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Friday, January 20, 2017

Trump, Putin, Lavrov

di Mauro Suttora

Speciale Oggi, 20 gennaio 2017

Il famoso scrittore norvegese Jo Nesbø ha scritto Okkupert, una serie tv venduta in tutto il mondo (non in Italia) in cui la Russia invade la Norvegia e i Paesi nordeuropei subiscono il ricatto energetico russo e pressioni di ogni tipo, con quinte colonne filorusse interne.

È questo lo scenario inquietante aperto dalla vittoria di Donald Trump, amico di Vladimir Putin, il quale sarà seguito dai due principali candidati presidenti francesi entrambi filorussi (François Fillon e Marine Le Pen). Amici di Putin sono anche i grillini, leghisti e forzisti italiani, e l’antieuropeista Nigel Farage in Inghilterra.

Oggetto del contendere sono le sanzioni imposte alla Russia da Usa e Ue nel 2014, dopo l’annessione unilaterale della Crimea e la guerra ucraina. Trump le vuole togliere, anche se sarà difficile convincere il senato statumitense, dove neppure i repubblicani condividono l’aentusiasmo del nuovo presidente per l’autocrate russo.

Trump e Putin non si sono mai incontrati, anche se nel 2013 Donald andò a Mosca per il concorso di Miss Universo che organizza ogni anno, e poi si vantò di averci parlato. Più stretti i rapporti di Trump con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che ha lavorato 17 anni all’Onu a New York e quindi lo conosce bene.

Non è un mistero che Putin abbia tifato Trump al voto Usa, e che la simpatia sia apertamente ricambiata dal nuovo presidente. Controversa invece rimarrà la vicenda delle mail rubate al partito democratico per danneggiare Hillary Clinton. 
La Cia è sicura che siano stati i russi a darle a Wikileaks, e per questo il presidente Obama ha espulso 35 diplomatici russi da Washington. Ma Trump, in nome della comune lotta al terrorismo islamico, riallaccerà i rapporti con Mosca.
Mauro Suttora

Wednesday, January 18, 2017

A ogni eurodeputato 44mila euro al mese



ECCO LE INCREDIBILI CIFRE DEGLI STIPENDI E RIMBORSI CHE INCASSANO I NOSTRI EUROPARLAMENTARI: IN TOTALE 2,6 MILIONI GARANTITI IN 5 ANNI

di Mauro Suttora

Oggi, 18 gennaio 2017

Ogni eurodeputato percepisce 6.300 euro al mese di stipendio netto (8.000 lordi, aliquota agevolata), più 4.300 di spese generali, più un’indennità di 300 euro per ogni giorno di presenza. Basta firmare, anche alle 8 del mattino (e poi andarsene) o alle 10 di sera (appena arrivati), per far scattare la giornata. Come un qualsiasi furbetto del cartellino.

Quindi molti arrivano il lunedì sera a Bruxelles o Strasburgo, e ripartono per casa al venerdì mattina. Tre giorni pieni posson bastare, se sembrano cinque. E si lavora solo tre settimane al mese. Perciò, totale diaria (300 euro per 15 giorni): 1500 euro.

Poi ci sono i cosiddetti fondi “400”, che vengono dati ai gruppi parlamentari: 2.630 euro mensili. I viaggi da e per casa in classe business sono rimborsati integralmente. Oltre a questi, vengono erogati 350 euro al mese di rimborso per viaggi al di fuori dello Stato di elezione, per motivi diversi dalle riunioni ufficiali.

Così si arriva a un totale netto mensile di 18mila euro. Ma gli eurodeputati hanno diritto anche a 21.200 euro per pagare portaborse. Al massimo tre a Bruxelles, e quanti ne vogliono nel proprio collegio. Un grillino è arrivato ad assumerne undici, creandosi benemerenze nel suo territorio.

Invitano ospiti pagati

Ogni deputato può infine invitare 110 visitatori l’anno, in gruppi da almeno 10. Agli ospiti sono rimborsati viaggi (9 cent a km, quindi dall’Italia da 180 a 360 euro), pasti (40 euro) e hotel (60 euro). In media, 540 euro a testa.

Totale: 44.280 euro. Mezzo milione all’anno. Ben 2,65 milioni in 5 anni, senza rischio di voti anticipati. Più i fringe benefit: limousine con l’aeroporto, palestra di 2.150 mq con piscina, sauna, solarium, corsi di yoga, body sculpt, kick boxing, zumba.

L’Europarlamento ha un costo annuo di 1,75 miliardi. Diviso 751 deputati, fanno 2,3 milioni a testa.

Le pensioni sono generose: a 63 anni garantiscono 1.400 euro per ogni mandato, fino ai 5.650 dai vent’anni in poi. Infine, ci sono le indennità per i trombati: un mese di stipendio per ogni anno di servizio a chi non viene rieletto. Un’eurodeputata di An nel 2014 ha avuto 190mila euro dopo 25 anni. Per «reinserirsi».

Anche il personale del Parlamento europeo è superpagato: uscieri e segretarie 4-6mila euro netti, traduttori 6-9mila, dirigenti 16mila.
Al di là delle contrapposizioni, tutti i partiti accettano i privilegi dell’Europarlamento. Anche i grillini, che rinunciano a soli mille euro mensili.

