Saturday, November 01, 2025

Ecco come Pasolini divenne radicale e capì tutto

Il cattocomunista eretico Pasolini e il laicissimo Pannella non potrebbero essere culturalmente più lontani, seppure entrambi libertari. Ma la loro simpatia nasce già nel 1963, quando il primo firma l'appello del secondo per un voto a sinistra in nome dei valori radicali. Il Pr non si presenta a quelle elezioni, però raccoglie l'adesione di intellettuali come Umberto Eco, Leonardo Sciascia, Elio Vittorini, Nelo Risi, Roberto Roversi, Massimo Mila - oltre a Pasolini

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 1 novembre 2025
"Caro lettore, passerei allo stile del volantinaggio: invia un telegramma o un biglietto di protesta ai segretari dei partiti o alla presidenza della Camera e del Senato". L'articolo che Pier Paolo Pasolini riesce a pubblicare sul Corriere della Sera il 16 luglio 1974 è inaudito: lo scrittore si lancia in una vera e propria propaganda diretta per Marco Pannella. Il quale è in sciopero della fame, perché due mesi dopo aver vinto il referendum sul divorzio la Rai continua a boicottarlo.
Il comitato di redazione filocomunista del Corrierone vorrebbe a sua volta boicottare l'articolo di Pasolini, che accusa Botteghe Oscure oltre che la Dc: "Il Vaticano e Fanfani, grandi sconfitti del referendum, non potranno mai ammettere che Pannella semplicemente 'esista'.  Ma neanche Berlinguer e il comitato centrale del Pci possono farlo. Pannella viene dunque 'abrogato' dalla vita pubblica italiana", denuncia lo scrittore.
Ci mette qualche giorno Gaspare Barbiellini Amidei, vicedirettore del Corsera e sponsor - lui cattolico - delle provocazioni di Pasolini, per convincere il direttore Piero Ottone a dare il via libera all'articolo. E il 'volantino' di PPP ha l'effetto di una bomba: la tv di stato, sotto ferreo controllo dc, è costretta a trasmettere un'intervista al leader radicale, in cui per la prima volta gli italiani ascoltano parole come 'aborto', 'omosessuali', 'lesbiche'.

Il cattocomunista eretico Pasolini e il laicissimo Pannella non potrebbero essere culturalmente più lontani, seppure entrambi libertari. Ma la loro simpatia nasce già nel 1963, quando il primo firma l'appello del secondo per un voto a sinistra in nome dei valori radicali. Il Pr non si presenta a quelle elezioni, però raccoglie l'adesione di intellettuali come Umberto Eco, Leonardo Sciascia, Elio Vittorini, Nelo Risi, Roberto Roversi, Massimo Mila - oltre a Pasolini.
Nel 1969 i due s'incrociano di nuovo, in difesa dell'anarchico omosessuale Aldo Braibanti condannato a nove anni per plagio. E nel 1971 entrambi sono incriminati come direttori responsabili del giornale Lotta Continua: prestano la loro firma come parafulmine alle numerose denunce per diffamazione, vilipendi e altri reati d'opinione.

L'amore politico scoppia due anni dopo, quando Pasolini si entusiasma per la prefazione di Pannella a un libro di Andrea Valcarenghi di Re Nudo, 'Underground a pugno chiuso': "Queste dieci pagine sono finalmente il testo di un manifesto del radicalismo italiano. Rappresentano un avvenimento nella cultura di questi anni, non si può non conoscerle".

Ecco il testo pannelliano che appassionò PPP: "(...) Io amo gli obiettori, i fuorilegge del matrimonio, i capelloni sottoproletari anfetaminizzati, i cecoslovacchi della primavera, i nonviolenti, i libertari, i veri credenti, le femministe, gli omosessuali, i borghesi come me, la gente con il suo intelligente qualunquismo e la sua triste disperazione.
"Amo speranze antiche come la donna e l'uomo; ideali politici vecchi quanto il secolo dei lumi, la rivoluzione borghese, i canti anarchici e il pensiero della Destra storica. Sono contro ogni bomba, ogni esercito, ogni fucile, ogni rafforzamento dello Stato di qualsiasi tipo, contro ogni sacrificio, morte o assassinio, soprattutto se 'rivoluzionario'. Credo ai racconti che ci si fa in cucina, a letto, per le strade, al lavoro, quando si vuole essere onesti ed essere davvero capiti, più che ai saggi o alle invettive.
"Credo sopra ad ogni altra cosa al dialogo, e non solo a quello 'spirituale': alle carezze, agli amplessi, alla conoscenza come a fatti non necessariamente d’evasione o individualistici – e tanto più 'privati' mi appaiono, tanto più pubblici e politici, quali sono, m’ingegno che siano riconosciuti. (...)

