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Monday, December 21, 2020

Variante Covid, variante Brexit

Il virus mutante è riuscito in un solo giorno a realizzare il sogno degli “hard brexiters”: l'isolamento del Regno Unito

di Mauro Suttora

HuffPost, 21 dicembre 2020

Nella notte più lunga dell’anno, quella del solstizio invernale, gli europei hanno completamente isolato l’isola. Alle 23 del 20 dicembre la Francia ha bloccato tutti i traghetti e i treni dell’Eurotunnel, dopo che nelle convulse ore precedenti il resto del continente aveva vietato l’atterraggio agli aerei provenienti dalla Gran Bretagna. 

Ce l’hanno fatta per miracolo i 136 passeggeri del Ryanair Londra-Pescara, ultimo volo decollato da Stansted: loro hanno protestato perché ora devono stare in quarantena, e invece possono considerarsi fortunati rispetto alle centinaia di migliaia di europei in partenza bloccati in Inghilterra per Natale.

Gli inglesi non sanno più dove mettere i diecimila camion al giorno che transitavano fra Dover e Calais: hanno dovuto parcheggiarli sulle piste dell’aeroporto del Kent, ormai inservibile. Era dai tempi di Dunkerque, 1940, che non si vedeva un casino simile da quelle parti.

Il virus mutante è riuscito in un solo giorno, quattro anni dopo il loro referendum, a realizzare il sogno degli “hard brexiters”, gli antieuropeisti più scalmanati: Isolation. Che, guarda caso, è il titolo di una canzone di John Lennon uscita esattamente mezzo secolo fa, dicembre 1970, per suggellare la rottura con i Beatles.

La rottura britannica con l’Europa era invece prevista fra dieci giorni, altra incredibile coincidenza, allo scadere degli infiniti negoziati Uk-Ue posposti di anno in anno. Come in ogni trattativa, il premier britannico Boris Johnson forse bluffava, tirava la corda fino all’ultimo secondo per ottenere condizioni migliori. Ma temendo un possibile ‘no deal’, nessun accordo sulle nuove condizioni e tariffe doganali, gli inglesi avevano già cominciato a fare incetta nei supermercati.

Ora dovranno fare a meno di frutta e verdura fresca da Italia e Spagna, ma anche dei vaccini anti-covid Pfizer prodotti in Belgio. Per trasportarli ci vorrà la Raf, la Royal Air Force. I ministri più importanti sono riuniti in permanenza nella sala segreta Cobra, usata solo dopo attentati terroristici e altre emergenze planetarie. In realtà la sigla sta per il tranquillamente burocratico ‘Cabinet office briefing room’, ma c’è poco da scherzare.

Il virus superveloce, infatti, non poteva piombare in un momento peggiore: nel bel mezzo dell’accaparramento Brexit, dei rifornimenti natalizi, dei ritorni a casa degli immigrati, e dopo che Boris Johnson aveva promesso feste tranquille con regole rilassate. Invece l’impennata dei contagi (ieri 36mila rispetto ai 20mila di una settimana fa) ha costretto il premier britannico a una svolta a U peggiore di quella di Conte, con drastici lockdown ovunque tranne che in Cornovaglia. Perfino Scozia e Irlanda hanno chiuso le frontiere con l’Inghilterra.

I cospirazionisti inglesi notano con soddisfazione paranoica che la variazione del covid è partita dal Kent, cioè proprio la regione più vicina all’Europa, fra Londra e la Manica. “Ragionateci sopra”: è ovviamente il complotto finale del diavolo di Bruxelles, che c’infetta prima dell’addio definitivo.

Noi invece apparteniamo alla generazione che, prima dei treni-proiettile Eurostar e delle low-cost, transitava in autostop sulle verdi colline di Canterbury per approdare alla tanto agognata Londra, oppure arrivava nella Victoria station su scassati trenini in legno da Dover. E tutto questo ci sembra un incubo.

Mauro Suttora

Thursday, April 16, 2009

Terremoto all'Aquila

dal nostro inviato Mauro Suttora

Oggi, 7 aprile 2009

A Onna, sette chilometri dal capoluogo abruzzese, la scena è straziante. Siamo nell' epicentro del terremoto, e la signora Doina Dimitrescu piange a dirotto: «Michele aveva sette anni, era il figlio di una mia amica, romena come me. Erano andati ad abitare in centro, dove le case sono vecchie e l'affitto costa meno». Il corpo di Michele, tutto bianco, lo portano via i vigili. Sedici ore dopo la scossa fatale, qui le vittime erano già trenta. Tra loro, un bimbo di otto mesi.