Mauro Suttora

Wednesday, December 07, 2016

Melania Trump in privato

di Mauro Suttora

Oggi, 7 dicembre 2016

«Ma allora siamo diventati poveri!» Questa, narra la leggenda, è la frase ironica che avrebbe pronunciato Melania Trump dopo la sua prima visita alla Casa Bianca.
In effetti, le stanze della residenza del presidente Usa non brillano per magnificenza. E certo non possono competere con i tre piani di attico e superattico per un totale di 3.000 metri quadri dove abita attualmente la coppia presidenziale.

Ma com’è nel privato la futura First Lady? Una donna arguta e dotata di senso dell’umorismo, come testimonierebbe la battuta sull’austera modestia della sua nuova dimora washingtoniana, o soltanto la terza “moglie trofeo” di un miliardario zotico, come insinuano gli avversari di Trump?
Lo abbiamo chiesto all’italiana che conosce meglio Melania e Donald: Susi Mion, signora originaria del Veneto, da dieci anni loro amica e vicina di casa nella Trump Tower di New York. Lei al 32esimo piano, loro dal 66esimo in su.

«Ho conosciuto prima Donald, per alcune questioni di condominio», ci dice la signora Mion, scovata a Manhattan dal quotidiano Libero. «Gentilissimo, ha voluto invitarmi a casa loro per presentarmi sua moglie. Così sono salita su, e mi ha accolto una giovane signora che, ho scoperto, oltre alla bellezza, possiede un dolce sorriso, eleganza e fascino».

Le vicine hanno subito legato, e Melania ha invitato Susi nella loro magione di Mar-a-Lago in Florida: «L’unico motivo per cui non ho accettato, è che temo che la mia cagnolina maltesina disturbi durante il viaggio nel loro aereo privato».

Che tipo di moglie è Melania?
«Una donna molto tranquilla, quasi imperturbabile. Le piace stare a casa, non esce molto. Direi che è la classica casalinga: cucina per Donald i piatti tipici del proprio Paese, la Slovenia, si dedica alle faccende domestiche. Uno potrebbe pensare: la bellissima ex modella capricciosa e presenzialista che passa il tempo a rompere le scatole al marito ricco con 24 anni di più. Invece è l’esatto contrario: una moglie devota. Capace di restare silenziosa, ma anche di ascoltare Donald, e soprattutto di dargli un consiglio al momento giusto. E di volare sopra le critiche, a lei e a lui».

Gli unici attacchi che Melania non sopporta sono quelli al figlio Barron. Che durante il discorso della vittoria del padre, alle due del mattino del 9 novembre, si stava quasi addormentando in piedi. Normale, per un bambino di dieci anni (anche se ne dimostra di più, è altissimo). Hanno detto che ha i sintomi dell’autismo, diffondendo video che lo proverebbero. Mamma Trump ha subito diffuso una violenta diffida del suo avvocato. Hanno dovuto scusarsi.
«Come madre Melania è affettuosa e piena di premure. Spesso accompagna il figlio a scuola, e lo va a prendere. Crea attorno a lui e a Donald quel clima di serenità che è fondamentale in ogni famiglia. Lei sarebbe anche un’abile imprenditrice, e lo ha dimostrato. Ma da anni ha deciso di dedicarsi alla famiglia. Anche molto del suo tempo libero lo trascorre a casa: invita amiche, legge, fa ginnastica pilates».

Barron frequenta una delle scuole private più costose d’America: la Columbia Grammar Prep, sulla 93esima Strada dell’Upper West Side, dall’altra parte di Central Park. Costa 45mila dollari l’anno (42mila euro), come l'università di Harvard.

Melania, contrariamente a Michelle Obama che si trasferì subito con le figlie a Washington, resterà a New York fino a giugno, per non far cambiare scuola a Barron durante l’anno scolastico. Con relativi brontolii dei genitori degli altri alunni, in un quartiere che ha votato Hillary Clinton al 90%: «All’ultima riunione di classe gli agenti dei servizi segreti ci hanno bloccato l’ascensore, siamo dovuti salire a piedi!».

«Ma Melania è tutt’altro che arrogante», assicura Susi Mion, «anzi la definirei timida: non urla mai, non eccede. Riesce ad avere un ottimo rapporto anche con Ivanka e gli altri figli di Donald». 
Il che non è facile, poiché la differenza d’età con loro è di pochi anni, e Ivanka non è la più mansueta delle creature.

Insomma, signora Mion, lei ci dipinge Melania come una donna praticamente perfetta.
«Ma se è vero, perché dovrei mentire? Guardi, un anno fa, all’inizio della campagna elettorale, il New York Times mi intervistò con altri vicini di casa. Chiesi l’anonimato, e dissi questa frase: “Se Trump ha scheletri nell’armadio, la Clinton ne ha il doppio”. Ma il giornale mi identificò come una “signora con la maltesina”. Il giorno dopo Donald mi mandò un biglietto di ringraziamenti».