"Non credo al potere, e ripudio perfino la fantasia se minaccia d’occuparlo. Voi di Re Nudo dite: 'Erba e fucile'. Non mi va. Lo sai, non sono d'accordo. Fumare erba non m'interessa, per la semplice ragione che lo faccio da sempre. Ho un'autostrada di nicotina e di catrame dentro che lo prova, sulla quale viaggia veloce quanto di autodistruzione, di evasione, di colpevolizzazione e di piacere consunto e solitario la mia morte esige e ottiene. Mi è facile impegnarmi per disarmare i tenutari di quel casino che chiamano l'Ordine, i quali per sentirsi vivi hanno bisogno di comandare, proteggere, obbedire, arrestare, assolvere. Ma fare dell'erba un segno positivo di speranza mi par poco e sbagliato".

Quanto alla violenza, Pannella la considera "un'arma suicida per chi speri ragionevolmente di edificare una società (un po' più) libertaria. Non credo al fucile: ci sono troppe splendide cose che potremmo/potremo fare anche con il 'nemico', per pensare ad eliminarlo. La violenza è il campo privilegiato sul quale ogni minoranza al potere tenta di spostare la lotta degli sfruttati e della gente. Alla lunga ogni fucile è nero, come ogni esercito. E poi, basta con questa sinistra grande solo ai funerali, nelle commemorazioni, nelle proteste. Quando vedo, nell'ultimo numero di Re nudo, il 'recupero' di un'Unità del '43 in cui si invita ad ammazzare il fascista, ho voglia di darti dell'imbecille... Come puoi non comprendere il fascismo di questo antifascismo? Come noi radicali, voi renudisti sostenete che non esistono dei 'perversi', ma dei 'diversi'.
Come possiamo recuperare allora, proprio in politica, il concetto di 'male', di 'demonio', di 'perversione'? Quel che voi chiamate 'fascista' si chiama 'obiettore di coscienza', 'abortista', 'depravato' per altri".
Conclude Pannella: "Per noi la fantasia è stata una necessità, quasi una condanna, piuttosto che una scelta. Così abbiamo parlato come abbiamo potuto, con i piedi nelle marce, con i sederi nei sit-in, con gli happening continui, con erba e digiuni, con 'azioni dirette' di pochi, con musica e comizi. Le battaglie per i diritti civili sono mancate a tutto il vostro Movimento: un rozzo paleomarxismo ha fatto strage soprattutto a Milano".

Nel biennio 1974-75 la sintonia fra Pasolini e Pannella è totale. Sul settimanale Il Mondo appare una lunga intervista. La prima domanda di Pasolini è quasi poetica: "Parla, e dì quello che più ti interessa dire questa sera". Risponde Pannella: "Noi diciamo che il regime si chiude. L'insensibilità della stampa al nostro caso ne è la dimostrazione. Quando si può dire che un regime è tale? Che un regime è fascista? Quando esso non ha più bisogno della violenza perché i suoi valori siano accolti da tutti. Oggi la violenza dello stato coincide con la violenza del dovere del consumo, come tu dici... Ma consumo significa in definitiva consumare se stessi: si vive consumando, e non creando. Si consuma cioè la propria vita".

In quell'estate '74 si respira l'aria che porterà all'avanzata delle sinistre nel '75-'76. Eppure questi due protagonisti degli anni '70 sono pessimisti. E a ragione. Pannella sente contro di sé un 'regime' che sarebbe in effetti durato ancora a lungo. Pasolini sta elaborando le idee sullo 'sviluppo che non è progresso', sulla 'scomparsa delle lucciole' e sul 'processo al Palazzo'. Ma anche per il pasoliniano 'processo alla Dc' si dovrà aspettare il 1993, con Tangentopoli.

Pannella riprende la polemica contro la sinistra "subalterna e collaborazionista": "I 'compagni' si comportano come la maggioranza silenziosa sotto il fascismo nei riguardi dei miseri duemila antifascisti che c'erano in Italia, fatti passare per 'pazzi'. Oggi i pazzi siamo noi. 'A Marco gli si è spappolata la testa', dicono i miei amici dell'Espresso, e anche mia sorella. Ma il loro è un giornale fatto tutto di pubblicità: da una parte quella canonica della lavapiatti o della macchina di lusso, dall'altra quella scandalistica del Sid o del Sifar o di Fanfani. Contro questo, la parola d'ordine dei radicali è 'irragionevolezza'. L'uomo non è libero oggi se davanti alla tv, dinanzi alla creazione coatta dei bisogni, non sregola i sensi...".

Musica, per le orecchie dell'anticonsumista Pasolini. Che domanda a Pannella: "Che differenza c'è fra il fascismo classico e il nuovo fascismo di oggi?". Risposta: "I vecchi fascisti chiedevano un'astensione dalla politica. Il fascismo è abolizione del dibattito, che per noi invece è tutto. Solo nella piazza, nel foro, nel letto, a casa, l'uomo e la donna possono essere presenti in tutta la loro integrità. Considerati solo in quanto lavoratori (vecchio fascismo) o consumatori (nuovo fascismo), sono decapitati".

