Saturday, July 19, 1986
I giovani Usa giudicano l'Italia
Romantici come chi conosce il mestiere di vivere . Razzisti con il Sud peggio degli yankee con i negri . Scopriamo quale ritratto di noi riporta negli Usa un gruppo di ragazzi che ha vissuto un anno di scuola nel Bel Paese con i programmi di scambio Afs/Intercultura
di: Suttora Mauro
L'Europeo, 19 luglio 1986
I paninari ? Li odio , li odio tutti , sono stupidi , materialisti , vuoti . Quelli della mia scuola sono andati avanti per tre mesi a parlare delle loro scarpe , dei negozi dove era meglio andare a comprarle , dei vestiti , di Burghy . . . " .
A vederlo camminare per Milano , il diciassettenne Noah Elkin potrebbe essere un bellissimo paninaro . Paninaro doc : capelli corti , viso pulito e abbronzato , orologio colorato Swatch al polso . Ma doc soprattutto perche' Noah e' un americano purosangue del Massachusetts , con la mascella larga e gli occhi verdi . E invece no : questo tipico ragazzo dell' impero Usa disprezza i ragazzotti della provincia Italia che si dannano per assomigliare un po' di piu' agli americani .
Sono ritornati a casa all' inizio di luglio Noah e gli altri 50 giovani statunitensi che hanno passato quest' anno scolastico in Italia con una borsa di studio dell' associazione Intercultura . Eta' media 17 anni , hanno frequentato il terzo anno di scuole e licei sparsi in tutta la penisola , cosi' come piu' di 200 loro coetanei italiani hanno passato 12 mesi in famiglie e high school degli Stati Uniti .
Intercultura e , piu' in piccolo , Afsai (Associazione formazione scambi e attivita' interculturali) e Experiment international living sono le uniche organizzazioni che permettono a liceali di tutto il mondo di andare all' estero per dodici mesi senza perdere l' anno di scuola nel proprio paese (vedere il riquadro a pag . 28) .
Cosi' , ogni estate c' e' un andirivieni di migliaia di teenager che attraversano gli oceani (e in particolare l' Atlantico , perche' gli scambi Stati Uniti Europa occidentale rappresentano la grande maggioranza del totale) per andare a sperimentare un anno di vita normale all' estero , ospiti di scuole e famiglie .
È un momento particolare nei rapporti fra Italia e Stati Uniti . Nell' ottobre scorso l' Achille Lauro e il quasi scontro fra carabinieri e marines a Sigonella ; in dicembre l ' attentato a Fiumicino ; in marzo la " piccola guerra " della Sirte fra le navi americane e la Libia ; in aprile , infine , il bombardamento di Tripoli ordinato da Ronald Reagan . In mezzo , tante incomprensioni piccole e grandi fra i governi di Roma e Washington .
Risultato finale : l' ostracismo decretato dai turisti americani verso l' Italia e l' Europa , un po' per paura dei terroristi palestinesi , un po' per punire la " mollezza " degli alleati . Vacanze disdette , aerei semivuoti , accuse di opportunismo pacioso da una parte e controaccuse di rambismo sfrenato dall' altra .
Anche gli scambi culturali giovanili sono stati colpiti dalla " paura d' Europa " che pervade l' America : le universita' statunitensi hanno dovuto cancellare molti " stage " estivi a Roma , Venezia e Firenze per il forfeit dei partecipanti .
" Noi invece non abbiamo risentito di queste paure " , assicura Roberto Ruffino , segretario generale di Intercultura , " perche' i nostri programmi sono di durata piu' lunga , da due mesi a un anno , i partecipanti sono molto motivati , vivono in famiglia e ricevono un' adeguata preparazione e assistenza " .
Ma come hanno vissuto quest' anno un po' particolare i giovani americani ospitati in Italia ? " L' unica cosa che mi e' dispiaciuta " , rivela Noah , che a Milano e' stato ospitato dalla famiglia di un funzionario dei Cigahotels , " e' stato quando alcuni giovani hanno bruciato in piazza la bandiera americana durante la manifestazione dopo l' attacco di Tripoli " .
Fino ad allora Noah aveva partecipato con entusiasmo a tutti i cortei dei ragazzi dell' 85 : " E stata un' esperienza bellissima , sono andato anche alla dimostrazione di Roma in novembre . Negli Stati Uniti gli studenti non fanno piu' manifestazioni " . Pero' subito aggiunge , con concretezza americana : " Peccato che non abbiamo raggiunto alcun risultato : a gennaio era tutto gia' finito , e la Falcucci e' ancora li " .
Anche Sarah Riegle , come Noah , ha passato l' anno al liceo scientifico Vittorini di Milano , con tanto di occupazioni e cortei . E quella manifestazione di aprile contro Reagan e' stata l' unica a cui non e' voluta andare : " Era troppo sbilanciata , avrebbe dovuto essere contro tutti e due , Stati Uniti e Libia . Anch' io comunque ero molto arrabbiata con Reagan , e adesso che ritornero' a casa , a Flint nel Michigan , penso che litighero' con mio padre , che e' un repubblicano ultraconservatore . Lui non lo sapeva , ma il padre della famiglia che mi ha ospitato qui , un dirigente d' azienda , era comunista e portava sempre a casa l' Unita' , oltre al Corriere della Sera . Per chi voterei in Italia ? Mah , tutti questi partiti mi confondono . Forse a sinistra , ma non per i comunisti . Negli Stati Uniti sara' un problema : io sono d' accordo con Reagan per la politica interna , per quella estera no "
E' difficile trovare nelle high school americane ragazzi di buona cultura come quelli che abbiamo incontrato . Ma , in confronto con le degradate scuole italiane , quelle americane suscitano rimpianto , se non altro per le strutture : " Li' possiamo stare a scuola al pomeriggio e fare sport , teatro , musica " , spiega Eugenie Seifer , dal New Jersey a Milano . " Poi alla sera ci sono le ' ' high school dances' ' e gli spettacoli . Invece qui bisogna stare cinque ore tutti nella stessa aula al mattino e poi via , ognuno per conto suo a casa a fare i compiti . La scuola italiana e' pesantissima e non favorisce l' amicizia , non c' e' l' orgoglio di stare in una scuola e di fare il tifo per la propria squadra " .