Quindi neanche un punto debole in Melania? 
«Senta, quant’è bella lo vedono tutti. In più è intelligente e simpatica. Posò senza vestiti da modella? Meglio lei nuda che Hillary vestita. Con le altre donne non è competitiva, anzi è solidale e garbata. Parla sei lingue: sloveno, serbo, inglese, italiano, tedesco, francese. Se la si conosce la si ama. Piano piano conquisterà il cuore di tutti. Sarà una splendida First Lady».
Mauro Suttora

Thursday, November 24, 2016

intervista a Cicciolina

IL MITO EROTICO ITALIANO APPRODA IN TV CON UN DOCUMENTARIO SULLA SUA VITA

di Mauro Suttora

Oggi, 24 novembre 2016




«Partivo ogni mattina da casa sulla via Cassia con la mia Peugeot 205 e tornavo la sera tardi. Non avevo l’autista personale. Per cinque anni mi impegnai a tempo pieno in Parlamento, ero sempre presente. Mi impegnai per la riapertura delle case chiuse con garanzie d’igiene e nessun privilegio fiscale, contro il nucleare, per l’amore nelle carceri, l’informazione sessuale nelle scuole, la difesa degli animali…»

Cicciolina arriva in tv (Sky Arte, Cielo). Un documentario di Alessandro Melazzini sulla sua incredibile avventura: prima pornostar, poi deputata radicale nel 1987, infine sui rotocalchi internazionali per le nozze con Jeff Koons e la battaglia sul figlio.
Ma ancor oggi la diva dell’eros partecipa a serate in tutta Europa: «Ospite d’onore al party milanese di Givenchy, e in Francia devo perfino combattere per difendere il mio nome: due ristoranti si sono chiamati Cicciolina senza autorizzazione».

Per l’ungherese Ilona Staller la fama arriva nel 1976 con il programma notturno di Radio Luna: «Il titolo era Voulez-vous coucher avec moi?, chiamavo tutti gli ascoltatori “cicciolini” e così nacque il mio pseudonimo».

Fu Pannella a proporle la candidatura. Nonostante fosse fra gli ultimi nella lista radicale, in rigoroso ordine alfabetico, fu eletta con 20mila preferenze: «Marco era un fantastico leader, e per me più di un amico: un padre, un fratello. Ho pianto molto il giorno della sua scomparsa, lo scorso maggio. Conservo ricordi meravigliosi di lui, uomo politico carismatico e unico che ha segnato la storia della politica italiana».

Nacque la politica-spettacolo, con folle impazzite che le chiedevano di «mostrare la tettina». Spettacolarizzazione il cui apice è oggi Donald Trump presidente Usa: «Non condanniamolo subito, stiamo a vedere. Mio figlio Ludwig Koons ha votato per lui».

Però vive a Roma.
«Sì, studia all’Accademia di Belle arti. E mi aiuterà nell’attività artistica. Nel 2017 esporrò le mie opere surreali a Helsinki, oltre a continuare il Love tour in locali e discoteche. Canto le mie canzoni revival anni 80-90: Baby Love, Inno alla Trasgressione, Political Woman. Sono una eterna “fricchettona” sempre in cerca di cose belle: la vera opera d’arte è la vita di ognuno di noi».

Lo diceva anche il suo ex marito. Nel film lei si commuove ricordando il divorzio: «È stata tosta», dice. «Ma fa parte del passato. Il futuro oggi è ancora la radio: fra due mesi comincia un programma in cui dialogherò con tutti via webcam. E mio figlio: vorrei che i giovani come lui fossero felici del loro lavoro, entusiasti di poter mettere su famiglia, pagare un mutuo e sentirsi sicuri».

Mauro Suttora

Wednesday, October 19, 2016

Equitalia cambia nome: parla Riccardo Zingales

UN ESATTORE DELLE TASSE CI VORRA’ SEMPRE, PIU’ CHE CAMBIAR NOME BISOGNA CAMBIAR METODO

di Mauro Suttora

Oggi, 19 ottobre 2016

Equitalia duemila anni fa si chiamava San Matteo. L'apostolo ed evangelista era esattore delle tasse. A Gesù bastò dirgli «Seguimi» per redimerlo. Al nostro Matteo (Renzi) basterà abolire Equitalia per riscattare la seconda professione più antica del mondo?

«Assolutamente no», sorride Riccardo Zingales, titolare di uno dei maggiori studi commercialisti di Milano, «perché la riscossione delle tasse è un'attività necessaria e non eliminabile. Tutto sta in come viene esercitata. Prima era appaltata a privati, che se l'aggiudicavano con aste. A Milano c'era la Cariplo, in Sicilia famiglie anche piuttosto chiacchierate».

Il «recupero crediti» fra privati perbene oggi si chiama «factoring» o «cartolarizzazione». A Roma quelli di mafia capitale spezzavano le dita ai debitori. A Genova, come racconta Fabrizio De André, i creditori mandavano le «pittime» a infastidire per strada chi non pagava.

«Perché Equitalia, società pubblica, applicava more usurarie e aggi ciclopici?», chiede Zingales. «Il costo dell'esazione è uguale sia per le cartelle da un euro, sia per quelle da un milione. Gli interessi si devono pagare, ma il tasso non dev'essere esagerato».

E adesso cosa succede: chi ha a casa una cartella di Equitalia non deve più pagare? Gli conviene aspettare, visto che spariscono sanzioni e interessi di mora (i famigerati interessi sugli interessi)?
«No, perché gli interessi sulla somma dovuta continuano a correre. Ma si spera che, cambiando ente di riscossione, cambi anche il metodo. Senza inquisizioni. Ma il problema vero è un altro».

Quale?
«La burocrazia. Oggi Equitalia manda cartelle per conto di vari enti - comuni, regioni, stato - e chi ha già pagato o vuole contestare deve risalire all'ente che richiede le somme. I cittadini, e noi commercialisti, abbiamo invece bisogno di uno sportello unico dove rivolgersi, per dirimere rapidamente le questioni».

