Thursday, December 24, 2020

Il “partito del mutuo” pronto a tradire Conte e prendersi il Colle

CAOS RECOVERY

intervista a Mauro Suttora

di Federico Ferraù

ilsussidiario.net 24 dicembre 2020

L’incertezza sul Recovery Plan potrebbe indurre l’Ue a volere un nuovo governo con base più ampia. L’altro problema è che ogni calcolo sul 2022 è quasi impossibile

Il problema di Conte non è solo Renzi: l’incertezza sulla governance del Recovery Plan potrebbe indurre l’Unione Europea a volere “un nuovo governo, con base più ampia”, dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, oggi collaboratore dell’Huffington Post dopo Oggi e numerose corrispondenze estere. 

“Cambierà solo il governo, non il parlamento” perché votare non conviene a nessuno, tranne che alla Meloni, e perché il “partito del mutuo” a 5 Stelle mette la durata della legislatura davanti a tutto, anche allo stesso Conte. Il vero problema si presenterà nel 2022, al momento di eleggere il successore di Mattarella. Quando M5s, un terzo del parlamento, potrebbe essere totalmente furi controllo.

Sarà la “missione Recovery”, con i suoi tempi, a garantire la sopravvivenza di Conte?

Al contrario. Proprio la dimensione astronomica dei finanziamenti europei richiede un nuovo governo, con base più ampia. Ci rendiamo conto che i 209 miliardi del Recovery sono venti volte più del piano Marshall Usa di cui beneficiammo nel 1948-51?

Conte avrebbe trovato una mediazione con i renziani sulla struttura di governance, che secondo Iv “non c’è più”. Ma Boccia ieri ha smentito la Bellanova. Come stanno le cose?

Sono piccoli sussulti di dispute bizantine senza importanza. Con tutto il rispetto per Boccia e Bellanova, non contano nulla.

Renzi non pare intenzionato a mollare. Conte dovrà cedere la delega sui Servizi?

Mi sembra ovvio che un settore delicato come i servizi segreti non possa stare in mano a Conte, espressione di un partito che in pratica non esiste più, i grillini. Proprio il fatto che lui si aggrappi ai servizi con tale insistenza rende la faccenda sospetta. Meglio Minniti, che da sottosegretario dicono abbia già dato buona prova. 

Prodi ha criticato il governo sul Recovery: mancano “le autorità chiamate a decidere” e “le procedure e gli atti necessari per arrivare alle decisioni”.

Prodi ha ragione. È sconcertante che il Pd non se ne renda conto. Zingaretti sembra succube di Conte. Vuole affondare assieme a lui e ai grillini?

È la bocciatura da parte di un possibile presidente della Repubblica?

Prodi avrà 82 anni quando si voterà per il Quirinale. Troppo anziano, più di Pertini nel 1978.

Le urne sono un’ipotesi della realtà? O questo governo e questo parlamento sapranno resistere?

Cambierà solo il governo, non il parlamento. Nessun partito ha interesse al voto anticipato, perché con il taglio dei seggi solo la Meloni può garantire le rielezione a tutti i suoi. Neanche Salvini chiede più le urne, ora che ha perso dieci punti nei sondaggi.

Veniamo ai 5 Stelle. Possono solo appoggiare Conte? Cioè, se qualcosa va storto, esplodono?

I grillini appoggeranno qualsiasi governo, perché sono quelli che hanno più da perdere con le elezioni. Né si limiteranno a un appoggio esterno, perché hanno sviluppato una gran piacere per il potere, e quindi non molleranno le poltrone di ministro e sottosegretario. Hanno mutui da pagare. Magari perderanno una ventina di dibattistiani non disposti a governare con Berlusconi.

Riusciresti a dividere gli ex M5s che sono nel Misto tra centrodestra e centrosinistra, o sono pura materia oscura?

In uno scenario di grandi intese diventa un calcolo inutile: tutti dentro, appassionatamente. I grillini più refrattari andranno con Paragone o la Meloni, ma non conteranno nulla.

Vedi nuovi leader in pectore dentro il palazzo? O c’è solo Di Maio?

Sarà molto interessante il risultato del voto per i nuovi cinque capi del loro direttorio il 15 giugno. Casaleggio si è battuto per evitare inciuci preconfezionati com’è sempre successo finora, con una squadra fissa di cinque da votare in blocco. Questa volta si vota sui singoli, e magari prevalgono i movimentisti rispetto ai governativi.

