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Wednesday, February 04, 2015

Mattarella privato

Il presidente Sergio Mattarella, un uomo solo al Quirinale

E ORA CHE COSA FARÀ QUESTO DEMOCRISTIANO ATIPICO? SARÀ UN CAPO DELLO STATO RIGOROSO E DI POCHE PAROLE. 
CON DUE DOLORI NEL CUORE: L'ASSASSINIO DEL FRATELLO DA PARTE DELLA MAFIA E LA MORTE DELL'AMATA MOGLIE

Oggi, 4 febbraio 2015

di Mauro Suttora

È il terzo presidente della Repubblica vedovo nella storia d'Italia. Sua moglie, l'amata Marisa, è scomparsa due anni fa. Per il dolore Sergio Mattarella ha lasciato il loro appartamento romano in via della Mercede (dietro a largo del Nazareno, sede Pd), e si è rintanato nella foresteria di 50 metri quadri che la Corte Costituzionale offre a ognuno dei suoi 15 giudici. 

Mattarella vi era stato eletto cinque mesi prima della morte della moglie. Ora, con l'elezione al Quirinale, non scenderà più da quel colle fino al 2022. I palazzi di Presidenza e Consulta, infatti, sono prospicienti. Gli altri presidenti vedovi, Giuseppe Saragat (in carica del 1964 al '71) e Oscar Luigi Scalfaro (1992-'99), ricorrevano alle figlie Ernestina e Marianna per le cerimonie in cui è necessaria una presenza femminile: quando un altro capo di Stato si presenta con la first lady , è gentile fare da pendant almeno con una " first figlia"». 

Si prepari quindi Laura, avvocato, moglie di un dirigente informatico dell'Autorità della privacy, tre figli. Uno di loro, il liceale Manfredi, alla faccia della privacy ha già giocato uno scherzo al nonno: ha postato sulla propria pagina Facebook le foto in cui tutti i Mattarella hanno seguito in tv dalla casa di Laura sulla via Flaminia lo spoglio del voto presidenziale. Manco fosse la finale dei Mondiali, alla faccia della riservatezza che sembrava proverbiale in famiglia: Sergio non ha mai partecipato a un talk show , mai una sola dichiarazione negli ultimi sette anni. 

NIENTE CHIACCHIERICCI SU TELEFONINI E RETE 
O forse Mattarella ha dato furbamente al nipote il permesso di pubblicare le foto al nipote, per smentire la propria totale disconnessione con il chiacchiericcio "social" sugli smartphone, in cui invece sguazza felice il premier Matteo Renzi che l'ha fatto eleggere. Purtroppo la realtà ha picchiato duro su questo siciliano timido. Il 6 gennaio 1980 la Befana gli portò in regalo il corpo del fratello Piersanti, presidente della regione Sicilia, colpito da otto proiettili mafiosi. Dovette estrarlo lui dall'auto e portarlo in ospedale perché l'ambulanza non arrivava. 

Quella foto oggi fa il giro del mondo, e per lui rappresentò la condanna a lasciare a 38 anni l'insegnamento giuridico. Come i Kennedy in America, come i Gemayel in Libano, il fratello minore che raccoglie l'eredità politica di famiglia. Per i Mattarella, una storia che risale a quasi un secolo fa, quando papà Bernardo divenne segretario del Partito popolare nella sua Castellamare del Golfo (Palermo). Dopo la Liberazione, Mattarella senior è stato capo Dc, deputato dalla Costituente alla morte (1971) e potente ministro per vent'anni. Con annessi e connessi, per chi fa politica laggiù: accuse di contiguità alla mafia sempre respinte ai mittenti: Danilo Dolci, Gaspare Pisciotta, Joe «Bananas» Bonanno. 

Anche oggi Mattarella è attentissimo a ogni soffio di maldicenza. Ha mandato una cortese lettera al Fatto Quotidiano precisando di essere stato completamente scagionato da un'accusa del 1992: avere ricevuto 3 milioni in buoni benzina come contributo elettorale (lecito) da un costruttore poi condannato per concorso in mafia. Egualmente, suo fratello Antonino ha smentito allo stesso giornale di avere compiuto illeciti in compravendite di palazzi. 

Così, a chi volesse attaccare un dc specchiato come il neopresidente, non resta che ripiegare sul figlio Bernardo Giorgio. Ottimo professore di Diritto amministrativo, master a Berkeley, oggi anche capo dell'ufficio legislativo del ministero della Funzione pubblica retto da Marianna Madia. Compenso: 125 mila euro annui. Madia è l'ex fidanzata di Giulio Napolitano (figlio dell'ex presidente). Il quale, come Mattarella quarto, è allievo prediletto di Sabino Cassese, anch'egli giudice costituzionale con papà Sergio. Inevitabili connessioni familiari nelle classi dirigenti romane. 