Quindi si spera che l'Agenzia delle entrate, che riprenderà il controllo sulle tasse statali non pagate, semplifichi le procedure e risponda direttamente alle contestazioni. E così comuni, regioni o Inps, senza affidare a terzi la riscossione.

Saranno "rottamate" le cartelle emesse fino al 31 dicembre 2016. Quindi tutte quelle che al momento sono arrivate e quelle che arriveranno nei prossimi due mesi.
Non si pagheranno più le sanzioni e gli interessi di mora, cioè le aggiunte "punitive", mentre si dovranno pagare gli interessi per il ritardato pagamento, cioè quelli che maturano con il passare del tempo.

Sarà annullato o ridotto l'aggio, cioè la "commissione" che Equitalia si prendeva (3% nei primi due mesi, poi il 6).
E bisognerà aspettare i regolamenti attuativi per sapere se il processo sarà automatico (cioè semplicemente arriveranno nuove cartelle più "economiche") o se – più probabilmente – saranno i singoli a dover fare richiesta.

A quelli che stanno già pagando con le rateizzazioni, comunque, conviene continuare a saldare, perché gli sconti partiranno col primo gennaio.
Il governo prevede di incassare quattro miliardi con questo sconto. Si paga meno, quindi si è incentivati a pagare. Ma potrebbe verificarsi l’effetto opposto: visto il parziale condono, gli evasori sono spinti a continuare.

 È quel che denuncia Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze: «Renzi vuole solo far cassa, ma indebolisce l’effetto deterrente dell’accertamento. E non è vero che Equitalia fosse vessatoria più di quanto succede negli altri Paesi». 

Mauro Suttora

Wednesday, October 05, 2016

Ci mancava il grillino militarista

Massimo Colomban, grillino felice sugli aerei da guerra Usa

Oggi, 5 ottobre 2016

di Mauro Suttora



Chissà cosa penseranno gli attivisti grillini, pacifisti e contrari agli aerei militari F35, di queste foto che ritraggono Massimo Colomban, 67 anni, felice alla guida di un velivolo della base nucleare Usa di Aviano (Pordenone) nel 2014.

Il nuovo assessore 5 stelle a Roma non fa mistero della propria passione militarista, tanto da farsi nominare “Comandante onorario” della base e di andare fino a Ramstein (la base Usa in Germania) per volare con i piloti statunitensi. Hobby legittimo, ma agli antipodi del credo antimilitarista e nonviolento dei 5 stelle. O stellette?



Nessuno avrebbe immaginato quattro mesi più disastrosi per il debutto dei grillini al governo di Roma. Tanto più imbarazzante, la performance di Virginia Raggi, se paragonata a quella di Chiara Appendino, sindaca 5 stelle a Torino. 

Una ventina di dirigenti dimessi o fatti dimettere, fra assessori e capi di gabinetto. Bugie di Raggi e Luigi Di Maio per un mese sull’assessore Paola Muraro indagata. Tutte le parlamentari M5s romane (Lombardi, Taverna, Ruocco) contro la sindaca. Risultato: paralisi e deficit di un miliardo.

Unica decisione presa: no alle Olimpiadi 2024. Che però potrebbero risorgere se la giunta Raggi cadesse entro la fine dell’anno. Ipotesi non più improbabile. Anche i Fratelli musulmani in Egitto nel 2012 furono cacciati a furor di popolo dopo soli sei mesi, per incompetenza.

La bella sindaca è sempre più magra e sull’orlo di una crisi di nervi. Insulta i giornalisti, si fa imporre assessori improbabili dal figlio di Gianroberto Casaleggio, succeduto al padre alla guida della società che da Milano gestisce il M5s. I suoi l’hanno già abbandonata: «Decide lei, le nostre sono ormai strade parallele». 
Più decisa Paola Taverna: «Prima cade meglio è».
Beppe Grillo ha vietato ai suoi parlamentari di commentare il disastro Roma. Ma la censura non diminuisce l’imbarazzo.
Mauro Suttora

Friday, August 19, 2016

La Pascale riaccolta dai Berlusconi

di Mauro Suttora

Porto Rotondo (Olbia Tempio), 19 agosto 2016

Sembrava finita. Prima l’operazione a cuore aperto per Silvio Berlusconi, e le accuse non tanto velate della famiglia e degli amici più stretti alla giovane fidanzata Francesca Pascale di non averlo salvaguardato dallo stress in campagna elettorale.

Poi i commenti sarcastici sulla foto di lei che piangeva da un balcone dell’ospedale San Raffaele nel giorno dell’operazione.
Infine, la quasi reclusione di Francesca a dieci chilometri da Arcore (Monza), dov’era tornato Silvio in convalescenza dopo un mese di ricovero. Berlusconi le aveva regalato la lussuosa villa Giambelli di Casatenovo un anno fa: vicini ma lontani, assieme ma non più in casa.

Tutto superato. Oggi aveva già documentato con foto che in realtà già in luglio i due si erano rivisti a cena a villa San Martino di Arcore.
E ora Francesca, che sta assieme a Berlusconi da quattro anni, è stata accolta da tutta la famigliona riunita per le vacanze a villa Certosa di Porto Rotondo.

Mancava solo la primogenita Marina, che il 10 agosto aveva festeggiato in Sardegna il suo cinquantesimo compleanno. Ma, per il resto, i rapporti di Francesca Pascale con gli altri figli sembrano tornati ottimi.
Silvio, che fra un mese compie 80 anni, è felice per la salute ritrovata, per la quiete famigliare, e anche per la doppia gravidanza delle sue figlie più giovani.