E fuori? C’è solo Di Battista?

La maggioranza degli iscritti grillini è per lui. E lo voteranno assieme a Lezzi, Morra e l’ex ministra Grillo, se si presenterà.

Si legge in giro che l’assoluzione di Raggi cambia gli schemi tra Pd e M5s. È vero?

No, perché la Raggi non riuscirà comunque ad arrivare al secondo turno, al comune di Roma. Quindi ci sarà un ballottaggio fra Pd e centrodestra. I grillini ormai sono marginalizzati.

Chi deciderà come votano i 5 Stelle nelle elezioni del presidente della Repubblica? Grillo? Di Maio? O saranno fuori controllo?

Bella domanda. Ci sarà una massa di 300 elettori, quasi un terzo del totale, imprevedibile e ingovernabile. Alcuni pretendenti al Colle, come Sassoli, stanno già strizzando loro l’occhio per conquistarli.

Federico Ferraù 

 

Monday, December 21, 2020

Variante Covid, variante Brexit

Il virus mutante è riuscito in un solo giorno a realizzare il sogno degli “hard brexiters”: l'isolamento del Regno Unito

di Mauro Suttora

HuffPost, 21 dicembre 2020

Nella notte più lunga dell’anno, quella del solstizio invernale, gli europei hanno completamente isolato l’isola. Alle 23 del 20 dicembre la Francia ha bloccato tutti i traghetti e i treni dell’Eurotunnel, dopo che nelle convulse ore precedenti il resto del continente aveva vietato l’atterraggio agli aerei provenienti dalla Gran Bretagna. 

Ce l’hanno fatta per miracolo i 136 passeggeri del Ryanair Londra-Pescara, ultimo volo decollato da Stansted: loro hanno protestato perché ora devono stare in quarantena, e invece possono considerarsi fortunati rispetto alle centinaia di migliaia di europei in partenza bloccati in Inghilterra per Natale.

Gli inglesi non sanno più dove mettere i diecimila camion al giorno che transitavano fra Dover e Calais: hanno dovuto parcheggiarli sulle piste dell’aeroporto del Kent, ormai inservibile. Era dai tempi di Dunkerque, 1940, che non si vedeva un casino simile da quelle parti.

Il virus mutante è riuscito in un solo giorno, quattro anni dopo il loro referendum, a realizzare il sogno degli “hard brexiters”, gli antieuropeisti più scalmanati: Isolation. Che, guarda caso, è il titolo di una canzone di John Lennon uscita esattamente mezzo secolo fa, dicembre 1970, per suggellare la rottura con i Beatles.

La rottura britannica con l’Europa era invece prevista fra dieci giorni, altra incredibile coincidenza, allo scadere degli infiniti negoziati Uk-Ue posposti di anno in anno. Come in ogni trattativa, il premier britannico Boris Johnson forse bluffava, tirava la corda fino all’ultimo secondo per ottenere condizioni migliori. Ma temendo un possibile ‘no deal’, nessun accordo sulle nuove condizioni e tariffe doganali, gli inglesi avevano già cominciato a fare incetta nei supermercati.

Ora dovranno fare a meno di frutta e verdura fresca da Italia e Spagna, ma anche dei vaccini anti-covid Pfizer prodotti in Belgio. Per trasportarli ci vorrà la Raf, la Royal Air Force. I ministri più importanti sono riuniti in permanenza nella sala segreta Cobra, usata solo dopo attentati terroristici e altre emergenze planetarie. In realtà la sigla sta per il tranquillamente burocratico ‘Cabinet office briefing room’, ma c’è poco da scherzare.

Il virus superveloce, infatti, non poteva piombare in un momento peggiore: nel bel mezzo dell’accaparramento Brexit, dei rifornimenti natalizi, dei ritorni a casa degli immigrati, e dopo che Boris Johnson aveva promesso feste tranquille con regole rilassate. Invece l’impennata dei contagi (ieri 36mila rispetto ai 20mila di una settimana fa) ha costretto il premier britannico a una svolta a U peggiore di quella di Conte, con drastici lockdown ovunque tranne che in Cornovaglia. Perfino Scozia e Irlanda hanno chiuso le frontiere con l’Inghilterra.