" E un sistema arcaico " , rincara Noah , " per esempio in fisica non abbiamo imparato quasi niente perche' non abbiamo mai fatto esperimenti , e perche' per due mesi il prof ha continuato a interrogare , senza andare avanti col programma . Invece da noi un giorno si fa un test scritto , e basta . Certo , anche le interrogazioni hanno i loro pregi , insegnano a fare un discorso . Ma non bisogna esagerare " .
" Pero' qui si studia filosofia , da noi no " , dice Sarah . " Il mio professore era un dio , ho imparato moltissimo sulla Grecia e su Roma antica " .
Heidi Steinmetz , che viene dalla Silicon Valley californiana , culla dei computer , se la prende soprattutto con le cose da imparare a memoria : " E importante soprattutto esprimersi e pensare , perche' con l' invenzione del computer non serve piu' memorizzare per poi dimenticare i fatti e le date " .
L' immagine tipica dell' Italia , fra i giovani statunitensi , e' ancora quella portata in America dagli emigranti del Sud contadino . " Ma e' un problema reciproco : lo stereotipo dell' Italia per noi e' il Sud , mentre per molti di voi tutta l' America e' Dallas " , nota Mark Johnson , dal Connecticut a Biella .
Dice Noah : " Andare al Sud per me e' stata un' esperienza stupefacente : l' Italia e' veramente divisa in due , e il Sud rappresenta sul serio un altro mondo , totalmente diverso . Sono rimasto affascinato dalla varieta' dei dialetti , diversi dappertutto : dimostrano tutti i millenni di storia che si porta dietro l' Italia , e che ho studiato con enorme interesse . Ma il problema principale del vostro paese , secondo me , e' proprio la disparita' fra Nord e Sud , che andrebbe risolta al piu' presto " .
Sarah : " Appena arrivata l' anno scorso mi hanno portato due settimane in Puglia , e li' la vita e' veramente lenta come immaginavo che fosse in tutta Italia . E ho perfino incontrato qualche tipica mamma italiana che dice ai figli ' ' Mangia gli spaghetti' ' . . . " .
June Sample ha passato un anno a Treviso , e denuncia : " Per uno straniero che va a vivere nel Veneto la prima cosa che colpisce e' il clamoroso pregiudizio , a volte perfino l' odio , dimostrato da parte dei veneti contro le famiglie di immigrati dal Sud . C' e' una vera e propria separazione sociale , e qualsiasi contatto reciproco fra i gruppi e' scoraggiato , specialmente quando si tratta dei rapporti fra i giovani " .
Conferma Sarah : " E vero , al Nord c' e' molto razzismo verso i ' ' terroni' ' : quando la mia classe e' andata in gita scolastica in Umbria non abbiamo mai parlato con una classe di napoletani che stavano nello stesso albergo . Anche da me a Flint il 70 per cento della popolazione e' nera , ma i piu' simpatici e popolari a scuola sono proprio i giovani di colore".
I giovani Usa descrivono le abitudini degli italiani con distacco quasi antropologico . Un luogo comune che non e' stato intaccato , ma anzi e' uscito rafforzato dal loro anno in Italia , e' la " dolce vita " . Dice Heidi : " La vita qui e' molto piu' tranquilla . Non voglio dire che gli italiani non lavorino e siano pigri , ma danno molta importanza ai rapporti umani e al vivere senza fretta e furia . Per esempio , anche durante il lavoro scambiano spesso due parole su argomenti personali , sulla famiglia o sulla salute . Per voi sono importantissime anche le piccole cose quotidiane : bere un caffe' in un bar , leggere il giornale , comprare il pane , il latte , la verdura . . . Anche nel tempo libero vi accontentate di piccole cose : fare una passeggiata di sera in centro , mangiare e parlare con gli amici , riposare . Da noi e' molto diverso , perche' pensiamo che non fare cose importanti sia uno spreco di tempo .
" Questo vale soprattutto nello sport " , continua Heidi : " Gli italiani preferiscono vedere le partite piuttosto che giocarle . I giovani non fanno molto sport , soprattutto perche' sono molto impegnati con lo studio . Il tempo libero non lo trascorrono in attivita' organizzate : preferiscono stare con gli amici , e questo significa ' ' andare in giro' ' . In pizzeria , in un bar o in un posto fisso all' aperto si divertono molto anche senza far niente di preciso , a loro basta ridere e scherzare . Spesso neanche alle feste ci sono giochi o balli organizzati , ma i giovani si divertono lo stesso fra loro , senza alcol o droga come in America " .
" Si " , conferma Karla Shreckengaust , da Kansas City a Biella , " perche' da noi non si puo' bere fino a 21 anni , pero' i ragazzi bevono lo stesso e si ubriacano spesso . Qui e' meglio : si puo' bere , e non ci si ubriaca . Si puo' andare al bar anche solo per un cappuccino " . Negli Stati Uniti i giovani non possono bere , ma hanno la patente a 16 anni : " Cosi' ci sono tanti incidenti quando i ragazzi bevono e guidano . Ma con la macchina c' e' anche piu' responsabilita " , spiega Karla . " Infatti molti studenti americani lavorano e contemporaneamente vanno a scuola , che e' obbligatoria fino ai 18 anni . Per noi e' un orgoglio non dover chiedere soldi ai genitori . Paghiamo per tutto : vestiti , trucco , benzina , assicurazione , parte del costo dell' universita' . . . " .