Femminuccia in arrivo

Barbara, triste per la vendita del suo Milan ai cinesi, avrà un terzo figlio dal compagno Lorenzo Guerrieri (5 anni più giovane di lei) dopo quelli con l’ex Giorgio Valaguzza. Ed Eleonora sta per regalare una nipotina al nonno, sempre con il compagno inglese, l’ex modello Guy Binns. 

Friday, June 24, 2016

Gli inglesi dicono no all'Europa

di Mauro Suttora

Oggi, 24 giugno 2016

Il martirio di Jo Cox non è servito a tenere il Regno Unito dentro all’Europa. La povera deputata laborista ammazzata per strada dal pazzo nazionalista Thomas Mair non ha fatto cambiar segno al referendum Brexit (British exit) di giovedì 23 giugno. Hanno prevalso gli antieuropeisti.

«La verità è che la maggioranza dei britannici non è mai stata pro Europa, fin dall’adesione all’allora Cee nel 1972», avverte Fareed Zakaria, commentatore della Cnn. La Gran Bretagna ha sempre considerato l’Europa come una semplice area di libero scambio, senza tariffe e dazi doganali. Guai a parlare di unione politica.

Per tutti gli anni 80 Margaret Thatcher fece guerra a Jacques Delors, presidente francese della Commissione di Bruxelles, e a Bettino Craxi. Oltre a rifiutare gli accordi di Maastricht che hanno poi portato all’euro, la Lady di Ferro conservatrice detestava i socialisti Delors e Craxi. Quindi nazionalismo inglese contro federalismo, ma anche liberismo thatcheriano contro statalismo.

Il Regno Unito era già l’unico dei 28 Paesi Ue (con l’Irlanda) a non avere abolito passaporti e confini. Rimasto fuori dall’area Schengen, si era guardato bene anche dall’aderire all’euro (assieme ad altri dieci Paesi). «Quindi l’uscita dall’Unione è un trauma solo fino a un certo punto, ai fini pratici», dice Zakaria, «perché i britannici sono sempre rimasti fuori a metà».

E per gli italiani, quali saranno le conseguenze di un’Europa senza Londra? 
I nostri risparmi se ne sono già accorti: le Borse e i fondi azionari (anche pensionistici) sono calati del 10% in pochi giorni fino all’omicidio Cox. L’euro forse si rafforzerà sulla sterlina, ma sicuramente s’indebolirà nei confronti del dollaro e del resto del mondo.

L’Italia non ha un grande interscambio con il Regno Unito: i 31 miliardi di import/export sono un quarto di quelli con la Germania, la metà degli scambi Italia/Francia, e valgono quanto quelli con la Russia.
La bilancia commerciale però è a nostro favore: 21 miliardi di esportazioni (cibo, moda, macchinari, mezzi di trasporto) contro 10 di import. Quindi, se si dovesse scatenare un’improbabile guerra commerciale, ci rimetterebbero le nostre aziende. Soprattutto le lombarde, che da sole coprono un quarto dell’export.

In Italia risiedono 26mila britannici: niente, rispetto al mezzo milione di pensionati inglesi che svernano in Spagna. Ma siamo amatissimi da quattro milioni di turisti che arrivano ogni anno, e che ci portano 2,6 miliardi. L’attrazione è reciproca: fra turisti italiani ed emigrati, il Regno Unito supera la Germania come nostra meta, ed è pari alla confinante Francia.

I nostri emigrati in Gran Bretagna non subiranno contraccolpi dal Brexit. Anche i più accesi xenofobi dell’Ukip (l’United Kingdom Independence Party di Nigel Farage) non ce l’hanno infatti con gli italiani, che da generazioni lavorano duramente e sono rispettati dagli inglesi. Gli antieuropeisti temono di più gli immigrati slavi e balcanici che approfittano dei sussidi in quanto cittadini Ue, e soprattutto l’ondata di africani e arabi degli ultimi mesi, con le strazianti scene a Calais.

I pericoli per l’Italia dall’addio del Regno Unito sono quindi indiretti, e politici. L’esempio del Brexit potrebbe essere seguito da altri Paesi con forti partiti neonazionalisti: Olanda, Grecia, Finlandia. Anche gli antieuropeisti tedeschi di Alternative für Deutschland, già oltre il 10%, si galvanizzeranno, così come i lepenisti francesi e i leghisti e grillini italiani. L’Unione Europea si dimostra debole e friabile: gli speculatori internazionali potrebbero scommettere contro l’euro come nel 2011.

Così lo spread degli interessi sul nostro immenso debito (2.230 miliardi) potrebbe tornare ad allargarsi rispetto a quelli pagati dai tedeschi. L’Italia rimane infatti l’anello debole d’Europa con Spagna, Portogallo e Grecia.

Infine, ci sono anche quelli che reputano vantaggioso un addio di Londra: «Senza gli inglesi che da 40 anni trascinano i piedi», ragionano i federalisti più ottimisti, «il traguardo degli Stati Uniti d’Europa potrebbe rivelarsi più vicino: unione politica, finalmente, e non solo finanziaria ed economica».
Pochi ma buoni, insomma. Magra consolazione

Mauro Suttora

Wednesday, June 01, 2016

Daria Bignardi contro il sexy

Oggi, 1 giugno 2016

Se andasse in onda su Rai3, Lilli Gruber dovrebbe fare a meno degli enormi orecchini verdi Vhernier che sfoggia a 8 e mezzo, su La Sette. Perché quelli «vistosi» sono stati messi al bando da Daria Bignardi.

