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Tuesday, July 28, 2020

Papillon, l'orso geniale

Potremmo considerare M49 un “orso problematico”, per i danni enormi causati in Trentino. Certamente un'intelligenza rara, capace di un'altra clamorosa evasione. Il collare elettronico lo salverà forse dalla tragica fine che fece Daniza sei anni fa

Huffington Post, 27 luglio 2020

di Mauro Suttora


“È una fuga da Alcatraz, praticamente impossibile. Ma uno su mille può riuscirci”. Lo disse un anno fa Daniela D’Amico, coordinatrice del Parco d’Abruzzo, commentando la clamorosa evasione dell’orso bruno M49 dal Centro Casteller di Trento. 

Ora che è scappato di nuovo, doppio clamore: Papillon (come lo chiama ammirato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa) si è conquistato il titolo di orso più intelligente del mondo. Ha divelto la rete e si è diretto verso le montagne. Grazie a Dio ha il collare elettronico, quindi la sua fuga non finirà in tragedia come sei anni fa: Daniza, l’orsa mamma di due cuccioli ammazzata con la fucilata che avrebbe dovuto soltanto addormentarla.

Allora ci fu una rivolta popolare: tutti gli animalisti d’Italia accusarono più o meno di assassinio il presidente del Trentino. Ora ce n’è un altro, Maurizio Fugatti (nomen omen), leghista. Anche lui tende a stare più dalla parte di agricoltori e allevatori: gli orsi fanno danni, ormai sono troppi, e se diventano pericolosi si può ucciderli.

La Corte costituzionale gli dà ragione. Ma il Tar no: pochi giorni fa ha accolto il ricorso di Lav, Wwf, Lac e Lipu contro l’ordinanza di abbattimento dell’orsa JJ4 firmata da Fugatti, dopo l’incontro ravvicinato (e filmato) con un padre e figlio sul monte Peller. I giudici invocano il ‘principio di proporzionalità’: bisogna mettere in campo altre soluzioni ‘energiche’ come la cattura e l’addormentamento prima di arrivare all’opzione letale. 

Anche il ministro Costa sta dalla parte dell’orso. Ha definito “spropositata” l’ordinanza di Fugatti contro JJ4, e su M49 è drastico: “Ogni animale dev’essere libero di vivere in base alla sua natura. Papillon ha il radiocollare, quindi è rintracciabile e monitorabile facilmente: non ha mai fatto male a nessuno, solo danni materiali facilmente rimborsabili. Chiediamo che non venga più rinchiuso, e assolutamente non abbattuto”.

Ma quanti sono gli orsi, e quanti danni fanno? Negli anni ’90 ne erano rimasti soltanto tre sulle Alpi italiane. In Abruzzo invece l’orso marsicano è protetto da tempo e conta un’ottantina di esemplari. In tutto il mondo sono 200mila: 120mila in Russia, 32mila in Usa, 25mila in Europa. I Carpazi ne ospitano 5mila, e ben 700 stanno nella piccola Slovenia, confinante con l’Italia e coperta per i due terzi da foreste.

Con il programma Pacobace (Piano d’azione per la conservazione dell’orso bruno sulle Alpi centrali) nel 1999 abbiamo reintrodotto dieci orsi sloveni in Trentino (in Friuli non ce n’è bisogno, sconfinano dalla Slovenia). I plantigradi si sono trovati così bene nel parco dell’Adamello e dintorni che si sono moltiplicati fino agli 80-90 attuali. 
Ed è qui il problema: “Sono troppi, noi possiamo ospitarne una sessantina, il ministro li sposti in altre regioni”, si lamenta Fugatti, allergico a ogni tipo di migranti. “I numeri sono superiori rispetto a quelli che possiamo gestire. Non vogliamo attendere il prossimo trentino aggredito da un orso”.

Vero è che i simpatici bestioni causano parecchi danni in Trentino. L’anno scorso sono stati registrati 228 episodi, fra piccoli animali divorati, arnie di api distrutte, reti divelte e altri attacchi. La provincia di Trento ha rimborsato 152mila euro di danni, più 37mila per quelli causati dai lupi. C’è stato un incremento del 31% sul 2018.

Particolarmente turbolento il nostro M49: dopo la prima fuga ha commesso ben 44 azioni dannose per 45mila euro, quasi un terzo del totale. Seguono assai distanziati altri due orsi, KJ1 e MJ5: 10 e 11 episodi, neanche paragonabili alle incursioni di M49-Papillon.
Nel 2019 la Provincia ha avuto 170 richieste per misure di prevenzione dei danni da grandi carnivori (recinti elettrici e cani da guardia), per proteggere animali e api. Costo:199mila euro.