Molti dei ragazzi che sono tornati a casa si preparano a un' estate di lavoro : chi in una banca , chi in un bar o in un fast food , chi in un negozio . Il lavoro part time li' non e' difficile da trovare .
Altra grande differenza , l' amore : " Per voi e' una cosa molto seria " , dice Heidi , " non e' insolito trovare un ragazzo e una ragazza che stanno assieme per un paio d' anni " . " I ragazzi italiani non sono cosi' ossessionati dal sesso come quelli americani " , sostiene Eugenie . " Come no ? , i miei amici lo erano eccome " , ribatte Noah . " Si' , ma solo a parole . Qui sono piu' calmi , parlano tanto ma non fanno niente . Invece in America c' e' l' usa e getta . No , qui siete piu' romantici " .
Karla in Italia si trova meglio perche' baciarsi e' piu' normale , meno impegnativo : " Io e i miei amici in America siamo molto affezionati , ci baciamo spesso , anche fra ragazze . Cosi' ci hanno accusato di essere lesbiche . Ma poi pensano che sia impossibile essere amica di un ragazzo e baciarlo senza starci assieme . Qui invece e' normale dare baci agli amici , anzi , se non lo si fa e' un' offesa . Adesso non so cosa faro' quando tornero' : mi comporto come un' italiana o come un' americana ? Vedremo ! " .
Ragazzi , qual e' la cosa che vi e' piaciuta di piu' durante quest' anno in Italia ? " I tortelloni " . " L' antichita' del paese " . " L' unita' della famiglia italiana . Negli Stati Uniti ci sono troppi divorzi " , afferma Wendy Poole , da Malibu in California a Modena . E le canzoni ? " La musica italiana non la conosco , perche' tutti i miei amici qui ascoltavano musica americana " , dice Noah . Sarah : " Pino Daniele " .
E la cosa che vi e' piaciuta di meno ? " I padri troppo severi " , si lamenta il biondissimo Brett Gradinger , che dal Missouri e' arrivato fino a Lecco , acquistando un perfetto accento lombardo . " Il nepotismo " , denuncia Sara Donaldson , da Washington a Torino , " qui si va avanti solo per conoscenze . Io all' universita' voglio fare ingegneria , e quando dico a qualche italiano che mio padre e' docente di ingegneria mi sento rispondere : ' ' Ah , adesso capisco perche' . . . ' ' " . Eugenie : " La lentezza di tutto , la burocrazia . Per esempio , una volta sono dovuta andare in un ufficio sanitario , quello con tre lettere . . . si' , la Usl . Dovevo fare una iniezione contro l' allergia , e mi hanno fatto fare file , riempire moduli e mettere timbri per due ore . E poi , qui a Milano stanno costruendo il metro' , no ? Quanti anni fa hanno cominciato ? E quando finiranno ? Fra due anni ? Mah . . . " . E per fortuna che Eugenie non conosce la storia dei metro' di Roma e di Napoli .
Alcuni vorrebbero che per prima cosa venisse restaurata Venezia , altri si preoccupano per i bimbi che chiedono l' elemosina di fronte alla stazione Termini a Roma . Ma nessuno , proprio nessuno , ha mai sentito contro di se' l' ombra di un antiamericanismo anche solo accennato . Eppure , dopo la strage di Fiumicino dello scorso Natale a molti di loro sono arrivate dagli Stati Uniti lettere o telefonate preoccupate dei genitori . " Non ho mai temuto niente " , assicura invece Brett , " anche perche' lo scontro Usa Libia non mi riguardava " . Come , Brett , non sei un patriota ? " Si' , si' , certo che lo sono " , si affretta a precisare , " ma io ero in Italia e non ci potevo fare assolutamente nulla " .
" Quando sono stata a Napoli " , racconta Wendy , " ho visto un gruppo di soldati americani assai grezzi , completamente ubriachi , che davano fastidio alla gente e che certo non hanno fatto fare una bella figura all' America . Il fatto e' che molti americani purtroppo pensano di essere superiori , i migliori " . " I soldati americani sono convinti che il loro compito e' quello di distruggere il comunismo nel mondo " , dice scettica Sarah . " Mio fratello e' andato volontario nella marina , adesso e' in Giappone . Io glielo dico sempre : mi raccomando , sta' attento a non fare la figura dell' ' ' Ugly american' ' , del cattivo americano " .
Adesso questi ragazzi americani sono tutti tornati a casa , e stanno raccontando il loro anno a parenti e amici : Sarah fra le macchine della General Motors di Flint , Noah fra i boschi del Massachusetts , Wendy sulla spiaggia di Malibu , Eugenie nel suo New Jersey , vicino a Bruce Springsteen , Brett e Karla sulle rive del Missouri . . . Racconteranno anche che l' Italia non brulica di terroristi , e che c' e' stato solo un piccolo cambiamento nel loro programma di quest' anno : sono ritornati a casa prendendo l' aereo a Milano invece che a Roma . Per non impressionare nessuno con il nome " Fiumicino " .