La neodirettrice della terza rete pubblica ha convocato costumiste e truccatrici, dettando loro le regole sul modo corretto di apparire sullo schermo. Niente più abiti fascianti, basta tubini, rigorosamente banditi quelli di colore nero: troppo sexy per la Rai. Bandito il tacco 12 (e anche qui Lilli si troverebbe in difficoltà).

L’ordine della Bignardi è perentorio: «Trucco leggero». Nessuna licenza, neanche se la richiede la conduttrice. Il dress code è severo: camicette di «colori tenui», scollature minime (si può soltanto far prendere aria al collo), gonna o pantalone e tacco basso. Insomma, tutte come Daria.

Anche Gianni Scipione Rossi, direttore di Rai Parlamento, si concentra sull’abbigliamento: ha vietato ai conduttori il marrone, le giacche a quadri e le cravatte fantasia.
La Bignardi, forse per dare l’esempio quanto a sobrietà, si è tagliata i capelli. Poi ha annunciato novità per la sua rete, ex Tele Kabul comunista. Ogni giorno alle 20, in contemporanea col al Tg1, ci sarà una «striscia d’informazione». Potrebbe condurla Bianca Berlinguer, se perdesse la direzione del Tg3.

Scelta subito contestata da Michele Anzaldi, commissario pd della Vigilanza Rai: «Sarebbe autolesionista fare concorrenza al Tg1, corazzata dell’informazione Rai, il notiziario che tiene meglio rispetto al calo generale di telespettatori tv».

Nel mirino anche Un posto al sole, la soap più longeva d’Italia: in onda da vent’anni, ha raggiunto 4.500 puntate e alle 20:35 la vedono in 2,7 milioni (10% di share), nonostante la concorrenza di Striscia la notizia e Affari tuoi.

Roberto Saviano, a chi lo accusa di descrivere con Gomorra solo il male di Napoli, ha detto: «Chi vuole racconti positivi sulla realtà napoletana guardi Un posto al sole».
Non era una critica, solo una constatazione. La Bignardi ha precisato: «Un posto al sole è un must di Rai3, e di certo la sua missione non è raccontare il male. Si può sempre migliorare, magari per aggiornare le telecamere, la fotografia, e anche la scrittura».

Ma il vero scoglio per l’ex conduttrice delle Invasioni barbariche è Ballarò: scaduto il contratto di Massimo Giannini, potrebbe approdarvi la giornalista renziana del Corriere della Sera Maria Teresa Meli. «Sicuramente verrà accorciato, basta con i talk show interminabili», anticipa la Bignardi.

Mauro Suttora

Tuesday, May 31, 2016

«Attenti, i grillini sono una setta»

Disillusioni: la pentastellata più votata a Milano si pente e avverte

«Il movimento 5 stelle è pericoloso per la democrazia: fanno il contrario di quel che promettono». Paola Bernetti, vincitrice delle primarie, vuota il sacco dopo anni di attivismo. E rivela i trucchi «con cui un’azienda controlla gli adepti»

di Mauro Suttora

Oggi, 1 giugno 2016

«Il Movimento 5 stelle è pericoloso per la democrazia. Mi sono disiscritta dopo sette anni, soffrendo per l’enorme delusione. Ma non voglio esser complice di quella che potrebbe diventare una dittatura, se i grillini andassero al governo».

Paola Bernetti, 60 anni, libera professionista, è stata la più votata alle primarie M5s per il Senato in tutta Milano e provincia: 200 preferenze, il doppio di tutti i deputati finiti a Roma (tranne una, fedelissima della società Casaleggio & associati).

Ma lei a Roma non c’è mai andata. Con trucchi vari (cordate, doppie candidature, elezioni di parenti), gli ortodossi l’hanno eliminata. Hanno preferito che la seconda città italiana non avesse senatori 5 stelle, piuttosto che tenerla in Parlamento.

Ciononostante, per tre anni e mezzo  ha mantenuto il silenzio: «Ho continuato a votarli, pensando che gli altri partiti sono peggio. E poi ho ereditato da mio padre, generale, il senso del dovere: non volevo passare per la solita dissidente che “tradisce” gli amici che ancora ho nel movimento».

Per questo ha rifiutato interviste a tv e giornali nazionali. Ma ora ha deciso di vuotare il sacco. Svelando i meccanismi interni di quella che definisce una vera e propria «setta»: «La mia distanza dal M5s aumentava a ogni espulsione. È stata quella di Federico Pizzarotti, sindaco che amministra egregiamente Parma, ad aprirmi definitivamente gli occhi».

Com’è entrata nei 5 stelle?
«Amore a prima vista, colpo di fulmine, ero cieca. Dal 2006 seguivo il blog di Grillo, poi nel meetup milanese che si nutriva di collettivi negli scantinati, infine la gioia della nascita del M5s nel 2009. Vedevo tante facce pulite, piene di ideali come me, che sognavano di cambiare il mondo. Ci sentivamo molto importanti, pensavamo di fare la storia».

