio a una boa): sette euro al giorno dai 10 ai 12 metri, 12 euro fino ai 14 metri, 40 euro fino a 17, 75 euro fino a 24 metri, e 150 euro al giorno per gli yacht oltre i 24 metri.
9) QUANTO COSTERÀ TENERE BOT E ALTRI TITOLI SU UN CONTO IN BANCA?
Chi ha titoli pubblici e privati (azioni, obbligazioni, fondi) fino a 5 mila euro è esentato. Dai 5 ai 50 mila si paga lo stesso bollo dei conti correnti: 34 euro l' anno. Dai 50 ai 150 mila la tassa sarà di 70 euro, che aumenterà nel 2013 a 230. Fino ai 500 mila ora sono 240 euro, che fra un anno aumenteranno a 780. Oltre il mezzo milione di titoli il prelievo aumenterà dagli attuali 680 a 1.100 euro.
«È una piccola patrimoniale sulle attività finanziarie», ha detto il viceministro dell'Economia Vittorio Grilli. La tassa sui «patrimoni» (quello che si ha, non quel che si guadagna) era una richiesta del centrosinistra, mentre il centrodestra è contrario. Mario Monti ha detto che lui personalmente non è contrario, visto che esiste in Paesi come la Francia.
10) PAGARE IN CONTANTI PER PIÙ DI 1.000 EURO È PROIBITO? COSA SI RISCHIA?
Fino ad agosto si poteva pagare in contanti fino a 12.500 euro. Poi il tetto è stato ridotto a 2.500 euro dal governo Berlusconi. E ora passa a soli mille euro. Oltre questa cifra si potranno usare solo bancomat, carte di credito, assegni non trasferibili e bonifici on line. Gli assegni circolari e i libretti al portatore sono equiparati al contante. La sanzione arriva fino al 40 per cento della cifra pagata illegalmente.
Fra i Paesi sviluppati l'Italia è quello in cui circola più contante. Questo è il modo più semplice per mafia, camorra, 'ndrangheta, evasori e tangentari di nascondere i propri affari e riciclare il denaro sporco. Quindi è una misura necessaria: i pagamenti devono essere «tracciabili». Il governo negozierà con banche e società di carte di credito la diminuzione delle commissioni.
Mauro Suttora
Perché piange la Fornero
di Mauro Suttora
Oggi, 5 dicembre 2011
Non era mai capitato che un ministro scoppiasse a piangere in diretta tv mentre annuncia un provvedimento. Pochi mesi fa la premier australiana si è commossa ricordando i morti di un’alluvione; un ministro kenyiota si è bloccato mentre rievocava una strage; un ministro indiano ha pianto quando l’hanno arrestato.
Ma Elsa Fornero si è emozionata solo perché doveva pronunciare la parola «sacrifici» per i pensionati. Una nota di umanità che le fa onore. La sua capacità di immedesimarsi nelle difficoltà degli anziani (che per due anni non saranno protetti dall’inflazione) deriva forse dalla sua storia personale.
Figlia di un operaio, la giovane Elsa si svegliava alle 5 per andare a studiare a Torino dal suo paesino, San Carlo Canavese. Con borse di studio ha frequentato ragioneria e poi la facoltà di Economia. Si è diplomata nel 1967. C’erano i Beatles e le minigonne, ma lei confessa di non avere mai frequentato «locali per giovani». Solo studio, sacrifici e impegno.
Suo compagno di classe all’istituto tecnico commerciale era Cesare Damiano, che l’ha preceduta (2006-8) come ministro (Ds) del Lavoro. Una coincidenza, che forse pesa nello stress di questi giorni. Damiano infatti è oggi uno dei principali oppositori della riforma pensionistica della Fornero. Una lunga distanza da quando, entrambi giovani idealisti, «discutevamo di noi, del futuro, del mondo».
Elsa ha incontrato suo marito, l’economista Mario Deaglio, all’università. Colleghi e amici di Mario Monti, lo invitavano nella loro casa torinese. Ma Elsa lo faceva mangiare in cucina, e gli parlava di economia mentre mescolava il risotto. Non ha mai perso la sua spontaneità. Neanche domenica sera, quando è scoppiata a piangere davanti all’Italia intera.
Oggi, 5 dicembre 2011
Non era mai capitato che un ministro scoppiasse a piangere in diretta tv mentre annuncia un provvedimento. Pochi mesi fa la premier australiana si è commossa ricordando i morti di un’alluvione; un ministro kenyiota si è bloccato mentre rievocava una strage; un ministro indiano ha pianto quando l’hanno arrestato.
Ma Elsa Fornero si è emozionata solo perché doveva pronunciare la parola «sacrifici» per i pensionati. Una nota di umanità che le fa onore. La sua capacità di immedesimarsi nelle difficoltà degli anziani (che per due anni non saranno protetti dall’inflazione) deriva forse dalla sua storia personale.
Figlia di un operaio, la giovane Elsa si svegliava alle 5 per andare a studiare a Torino dal suo paesino, San Carlo Canavese. Con borse di studio ha frequentato ragioneria e poi la facoltà di Economia. Si è diplomata nel 1967. C’erano i Beatles e le minigonne, ma lei confessa di non avere mai frequentato «locali per giovani». Solo studio, sacrifici e impegno.
Suo compagno di classe all’istituto tecnico commerciale era Cesare Damiano, che l’ha preceduta (2006-8) come ministro (Ds) del Lavoro. Una coincidenza, che forse pesa nello stress di questi giorni. Damiano infatti è oggi uno dei principali oppositori della riforma pensionistica della Fornero. Una lunga distanza da quando, entrambi giovani idealisti, «discutevamo di noi, del futuro, del mondo».
Elsa ha incontrato suo marito, l’economista Mario Deaglio, all’università. Colleghi e amici di Mario Monti, lo invitavano nella loro casa torinese. Ma Elsa lo faceva mangiare in cucina, e gli parlava di economia mentre mescolava il risotto. Non ha mai perso la sua spontaneità. Neanche domenica sera, quando è scoppiata a piangere davanti all’Italia intera.
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