Poi Pasolini scrive sul Corsera: "È molto tempo ormai che i cattolici si sono dimenticati di essere cristiani. Il partito radicale e Pannella sono i reali vincitori del referendum sul divorzio. Ed è questo che non viene loro perdonato da nessuno. Anziché essere ricevuti e complimentati dal primo cittadino della Repubblica, in omaggio alla volontà del popolo italiano, Pannella e i suoi vengono ricusati come intoccabili. La volgarità del realismo politico non trova alcun punto di connessione col candore di Pannella. Le sue sono richieste di garanzia di una normalissima vita democratica. Ma il disprezzo teologico lo circonda".
Anche Giorgio Bocca, nella sua rubrica sull'Espresso, difende Pannella e attacca il "compromesso storico già operante" fra Pci e Dc.

Nel 1975 i radicali raccolgono le firme per il referendum sull'aborto, e il cattolico Pasolini dissente. Ma appena Pannella finisce in prigione per aver fumato una canna di marjuana ne chiede la scarcerazione, assieme ad Alberto Moravia ed Eco.
L'ultimo appuntamento di PPP con i radicali è drammatico. Nel senso che è un incontro mancato: avrebbe dovuto pronunciare un discorso al loro congresso annuale proprio il giorno dopo il suo assassinio, il 3 novembre 1975. Ma aveva già preparato il testo, che fu letto da Vincenzo Cerami.

Vale la pena riprodurlo ampiamente. Pasolini esordisce prendendo apparentemente le distanze da Pannella: "Non sono qui come radicale. Non sono qui come progressista. Sono qui come marxista che vota per il Partito Comunista Italiano, e spera molto nella nuova generazione di comunisti, almeno come spera nei radicali".
Poi però Pasolini entra in medias res e diventa profetico, come così spesso gli accade. Denuncia "la borghesizzazione totale che si sta verificando in tutti i paesi: definitivamente nei grandi paesi capitalistici, drammaticamente in Italia. Da questo punto di vista le prospettive del capitale appaiono rosee. I bisogni indotti dal nuovo capitalismo sono totalmente e perfettamente inutili e artificiali. Il consumismo può creare dei 'rapporti sociali' immodificabili, sia creando, nel caso peggiore, al posto del vecchio clericofascismo un nuovo tecnofascismo (che potrebbe comunque realizzarsi solo a patto di chiamarsi antifascismo), sia creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili".

Lo scrittore si rende conto che sta criticando le migliori conquiste della sinistra negli anni '70 proprio a casa dei loro massimi alfieri, i radicali. Ma li assolve: "Caro Pannella, caro Spadaccia, cari amici radicali, pazienti con tutti come santi, e quindi anche con me: bisogna lottare per la conservazione di tutte le forme, alterne e subalterne, di cultura. È ciò che avete fatto voi in tutti questi anni, specialmente negli ultimi. E siete riusciti a trovare forme alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili. Non avete avuto alcun rispetto umano, nessuna falsa dignità, e non siete soggiaciuti ad alcun ricatto. Non avete avuto paura né di meretrici né di pubblicani, e neanche – ed è tutto dire – di fascisti.

"I diritti civili sono in sostanza i diritti degli altri. Nella vostra mitezza e nella vostra intransigenza, voi non avete fatto distinzioni. Vi siete compromessi fino in fondo per ogni alterità possibile. Ma una osservazione va fatta. C’è un’alterità che riguarda la maggioranza e un’alterità che riguarda le minoranze. Il problema che riguarda la distruzione della cultura della classe dominata, come eliminazione di una alterità dialettica e dunque minacciosa, è un problema che riguarda la maggioranza. Il problema del divorzio è un problema che riguarda la maggioranza. Il problema dell’aborto è un problema che riguarda la maggioranza. Infatti gli operai e i contadini, i mariti e le mogli, i padri e le madri costituiscono la maggioranza.
"A proposito della difesa generica dell’alterità, a proposito del divorzio, a proposito dell’aborto, avete ottenuto dei grandi successi. Ciò – e voi lo sapete benissimo – costituisce un grande pericolo. Per voi – e voi sapete benissimo come reagire – ma anche per tutto il paese che invece, specialmente ai livelli culturali che dovrebbero essere più alti, reagisce regolarmente male. Cosa voglio dire con questo? Attraverso l’adozione marxistizzata dei diritti civili da parte degli estremisti i diritti civili sono entrati a far parte non solo della coscienza, ma anche della dinamica di tutta la classe dirigente italiana di fede progressista. Non parlo dei vostri simpatizzanti… Non parlo di coloro che avete raggiunto nei luoghi più lontani e diversi: fatto di cui siete giustamente orgogliosi. Parlo degli intellettuali socialisti, comunisti, cattolici di sinistra, degli intellettuali generici (…)

"La massa degli intellettuali che ha mutuato da voi, attraverso una marxizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è fanaticamente convinto delle bontà del proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità".

