PURTROPPO C'È UN PERCHÉ
Troppi crolli, anche tra i palazzi nuovi. E ancora una volta si parla di leggi inattuate, scarsa prevenzione, abusi. Otto certezze per ripartire
di Mauro Suttora e Luigi Bignami
Oggi, 15 aprile 2009
«Ecco, queste finestre a nastro non vanno bene». L'ingegnere Alberto Pavese (di nome e di fatto), 47 anni, direttore del Laboratorio prove sperimentali dell' Eucentre di Pavia (che riunisce i massimi esperti europei di riduzione del rischio sismico), ci mostra un punto critico dell' ospedale San Salvatore dell' Aquila.
È il complesso ormai famigerato inaugurato nel 2000, costato 200 miliardi invece degli undici iniziali, ma reso già inagibile dal terremoto. «Se mancano staffe trasversali di ferro, i pilastri corti ai lati rimangono schiacciati dal peso, ed "esplodono". È un tipo di danno classico, ma già secondo le norme antisismiche degli Anni 70 non bisognava progettare così».
Ci vogliono gli occhi esperti dell'ingegner Pavese (chiamato all'Aquila dalla Protezione civile con i quindici ingegneri e tecnici del suo laboratorio mobile a controllare la stabilità delle strutture strategiche) per individuare i veri punti di allarme in una costruzione.
Apparentemente, infatti, i danni più gravi dell' ospedale sono alcuni muri crollati. «Quelli fanno impressione, ma non sono lesioni importanti, di "struttura"», spiega, «sono soltanto rivestimenti oppure, come si dice in gergo, "tamponamenti"». Lo preoccupano di più i pochi calcinacci caduti da certi pilastri portanti di cemento armato al piano terra. Insomma, se la «struttura» tiene, palazzi e ponti non crollano. All'Aquila, invece, tante, troppe vittime. Perché?
E poi: perché così tante e così intense scosse d' assestamento? E ancora: perché le norme antisismiche promesse sette anni fa non sono ancora in vigore? E infine: le nostre case sono sicure?
1 QUANTO È STATO FORTE IL SISMA DELL' AQUILA?
Per la scala Richter è stato classificato del grado 5,8. I danni che si sono avuti e il numero di morti fanno pensare che esso sia stato molto forte, ma in realtà non è così. Se si legge quali danni prevede la scala Richter per un terremoto di questa intensità, si scopre che si dovrebbero avere «possibili fessurazioni sulle mura, mobili che si spostano, alcuni feriti», ma non morti e distruzioni. Solo quando si supera il sesto grado si ipotizzano crolli e morti. La scala Richter è «logaritmica», quindi l' energia rilasciata da un sisma di sesto grado è dieci volte superiore a quella di uno di quinto, e cento volte superiore a un quarto grado. Quindi la catastrofe avvenuta all' Aquila è da imputare al tipo di costruzioni.
2 QUANTO VALE LA CARTA DELLA SISMICITA'?
Dal 2004 la Protezione Civile ha messo a punto una mappa sismica aggiornata d' Italia, elaborata dall' Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). In essa sono comparse numerose zone a rischio che negli anni precedenti non erano ritenute pericolose. Quel che colpisce è che tutto il Paese è indicato come soggetto a terremoti, anche se con diverse classi di rischio. Per esempio, nella carta precedente, dell' 84, ampie zone di Molise, Puglia ed Emilia Romagna non erano classificate come sismiche, mentre ora lo sono.
Il paese di San Giuliano, nel Molise, dove il terremoto del 2002 fece 27 piccole vittime, stava in una zona non pericolosa. Le categorie di rischio sono quattro, e indicano il massimo scuotimento di terreno prevedibile. I comuni della prima categoria si concentrano negli Appennini e in Friuli. Sono esposti a terremoti di magnitudo tra 6 e 7 Richter. La carta è il frutto di dati su oltre duemila terremoti di elevata intensità di cui si hanno testimonianze, e sulle conoscenze dirette della geologia.