Mauro Suttora
Saturday, July 05, 1986
I ventenni di Vicenza
Gente di provincia. Un' inchiesta rivela il vero volto dell' Italia che cresce piu in fretta
Divertimenti, famiglia, partiti, religione . . . Nel pianeta dei ventenni di Vicenza un professore inglese scopre molte verita' sulle regioni a piu' rapido sviluppo: Percy Allum e Ilvo Diamanti, sociologi, pubblicano per le Edizioni Lavoro un libro intitolato '50/'80 vent' anni
Europeo, 5 luglio 1986
di Mauro Suttora
"Atolaria la Vespa che la me piasaria tanto " : prenderei la Vespa che mi piacerebbe tanto . Questo il desiderio supremo di un muratore diciassettenne di Velo d' Astico (Vicenza) , consegnato alla storia nel 1954 in risposta a un questionario delle Acli . La domanda era : " Se il tuo stipendio fosse superiore ai bisogni personali o familiari , come impiegheresti quello che ti resta ? " . Le altre domande riguardavano il lavoro , la famiglia , la religione , la politica : una profonda ricognizione , insomma , sulla vita e i valori di quasi mille giovani dai 14 ai 26 anni nella provincia di Vicenza . E un campione rappresentativo di una zona d' Italia dominata allora come oggi dalla cultura cattolica e caratterizzata dall' economia diffusa di quelle imprese piccole e piccolissime che formano la " terza Italia " (Triveneto , Emilia , Toscana , Umbria , Marche) industrializzatasi lentamente e felicemente nel dopoguerra .
La preziosa indagine delle Acli e' stata riscoperta dopo trent' anni , sepolta negli archivi dell' organizzazione dei lavoratori cattolici , da Percy Allum e Ilvo Diamanti . Allum , docente all' Universita' di Reading , vicino a Londra , e' uno di quegli inglesi che , come lo storico Denis Mack Smith , conoscono l' Italia meglio di molti italiani : e' stato editorialista dell' Europeo e di Repubblica , e i suoi libri sulla Napoli del dopoguerra e Anatomia di una repubblica sono letti da tutti gli studenti di cose italiane nelle universita' d' Europa e d' America .
Da qualche anno trascorre lunghi periodi a Vicenza per analizzare a fondo le radici dell' ormai quarantennale potere democristiano in Italia e adesso , assieme a Diamanti (professore di sociologia a Padova) , pubblica un nuovo libro il cui titolo , ' 50 ' 80 vent' anni (Edizioni Lavoro) , e' solo apparentemente un errore tipografico . I vent' anni , infatti , non sono quelli fra il 1950 e il 1980 , ma l' eta' media dei giovani di Vicenza ai quali i due studiosi hanno riproposto oggi , un po' ampliato , il sondaggio del 1954 .
Ecco cosi' delinearsi due fotografie , abbastanza nitide , di quello che sono e pensano i giovani di oggi rispetto a quello che erano e pensavano i loro genitori quando avevano la stessa eta' . Che cos' e' cambiato a Vicenza e provincia negli ultimi trent' anni ? Molto . Negli anni Cinquanta i giovani contadini rappresentavano un quarto degli intervistati , oggi solo il 4 per cento . Inversamente , sono aumentati gli studenti : erano appena quattro su cento nel 1954 , adesso rappresentano un terzo del campione . Ma , soprattutto , questo periodo ha visto l' esplodere dell' industria . E a Vicenza quest' esplosione ha riguardato settori ad alta intensita' di lavoro con contenuti tecnologici relativamente bassi , oltre al tanto celebrato artigianato orafo .
Non c' e' stata rottura con l' assetto preesistente : e' nata la figura del " metalmezzadro " . Non c' e' da stupirsi quindi se , scendendo nel dettaglio , gli atteggiamenti dei giovani vicentini di oggi mostrano sorprendenti analogie con quelli dei loro coetanei di trent' anni fa .
Lavoro .
In provincia di Vicenza attualmente i giovani occupati sono il 15 per cento in piu' della media nazionale . Poca disoccupazione , quindi , e anche meno scuola : solo un 34 per cento di studenti , contro la media nazionale del 44 . In questo campo c' e' soddisfazione generalizzata , esattamente come trent' anni fa : entrambe le generazioni , infatti , rispondono per i tre quarti positivamente alla domanda : " Sei contento del tuo lavoro ? " . Nel 1954 gli unici infelici sono i contadini : " Si vive solo se si fa economia , senza vizi , senza divertimenti , con 12 ore di lavoro al giorno . Siamo quasi non compresi , per lo piu' considerati come ignoranti perche' molte volte non vestiamo bene e alla sera andiamo al bar " , scrive un giovane agricoltore di Schio . E la meta' dei giovani operai , pur ammettendo di aver scelto il proprio lavoro e dichiarandosene soddisfatti all' 80 per cento , considera il lavoro pesante e la paga scarsa : " Non sono contento " , scrive un meccanico di Marano , 19 anni , " dopo 10 ore faticose di essere calunniato e insultato dai padroni " .
Negli anni Ottanta la situazione felice dell' occupazione giovanile a Vicenza si riflette anche sui giudizi singoli : solo il 18 per cento ritiene il lavoro " una necessita' che purtroppo impedisce di vivere appieno " , mentre la stragrande maggioranza dei giovani lavoratori considera il proprio impiego come una libera scelta , una buona fonte di reddito , un luogo di incontri , rapporti umani e amicizia in un ambiente salubre . E , sia trent' anni fa sia oggi , una forte spinta all' iniziativa individuale , al lavoro autonomo : " Lavorare un po' di anni , imparare il lavoro , mettere da parte un po' di soldi e aprire un negozietto . . . " , sogna un apprendista orafo di 17 anni di Vicenza .
Tempo libero .