Gli abitanti non si danno pace: «Mancano all'appello almeno quaranta persone», dicono. Al dramma dei morti, si somma quello dei dispersi. Intere famiglie sono sepolte, non c' è alcun superstite che possa dare l'allarme e indicare ai soccorritori il posto dove scavare. È un dolore immenso, senza frontiere. Nell'ampia valle del fiume Aterno, che dall'Aquila porta a Popoli e a Pescara, vivono centinaia di immigrati. Fanno gli allevatori, le badanti, gli operai nella zona industriale. Gente che cercava una vita migliore. Gente che ha trovato l'inferno.

SAN GREGORIO, APOCALISSE

San Gregorio è l' altra faccia dell'apocalisse. Un a del le prime vittime strappata alle macerie era una giovane mamma, morta per salvare la figlia di due anni, facendole scudo col suo corpo. La piccola è viva, l'hanno portata in elicottero all' ospedale più vicino. I miracoli accadono.

Settimio Antonelli, 59 anni, giardiniere, si è salvato. Viveva da solo in una delle case popolari appena fuori dal centro storico. Le hanno costruite vent' anni fa, sono state sventrate dal sisma. Settimio abitava al piano terra di una palazzina a due piani. Il terremoto gli ha sbriciolato la parete del bag no e quella della camera. Mentre racconta il suo incubo, scosse di assestamento mandano boati terribili, ruggiti da gelare il sangue.

«Nelle ultime due settimane la terra ha tremato una ventina di volte. Quella del le 3.32 sembrava una delle tante scosse "normali". Quattro ore prima, c' era stato un sobbalzo piuttosto forte, ma solo gli anziani erano usciti per strada. Gli altri ormai ci avevano fatto l'abitudine. I bambini prendevano le esercitazioni antisismiche come un gioco. È per questo che molti vecchi si sono salvati, e tanti giovani sono rimasti sotto le rovine», spiega Antonelli.

«All'una mi ha svegliato l'ennesima scarica: avevo deciso di alzarmi, ma dopo cinque minuti ho ripreso sonno. Quando è arrivato il terremoto "vero", alle tre e mezza, è crollato subito il muro del bagno. La cosa che mi ha fatto più paura, però, non sono state le crepe, la polvere. È stato il boato, come cento tuoni tutti insieme. Trenta secondi che non scorderò mai più. Ho afferrato un paio di pantaloni e una camicia e sono uscito. Erano tutti fuori», dice. Tutti tranne metà paese, rimasto sotto le rovine. Antonelli ha passato in macchina quel che restava della notte: «Sono andato a dormire nella mia Panda», quasi si scusa.

UN TRAGICO DILEMMA

A 100 metri dalle case popolari inizia il paese vecchio. Con Settimio ci inoltriamo nello sfacelo che è San Gregorio. Una ruspa dei pompieri lavora su un cumulo di pietre. I soccorritori sono divo rati dal tragico dilemma di tutti i terremoti: scavare con la ruspa, rischiando di ferire i sepolti o tirar via le macerie a mano, perdendo tempo che potrebbe rivelarsi prezioso? «Sotto questa montagna di sassi c' è una coppia di quarant' anni. Speriamo bene», sospira Settimio.

Qui accanto, della chiesa di San Gregorio resta solo uno spunzone. E dopo la chiesa c' è una casa famiglia: la occupavano una quindicina di bambini. Tutti salvi, tranne una bimba francese, arrivata il giorno prima della tragedia con i genitori per le vacanze di Pasqua. Non è l' unica vittima straniera di questa catastrofe.
Continua Antonelli: «Il paese aveva 200 abitanti, ma con le case popolari sono arrivate almeno altre 2.000 persone».

Una buona metà, immigrati: romeni, slavi, senegalesi, nigeriani. Ora stanno tutti per strada, accampati nelle auto, che hanno cura di parcheggiare lontano da i muri e dai pali della luce. In giro, un paradosso che fatichiamo a decifrare. Ci sono case antiche, che sono rimaste intatte. E palazzine seminuove, ridotte in cenere.