I cospirazionisti inglesi notano con soddisfazione paranoica che la variazione del covid è partita dal Kent, cioè proprio la regione più vicina all’Europa, fra Londra e la Manica. “Ragionateci sopra”: è ovviamente il complotto finale del diavolo di Bruxelles, che c’infetta prima dell’addio definitivo.

Noi invece apparteniamo alla generazione che, prima dei treni-proiettile Eurostar e delle low-cost, transitava in autostop sulle verdi colline di Canterbury per approdare alla tanto agognata Londra, oppure arrivava nella Victoria station su scassati trenini in legno da Dover. E tutto questo ci sembra un incubo.

Mauro Suttora

Sunday, December 20, 2020

Cent'anni fa il Natale di sangue a Fiume

Italiani contro italiani, 58 morti, duecento feriti: civili, militari, i dannunziani che un anno prima erano partiti da Ronchi dei Legionari per fondare il loro effimero e incredibile stato libero


Mauro Suttora

HuffPost, 20 dicembre 2020


Cent’anni dal Natale di sangue a Fiume, 1920. Italiani contro italiani, 58 morti, duecento feriti: civili, militari, i dannunziani che un anno prima erano partiti da Ronchi dei Legionari (ora aeroporto di Udine-Trieste) per fondare il loro effimero e incredibile stato libero.

La peggior strage compiuta dalle nostre forze armate in tempo di pace verso concittadini, dopo quella del generale Bava Beccaris nel 1898 a Milano.

Fiume, oggi Rijeka, terza città della Croazia, era un paradiso cosmopolita. Odiata quindi dai sovranisti di allora, italiani e croati, che la volevano tutta per loro. Porto dell’Ungheria nell’impero asburgico, aveva 50mila abitanti, per metà italiani.

Situata nell’ascella dell’Istria, contrariamente a Trieste prima del 1915 non fu scossa dal nostro irredentismo, né dal nazionalismo speculare slavo.

Le minoranze croate, ungheresi, tedesche ed ebraiche vivevano felicemente, arricchendosi in tranquillità accanto agli italiani nella belle époque del Carnaro. 

I piroscafi usciti dai cantieri Cosulich nella prospiciente isola di Lussino (oggi trasferiti a Monfalcone) solcavano gli oceani portando tutte le merci del mondo alla Mitteleuropa attraverso il porto fiumano.

Il sogno finisce con la prima guerra mondiale. Niente Dalmazia all’Italia, come promessoci dagli anglofrancesi nel patto di Londra. Così la frustrazione per la “vittoria mutilata” viene canalizzata da Gabriele D’Annunzio. Non vogliono darci Fiume? E noi ce la prendiamo, eia eia alalà.

Prova generale del fascismo: reduci, arditi, camicie nere, pugnali, gagliardetti, teschi. La funerea paccottiglia militarista permea l’impresa fiumana.

Ma attenzione, avverte Pier Luigi Vercesi nel suo bel libro Fiume, l’avventura che cambiò l’Italia (Neri Pozza, 2017): “Quell’anno diventa un laboratorio rivoluzionario politico, sociale, economico, e anche letterario e teatrale. D’Annunzio governa con un’invenzione al giorno. Fiume si trasforma in ‘città di vita’, dove tutto è concesso: le donne votano, l’omosessualità è tollerata, si può divorziare e ne approfitta Guglielmo Marconi, l’esercito viene abolito in tempo di pace, l’istruzione è gratuita, una nuova Costituzione sovverte le regole borghesi e monarchiche. Perfino Lenin è affascinato dal governo dannunziano”.

Insomma, il Vate conquista Fiume, ma la civiltà fiumana e l’amore libero conquistano i suoi legionari.

Non può continuare. Con il trattato di Rapallo del novembre 1920 fra Italia e la neonata Jugoslavia, Roma rinuncia alla Dalmazia (tranne Zara e l’isola di Lagosta) in cambio dello status di città libera per Fiume.

D’Annunzio rifiuta l’accordo, e Giolitti fa bombardare la città, ponendo fine all’avventura. Alle 4 di pomeriggio del 26 dicembre 1920 la nave Andrea Doria colpisce il Palazzo del governatore. Il poeta è ferito alla testa dai calcinacci nel suo studio. Due giorni dopo si dimette. 

Tuttavia, commenta Vercesi, “D’Annunzio muta il corso della storia d’Italia e probabilmente d’Europa, orchestrando la più reale rappresentazione dello spirito del tempo”.