Su tutto, però, fra premio il beau geste del luglio 1990: quando il ministro Mattarella si dimise contro la legge Mammì, regalo alle tv di Silvio Berlusconi. Riuscì a tornare al governo soltanto otto anni dopo, come vice del premier Massimo D'Alema. E adesso, dopo l'impeccabile esordio a base di Panda e Fosse Ardeatine, il presidente potrà di nuovo acquistare punti presso un'opinione pubblica imbestialita contro furti e sprechi dei politici. Per esempio, riducendo gli sfarzi del Quirinale.
Mauro Suttora 

Saturday, June 28, 1986

Scuola superiore di Pubblica amministrazione

Ambizioni nazionali. I supercorsi che formano i manager dello stato

NON BASTA ANDARE A CORTE PER SERVIRE LA REPUBBLICA

Quattro sedi, di cui una nella reggia dei Borboni a Caserta. Ma pochi mezzi. La scuola della pubblica amministrazione dovrebbe preparare commis d'Etat, come l'Ena francese. Invece sforna burocrati delusi. Ecco perché

di Mauro Suttora

Europeo, 28 giugno 1986  

"Gli presentano il progetto per lo snellimento della burocrazia. Ringrazia vivamente. Deplora l'assenza del modulo H. Conclude che passerà il progetto, per un sollecito esame, all' ufficio competente, che sta creando".

Questa surreale citazione, estratta dal Diario notturno di Ennio Flaiano, la troviamo a pagina 13 del libretto con cui si presenta al pubblico la Scuola superiore della pubblica amministrazione. Ai dirigenti della scuola non difetta il senso dell'humour e dell'autoironia: prendere in giro se stessi non è facile per nessuno, men che meno per dei sussiegosi burocrati statali. Ai quali per di più, poche settimane fa, è toccato ingoiare l'ennesima pillola amara: una ricerca dell'Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) ha decretato che l'Italia ha il primato negativo europeo in fatto di formazione del personale pubblico. 

Sabino Cassese, professore di diritto amministrativo all'Università di Roma, uno dei massimi conoscitori della macchina dello Stato, ha puntato in particolare il dito sulla Scuola superiore, nata nel 1962 con la nascosta ambizione di diventare la versione italiana dell'Ena, la celebre scuola nazionale di amministrazione di Parigi che sforna ministri e presidenti: "La nostra scuola doveva creare una nuova classe dirigente per cambiare l'amministrazione, e invece è stata costretta ad adeguarsi a essa, al suo livello più basso, fallendo lo scopo".

Il quadro e veramente così nero? Davvero non c'è speranza per il nostro Stato, che fornisce servizi scadenti in ogni campo (poste, ferrovie, scuola, sanità) e a costi altissimi (l'amministrazione pubblica ingoia oggi il 60 per cento del reddito nazionale contro il 30 per cento di solo vent'anni fa)? 
È evidente a tutti che il nodo centrale per il futuro dell'Italia , adesso che le imprese private sono tornate a guadagnare e sprizzano energia, sta nel risanamento dei servizi pubblici, sia statali che regionali. Basta con la polvere, l'inefficienza, le inutili complicazioni, le tre ore di lavoro medio giornaliero. Viva la produttività, la snellezza, la rapidità. Per cambiare l'amministrazione pubblica, uomini nuovi. E dovrà essere la Scuola superiore a prepararli, nelle sue quattro sedi sparse in Italia: Roma , Caserta, Reggio Calabria e Bologna.

Ma gli uomini nuovi nasceranno? E quando? Per ora, non nascono. Anzi: il primo corso di sei mesi per dirigenti del ministero delle Poste è miseramente abortito in aprile. Motivo: alcuni candidati esclusi hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato, che ha bloccato tutto dopo ben quattro mesi di lezioni. Così, dopo aver aspettato per anni la legge del 1984 che istituisce i corsi per manager pubblici , la burocrazia come al solito si morde la coda e inciampa nei suoi stessi cavilli. Niente da fare : ai manager privati continuera' a pensare la Bocconi , mentre quelli pubblici restano una specie indesiderabile, vittime di quella che Ettore Rotelli, docente di spicco della scuola , descrive come "la diuturna lotta dei ministeri "per strapparsi l'un l'altro le competenze residue dopo la grande abbuffata (e i grandi sprechi) delle Regioni . Ma andiamo a vedere da vicino come funziona, e come potrebbe funzionare, la Scuola superiore, finora mancata Ena italiana.