Trent' anni fa 44 su cento rispondevano " in famiglia " alla domanda " Come impiegheresti il tempo libero se ne avessi di piu' ? " . Allo sport andava il 45 per cento , a libri , riviste e gite il 36 , alle attivita' di assistenza il 27 e agli amici solo il 26 . E i soldi in piu' ? " Per l' avvenire " , si proponeva il 35 per cento , contro solo un 21 per cento di cicale disposte a spenderli in attivita' di piacere e in consumi puri e semplici . Ma anche oggi , nonostante la maggiore disponibilita' di tempo libero e di soldi , i giovani vicentini non praticano i " consumi vistosi " e continuano a spendere con grande prudenza . Proprio nell' anno della prima indagine , il 1954 , arrivava in Italia la televisione , e oggi stare di fronte al piccolo schermo e' il principale svago per il 70 per cento della gioventu' di Vicenza .
Per quanto riguarda le aspirazioni all' uso del tempo libero , comunque , in testa ci sono musica e amici . E nello spendere le loro 60 mila lire mensili (in media) che emerge la sobrieta' dei vicentini in erba . Dopo aver dato molti soldi in famiglia , piu' dei due terzi del loro stipendio , essi infatti affermano di impiegare i soldi in eccedenza soprattutto nel risparmio (56 per cento) , nella solidarieta' assistenziale (31) , nel farsi una casa propria (26) e nell' investimento in attivita' commerciali imprenditoriali (22) . Gli unici consumi " frivoli " (vestiti , stereo , dischi) sono terzi in graduatoria con il 28 per cento , mentre libri e giornali ottengono 4 punti in meno di preferenza . I luoghi di incontro con gli amici sono soprattutto le case private (19 per cento) , bar e pizzerie (19) e gli oratori (15 ) .
Alta l' esposizione ai mass media : oltre alla tv , il 60 per cento dei giovani legge spesso un giornale . Siamo nella media europea (un' indagine di Jean Stoetzel del 1984 assegna ai quotidiani un 57 per cento di lettori giovani regolari) , e naturalmente c' e' stato un grosso aumento rispetto agli anni Cinquanta , favorito dall' aumento della scolarita' . In particolare , i quotidiani locali (Il Giornale di Vicenza e Il Gazzettino) sono letti da 76 giovani su cento , (contro il 51 per cento nel 1954) , quelli nazionali dal 65 per cento (2 per cento) , la stampa cattolica (Famiglia Cristiana) dal 54 (9) , quella d' opinione (Europeo , Panorama) dal 45 (20) , i fumetti dal 44 (4) e i giornali sportivi dal 37 (solo dai maschi) , contro un 5 per cento del 1954 .
Famiglia .
Si trova in una situazione paradossale : nonostante la crisi di cui tanto si e' parlato negli ultimi vent' anni , nove giovani su dieci a Vicenza continuano a metterla al primo posto fra le istituzioni e i gruppi di cui hanno fiducia , e ci stanno senza troppe frizioni fino ai 25 30 anni . L' armonia e' notevole : alla domanda " Come ti trovi in famiglia ? " il 40 per cento ha risposto " bene " , il 42 " discretamente " e appena l' 8 " male " . E la stessa coesione degli anni Cinquanta : l' 85 per cento andava d' accordo col padre , l' 83 con i fratelli . Allora la famiglia rappresentava il centro della vita di ogni giovane , adesso invece si richiedono ancora alla famiglia affetto e aiuto materiale , ma con una forte dose di autonomia reciproca .
Religione .
" La ne ciava e la ne roba tutti i schei , perche' i ghe ne occore per dare a che la bruta troia de Chiesa " : questo drastico giudizio sulla Democrazia cristiana espresso nel questionario del 1954 da un giovane di Schio non rappresentava certo lo stato d' animo generale dell' epoca . A Vicenza infatti la religione e la Chiesa cattolica costituivano , piu' di qualsiasi altra istituzione , partiti compresi , la base dell' organizzazione sociale . Negli ultimi vent ' anni quest' egemonia sulla societa' e' venuta meno . " Ma non c' e' ostilita' nei confronti della Chiesa " , afferma Allum . I sacerdoti sono apprezzati piu' come assistenti sociali o animatori culturali che come " ministri di Dio " . " Aiutano a essere piu' leali , piu' sinceri , piu' attaccati al benessere della nostra patria , della famiglia e dell' anima " , diceva un contadino diciassettenne di Lugo nel 1954 . Ma anche oggi il 42 per cento dei giovani ammette che la religione ha aiutato le proprie scelte di vita . Non per niente il 35 per cento si dichiara praticante e un altro 48 per cento credente . Fra i minori di 19 anni la quota di credenti e praticanti sfiora addirittura il 90 per cento .
Politica .
In un contesto totalmente differente da quello degli anni Cinquanta , con la Democrazia cristiana che non e' piu' il comitato elettorale della diocesi ma un' organizzazione di burocrati , i giovani continuano comunque a garantire al partito cattolico la maggioranza assoluta . La repulsione per i partiti e' quasi totale : infatti l' 80 per cento (contro il 60 di trent' anni fa) considera doveroso partecipare alla vita politica , ma solo l' 8 per cento (contro il 19 del 1954) e' disposto a iscriversi a un partito . Questa estraneita' pero' non diventa astensione alle elezioni , perche' i giovani sono ben consci dell' importanza del voto : quasi un terzo lo indica come il maggiore mezzo di partecipazione . Ma i due strumenti piu' scelti sono l' " informazione " (61 per cento) e la partecipazione a gruppi locali nel quartiere , nel paese , in citta' (69 per cento) . Infatti molti si danno da fare nei gruppi di volontariato ed ecologici (solidarieta' " corta " , pragmatica , di cui si vedono i risultati) .