Mauro Suttora

Tuesday, December 15, 2020

Le proiezioni Ihme sui morti per Covid in Italia vietano ogni spensieratezza

L'istituto di Seattle stima 99mila decessi al 31 marzo, addirittura 136mila se abbasseremo la guardia


di Mauro Suttora

HuffPost, 14 dicembre 2020


Saranno 99mila i decessi per virus in Italia il 31 marzo. Ma 136mila (il 36% in più) se abbasseremo la guardia con mascherine e distanziamenti. La millimetrica precisione con cui l’Ihme (Institute for Health Metrics and Evaluation) dell’università di Washington a Seattle calcola le sue proiezioni può sembrare un po’ campata in aria. Invece ci azzeccano: già in aprile avevano previsto con tre mesi di anticipo il totale dei morti della prima ondata, 36mila. E 36mila furono.

Ci conviene quindi dar retta alle loro estrapolazioni, in questi giorni di false speranze e rilassamenti natalizi. Se il vaccino funzionerà rapidamente, da gennaio, potremo avere uno ‘sconto’ di mille vittime in meno. Ma il carico degli attuali 686mila positivi purtroppo è già destinato automaticamente a causare nei prossimi tre mesi altri 35mila decessi, oltre ai 64mila attuali. La seconda ondata, alla fine, ci costerà il doppio della prima. E proprio per questo dobbiamo evitarne una terza a gennaio, frutto di assembramenti da adesso a fine anno.

Anche altre quattro tendenze vietano ogni spensieratezza. La prima: siamo già i terzi peggiori al mondo, con i nostri 1.068 morti per milione di abitanti. Ci superano soltanto Belgio (1.546) e Perù (1.105), per ora. Ma all’attuale ritmo supereremo anche il Perù entro una settimana. 

Secondo dato: abbiamo passato tutta l’estate guardando con commiserazione i disastri in Usa e Brasile. Battevano ogni record negativo, mentre noi ci illudevamo di esserne fuori. Ebbene, oggi loro stanno meglio di noi: gli Usa sono a 923 e il Brasile a 851 vittime per milione di abitanti.

Terzo dato. L’8 dicembre la Germania ha registrato un picco di 622 decessi in un giorno, che ha provocato la reazione drastica di Angela Mekel: lockdown duro fino al 10 gennaio. Ebbene, non è il caso di abbandonarsi a un consolatorio e inconfessabile “mal comune, mezzo gaudio”. Infatti la Germania resta lontanissima da noi come bilancio totale, a 268 per milione: il 75% in meno. E, soprattutto, negli ultimi giorni le loro vittime si sono ridotte fino alle 111 del 14 dicembre.

Quarta tendenza infine, la più preoccupante. Abbiamo superato il picco, ma il ritmo della discesa della curva è assai più lento di aprile-maggio. Allora le terapie intensive diminuivano al ritmo di 50-100 al giorno, i ricoveri di parecchie centinaia, e questo ci ha permesso di quasi svuotare i nostri ospedali a luglio. Adesso invece i posti in rianimazione si liberano con lentezza esasperante, e solo perché purtroppo i morti superano i nuovi arrivi. Quanto ai ricoveri nei reparti normali, il 14 dicembre sono addirittura aumentati, invertendo la tendenza.

Brutte notizie, insomma, ma meglio affrontarle piuttosto che rischiare ulteriori dolorose ricadute.

Mauro Suttora


Wednesday, December 09, 2020

Del Turco: addio certezza del diritto, e anche dell’umanità

L’ex senatore socialista avrebbe incassato una tangente nel 2007; ma solo nel 2015 il Senato ha deciso di cancellare i vitalizi per i senatori colpiti da sentenza definitiva. Del Turco oggi è in fin di vita con tumore, Parkinson e Alzheimer

di Mauro Suttora


HuffPost, 9 dicembre 2020

I 17 membri del Consiglio di presidenza del Senato (la presidente Casellati, i vice Calderoli, La Russa, Taverna, Rossomando, tutti i questori e segretari) per togliere il vitalizio a Ottaviano Del Turco hanno dovuto giocare con la Costituzione. Il cui articolo 25 dice: non si può essere puniti da una legge successiva al reato commesso. È la base dello stato di diritto, oltre che del buon senso.