Quando ha avuto i primi dubbi?
«Fino al 2012 l’entusiasmo era tanto: passavo giornate intere a volantinare, anche se il nostro consenso a Milano era solo del 3 per cento. Ai primi malumori verso i vertici venuti dall’Emilia Romagna, dove il M5s aveva già il 10 per cento, mi schierai con Grillo. Pensavo che un movimento con anime così diverse avesse bisogno di una guida forte e centrale».

Quindi accettava l’autoritarismo?
«Vedevo in Grillo un padre padrone, però buono e giusto, che avrebbe sempre e solo fatto gli interessi del M5s guidandoci con disinteresse. Alle prime espulsioni lo giustificai ancora: era giusto cacciare chi danneggiava la nostra immagine. Non mi sfiorava l’idea di essere vittima di una setta, e che io stessa ero diventata un’adepta».

Quando si è svegliata?
«Alle primarie di fine 2012 mi resi conto che i vertici muovevano le fila di tutto, decidendo a loro piacere chi doveva entrare in Parlamento».

Come?
«Ufficialmente tutto avviene online attraverso il portale della Casaleggio srl, ma ogni controllo viene respinto. Sbandierano trasparenza, ma hanno fatto sparire tutti i voti delle “parlamentarie”. I risultati delle primarie per le europee del 2014 li hanno tenuti segreti. Sbandierano coerenza, ma sulla presenza in tv hanno cambiato idea cinque volte, perfino espellendo Federica Salsi per una comparsata tv».

Insomma, proprio tutto negativo? 
«Sì. Il Parlamento deve votare una seria legge sulla democrazia all’interno dei partiti. Io non li voterò più: sono diventati un partito demagogico».
Mauro Suttora







































GOVERNANO GIA' UN MILIONE DI ITALIANI

Quasi un milione di italiani (920mila in 18 comuni) sono amministrati da sindaci eletti dal M5s in dieci regioni. Eccoli, in ordine di numero di abitanti, con i loro guai giudiziari e politici:

1) Parma dal 2012, 192mila abitanti, sindaco Federico Pizzarotti sospeso in attesa di espulsione, indagato per abuso d'ufficio su esposto di un senatore Pd per una nomina al Teatro Regio.
2) Livorno dal 2014, 159mila ab., sindaco Federico Nogarin indagato per bancarotta fraudolenta dell'azienda di nettezza urbana. Ha contro quattro ex grillini, la sua maggioranza regge per un solo voto. 
3) Gela (CL) dal 2015, 76mila ab., sindaco Domenico Messinese espulso dopo che aveva «licenziato» tre assessori 5 stelle.
4) Ragusa dal 2013, 73mila ab., sindaco Federico Piccitto in guerra con il M5s locale dopo aver cacciato gli assessori all'Ambiente e alla Cultura. Tasi tolta e reintrodotta l'anno dopo.
5) Pomezia (RM) dal 2013, 63mila ab., il sindaco Fabio Fucci ha prorogato la gestione rifiuti a una coop vicina a Buzzi di Mafia Capitale. Ha nascosto un avviso di garanzia allo staff di Grillo.
6) Bagheria (PA) dal 2014, 55mila ab., il sindaco Patrizio Cinque ha casa abusiva di famiglia, l'assessore all'Urbanistica Luca Tripoli si è dimesso anch'egli per villa abusiva.
7) Civitavecchia (RM) dal 2014, 53mila ab., il sindaco Antonio Cozzolino ha messo le aliquote massime Irpef e Imu, e alzato la Tari.
8) Quarto (NA) dal 2015, 41mila ab., sindaca Rosa Capuozzo espulsa, Giovanni De Robbio, consigliere grillino più votato, indagato dall'antimafia per corruzione elettorale e tentata estorsione con l'aggravante del favoreggiamento a un'organizzazione camorrista, espulso.
9) Mira (VE) dal 2012, 38mila ab., il sindaco Alvise Maniero a processo per lesioni a un ragazzo rimasto paralizzato nella piscina comunale, causa non rispetto di norme antinfortunio. Ha nominato assessore la moglie di un deputato grillino.
10) Augusta (SR) dal 2015, 36mila ab., il ministro Delrio ha dichiarato che la sindaca Maria Concetta Di Pietro gli parlò bene di un commissario portuale indagato per il petrolio lucano. 
11) Venaria Reale (TO) dal 2015, 34mila ab., il sindaco Roberto Falcone ha già perso una consigliera grillina ed è finito in minoranza in vari voti.
12) Assemini (CA) dal 2013, 26mila ab., il sindaco Mario Puddu ha espulso tre consigliere grilline che l'hanno denunciato alla procura per una «giunta ombra». 
13) Porto Torres (SS) dal 2015, 22mila ab., il sindaco Sean Christian Wheeler ha espulso la capogruppo 5 stelle fidanzata con un giornalista «nemico».
14) Comacchio (FE) dal 2012, 22mila ab., sindaco Marco Fabbri espulso già nel 2014 per essersi candidato alla provincia.
15) Sedriano (MI) dal 2015, 11mila ab., il sindaco Angelo Cipriani, maresciallo della Guardia di Finanza, guida il primo comune lombardo sciolto per mafia. Ha lasciato l'auto in sosta vietata accompagnando i figli in palestra.
16) Pietraperzia (EN) dal 2015, 7mila ab., il sindaco Antonio Calogero Bevilacqua un mese fa ha subìto un attentato intimidatorio: incendiato il portone di casa.
17) Sarego (VI) dal 2012, 6mila ab., il sindaco Roberto Castiglion aveva promesso di rimettere il mandato ogni anno per una conferma degli elettori, ma poi ci ha ripensato.
18) Montelabbate (PU) dal 2014, 6mila ab., la sindaca Cinzia Totala Ferri ha cancellato il contratto con Equitalia per introdurre una riscossione più soft.
Mauro Suttora