Mauro Suttora
Wednesday, July 02, 1986
Diventeranno famosi: Franco Porcelli
Europeo, luglio 1986
Sono ormai molti gli italiani che da giovani hanno approfittato della possibilita' , fornita da un Regio decreto del 1925 , che permette di fare un anno di scuola superiore all' estero senza perdere l' anno in Italia . Fra i pionieri degli anni Cinquanta sono stati " foreign exchange student " negli Stati Uniti e in altri paesi di tutto il mondo anche nomi poi diventati famosi , come il segretario liberale Renato Altissimo , il giornalista Gianluigi Melega o il deputato dc Angelo Sanza ; piu' recentemente hanno frequentato l' ultimo anno della " high school " americana (che dura 4 anni) i rampolli Barilla e Bassetti , nonche' il cardiochirurgo Carlo Marcelletti , primario del Bambin Gesu' a Roma .
Molti di questi studenti mantengono anche in seguito forti legami con gli Stati Uniti : e' il caso , per esempio , di Franco Porcelli , un brillante ventisettenne di Novara che dopo un anno passato in Massachusetts e' tornato in Italia , si e' laureato in fisica alla Normale di Pisa ed e' quindi ripartito per Boston , dove adesso lavora al prestigioso Mit (Massachusetts Institute of technology) nell' equipe che si occupa della fusione atomica . Sono due le organizzazioni piu' rodate che in Italia si occupano di questi scambi (oltre ai rotariani , che hanno un programma riservato ai figli dei soci) : Intercultura (piazza S . Pantaleo 3 , Roma Tel . 06 6877241) e Afsai (via S . Alessio 24 tel . 06 5740405) . Il costo di un anno all' estero varia da uno a sette milioni , secondo il reddito familiare , e sono disponibili numerose borse di studio . All' estero si e' ospitati da famiglie accuratamente selezionate , ma che non ricevono alcun compenso , e lo stesso avviene in Italia : Intercultura e Afsai sono quindi in perenne ricerca di famiglie italiane che accolgano per un anno un ragazzo straniero .
Per partecipare alla selezione bisogna avere 16 anni , superare degli esami e disporre di un buon curriculum scolastico . Non e' necessario conoscere benissimo la lingua del paese ospitante . dopo i primi due mesi di parmanenza , volenti o nolenti , la si impara automaticamente . Prima di partire si svolgono numerosi incontri di preparazione , cosi' come alla fine dell' anno ci sono incontri di valutazione . Durante il periodo trascorso all' estero , poi , sono numerosi i week end di riunioni e le feste organizzate per far incontrare gli studenti stranieri . Negli Stati Uniti si frequenta una normale scuola superore (con contorno di partite di football , basket e baseball) , e si prende il diploma di " high school " come un qualsiasi ragazzo americano . L' Afsai organizza anche soggiorni di lavoro sociale in Scandinavia , mentre Intercultura offre programmi estivi di due mesi da e per gli Stati Uniti .
Mauro Suttora
Saturday, June 28, 1986
Scuola superiore di Pubblica amministrazione
Saturday, March 29, 1986
Saturday, March 15, 1986
Filippine, cade Marcos: parla Gene Sharp
Un grande esperto di disobbedienza civile nonviolenta spiega la rivoluzione filippina
di Mauro Suttora
Europeo, 15 marzo 1986
(Il 25 febbraio 1986 il presidente delle Filippine Ferdinand Marcos scappa all'estero dopo un'imponente rivolta popolare pacifica. Gli succede Corazon Aquino)
La nonviolenza ha vinto nelle incredibili giornate di Manila. Com'è potuto accadere? Ecco il parere di Gene Sharp, 58 anni, professore all'università di Harvard (Usa), massimo teorico vivente delle pratiche gandhiane:
"Azione nonviolenta è un termine generico che comprende moltissime tecniche di protesta, non collaborazione e intervento. Ma non si tratta di un metodo passivo: non è assenza di azione, è un'azione che è nonviolenta. Il suo presupposto è molto semplice: i sudditi hanno la possibilità di disobbedire alle leggi e ai governi che non accettano, perché il potere è in realtà nelle loro mani".
Anche nel caso di una dittatura?
"La servitù è sempre volontaria, in misura maggiore o minore. Lo constatava già nel XVI° secolo il filosofo francese Etienne de la Boétie, e prima di lui perfino Niccolò Machiavelli, quando scriveva che il Principe 'quanta più crudeltà usa, tanto più debole diventa il suo principato'.
Quando il consenso viene tolto, anche il peggior tiranno diventa un uomo qualsiasi. Il potenziale militare del governante può rimanere intatto, i suoi soldati incolumi, gli edifici del governo intatti, ma tutto è cambiato. È una legge scientifica.
È capitato in India con Gandhi, in Iran contro lo Scià nel 1978, e adesso nelle Filippine. Ma il primo episodio di disobbedienza civile collettiva registrato dalla storia accadde proprio da voi, a Roma, nel 494 avanti Cristo. Quando ai plebei, invece di uccidere i consoli, bastò ritirarsi sul Monte Sacro per ottenere maggiori diritti. E nessuno lo ricorda mai, ma anche la prima rivoluzione russa del febbraio 1917, quella menscevica, fu prevalentemente nonviolenta".
Invece in Cecoslovacchia nel 1968 e in Polonia nel 1980-81 i nonviolenti hanno perso.
"Sì, ma in Cecoslovacchia i sovietici riuscirono a normalizzare la situazione soltanto nell'aprile 1969, dopo otto mesi di resistenza. E in Polonia Solidarnosc è ancora attivissima, seppur nella clandestinità.