3 COSA SONO "SCIAMI" E SCOSSE DI ASSESTAMENTO?
In quest' ultimo terremoto i due fenomeni si sono sovrapposti creando confusione. Gli sciami sismici costituiscono una serie di sismi di bassa-media intensità che possono durare alcune settimane, al più qualche mese, per poi scomparire. Avvengono quando l' energia che si accumula nelle rocce viene rilasciata lentamente. Un terremoto violento, cioè superiore al 5°-6° Richter, può avvenire senza alcuna avvisaglia o nel cuore di uno sciame. Invece dopo un forte sisma si hanno sempre scosse, chiamate di assestamento, che di solito hanno un' intensità inferiore all' evento principale. È sempre energia rilasciata dalla famiglia di fratture che ha generato il sisma, e che si sviluppa in seguito al riassestamento della crosta interessata dal terremoto principale.
Quanto possono durare? Difficile prevederlo: alcuni per mesi, come quelli avvenuti nell' Italia centrale nel 1997 e che ebbero più di un terremoto di una certa intensità. In Friuli dopo la scossa 6.1 del maggio 1976 si ebbe una diminuzione sempre più consistente delle scosse. Ma in settembre si verificarono tre sismi, due dei quali con magnitudo 6.0 e uno 5.8.
4 UN TERREMOTO PUO' SCATENARNE UN ALTRO?
Fino ad alcuni anni fa questa ipotesi veniva negata tassativamente. Ma una recente ricerca dell' università dello Utah (Usa) avrebbe messo in luce che alcuni dei più forti sismi degli ultimi anni hanno scatenato terremoti ad alcune decine di chilometri di distanza, seppur di minor intensità, e che per la loro posizione non possono essere classificati terremoti di assestamento. I terremoti scatenanti comunque, devono avere un'intensità superiore al 7° grado Richter. Sembra che l' energia del grande sisma possa alterare lo stato di equilibrio di una frattura vicina, e se questa si trova vicino al limite di rottura si innesca il sisma.
5 COME MAI LE NORME SONO RIMASTE LETTERA MORTA?
Quella delle norme antisisma mai entrate in vigore è una storia fatta di continue proroghe. Si può continuare a costruire in base alle norme vecchie (anche del 1974), le Regioni si muovono in ordine sparso, e i progettisti accusati di frenare ribattono lamentando circolari poco chiare e mancanza di software e formazione. Dopo la strage di San Giuliano nel 2002 la Protezione civile aggiorna le regole.
Nel 2005 il ministro delle Infrastrutture Lunardi recepisce queste ordinanze. Si tratta del primo testo unico antisismico, che riunisce le norme secondo tipologie costruttive, resistenza dei materiali e delle strutture, fissa livelli di sicurezza e responsabilità dei diversi attori del processo di costruzione (committente, progettista e direttore dei Lavori).
La fase transitoria doveva durare 18 mesi, ma viene prolungata fino a fine 2007 dal governo Prodi. Il 21 dicembre 2007 Stato, Regioni ed Enti locali raggiungono l'intesa su un nuovo testo delle Norme tecniche per le costruzioni, che però prevede altri 18 mesi di periodo transitorio. L' entrata in vigore è fissata per giugno 2009 tranne che per nuovi edifici di rilevanza strategica (ospedali, scuole, caserme): qui le norme sono obbligatorie da marzo 2008. Un decreto del governo rinvia ulteriormente fino a giugno 2010. Dopo il terremoto in Abruzzo il ministro Matteoli ha promesso di anticipare quella data.
6 CHE COSA DOBBIAMO FARE CON LE NOSTRE ABITAZIONI?
Se lo chiedono in questi giorni milioni di italiani che abitano nei centri storici, ma anche in palazzi costruiti fino agli Anni 70. «Nella grande maggioranza dei casi le nostre abitazioni sono sicure», assicura l'ingegner Pavese. «Le norme comunque ci sono, i controlli anche. Alla base della sicurezza antisismica stanno le fondamenta. Che devono avere un isolamento elastico, per consentire all'energia dei terremoti di dissiparsi. Poi, nei progetti meglio evitare sporgenze e rientranze. Mi spiace per la creatività degli architetti, ma la struttura antisismica modello è semplice, lineare».