A voler essere gentili, quindi, M49 va definito “orso problematico”: causa danni economici ad attività produttive, anche se favoriti dalla mancata adozione di strumenti di prevenzione adeguati. Secondo gli animalisti, però, la sua pericolosità per le persone è ancora da dimostrare: è solo “potenziale”, perché non si può escludere che possa diventarlo in futuro. Ma al momento non è tale, quindi non va eliminato.

Dice Fabrizio Bulgarini del Wwf: “Quella dell’orso è una presenza problematica solo in Trentino. Il fatto è che con la loro scomparsa si è persa l’abitudine a comportamenti che facilitavano la convivenza. In Slovenia c’è solo un caso all’anno di aggressione. Servono informazione ed educazione, solo così si possono prevenire incidenti. Non battute di caccia».

Il Wwf ha donato elettrificatori ad allevatori ed apicoltori al confine con la Lombardia, per proteggere apiari ed allevamenti. Sono molti gli sconfinamenti, infatti, e la Valtellina, che è più antropizzata del Trentino, non gradisce gli orsi. Ma nel 2019 pochi esemplari si sono allontanati dal Trentino: M29 e M46 in Svizzera (M29 anche in Piemonte) e M4 in Friuli. Sei orsi hanno gravitato, oltre che in Trentino, anche in province limitrofe: Bolzano, Sondrio e Brescia.

Un dato curioso riguarda M35, maschio di cinque anni di cui si erano perse le tracce nel 2016, quando venne rilevato l’ultimo campione genetico: è stato da poco rintracciato ancora vivo. Nei mesi scorsi c’è stata anche la riabilitazione con rilascio in natura del cucciolo M56, probabilmente scampato a un tentativo di infanticidio da parte di un adulto che voleva accoppiarsi immediatamente con la madre.

Nel 2019 sono state rinvenute le carcasse di due esemplari morti: nel torrente Avisio è stato recuperato un maschio al quale erano stati amputati testa e zampe, mentre a Folgaria è stata rinvenuta una femmina gravida della quale non è stato possibile accertare la causa di morte.
Mauro Suttora

Wednesday, June 25, 2014

Oasi di Sant'Alessio (Pavia)


Sant’Alessio (Pavia), giugno
Il momento più emozionante è stato l’anno scorso: «Dopo vent’anni di attesa, finalmente un gruppo di taccole ha nidificato nella torre», si entusiasma Harry Salamon. «Come nel ’92, quando duecento coppie di ardeidi decisero di fondare qui una nuova garzaia, il nido collettivo degli aironi. Era la prima volta che succedeva, in un luogo creato appositamente dall’uomo».

Siamo ad appena 25 chilometri a sud di Milano, nell’Oasi di Sant’Alessio. Bastano 40 minuti d’auto (un’ora con i mezzi pubblici) per entrare in un altro mondo. Fenicotteri e caprioli, aironi e cicogne, tucani e martin prescatori vivono in totale libertà nel loro habitat naturale. Niente gabbie. Ma i visitatori possono egualmente osservarli da vicino.

Attorno al castello medievale

Quarant’anni fa Salamon e sua moglie Antonia comprarono il castello di Sant’Alessio. Risalente ai longobardi, era stato ricostruito nel Quattrocento dal condottiero Franceschino Beccaria. Da qui l’armata dell’imperatore Carlo V nel 1525 si mosse per andare a sconfiggere i francesi nella battaglia di Pavia, che cambiò la storia d’Europa.

Oggi il castello, restaurato, è diventato il centro dell’Oasi naturalistica: dieci ettari di boschi, laghi, stagni e ruscelli. «Abbiamo applicato il sistema di Konrad Lorenz», racconta Salamon, «per reintrodurre specie animali in natura. Abbiamo rilasciato esemplari anche adulti che conoscono già l’ambiente dove vengono liberati. Così non sentono l’urgenza di andarsene subito, ma solo dopo aver conquistato le abilità necessarie alla vita selvatica».

La lista degli uccelli visibili a Sant’Alessio è lunga: picchi, sparvieri, upupe, sgarze, allocchi, civette, cardellini. Per brevi periodi falchi pescatori e di palude, astori, pendolini. E a terra conigli selvatici, lepri, scoiattoli, donnole, lontre. Fa impressione la quantità di animali che arrivano verso sera, per trascorrere la notte al riparo degli alberi. Che sono - apposta - abbandonati a se stessi.

«Salici e aceri, alberi dal ciclo breve, in questi quarant’anni sono giunti alla terza o quarta generazione. Lasciamo i tronchi sul posto per alimentare funghi e larve degli insetti», spiega Salamon.