Attenzione: col suo linguaggio complicato Pasolini mezzo secolo fa sta già preconizzando il "partito radicale di massa" in cui si è via via trasformato il Pci-Pds-Ds-Pd fino ad oggi, fino all'evaporazione della classe operaia e alla sua incapacità di proteggere i diritti economici dei nuovi proletari. Una previsione allora condivisa soltanto dal filosofo cattolico conservatore Augusto Del Noce.
Conclude lo scrittore friulano: "Il potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione.

Contro tutto questo voi non dovete far altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare".

Pannella e i radicali sono stati ben felici, nei decenni successivi, di seguire questo consiglio di Pasolini. Fino all'autolesionismo di abbandonare battaglie vincenti una volta raggiunto l'obiettivo, senza capitalizzarne elettoralmente i successi. 
Sono quindi rimasti partito di estrema minoranza, incuranti dell'impopolarità di alcune nuove cause (diritti dei deputati durante Tangentopoli, no ai populismi, carcerati) e testardi nel portare avanti quelle potenzialmente maggioritarie (antiproibizionismo sulle droghe, oggi l'eutanasia con l'associazione Coscioni), ma bloccate da pregiudizi difficili da scalfire. Anche perché sono scomparsi pensatori controcorrente come Pasolini, capaci di scardinare luoghi comuni e idee ricevute.

Wednesday, October 29, 2025

I maranza nel marasma: sono di destra o di sinistra?

Fascisti o comunisti? Dopo i maranzapal e i maranzanazi, debutteranno i maranzalib (corrente moderata del centrodestra), i maranzalab (corrente moderata del campo largo), i maranzaeuropeisti (per contare anche a Bruxelles) e i maranzanonviolenti (proBarghouti, il Mandela palestinese)

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 29 ottobre 2025

Riassunto degli ultimi giorni. Una banda di maranzanazi devasta un liceo a Genova, pitturando svastiche sui muri. L'indomani un gruppo di fratellini d'Italia cerca di volantinare davanti a un liceo di Torino, ma è aggredito da studenti di sinistra. Il volantino dice 'No alla cultura maranza'. Il vicepresidente pd della regione Piemonte accusa i fratellini di diffondere un 'messaggio d'odio'. Forse però doveva congratularsi con loro, visto che la cultura maranza oltre che propal di sinistra ora è diventata anche nazi, ed è quindi commendevole che la destra meloniana si distanzi dall'estrema destra. O al massimo poteva sgridarli per avere elevato a cultura la subcultura maranza. 

Poi a Venezia un gruppo di propal impedisce a un ebreo pacifista del pd di parlare all'università. Non sono maranza: inalberano falce e martello, noto simbolo comunista. Però l'ebreo di sinistra definisce 'fascisti' i suoi persecutori. Il presidente ex fascista del senato protesta: non sono fascisti. Tuttavia non dice neanche che sono comunisti.

Ora i maranza sono nel marasma: siamo di destra o di sinistra? Fascisti o comunisti? Nel dubbio, hanno deciso di moltiplicarsi per confondere le tracce. Quindi, dopo i maranzapal e i maranzanazi, debutteranno i maranzalib (corrente moderata del centrodestra), i maranzalab (corrente moderata del campo largo), i maranzaeuropeisti (per contare anche a Bruxelles) e i maranzanonviolenti (proBarghouti, il Mandela palestinese).

Wednesday, October 15, 2025

Il cannone Vannacci. Virtù fumogene e allucinogene della politica italiana

Nessuno come noi è capace di costruire illusioni ottiche di un’Italia che non esiste. Ma i miraggi non esistono solo a destra e solo qui: da Sartre a Trump passando per Mussolini e Albanese, breve catalogo psicotropo

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it,15 ottobre 2025


 

Puff, tutto finto, tutto finito. Svanito nel suo 4%. Anzi, 2%, calcolando gli astenuti. Roberto Vannacci travolto dal crollo della Lega alle regionali in Toscana. Lui è di Viareggio, quindi avrebbe dovuto mietere un successone nel suo territorio. Molti lo temevano, dopo il mezzo milione di preferenze ramazzate alle europee l’anno scorso. Giorgia Meloni ha indurito i toni del suo ultimo comizio toscano proprio per fargli concorrenza a destra. 

E invece niente. Il generalone si è rivelato solo un altro episodio, l’ennesimo, di una certa politica allucinogena che da qualche tempo avvolge l’Italia. Come il fumo di una canna, anzi di un cannone nel suo caso. 

Si crea il mostro Vannacci, ben felice di essere creato, si fa di un’illusione ottica lo spauracchio di un’Italia che non esiste. E alla prima prova vera i suoi legionari svaniscono come i soldati italiani a Caporetto

Attenti, però. Perché le allucinazioni non riguardano soltanto la Lega, decimata dalla decima Mas di cartone del simpatico generalone. Basta accomodarsi davanti ai talk tv per entrare in un magico mondo di irrealtà, come quello di Alverman nella tv dei ragazzi di mezzo secolo fa.