L'azione nonviolenta è un metodo: si può vincere, si può perdere. Ma, in ogni caso, quante vite si risparmiano usando le armi della nonviolenta? L'esempio delle Filippine, inoltre, sfata un luogo comune: che la nonviolenza possa avere successo solo in tempi molto lunghi. Sono bastati 18 giorni a Corazon Aquino per vincere".
Mauro Suttora
Saturday, March 08, 1986
Tra noi c'è un solo abusivo: la legge
NUOVI SOVVERSIVI/RAPPORTO DAL PAESE CHE GUIDA LA RIVOLTA DOPO IL CONDONO
Vittoria, in provincia di Ragusa, vanta due record: è la città più comunista d'Italia, e la più affollata di edifici illegali. Il suo sindaco ha guidato la marcia su Roma. Siamo andati a fare i conti in tasca a chi sostiene di non avere i soldi per fare il dovere di cittadino
di Mauro Suttora
foto di Maurizio Bizziccari
Europeo, 8 marzo 1986
Saturday, February 15, 1986
Italiani addestrano i piloti libici
SANNO FARE I KAMIKAZE, NON SANNO FARE LA GUERRA
I Mig e i Mirage di Gheddafi ronzano minacciosi sul Mediterraneo. Ma chi è ai comandi ci sa fare davvero? Abbiamo scovato il maestro. Ecco quel che ha visto e insegnato
di Mauro Suttora
Europeo, 15 febbraio 1986
Saturday, November 30, 1985
Saturday, November 09, 1985
Il fascino insistente dell'autonomia
Saturday, September 14, 1985
Leonardo, dai, vinci!
Saturday, August 17, 1985
Brucia Africa, brucia
Saturday, August 03, 1985
Dopo la tragedia della val di Fiemme/Cosa insegna il Vajont
VENTIDUE ANNI DOPO, GIUSTIZIA NON È FATTA
A Longarone sono arrivati molti miliardi e qualche scandalo. C’è stato il baby boom. C’è una chiesa monumento dove sostano i turisti. E c’è una lunga storia giudiziaria. Così lunga che non è ancora finita
dall’inviato Mauro Suttora
Europeo, 3 agosto 1985
“La lezione del Vajont non è servita a niente. Di fronte a disastri come quello di Tesero proviamo solo un’enorme amarezza e rabbia. Perché in realtà i disastri naturali non esistono: la causa è sempre l’uomo. Altro che protezione civile! Ci vogliono previsione e prevenzione prima, non protezione dopo”.
Chi pronuncia queste parole è un prete di 41 anni, don Giuseppe Capraro, nella sua casa di Longarone (Belluno). Quella sera di 22 anni fa, quando ci fu la strage con duemila morti, lui si salvò perché era in seminario a Belluno.
Longarone si trova a poche decine di chilometri da Tesero, due valli più in là. Ma mentre la val di Fiemme è un paradiso di pinete, quella del Piave è aspra e ingrata: montagne ripide e sassose, turisti pochi. Se si passa di lì, è solo per andare in Cadore e a Cortina.
L’autostrada Venezia-Monaco, promessa da vent’anni, si blocca a Vittorio Veneto. Il treno per Calalzo arranca, e ogni volta che si ferma alla stazione di Longarone ai passeggeri che si voltano a guardare la diga del Vajont ancora intatta (l’ondata, sollevata dalla frana del monte Toc, volò sopra lo sbarramento) viene sempre un brivido.
La sorella di don Giuseppe, Elsa, fa la centralinista. Esattamente come nel 1963. L’acqua entrò dalla finestra della sua casa, ma lei si salvò. Nel centro del paese, 2000 abitanti, questa fortuna capitò soltanto ad altri duecento. “Dopodiché, qualcuno mi accusò di essermi salvata perché avrei ascoltato delle telefonate che preannunciavano la sciagura”, racconta Elsa Capraro. La sua vecchia casetta è rimasta in piedi, ed è tuttora una delle più carine del paese.
Tutto il resto è soprattutto cemento. Su via Roma, la strada principale, incombono palazzine fitte, alte 4-5 piani, che soffocano qualche stitico alberello. Più che un paese predolomitico ricostruito a nuovo, sembra una periferia di Roma impestata dalla speculazione. Speculazione. Quando sentono questa parola, i longaronesi diventano guardinghi. Perché dopo la tragedia dell’alluvione in questi 22 anni c’é stata anche la tragicommedia degli scandali.
“Niente imposte per dieci anni per tutti gli abitanti e le imprese del luogo”, decretò il governo nel 1964. Giustissimo. Però non furono pochi i casi di persone e aziende che piombarono a trapiantarsi a Longarone solo perché la ritenevano una nuova Montecarlo. Come in Friuli dopo il terremoto del 1976, anche qui il cocktail di aiuti statali e di operosità degli abitanti ha prodotto ricchezza. In pochi anni, grazie agli immigrati dal basso Veneto, gli abitanti del paese, frazioni comprese, ridiventarono 4500. Ci fu anche un baby boom, e adesso le scuole sono piene zeppe.
La vita continua, come sempre. E meglio di prima. Se non fosse per quelle ombre di truffe, peculati, concussioni che si aggirano per il paese. Ancora l’anno scorso nove politici locali sono stati rinviati a giudizio per le assegnazioni delle case popolari Iacp. Prima, professionisti condannati per aver dirottato in Svizzera soldi ricevuti dallo stato. “Colpa delle lungaggini burocratiche se le aziende già finanziate non furono mai realizzate”, si sono difesi. La Siderurgica Landini, per esempio: inghiottì 13 miliardi prima di scomparire nel nulla.