L’ex senatore socialista avrebbe incassato una tangente nel 2007; ma solo nel 2015 il Senato, in trance grillina, ha deciso di cancellare i vitalizi per i senatori colpiti da sentenza definitiva.

Addio certezza del diritto. E anche dell’umanità: Del Turco oggi è in fin di vita con tumore, Parkinson e Alzheimer. Non riconosce più i propri cari, in quella stessa sua casa di Collelongo (L’Aquila) dove tredici anni fa l’accusatore Vincenzo Angelini, ras delle cliniche private abruzzesi, si fece fotografare dall’autista mentre entrava - disse - con mazzette di banconote in un sacchetto di plastica della spesa, e usciva con lo stesso sacchetto pieno di frutta.

È alla frutta la giustizia italiana: ci ha messo undici anni per ammettere nel 2018 che l’ex presidente dell’Abruzzo, processato per corruzione, concussione, truffa, falso e associazione a delinquere, è innocente per tutte quelle accuse. Hanno dovuto inventare un nuovo reato allo scopo di condannarlo comunque: ‘induzione indebita a dare o promettere utilità‘. Introdotto dalla legge Severino nel 2012 per punire la concussione (il pubblico ufficiale che chiede la tangente) anche quando non c’è minaccia o violenza. Basta un’occhiata, un cenno d’intesa, un silenzio. Un sacchetto di mele. E chi deve capire capisce.

L’unico accusatore di Del Turco aveva capito bene. Che nel 2005, con la nuova giunta di sinistra abruzzese guidata dall’ex capo Cgil tornato a servire la propria regione rinunciando al comodo seggio da eurodeputato (20mila netti mensili), la baldoria era finita. Ben 43 milioni tagliati alle cliniche di Angelini. Il quale allora accusa Del Turco e i suoi di avere incassato quindici milioni.

In primo grado l’ex ministro delle Finanze è condannato a nove anni e sei mesi di prigione. In secondo grado cadono 21 episodi di dazione su 26, pena più che dimezzata: quattro anni. La Cassazione, infine, riduce a tre anni e undici mesi il carcere, l’interdizione dai pubblici uffici da perpetua a 5 anni, cancella l’associazione per delinquere.

La tangente ora si è ridotta a 800mila euro, ma senza prove tranne la parola dell’accusatore pentito e prescritto. I 600mila euro sventolati dal pm, con cui Del Turco acquistò due appartamenti, provenivano da polizze. Perciò l’avvocato difensore Gian Domenico Caiazza ha chiesto la revisione del processo.

Nel frattempo, però, è arrivata la giustizia politica del Senato: i 5mila lordi di vitalizio spariscono. Peccato che l’ex segretario Psi sia l’unico a pagare: altri quattro senatori (il dc Di Benedetto, i forzisti Grillo e Marano, il leghista Stiffoni), anch’essi condannati definitivamente, sono stati graziati perché hanno patteggiato.

Come ai tempi dell’inquisizione: sei innocente? Ammetti egualmente la tua colpa, e ti perdoneremo.

Per l’agonizzante Del Turco è problematica anche la soluzione della grazia presidenziale, che difficilmente può interferire con gli ‘interna corporis acta’ del Senato. Insomma, come cantava Bennato: “Arrivano i buoni!” Giustizia è sfatta.

Mauro Suttora

Thursday, December 03, 2020

Trump ha realizzato il primo boom egualitario degli ultimi decenni

QUANDO LE DESTRE FANNO COSE PIÙ DEMOCRATICHE DEI DEMOCRATICI

di Mauro Suttora

HuffPost, 3 dicembre 2020

Il mensile di sinistra Usa The New Republic ha pubblicato una lunga, scarnificante autocritica che può risultare preziosa anche per la sinistra italiana. L'autore, Christopher Caldwell, scrive che c'è poco da festeggiare per i democratici americani, visto il loro anemico risultato nel voto per il Congresso, derivante da mali strutturali.

Per cominciare, i risultati della presidenza Trump: invisibili dalle città globalizzate, tutte democratiche, dove vive il 90% dei giornalisti Usa. Trump ha realizzato qualcosa di straordinario: il primo boom egualitario degli ultimi decenni. Nel 2019 è riuscito ad abbassare la disoccupazione al 3,7% (praticamente pieno impiego, tranne la quota frizionale di chi sta cambiando lavoro), e soprattutto un aumento del 4,7% dei salari del quarto più basso della popolazione. Anche durante gli ultimi tre anni di Obama i redditi da lavoro erano aumentati, ma soprattutto quelli del decile più alto (del 20%), mentre gli altri strati avevano registrato miglioramenti solo lievi.