Tutti sembrano adorare i “fantocci polemici”, secondo la definizione scientifica dei politologi. M’invento un avversario, un problema, poi mi ci scaglio contro e lo distruggo. Con estrema facilità, visto che è inesistente. Come Giorgia con la flottiglia, e la flottiglia con Giorgia. I flottanti venivano da 44 Paesi, ma la premier faceva finta che fossero tutti coalizzati contro di lei. Quelli ce l'avevano con Israele, però eccoli criticare il nostro governo che li ha protetti con ben due navi militari ma doveva fare di più, e comunque è troppo amico di Bibi. 

E il fantastico trip della premier continua: ora è sinceramente persuasa di avere fornito un grande contributo alla tregua con Hamas, anche se nella foto di Sharm-el-Sheikh i maschiacci l’hanno relegata in fondo a destra. Dall'altra parte, ecco avanzarsi la nuova madonna pellegrina, Francesca Albanese, adorata dai più. La quale come un Dibba qualsiasi riesuma nemici freschissimi: colonialismo, apartheid, capitalismo, terzomondismo, razzismo. Marxisti immaginari.

La politica trasformata in fantasia c’è sempre stata: dal militarismo jingoista di Theodore Roosevelt a Jean Paul Sartre credente nelle meraviglie dello stalinismo con buona parte dell’intellighenzia europea, o dall’Impero di Benito Mussolini all’Ucraina nazista di Vladimir Putin. 

Ma in Italia molto prima di Donald Trump abbiamo fatto passi da gigante verso l’Lsd collettivo: il pericolo comunista sventolato da Silvio Berlusconi proprio dopo il crollo del comunismo; quello fascista ora impersonato da una piccola donna bionda, bellissima secondo il presidente Usa. La povertà sconfitta dai grillini grazie alla manna di cittadinanza, i migranti che ci invadono anche se ridotti del 70% rispetto al 2023, le auto da abolire anche se tir, aerei low-cost e crociere inquinano cento volte di più e sono raddoppiati negli ultimi 15 anni.

Insomma, siamo circondati e sopraffatti da esagerazioni e mitomanie. Fortunatamente, i politici che le agitano vengono puniti alla velocità della luce che li sgonfia come soufflé in pochi anni: Renzi, grillini, leghisti ridotti dal 30 al 4%. 

Però noi insistiamo. L’altro ieri guerriglia in piazza della Scala perché i ProPal volevano togliere il gemellaggio Milano-Tel Aviv. Dimenticando che la città israeliana è una delle più a sinistra, libertarie, noBibi e gayfriendly del mondo, governata da 25 anni da un sindaco socialista, uno dei pochi rimasti in Israele.

Dimmi quale competitor t'inventi e ti dirò chi sei, quale sostanza psicotropa hai inalato. Non hai letto Molière né Cervantes né Italo Calvino. Ma il malato immaginario che si scaglia contro i mulini a vento sei tu. 

Tuesday, September 23, 2025

Ciro Grillo condannato un’era geologica dopo

Allora suo padre furoreggiava, ora non più. Conte era al governo, ora non più. Lui era un ragazzino, ora è laureato in legge. Ha senso una sentenza sei anni dopo? E qulla definitiva arriverà quando avrà 30 anni? Intanto per il ponte Morandi, sette anni dopo, non c'è ancora la sentenza di primo grado

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 23 settembre 2025 

Ere geologiche. È passata un’epoca dal 2019, quando Ciro Grillo fu denunciato per stupro collettivo. Sei anni fa era tutto diverso: politicamente, privatamente, giudiziariamente. Beppe Grillo furoreggiava come padre padrone del più grande partito italiano, 32,68%, undici milioni di voti, e governava indifferentemente con la Lega o con il Pd

Negli stessi giorni agostani della violenza nella sua villa al Pevero di Porto Cervo, Matteo Salvini faceva harakiri al Papeete di Milano Marittima. E il premier grillino Giuseppe Conte si produceva in uno dei più strabilianti salti della quaglia nella storia italiana, da destra a sinistra in poche ore ma rimanendo in sella.

Il “povero del Pevero”, velenoso soprannome del comico genovese, si lasciò andare a un imbarazzante videosfogo in favore del figlio quando fu incriminato, giustificabile solo dalla cecità dell’amore paterno. Ora Grillo senior non conta più nulla in politica. Cancellato da Conte.

Anche privatamente siamo in un altro mondo. Ciro, oggi 24enne, decise di iscriversi a legge dopo il primo interrogatorio, e l’anno scorso si è laureato a Genova con 110 e lode. Tesi in procedura penale, discussa sotto gli occhi dell’orgoglioso papà. Praticante nello studio del suo avvocato difensore, a palazzo di giustizia ha conosciuto una collega dalla quale aspetta un figlio a dicembre. Forse farà il concorso per magistrato.