7 I SOPRALZI NON APPESANTISCONO TROPPO I PALAZZI?
I sopralzi consentiti negli ultimi decenni, per esempio tutte le soffitte di Milano trasformate in «attici», non caricano i palazzi di troppo peso? «Gli ingegneri, architetti e geometri sono responsabili dei progetti che firmano», dice Pavese. «Se a un edificio di sei piani ne viene aggiunto un altro, il peso dovrebbe rimanere sopportabile». Il problema vero, però, è se il materiale utilizzato è scadente: è vero che per risparmiare i costruttori mettono meno acciaio nel cemento armato, e meno cemento e più sabbia nel calcestruzzo? «Qui si sconfina nella criminalità, ma ci sono i mezzi per controllare».
8 CASE NUOVE E CENTRI STORICI: COME CONVIENE AGIRE?
«Oggi tutte le costruzioni in cemento armato hanno una "vita di progetto" di mezzo secolo per quelle normali, e di cento anni per le strategiche, come i ponti», dice Pavese. E dopo? Bisogna abbattere e ricostruire? «No, questa è la garanzia minima: le case non hanno bisogno di controlli per almeno cinquant' anni. In seguito, è bene fare dei check-up . Soprattutto nelle zone altamente sismiche, e in presenza di crepe e altri segnali preoccupanti di allarme». In questi giorni molti propongono di «cinturare» di acciaio i palazzi antichi dei centri storici. Va fatto? «Bisogna valutare caso per caso, con prudenza. Ma anche senza eccessivi allarmismi».
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Thursday, April 16, 2009
Terremoto all'Aquila
dal nostro inviato Mauro Suttora
Oggi, 7 aprile 2009
A Onna, sette chilometri dal capoluogo abruzzese, la scena è straziante. Siamo nell' epicentro del terremoto, e la signora Doina Dimitrescu piange a dirotto: «Michele aveva sette anni, era il figlio di una mia amica, romena come me. Erano andati ad abitare in centro, dove le case sono vecchie e l'affitto costa meno». Il corpo di Michele, tutto bianco, lo portano via i vigili. Sedici ore dopo la scossa fatale, qui le vittime erano già trenta. Tra loro, un bimbo di otto mesi.
Gli abitanti non si danno pace: «Mancano all'appello almeno quaranta persone», dicono. Al dramma dei morti, si somma quello dei dispersi. Intere famiglie sono sepolte, non c' è alcun superstite che possa dare l'allarme e indicare ai soccorritori il posto dove scavare. È un dolore immenso, senza frontiere. Nell'ampia valle del fiume Aterno, che dall'Aquila porta a Popoli e a Pescara, vivono centinaia di immigrati. Fanno gli allevatori, le badanti, gli operai nella zona industriale. Gente che cercava una vita migliore. Gente che ha trovato l'inferno.
SAN GREGORIO, APOCALISSE
San Gregorio è l' altra faccia dell'apocalisse. Un a del le prime vittime strappata alle macerie era una giovane mamma, morta per salvare la figlia di due anni, facendole scudo col suo corpo. La piccola è viva, l'hanno portata in elicottero all' ospedale più vicino. I miracoli accadono.
Settimio Antonelli, 59 anni, giardiniere, si è salvato. Viveva da solo in una delle case popolari appena fuori dal centro storico. Le hanno costruite vent' anni fa, sono state sventrate dal sisma. Settimio abitava al piano terra di una palazzina a due piani. Il terremoto gli ha sbriciolato la parete del bag no e quella della camera. Mentre racconta il suo incubo, scosse di assestamento mandano boati terribili, ruggiti da gelare il sangue.
«Nelle ultime due settimane la terra ha tremato una ventina di volte. Quella del le 3.32 sembrava una delle tante scosse "normali". Quattro ore prima, c' era stato un sobbalzo piuttosto forte, ma solo gli anziani erano usciti per strada. Gli altri ormai ci avevano fatto l'abitudine. I bambini prendevano le esercitazioni antisismiche come un gioco. È per questo che molti vecchi si sono salvati, e tanti giovani sono rimasti sotto le rovine», spiega Antonelli.