La sede centrale e ' a Roma , in una palazzina al Foro Italico . Ma lo spazio e' scarso , cosicché gli uffici della direzione sono dall' altra parte del Tevere , agli ultimi piani del ministero per la Ricerca Scientifica. La scuola dipende direttamente dalla presidenza del Consiglio , attraverso il ministro senza portafoglio della Funzione Pubblica , che da tre anni e' il dc Remo Gaspari. Direttore della scuola è dal 1977 Domenico Macrì, un calabrese piccolo , segaligno e scattante di 63 anni . Lavora in regime di proroga , perche' i partiti non riescono ad accordarsi sul nome del suo successore . Macri' e' il direttore di una scuola senza professori e senza personale . Infatti chi lavora nella Scuola superiore viene " comandato " di anno in anno a quell' incarico dal proprio ministero , nei cui ruoli continua a figurare . In teoria , ciascun ministero potrebbe riprendersi i suoi funzionari e dirigenti " prestati " . Il direttore Macri respinge subito ogni confronto con l' Ena francese (vedere il riquadro a pag . 26) : " Quella e' una scuola d' elite , ristretta ai dirigenti e con corsi lunghissimi . Noi siamo una cosa diversa : organizziamo corsi di aggiornamento e formazione per i vari ministeri , e dal 1979 abbiamo iniziato quelli di reclutamento " . I neolaureati ammessi alla Scuola superiore dopo un concorso piuttosto severo (la media e' di un posto ogni dieci domande) non diventano dirigenti , come in Francia : al termine del corso retribuito di un anno chi viene assunto (i cinque sesti dei partecipanti , contro i due sesti in Francia) diventa impiegato ai due livelli piu' alti dell' amministrazione pubblica . La selezione durante il corso pero' e' inesistente , perche' gli allievi che nel frattempo vincono concorsi piu' prestigiosi (magistratura , notai) se ne vanno , liberando molti posti . Se a Roma c' e' la direzione della scuola , la sede piu' prestigiosa e' a Caserta : occupa un intero settore della famosa Reggia , con saloni , quadri e stucchi . Mentre i Borboni ci misero un secolo per costruire la loro fastosa dimora , il direttore Macri' e' in guerra da dieci anni con le altre branche dello Stato per realizzare il suo vecchio sogno : un college per gli allievi . Quella che all' estero e' prassi normale , un collegio residenziale per gli studenti che vengono da fuori , qui da noi ha assunto i contorni di una pretesa fantasmagorica . Solo adesso cominciano i lavori per ricavare una cinquantina di stanze in una delle due ali della facciata , dopo che un reggimento di cavalleria aveva resistito per anni , non volendo mollare le proprie stalle ai futuri manager dello Stato . 

Entriamo nell' aula dove si sta svolgendo un " master " del ministero delle Finanze per ispettori delle imposte dirette . Eccoli qui coloro che scopriranno tutte le falsita' contenute nelle dichiarazioni Irpef e si batteranno contro gli evasori fiscali per il bene dello Stato . Per adesso la discussione verte sul primo comma dell' articolo 52 del secondo titolo del decreto 596 per la determinazione del reddito d' impresa . E l' una , fa caldo , e gli allievi sono desiderosi di tornarsene in macchina a Napoli . Da li' viene la maggioranza dei fortunati 114 che hanno superato le forche caudine del concorso con duemila domande iniziali . Fortunati ? " Si' , rispetto a quelli che sono capitati qui da La Spezia o da Bari , e che si devono mantenere lontani da casa con un milione al mese , siamo fortunati " , riconosce Renato Di Gennaro , 34 anni , laureato in giurisprudenza ed economia e commercio , chissa' quanti concorsi alle spalle . " Ma dopo ? Sappiamo gia' che andremo quasi tutti al Nord . Ce la faremo ad affittare una casa , a mantenere la moglie , i figli , la macchina ? " . 