La sua vittima, una coetanea italonorvegese, è riuscita a difendere il proprio anonimato. Si sa solo che vive e lavora a Milano. Dopo le 1.675 domande cui ha dovuto rispondere nell'aula di Tempio Pausania la aspetta il calvario del processo d’appello.

Giudiziariamente, possiamo congratularci con tutti. Tranne che con magistrati. Quasi nessun politico e giornalista, infatti, ha usato le disgrazie familiari di Grillo junior per attaccare il senior. Niente replay delle speculazioni che atterrarono Attilio Piccioni, erede di Alcide De Gasperi, o il presidente Giovanni Leone. E che hanno logorato, a parti invertite, Matteo Renzi e Maria Elena Boschi per le accuse ai loro padri.

Complimenti a Giulia Bongiorno, difensore della vittima, la quale allarga il valore dei 30 anni complessivi (8 per Grillo) comminati ai quattro ragazzi a tutto il genere femminile: “Spero che questa sentenza stimoli le ragazze che non hanno il coraggio di denunciare le violenze subìte”. Neanche lei, senatrice leghista, l’ha buttata in politica per attaccare Grillo. Chissà se la famiglia della sua assistita dovrà accendere un mutuo per ricompensarla.

I magistrati, invece. Sia quelli dell’accusa che i giudicanti. Sei anni per una sentenza di primo grado sono troppi. Ma il punto non è neanche questo. Il vero problema è che ormai ci siamo tutti assuefatti ai tempi biblici dei nostri tribunali. Nessuno protesta. Ci sembra quasi normale, siamo abituati. Ciro Grillo avrà 30 anni quando arriverà la sentenza definitiva di Cassazione? Potrà fare il concorso di magistratura?

A Genova c’è un altro processo che grida vendetta: quello sul ponte Morandi. Sette anni dopo il crollo, non abbiamo neanche uno straccio di sentenza di primo grado. A Renzo Piano ne sono bastati due per ricostruire il ponte. 

Sunday, September 21, 2025

Le corna di Benito raccontate da lui stesso a Claretta

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 21 settembre 2025 

Benito Mussolini fu tradito dalla moglie Rachele. Lo racconta Alessandra Mussolini nel libro 'Benito, le rose e le spine' (ed. Piemme) in uscita il 23 settembre. L'episodio fu rivelato già da Edda
 Ciano, figlia del dittatore, nel suo libro-intervista a Domenico Olivieri 'La mia vita' del 2002. Ma il resoconto più colorito del tradimento, che si protrasse per ben quattro anni mentre Benito viveva da solo a Roma nel 1923-27, è di Mussolini stesso, che ne parlò con l'amante Claretta il 25 ottobre 1937. Ecco come la Petacci lo trascrisse nel suo diario ('Mussolini segreto', ed. Rizzoli 2009).

Pomeriggio al mare. Andiamo a passeggio. Arriviamo ad una duna, sediamo. Lui pensa al discorso [per il 28, anniversario della Marcia su Roma].

[...] “Se tu mi dessi noia o fastidio come tante altre, ti avrei già allontanato. Invece tu comprendi, non sei come mia moglie che non si è mai resa conto della mia grandezza. Con lei non c’è stato quasi mai amore, solo una cosa fisica. Perché era effettivamente una bella ragazza, prosperosa, ben fatta, quello che si dice un bel pezzo di figliuola. Solo sensi, soltanto. E infatti non c’è stata mai comprensione né comunicativa. 

L’ho perduta dopo notti e giorni tragici, in cui lei non faceva che piangere, negare. L'Edda sbottò in un gran pianto dicendo: ‘Non credo, non posso credere che mia madre abbia fatto questo...’ Ma con le lagrime rivelava ciò che aveva sofferto di ciò. L’Edda sa tutto, ha visto tutto, l’odiava a morte quell’uomo, Dio come l’odiava. Certo ha negato... è la madre. L’ho perdonata, per i figli, per non fare scandalo. Ho voluto credere, ma da allora l’ho odiata, così come la odio in questo momento. Gli anni dal '23 al ‘27 mia moglie non può davvero guardarli senza arrossire, e provare una profonda vergogna di sé. Devi impedirmi di parlare di ciò, ti prego fermami”. 

Si ferma e si tocca l’ulcera.

“Vedi, ahi! Mi fa male l’ulcera ora. Credi, ho delle fitte qui, mi fa male proprio dove sono stato male, e del resto mi sono ammalato proprio la sera che la Ceccato [Bianca Ceccato, amante di Mussolini quand’era segretaria del Popolo d’Italia, ndr] mi fece la rivelazione dicendomi: ‘Fai tante scenate di gelosia, ma potresti guardare tua moglie invece che me!’ Erano scene per modo di dire, non ero geloso, no là per quel Di Castro...”.