I visitatori (il biglietto costa 13 euro, 10 euro fino ai 12 anni e per gli anziani nei giorni feriali. Orari: dalle 10 alle 17, fino alle 18 di sabato e domenica) percorrono camminamenti segreti che permettono di avvicinarsi a pochi metri dagli uccelli.  Nella tarda primavera ci sono centinaia di aironi. Per le scuole sono previsti corsi didattici sulla fauna nelle zone umide europee.
Mauro Suttora


ALTRE OASI VICINO ALLE GRANDI CITTA':


1) Macchiagrande e Vasche di Maccarese, Fiumicino (Roma): 310 ettari del Wwf, aperti ogni sabato e domenica dalle 10 alle 17, due visite guidate al giorno.

2) Giardino di Ninfa, Cisterna (Latina): giardino botanico e parco naturale Pantanello, 106 ettari di piante esotiche, lago, fiume Ninfa e un lembo di palude pontina ricostituita.

3) Cratere degli Astroni, Napoli: a pochi passi dal centro, è un vulcano spento che fa parte del più complesso cratere di Agnano, nell’area dei Campi Flegrei. È il più giovane dei crateri: con i suoi 3600 anni si estende per 247 ettari. Nel punto più basso del cratere si trovano tre laghetti con vegetazione tipica delle zone lacustri: canne, giunchi, tife e salici.
 
4) Oasi fluviale del Molino Grande, San Lazzaro di Savena (Bologna): tutela un tratto di bosco ripariale del torrente Idice. Alberi monumentali e nidi di rare specie di uccelli. Sentiero di 2 km lungo il fiume.

5) Ca' Roman, Venezia: all’estremità sud della laguna, di fronte a Chioggia. Oasi Lipu (Lega italiana protezione uccelli) con una straordinaria ricchezza faunistica. È su una delle più importanti rotte migratorie d’Italia: 190 specie d’uccelli censite la utilizzano in autunno e primavera per riposarsi e nutrirsi prima di riprendere il viaggio.

6) Cascina Bellezza, Poirino (Torino): quattro ettari a sud di Torino. Zona umida con rimboschimenti, siepi, prati e incolti che ospitano numerose specie.
 
7) Vanzago (Milano): uno degli ultimi boschi sopravvissuti nella pianura Padana. Oasi Wwf di 200 ettari con il Centro di recupero animali selvatici:  un vero e proprio ospedale.

Friday, May 12, 1989

Stilisti al verde

SNATURATI

Operazione ambiente. L’incontro “Natura e impresa" organizzato dalla Regione Lombardia


di Mauro Suttora


Europeo, 12 maggio 1989


Salvatore Giannella e Ruggero Leonardi, direttori di Airone e Natura Oggi (le due maggiori riviste verdi), erano andati speranzosi all'incontro "Natura e impresa", organizzato dalla Regione Lombardia. Scopo della riunione: spingere le industrie a sponsorizzare progetti ecologici. 

Ma quando Carlo Peretti, vicepresidente dell'Assolombarda, ha preso la parola, agli ambientalisti presenti sono cascate le braccia. "L'inquinamento industriale è inferiore a quello di altre attività… Non si può ritornare a una civiltà arcaica e bucolica… L'uomo si è sempre dovuto difendere dalla natura", ha tuonato il rappresentante degli industriali.


"Che faccia tosta", commenta la deputata verde Gloria Grosso. "Certi vecchi pescecani prima si sono arricchiti inquinando, e adesso vogliono arricchirsi anche disinquinando". Ultimamente, però, gli industriali desiderosi di costruirsi un'immagine "ecologica" hanno trovato una buona sponda nelle associazioni verdi. 

Così la Lipu si è fatta sponsorizzare dalla Piaggio, Lega ambiente dai petrolieri Monteshell per la campagna "Auto sicura”, e il semisconosciuto gruppo Mare Vivo ha pensato bene di invitare all'assaggio del tonno Riomare. Così sono sistemati i verdi contrari a motori e caccia. Gli Amici della terra sono anche amici di Italstat e Italimprese, che oltre a finanziare un convegno sull'ambiente hanno cementificato mezza Italia.


Ma il simbolo più ambito è il panda del Wwf, associazione prestigiosa quanto la Croce Rossa o Amnesty international. Cominciate con uno scivolone (il connubio verde etilico con Vecchia Romagna), le sponsorizzazioni proseguono intensamente. Anche perché, nonostante i suoi 200mila soci, il Wwf copre solo un terzo del proprio bilancio annuo di dieci miliardi con le quote degli iscritti.

Quindi, ecco il Wwf raccomandare la Zurigo Assicurazioni, le pile "verdi" Mazda (senza mercurio, ma con l'altrettanto inquinante cadmio) e le fotocopiatrici Minolta (come se la carta riciclata non potesse essere usata su tutte le fotocopiatrici).

Ma lo sponsor più scomodo è stato certamente il sarto socialista Trussardi: il suo Palatrussardi a Milano, infatti, è un abuso edilizio, sorto illegalmente su un'area tutelata a verde dalla legge Galasso.