Quindi, se non ci fosse stato il virus, Trump probabilmente avrebbe vinto. Ma, anche qui: il crollo del 31% del pil nel secondo trimestre è stato annullato dal rimbalzo del 33% del terzo trimestre. Solo che il dato favorevole al presidente in carica è stato pubblicato appena cinque giorni prima del voto: troppo tardi perché mutasse la percezione di declino economico. Inoltre, buona parte degli elettori aveva già votato: è stata questa la vera distorsione provocata dal voto postale, non gli inesistenti brogli.

Per i democratici è imbarazzante ammetterlo: Trump ha avuto sfortuna. È stato il caso a provocare, più che la sua vittoria quattro anni fa, la sua sconfitta un mese fa. Perché ormai il partito democratico è visto come il difensore del privilegio economico: nove dei dieci stati più ricchi hanno votato Biden, 14 dei 15 più poveri per Trump. Se il distretto di Columbia (la capitale Washington) diventasse uno stato, come vogliono molti democratici, sarebbe il più ricco d'America, con un reddito pro capite superiore del 17% rispetto al secondo, il Connecticut. E a Washington Biden ha battuto Trump 92 a 5. 

I democratici sono il partito dell'economia globale, quindi delle sue due conseguenze aborrite dai ceti popolari: ineguaglianza e diversità etnica. "Per questo il fronte popolare di Biden è destinato a sfaldarsi", sentenzia Caldwell. Come fanno i socialisti Sanders ed Elizabeth Warren a rimanere assieme ai ricconi 'big money' che hanno regalato al partito democratico la sua prima campagna da un miliardo di dollari (il 60% più di quanto ha speso Trump)? Dove sono finiti i piccoli 'donors' da dieci dollari l'uno di Obama? Questa volta hanno coperto solo il 39% dei fondi di Biden, contro il 45% di Trump. Che quindi anche qui è stato più democratico dei democratici.

Nell'analisi di Caldwell c'è posto anche per l'Italia. "Negli anni '60 del diciannovesimo secolo", scrive, "tre grandi Paesi occidentali, Germania, Italia e Stati Uniti, combatterono guerre simili di unificazione, in cui la parte più dinamica di ciascuna nazione soggiogò la parte più bucolica". Oggi negli Usa i democratici sono il partito del progresso tecnologico e demografico (la California della Silicon Valley, New York, Boston), i repubblicani dell'arretratezza. Fino a mezzo secolo fa i repubblicani erano invece il partito del capitale e i democratici quello dei lavoratori. Ma capitale e lavoro hanno bisogno l'uno dell'altro, dinamismo e tradizione no. Quindi l'attuale divaricazione rischia di essere insanabile.

Conclude Caldwell: non abbiamo mai visto mai nulla di simile prima. Ci sarà più instabilità in futuro: "Il conflitto non è più fra due visioni dell'America, ma fra due popoli differenti". Ciascuna delle fazioni è convinta di rappresentare l'incarnazione dell'America, contro l'antiamericanismo degli altri. La vicepresidente Kamala Harris ha detto ai suoi 79 milioni di elettori: "Avete scelto speranza e onestà, scienza e verità". E Michelle Obama: "Abbiamo votato contro bugie, odio, caos e divisione". Cose brutte, che però hanno ottenuto 73 milioni di voti, più di quelli mai presi da suo marito. Cose xenofobe, maschiliste, egoiste: "deplorabili", secondo la famosa definizione suicida di Hillary Clinton. Le quali tuttavia, seppur politicamente scorrettissime, hanno attratto dieci milioni di statunitensi in più rispetto al bottino di Trump nel 2016. 

Cosicché, anche se per ora ha prevalso il fascino ecumenico di Joe Biden, gli Stati Uniti del nuovo presidente sono diventati indecifrabili per tanti dei litigiosi capi della sua corte. Un po' come in Lombardia soltanto due anni fa, quando il democratico Giorgio Gori perse 29 a 49 con il leghista Attilio Fontana alle regionali. Un distacco astronomico. A qualche democratico italiano fischiano le orecchie?

Mauro Suttora