Claretta: “Non riparare, ormai l’hai detto”.


“Non sono mai stato geloso. Oltre che di te sono stato e sono geloso di mia moglie, ma è soltanto dignità e orgoglio. Te, sarebbe stata una delusione veramente grave, dolorosa. [Mia moglie] non mi ha mai considerato un grand’uomo, né ha mai preso parte alla mia vita. Si è disinteressata completamente di me in tutto. Ma sì, mi ha tradito, è inutile mentire. Tutti lo dicevano, era una voce generale. Non si fa dormire un uomo in casa se non c’è il motivo. Faceva l’amministratore, l’aiuto dei bimbi, questa era la scusa. Ed era sempre con mia moglie. Tanti elementi confermano il sospetto, lei ha sempre negato, naturalmente, ma perché era a [..?] con lei e dormiva lì? Perché la notte si tratteneva a Villa Carpena [residenza della famiglia Mussolini a Forlì, ndr] quando non c’erano che tre chilometri e la macchina per portarlo? Pioveva, disse lei, pioveva. Ma non erano trenta chilometri, erano tre. E la madre, perché la mise a dormire in una dipendenza? Non voleva che vedesse le cose poco pulite che faceva. Poveretta, è morta di crepacuore”.

È eccitato. Parla a scatti. Il ricordo lo avvelena.

“[Ti dico] uno degli episodi. Il 25 di Natale si era seduti a tavola,
eravamo una bella tavolata e c’era anche mia sorella Edvige. Non so come, ad un tratto uno dei ragazzi fa il nome di questo signore: Corrado Valori [in realtà Varoli]. Non è ministro, lo sanno tutti.

Anche a Parigi, dove stampavano in prima pagina, e i giornali ce li ho ancora, 'Chi è lo stallone di casa Mussolini? Corrado Valori'. Villa Carpena era la villa Valori, capisci. Così un bambino fece il nome di costui, e mia moglie diventò rossa, ma rossa in modo tale che imbarazzò tutti. Io già sapevo qualcosa, ma non credevo ancora. Poi, entrando per caso nel boudoir di mia moglie, trovai profumi, cosmetici, tinture: tutta una raffinatezza che mia moglie non si era mai sognata, perché era una contadina sempliciona e rozza”.

Wednesday, September 17, 2025

Anche la mamma di Furlani è d'oro

Perfino dopo la sicurezza del primo posto Kathy Seck, madre e allenatrice della prima medaglia d'oro italiana ai Mondiali di salto in lungo, non si è scomposta. Perché Furlani è uno dei pochi esempi di atleti che non hanno rotto il cordone ombelicale, ma ne traggono la propria forza

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 17 settembre 2025 
È stata l'unica nello stadio di Tokyo a esultare poco, dopo il balzo di 8 metri e 39 che ha regalato al figlio Mattia Furlani l'oro del salto in lungo ai Mondiali. Perché Kathy Seck, 54 anni, è anche la sua allenatrice. E subito dopo l'impresa si è alzata per indicare a Mattia, che si era avvicinato alla tribuna, come migliorare nel salto successivo.
 
Perfino dopo la sicurezza del primo posto non si è scomposta. Anzi, ha urlato severa al figlio esultante di non togliersi il numero dalla maglia, per non rischiare sanzioni. Mamma coach e chiocch. Caso unico al mondo. Non sono pochi gli atleti famosi ad essere allenati dai genitori. Basta ricordare le sorelle Williams, Larissa Iapichino, Gianmarco Tamberi, l'astista Greg Duplantis. Ma un campione maschio seguito dalla mamma ha un solo precedente. E non a caso anch'esso appartiene all'Italia, dove la mamma regna sovrana: Andrew Howe, predecessore di Furlani nelle glorie del salto in lungo, che solo a 29 anni si è emancipato dalla madre allenatrice.
 
Figlia di un diplomatico senegalese, la signora Seck è nata a Cartagine (Tunisia). Trasferitasi in Italia da adolescente, a 16 anni conosce il futuro marito, Marcello Furlani. Stanno assieme da 38 anni. A Colleferro (Roma) sono nati Mattia, suo fratello e sua sorella.
 
Una famiglia di campioni dell'atletica: lei nei 100 e 200, il marito nell'alto, i figli in vari sport. E ora la vetta mondiale per il giovanissimo Mattia, dopo il bronzo olimpico l'anno scorso a Parigi, 19enne. Una famiglia unitissima. Memorabile il video in cui Furlani la presenta al completo: in prima fila lui con mamma e papà, dietro il fratello, la sorella col fidanzato, e anche la fidanzata di Mattia.
 