«All'una mi ha svegliato l'ennesima scarica: avevo deciso di alzarmi, ma dopo cinque minuti ho ripreso sonno. Quando è arrivato il terremoto "vero", alle tre e mezza, è crollato subito il muro del bagno. La cosa che mi ha fatto più paura, però, non sono state le crepe, la polvere. È stato il boato, come cento tuoni tutti insieme. Trenta secondi che non scorderò mai più. Ho afferrato un paio di pantaloni e una camicia e sono uscito. Erano tutti fuori», dice. Tutti tranne metà paese, rimasto sotto le rovine. Antonelli ha passato in macchina quel che restava della notte: «Sono andato a dormire nella mia Panda», quasi si scusa.
UN TRAGICO DILEMMA
A 100 metri dalle case popolari inizia il paese vecchio. Con Settimio ci inoltriamo nello sfacelo che è San Gregorio. Una ruspa dei pompieri lavora su un cumulo di pietre. I soccorritori sono divo rati dal tragico dilemma di tutti i terremoti: scavare con la ruspa, rischiando di ferire i sepolti o tirar via le macerie a mano, perdendo tempo che potrebbe rivelarsi prezioso? «Sotto questa montagna di sassi c' è una coppia di quarant' anni. Speriamo bene», sospira Settimio.
Qui accanto, della chiesa di San Gregorio resta solo uno spunzone. E dopo la chiesa c' è una casa famiglia: la occupavano una quindicina di bambini. Tutti salvi, tranne una bimba francese, arrivata il giorno prima della tragedia con i genitori per le vacanze di Pasqua. Non è l' unica vittima straniera di questa catastrofe.
Continua Antonelli: «Il paese aveva 200 abitanti, ma con le case popolari sono arrivate almeno altre 2.000 persone».
Una buona metà, immigrati: romeni, slavi, senegalesi, nigeriani. Ora stanno tutti per strada, accampati nelle auto, che hanno cura di parcheggiare lontano da i muri e dai pali della luce. In giro, un paradosso che fatichiamo a decifrare. Ci sono case antiche, che sono rimaste intatte. E palazzine seminuove, ridotte in cenere.
«Colpa dei lavori di ristrutturazione», spiega Settimio. «I tetti sono stati rifatti in cemento: erano pesantissimi e gravavano su pareti vecchie di secoli. Le hanno sbriciolate». I tetti come coperchio di queste tombe a forma di palazzi. Fatta la conta dei morti, il terrore corre sul terreno, squarciato in più punti. È l' incubo che sta sulla coda di ogni terremoto: che si apra la terra e finisca per ingoiarti. Si ha paura perfino a camminare. Si vorrebbe solo star fermi.
Mauro Suttora
Oggi, 7 aprile 2009
A Onna, sette chilometri dal capoluogo abruzzese, la scena è straziante. Siamo nell' epicentro del terremoto, e la signora Doina Dimitrescu piange a dirotto: «Michele aveva sette anni, era il figlio di una mia amica, romena come me. Erano andati ad abitare in centro, dove le case sono vecchie e l'affitto costa meno». Il corpo di Michele, tutto bianco, lo portano via i vigili. Sedici ore dopo la scossa fatale, qui le vittime erano già trenta. Tra loro, un bimbo di otto mesi.
Gli abitanti non si danno pace: «Mancano all'appello almeno quaranta persone», dicono. Al dramma dei morti, si somma quello dei dispersi. Intere famiglie sono sepolte, non c' è alcun superstite che possa dare l'allarme e indicare ai soccorritori il posto dove scavare. È un dolore immenso, senza frontiere. Nell'ampia valle del fiume Aterno, che dall'Aquila porta a Popoli e a Pescara, vivono centinaia di immigrati. Fanno gli allevatori, le badanti, gli operai nella zona industriale. Gente che cercava una vita migliore. Gente che ha trovato l'inferno.