Poi ci sono le divisioni politiche paesane. Perché a Longarone la democrazia funziona, destra e sinistra si alternano alla guida del Comune. Adesso il sindaco è democristiano: alle ultime elezioni Dc, Psdi e Pri hanno avuto il 60%, contro il 25 del Pci e il 15 al Psi. Ma prima c’era una giunta rossa, e anche all’epoca della catastrofe il sindaco era socialista. Con l’alternanza delle giunte c’è stata anche l’alternanza dei progetti di ricostruzione.
L’iniziale piano di Giuseppe Samonà, considerato troppo avveniristico e “di sinistra”, venne accantonato dai democristiani quando tornarono al potere: “Erano solo dei bunker di cemento, rischiammo di fare da cavie per gli esperimenti degli architetti”, dice l’attuale vicesindaco dc, l’avvocato Franco Trovatella, 49 anni. Nella tragedia perse tutti i familiari. Lui quella sera era andato a trovare la fidanzata, oggi sua moglie, in un paese vicino.
Comunque, nonostante le divisioni politiche, estetiche e anche etniche (fra i sopravvissuti che volevano “tutto come prima” e i ‘foresti’ arrivati dopo), la ricostruzione fu completata in pochi anni.
Non così il processo. Giustizia, per il Vajont, non è stata ancora fatta. Questo è l’aspetto che più interessa oggi, perché Tesero non è da ricostruire com Longarone, ma giustizia la reclamano tutti. Ebbene, ci credereste? Il processo per i danni civili è ancora aperto, a Firenze. “Per la prima volta nella storia giudiziaria italiana”, dice il vicesindaco Tovanella, “è stato riconosciuto ai comuni colpiti dalla strage il diritto non solo al risarcimento danni ai beni e alle persone, ma anche quello dei danni morali”. I quali però non si sa ancora a quanto ammontino.
L’Enel fu particolarmente sfortunato: con la nazionalizzazione dell’elettricità nel 1963, solo sette mesi prima del disastro, rilevò la diga del Vajont dalla società privata Sade, poi assorbita da Montedison. Nel 1969 offrì ai privati una transazione di dieci miliardi in cambio della rinuncia al risarcimento. Cosa che avvenne, ma senza cancellare la responsabilità nei confronti del comune di Longarone. E infatti nel 1983 Montedison è stata condannata a pagare una ventina di miliardi a Longarone.
Adesso è in discussione la cifra che Enel e Montedison devono ancora versare a Longarone (Enel tenta di scaricare tutto su Montedison, e viceversa), nonché il risarcimento ad altre amministrazioni statali come le Ferrovie, che ebbero binari cancellati per chilometri.
Ma il capolavoro d’ingiustizia fu il processo penale. Poi a venne trasferito da Belluno all’Aquila per “legittima suspicione”: si temeva che i sopravvissuti di Longarone e degli altri paesi colpiti, Erto e Casso, facessero troppo casino durante le udienze.
Dopo questa sterilizzazione geografica il processo s’impantanò nei tempi lunghi, rischiando la prescrizione. Nel 1971, otto anni dopo la strage, la sentenza definitiva. Condannati solo due imputati su otto: l’ingegnere Enrico Biadene, direttore idraulico della diga ormai settantenne, a due anni; e Francesco Sensidoni, ispettore del Genio civile, a otto mesi. Un po’ poco per un “eccidio premeditato”, com’è scritto su una lapide del cimitero di Longarone.
E adesso? Come scorre la vita nel paese distrutto e ricostruito? La nuova chiesa è stata inaugurata solo due anni fa, ma fa bella mostra di sé in tutta la valle: sembra un ufo, un museo Guggenheim atterrato sulle sponde del Piave. È costata un miliardo e 300 milioni, viene visitata ogni anno da migliaia di turisti che si fermano andando a Cortina.
“La chiesa è l’antidiga, il suo cemento bianco rappresenta la vita, contro quello grigio della diga della morte”, dice enfatico don Capraro. “È troppo grande, d’inverno è fredda”, replicano più prosaicamente alcuni fedeli. Il parroco la controlla dall’interno della sua nuova immensa canonica, con una tv a circuito chiuso.
Probabilmente per le esigenze del paese (siamo in zona ‘rossa’, la religiosità qui è minore che nel resto del Veneto) basterebbe e avanzerebbe la cappella sotterranea Kolbe. Ma la chiesa di Longarone è anche un monumento: “E la parola ‘monumento’”, dice don Capraro, “deriva dal latino monere, ammonire. Il monito del Vajont è: la vita umana innanzitutto”.
Saturday, June 29, 1985
Non si vive di sola mente
Wednesday, April 10, 1985
Gesualdo Bufalino: "Per noi comisani la base non esiste"
intervista allo scrittore Gesualdo Bufalino
di Mauro Suttora
Il Messaggero, 10 aprile 1985
"Per noi comisani la base non esiste. Anzi, può darsi che non esista davvero: nessuno, tranne gli americani, è mai entrato nel suo cuore intimo, dove sono custoditi i missili atomici. Gli operai e i militari italiani sono addetti a servizi secondari, non sanno niente. Quanto agli americani, chi li vede mai qui in paese? Vanno in giro a gruppi di tre o quattro, ogni tanto, tutti assieme..."
Saturday, March 02, 1985
Se sei verde ti tirano la Petra
Saturday, February 23, 1985
Indovina chi serve a cena
BON TON/ LA TROVATA DI UNA SIGNORA MILANESE
Indovina chi serve a cena
di Mauro Suttora
Europeo, 23 febbraio 1985
Nome: Lalla Jucker. Classe: buona borghesia lombarda. Hobby: cucinare per conto terzi. È già una cosa strana. Ma la vera sorpresa è sotto lo smoking impeccabile dei suoi giovani camerieri