Ecco Marina Maiella, 26 anni, dottoressa in legge: "Già sappiamo in partenza quale sara' la nostra carriera : il massimo che possa capitarci e' diventare , a 40 o 50 anni , dirigenti , e di raggiungere lo stipendio di un milione e mezzo " . Cosi' , la principale aspirazione di questi servitori dello Stato , una volta catapultati a Bolzano o a Pordenone , e' quella di mettersi in proprio , di aprire uno studio di commercialista , e di insegnare ai propri clienti i trucchi per non pagare le tasse , gli stessi che lo Stato adesso sta insegnando loro a scoprire . C' e' di peggio , perche' ormai la tacita convenzione fra Stato e statali e' : io ti do pochi soldi , tu in cambio hai pomeriggi e sabati liberi , cosi' fai quel che vuoi . E finche' un professore da' lezioni private nulla di male , ma le consulenze clandestine in settori piu ' delicati si tramutano spesso in favori , tangenti e prigione . 

Ma perche' lo Stato non arruola i suoi manager , come una qualunque azienda , tra i neolaureati piu' brillanti nelle universita' specializzate , come la Bocconi o la Luiss ? Giriamo le domande al direttore Macri' : " Il vero problema non e' la retribuzione che lo Stato offre . Certo , sono importanti anche i soldi , ma la pubblica amministrazione puo' valorizzare la gente anche in altro modo . C' e' il potere , il prestigio . . . In nessuna nazione estera gli stipendi dei funzionari pubblici son particolarmente allettanti , ma li' e' grande il riconoscimento sociale . E , poi , molta gente fa questo mestiere anche per vocazione " . Le statistiche , pero' , dimostrano che in Italia la scelta della carriera statale viene compiuta soprattutto in mancanza di meglio . " Che opportunita' abbiamo noi giovani meridionali ? " , si chiede sfiduciata la signorina Maiella . " Aziende private al Sud non ce n' e' . Il prestigio , il potere ? Al settimo livello dei quadri direttivi certamente no " . 

Le feroci resistenze a far nascere nella Scuola superiore anche i dirigenti , come all' Ena francese , sono proprio il diretto risultato di questa frustrazione , che pervade le decine di migliaia di quadri direttivi : gia' oggi sono sovrabbondanti , e premono per la promozione a dirigenti . Cosi' , paradossalmente , ogni giovane formato alla Scuola superiore rappresenta un cadavere in piu' sul quale un bocconiano rampante dovrebbe passare per diventare dirigente a trent' anni , come accade nel settore privato . Si chiude insomma un vero e proprio circolo vizioso , che garantisce solo una cosa : l' impossibilita' di creare veri manager statali per i prossimi decenni . " A questo primo corso dirigenziale delle Poste " , si lamenta Macrì, "mi hanno mandato gente di 55 anni, che diventa dirigente per anzianità, per diritti acquisiti, automaticamente. Come si può fare un master per manager in queste condizioni? Promuoveteli direttamente, e buonanotte!" 

Allora, l'Ena resta un sogno proibito? 
"L'Ena è una conseguenza, non una causa", spiega Macrì. "Fa parte di un sistema che valorizza i tecnici, dove c' e' una vera divisione dei poteri e i politici rispettano l' autonomia degli esperti . La riforma sanitaria in Italia non va bene perche' non l' hanno fatta fare ai tecnici . Noi nei concorsi scegliamo sempre i molto colti , che pero' hanno quasi sempre una visione settoriale, sono i piu' spigolosi , con poca voglia di lavorare . Invece allo Stato servono soprattutto i tenaci, i volitivi. Perché anche nella burocrazia alla fin fine dipende tutto dagli uomini, e c'è necessita' e spazio per l' iniziativa individuale , per chi non nasconde la propria pigrizia dietro ai regolamenti e alle leggi". Leggi che, fra l'altro, i politici fanno troppo spesso senza ascoltare il parere dei tecnici. Perfino il decreto del presidente del Consiglio che disciplina la Scuola superiore è, nel suo genere, un piccolo gioiello: si preoccupa addirittura di stabilire che la ricreazione dura dalle 10.30 alle 11. Come se si trattasse di una scuola elementare, e non di un master per manager. 

"Diciamo le cose come stanno: il legislatore si è occupato della Scuola superiore durante una passeggiata", e' il duro giudizio di Massimo Severo Giannini, uno dei pochi ministri competenti che l'amministrazione pubblica abbia mai avuto. E che adesso, a sette anni di distanza dal suo storico ma inascoltato rapporto sulle disfunzioni dello Stato, non esita a dichiarare: "Le funzioni veramente pubbliche erogate dallo Stato sono in realtà pochissime: esteri, difesa, polizia… Tutto il resto può benissimo essere gestito con criteri privatistici, puramente manageriali". Che la Scuola superiore di pubblica amministrazione si debba allora trasferire da Caserta a Milano, come ha una volta proposto Giulio Andreotti?
Mauro Suttora