«Colpa dei lavori di ristrutturazione», spiega Settimio. «I tetti sono stati rifatti in cemento: erano pesantissimi e gravavano su pareti vecchie di secoli. Le hanno sbriciolate». I tetti come coperchio di queste tombe a forma di palazzi. Fatta la conta dei morti, il terrore corre sul terreno, squarciato in più punti. È l' incubo che sta sulla coda di ogni terremoto: che si apra la terra e finisca per ingoiarti. Si ha paura perfino a camminare. Si vorrebbe solo star fermi.

Mauro Suttora

Wednesday, July 30, 2008

Ferrovie del Gargano

IL TRENO DEL MARE

dall'inviato Mauro Suttora

Peschici (Foggia), 30 luglio 2008

L'Alfa si chiama Romeo perché dal 1915 al '28 fu di proprietà dell'ingegnere Nicola Romeo. E questo geniale napoletano è stato anche l'inventore della Ferrovia garganica. La quale, inaugurata nel '31, conquistò subito due record. Il primo: è una delle rare opere pubbliche italiane a essere stata completata in anticipo, tre anni invece dei quattro previsti. Secondo primato: i 79 chilometri a scartamento normale (non ridotto come le altre ferrovie locali) furono fin dall'inizio a trazione elettrica a corrente continua. Un sistema all'avanguardia per l'epoca, in anticipo di ben trent'anni rispetto all'elettrificazione della Ancona-Pescara-Bari.

Il Gargano si trovò quindi improvvisamente catapultato nella modernità, dopo secoli di arretratezza feudale.
Oggi si parte da San Severo (Foggia) con undici corse al giorno. Quelle delle 8.40 e delle 9.20 sono ad aria condizionata e con trasporto bici (prenotarsi al 0884.561020), così come le corse di ritorno in partenza da Peschici alle 16.03 e alle 17.22. Il viaggio intero dura un'ora e 40 minuti, ma la maggior parte dei turisti si ferma alle stazioni intermedie. Le carrozze sono moderne: «Le abbiamo appena revampizzate, cioè rinnovate totalmente», ci dice Franco Settimo, il funzionario delle Ferrovie del Gargano che ci accompagna.

Ovviamente nessuno nasconde che, con i quattro euro e 60 cent del costo del biglietto, il servizio è in perdita. È un miracolo che il trenino dello sperone d'Italia sia sopravvissuto ai drastici tagli dei rami secondari negli anni Sessanta, che hanno mietuto tante illustri vittime (dalle ferrovie delle valli Seriana e Brembana a Bergamo, alla sarda Tempio-Palau). Ma la società Ferrovie del Gargano gestisce anche molte linee di corriere, anzi è la maggiore azienda di trasporto pubblico in provincia di Foggia. Può quindi permettersi di ripianare il deficit del delizioso trenino.

Da San Severo a San Nicandro Garganico (da non confondere con l'altro Sannicandro pugliese, vicino a Bari) il panorama è il classico del Tavoliere: immensi campi coltivati a cereali in quello che è da sempre uno dei granai d'Italia. Intanto la ferrovia si alza, e a sinistra si apre una vista spettacolare sul lago di Varano. Purtroppo quasi tutte le stazioni si trovano a una certa distanza dai paesi, ma in coincidenza degli arrivi ci sono dei bus-navetta che portano in centro.

Per arrivare nella deliziosa Vico Garganico, per esempio, bisogna scendere nella stazione costiera di San Menaio, fra Rodi e Peschici. Lo stesso capolinea di Peschici si trova in realtà a quattro chilometri dal paese, nella baia di Calenella. Il tratto più bello della linea è proprio l'ultimo, a picco sul mare blu nel verde della pineta Marzini. Ma è divertente guardare fuori dal finestrino anche nel tratto prima e dopo Rodi, quando i binari costeggiano a lungo le spiagge di sabbia finissima affollate di ombrelloni colorati. Ogni tanto il macchinista scende per azionare manualmente gli scambi. Quest' estate, fino a metà agosto, le Ferrovie del Gargano organizzano otto serate di "Teatro in treno", con spettacoli itineranti in carrozza.