SAN GREGORIO, APOCALISSE
San Gregorio è l' altra faccia dell'apocalisse. Un a del le prime vittime strappata alle macerie era una giovane mamma, morta per salvare la figlia di due anni, facendole scudo col suo corpo. La piccola è viva, l'hanno portata in elicottero all' ospedale più vicino. I miracoli accadono.
Settimio Antonelli, 59 anni, giardiniere, si è salvato. Viveva da solo in una delle case popolari appena fuori dal centro storico. Le hanno costruite vent' anni fa, sono state sventrate dal sisma. Settimio abitava al piano terra di una palazzina a due piani. Il terremoto gli ha sbriciolato la parete del bag no e quella della camera. Mentre racconta il suo incubo, scosse di assestamento mandano boati terribili, ruggiti da gelare il sangue.
«Nelle ultime due settimane la terra ha tremato una ventina di volte. Quella del le 3.32 sembrava una delle tante scosse "normali". Quattro ore prima, c' era stato un sobbalzo piuttosto forte, ma solo gli anziani erano usciti per strada. Gli altri ormai ci avevano fatto l'abitudine. I bambini prendevano le esercitazioni antisismiche come un gioco. È per questo che molti vecchi si sono salvati, e tanti giovani sono rimasti sotto le rovine», spiega Antonelli.
«All'una mi ha svegliato l'ennesima scarica: avevo deciso di alzarmi, ma dopo cinque minuti ho ripreso sonno. Quando è arrivato il terremoto "vero", alle tre e mezza, è crollato subito il muro del bagno. La cosa che mi ha fatto più paura, però, non sono state le crepe, la polvere. È stato il boato, come cento tuoni tutti insieme. Trenta secondi che non scorderò mai più. Ho afferrato un paio di pantaloni e una camicia e sono uscito. Erano tutti fuori», dice. Tutti tranne metà paese, rimasto sotto le rovine. Antonelli ha passato in macchina quel che restava della notte: «Sono andato a dormire nella mia Panda», quasi si scusa.
UN TRAGICO DILEMMA
A 100 metri dalle case popolari inizia il paese vecchio. Con Settimio ci inoltriamo nello sfacelo che è San Gregorio. Una ruspa dei pompieri lavora su un cumulo di pietre. I soccorritori sono divo rati dal tragico dilemma di tutti i terremoti: scavare con la ruspa, rischiando di ferire i sepolti o tirar via le macerie a mano, perdendo tempo che potrebbe rivelarsi prezioso? «Sotto questa montagna di sassi c' è una coppia di quarant' anni. Speriamo bene», sospira Settimio.
Qui accanto, della chiesa di San Gregorio resta solo uno spunzone. E dopo la chiesa c' è una casa famiglia: la occupavano una quindicina di bambini. Tutti salvi, tranne una bimba francese, arrivata il giorno prima della tragedia con i genitori per le vacanze di Pasqua. Non è l' unica vittima straniera di questa catastrofe.
Continua Antonelli: «Il paese aveva 200 abitanti, ma con le case popolari sono arrivate almeno altre 2.000 persone».
Una buona metà, immigrati: romeni, slavi, senegalesi, nigeriani. Ora stanno tutti per strada, accampati nelle auto, che hanno cura di parcheggiare lontano da i muri e dai pali della luce. In giro, un paradosso che fatichiamo a decifrare. Ci sono case antiche, che sono rimaste intatte. E palazzine seminuove, ridotte in cenere.
«Colpa dei lavori di ristrutturazione», spiega Settimio. «I tetti sono stati rifatti in cemento: erano pesantissimi e gravavano su pareti vecchie di secoli. Le hanno sbriciolate». I tetti come coperchio di queste tombe a forma di palazzi. Fatta la conta dei morti, il terrore corre sul terreno, squarciato in più punti. È l' incubo che sta sulla coda di ogni terremoto: che si apra la terra e finisca per ingoiarti. Si ha paura perfino a camminare. Si vorrebbe solo star fermi.
Mauro Suttora
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