Intervistato da Elisabetta Caporale in tv dopo l'oro, Mattia si è espresso al plurale: "Ringraziamo chi ci ha supportato, abbiamo fatto un buon lavoro", ecc. Non era un plurale maiestatis. È che lui si sente proprio così, un'unica cosa con la sua squadra famigliare. 
Insomma, un vero esempio anche per il generale Vannacci: su Dio non sappiamo, ma per la Patria il tricolore è stato sventolatissimo da Furlani, che poi lo ha indossato a mantello. E la Famiglia è super.

Wednesday, September 10, 2025

Sabaudi vs neoborbonici. La grottesca disfida monarchica sul Ponte sullo Stretto

A chi propone di intitolare a Giuseppe Garibaldi l'opera più annunciata della storia italica, replicano indignati i neoborbonici che propongono che sia piuttosto "delle due Sicilie"

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 10 settembre 2025

I monarchici sabaudi propongono con largo anticipo di dedicare il ponte sullo Stretto a Giuseppe Garibaldi. I neoborbonici, altrettanto monarchici, si dichiarano fieramente contrari: "Meglio chiamarlo ponte delle Due Sicilie, Garibaldi era un invasore colonialista". Ognuno ha le guerre civili che si merita. Almeno le nostre sono nonviolente, senza battaglioni Azov, flottiglie globali e Smotrich. Ma i paroloni volano lo stesso

Esaminiamo allora le cospicue forze in campo. La garibaldina Umi (Unione monarchica italiana) vanta 70mila iscritti. Però il suo presidente, l'avvocato (napoletano!) Alessandro Sacchi, ha racimolato solo 2.677 preferenze alle ultime Europee nella circoscrizione sud: maglia nera di Forza Italia, che invece ha regalato 144mila voti all'ex monarchico Antonio Tajani. 

I neoborbonici sono un variegato mondo di buontemponi, cresciuti online nell'ultimo ventennio assieme a complottisti e grillini. Che qualcosa non quadrasse nel racconto fiabesco del Risorgimento propinatoci dai sussidiari delle elementari ce ne accorgemmo appena sfogliammo le pagine di Gaetano Salvemini, Piero Gobetti o Antonio Gramsci. Poi sono arrivate le pregevoli opere di Gigi Di Fiore e Pino Aprile (padre di Marianna). Il problema, come sempre, sono i seguaci. 

I neoborbonici, a discuterci su Facebook, si rivelano spesso gran pezzi di reazionari. Letteralmente: nati in reazione alla Lega Nord degli anni '80 e '90, quella della secessione. Ma vandeani anche contro due secoli di storia. Basta ricordar loro le gloriose vicende della Repubblica napoletana di Eleonora de Fonseca Pimentel, impiccata nel 1799. E soprattutto il 1848: rivoluzione europea nata a Palermo, mesi prima che a Milano (le Cinque Giornate), Roma e Venezia. I meridionali dovrebbero semmai andare orgogliosi di questa loro primazia patriottica continentale.

Poi c'è l'argomento cardine: ferrovia Napoli-Portici, prima in Italia. Vero, battuta di misura la Milano-Monza. Peccato che i Borboni si siano fermati lì. Nel 1861, all'Unità d'Italia, i treni del Nord erano cinquanta volte più estesi di quelli del Sud. E chi vanta qualche altro merito per il Regno delle Due Sicilie può utilmente visitare le masserie pugliesi, dove i servi della gleba sopravvivevano sottoterra (però lì faceva più fresco, brontolano i neoborbon). 

E Garibaldi? Lui è uscito indenne dal revisionismo antirisorgimentale. Tutti ammettono che è l'eroe più grande della storia d'Italia. Se non altro perché combatteva in prima fila, contrariamente a quasi tutti i nostri generali. E allora, merita l'Eroe dei due mondi la titolazione del Ponte sullo Stretto? Forse no. Per un piccolo particolare: non lo ha mai attraversato. Geniale come sempre, per evitare le navi di Franceschiello nell'agosto 1860 sbarcò in Calabria più a sud, partendo da Giardini Naxos (Messina) per approdare a Melito di Porto Salvo. E issando una bandiera degli Stati Uniti per far fessi i borbonici (dove mai l'avesse trovata, è ulteriore materia per cospirazionisti: poteri forti di Wall Street?). 

Il quesito fondamentale, infine. Chi sta a destra e chi a sinistra, in questa buffa disputa sul Ponte che non c'è? Il Regno delle Due Sicilie (1815-1861) fu una monarchia assoluta, e soprattutto una fregatura per Palermo rispetto alla capitale Napoli. Quindi, da quella parte, nulla di progressista.  

E men che meno fra i monarchici dell'Umi, che si appropriano di Garibaldi con gli stessi diritti del Pci nel 1948: pochi. Perché si sono sempre opposti alla repubblica antifascista, fino ad apparentarsi con i neofascisti del Msi. E le roccaforti dei nostalgici sabaudi erano non Torino e il Piemonte, ma Napoli e Catania. Per il grande scorno dei loro cugini neoborbonici.