Le coste del Gargano sono un paradiso per i campeggiatori e per le famiglie di mezza Europa, che trovano anche accoglienti alberghi villaggio con la formula dell' all inclusive (pensione completa più intrattenimento). le perle dello sperone Le due perle dello sperone sono Peschici e Vieste. Visitatele quando il sole non è a picco. Di sera si trasformano in presepi bianchi, con la folla brulicante fra vicoli e piazzette. Non hanno nulla da invidiare a Capri.

Nei giorni particolarmente caldi, rifugiatevi nella stupenda Foresta umbra. Fino al ' 700 l' incubo di queste coste erano i pirati turchi, che depredavano e uccidevano. Vieste ebbe settemila sgozzati nel ' 500. Così sulla costa furono costruite le "torri saracene", per avvistare in tempo i predoni. Oggi invece le disgrazie vengono dai piromani, che anche l' anno scorso hanno ridotto in cenere parecchi ettari di bosco.

Il Gargano è sempre stato una terra religiosa, anche prima di Padre Pio (il santuario di San Giovanni Rotondo, come si vede nella cartina in questa pagina, è a poca distanza dal percorso del treno). Di qui passavano i pellegrini e i crociati diretti in Terra Santa. Gran parte del Gargano fa parte dell' omonimo parco, che vicino a ogni monumento e luogo d' interesse turistico ha installato cartelli esplicativi bilingui. Un consiglio: leggeteli, arricchirete la vostra vacanza rendendovi conto di quanta storia siano carichi questi luoghi. A Vico, per esempio, c' è uno dei primi cimiteri monumentali d' Europa (1792). l' icona da bisanzio a rodi A Rodi nel santuario della Libera si venera un' icona della Madonna portata qui dai bizantini quando Costantinopoli cadde nel 1453. Non solo acque cristalline o foreste di pini, ulivi e faggi, quindi, nel magico Gargano.


Riquadro 1
Carpino, capitale dell' olio

La ricchezza del Gargano, oltre al mare che regala pesce e attira i turisti, sta negli estesi uliveti che per centinaia di ettari coprono i contrafforti dell' immenso promontorio. "Da solo il comune di Carpino produce il doppio dell' olio di tutta la Liguria", ci dice Mario Ortore, titolare col padre di un' azienda agricola biologica che oltre all' olio produce le fave già celebrate da Pitagora 2.600 anni fa.

Ortore è anche assessore al turismo e all' agricoltura di Carpino, paese raggiunto dal treno del Gargano. Nel negozio sul viale che porta in centro vende pure cicerchie, piselli secchi, marmellate artigianali, ceci, frutta secca, vincotto di fichi, olive in salamoia, aromi e spezie del Parco nazionale del Gargano. Da Carpino si raggiunge poi San Giovanni Rotondo, passando per la Foresta umbra, tra greggi di pecore e capre.
Azienda Ortore Via Mazzini, 65 71010 Carpino (FG) Tel. 0884.997107 cell.339.7122380 web: www.ortore.com

Riquadro 2:

Si cala la rete, poi si mangia
Tramonti da favola e pesce fresco all' aperto

I trabucchi sono antiche palafitte tipiche del Gargano e del Molise, dalle quali si calano le reti per pescare senza andare in mare, grazie a lunghi bracci di legno e argani. Alcuni sono stati trasformati in ristoranti. Quello di Montepucci, a Peschici sulla strada per Rodi, è ancora in funzione. I proprietari, la stessa famiglia da generazioni, offrono poi il pesce pescato ai clienti, che possono mangiare sui tavoli sia all' interno sia all' esterno, sulle terrazze di legno. I piatti forti sono gli spaghetti alla pescatora e la paranza, ma molto dipende anche da quel che si è tirato su la notte precedente.

Per arrivare al trabucco c' è una stradina in cemento abbastanza impegnativa a picco sul mare, ma il parcheggio è comodo. Poi occorre percorrere ancora qualche decina di gradini. Il proprietario e la figlia sono gentili, e a volte lui si esibisce alla chitarra con gli amici cantando a squarciagola. Prezzi modici (20 30 ), consigliamo il vino negramaro rosé. Si può anche dormire in qualche bungalow.
Tel. 347.8414273, sito internet: www.parcodimontepucci.it

Mauro Suttora