Friday, May 06, 2016

Terremoto in Friuli 40 anni dopo

IL SISMA DEL 6 MAGGIO 1976 NELLE PAROLE DEGLI STESSI SOPRAVVISSUTI, ALLORA E OGGI

di Mauro Suttora

Oggi, 6 maggio 2016



«La casa, vecchia, era mia. Proprio al numero 24 di via Properzia, a Gemona. L’avevo sistemata di recente e da pochi mesi mi ero comperato la sala da pranzo nuova. Adesso non c’è più casa, né mobili, né via, né contrada, né amici. Tutto distrutto, cancellato. Non abbiamo nemmeno lacrime da piangere perché bisogna preoccuparsi del futuro.

«È andata così. Verso le 9 di sera di giovedì 6 maggio, conclusa la cena, ero andato dabbasso a chiudere la porta. E qui ho avvertito la prima scossa del terremoto. Ho gridato: “È il preannuncio, verrà subito la seconda scossa, scappiamo!”.

«Sono salito e ridisceso a balzi, spingendo avanti mia moglie Luigia, tirandomi dietro i nostri due figlioletti, Stefano di 12 anni e Gabriele di 10. Mia madre Rosa, meno pronta a muoversi per l’età avanzata, 73 anni,
era rimasta indietro. Sono tornato a prendere pure lei. Incredibile. Il tutto in una ventina di secondi. 
Varco la soglia: si scatena il finimondo. La mia e le case vicine si sbriciolano con una serie di schianti tremendi, una grossa pietra sfiora tutta la mia famiglia mentre un’altra, più piccola, mi cade sulla testa.

«PER UN’ORA SI SENTE GRIDARE “MAMMA, MAMMA!”»

«Mia madre, sofferente di cuore, viene ferita alla testa e alle gambe. S’innalza un polverone che acceca, divampa un coro di urla, invocazioni, gemiti. Per un’ora non si sente che gridare “Mamma, mamma!”. 
Buio e orrore. Incontro sul cancello della sua casa mio fratello, mezzo morto. Ma purtroppo non ho il tempo di occuparmi di lui. Il mio bambino più piccolo è bagnato di sangue: per fortuna è il mio, che esce dalla ferita.

«Con la prima auto, all’ospedale di Udine: medicano me, suturando la ferita con vari punti, ma non possono accogliere la mamma perché sono già al completo. Altra corsa, al policlinico di Palmanova, lascio la mamma in buone mani per tornare in paese. Contiamo 13 morti dalla nostra parte della strada e 23 accanto».

Così raccontava Luigi Londero, 44 anni, dipendente della Solari di Udine, agli inviati di Oggi in Friuli nel maggio 1976. Il terremoto aveva fatto quasi mille morti. Londero è scomparso nel 2007.

Il suo figlio minore Gabriele, che fotografammo con lui, oggi maresciallo dei Carabinieri a Udine dopo aver girato l’Italia (Milano, Bolzano, Roma, Vicenza, Modena, Paularo in Carnia), ricorda adesso quei drammatici giorni:

«Nostro padre ebbe quasi un presentimento e ci spinse subito fuori. Oltre la soglia della porta c’era l’inferno. Noi ragazzini eravamo già in pigiama, a piedi nudi. Andammo al centro del cortile, lontano dai muri che potevano ancora crollare. Nel buio sentivamo solo preghiere e pianti.

«TENDE DI NYLON, POI FUGGIMMO IN CANADA»
«Quella notte raggiungemmo scalzi un fienile in campagna e dormimmo lì. Poi ci sistemammo in tende di nylon vicino a casa. Dopo qualche giorno mio fratello ed io andammo in Canada da mio zio, che era emigrato lì vent’anni prima con mio padre. Tornammo il 10 settembre, e proprio l’11 ci fu la replica del terremoto.

«Il boato e la paura furono peggio della prima volta. Ci evacuarono a Lignano, e lì abitammo per tutto l’inverno. Io facevo la prima media. Poi ci misero in prefabbricati donati dalla Slovenia, fino al 1981.

«In questi 40 anni ho assistito alla rinascita e al miracolo economico del Friuli. Ricostruimmo prima le fabbriche, e poi le case. Sono sposato e ho due figli, di 17 e 7 anni. Nel 2002 sono andato come volontario della Croce Rossa a soccorrere le vittime del terremoto in Molise. Momenti che non si dimenticano, purtroppo».

«SIAMO VOLATI DALL’ATTICO GIÙ NELL’ORTO»

Da Gemona a Majano, pochi chilometri a sud: «La sera del 6 maggio ero nel nostro appartamento, un semiattico del condominio Astor, al quinto piano», raccontava a Oggi 40 anni fa Marcella Cozzutti.

«Mio marito, che ha l’ufficio quasi di fronte, sul lato opposto della strada, mi aveva telefonato che avrebbe fatto tardi. Lo aspettavo per cenare. Erano con me nella sala da pranzo i miei figli Alessandra di 12 anni, Marco di 11
e Ilaria di 4. Giusi, 8 anni, leggeva il giornalino nella camera vicina.

«Arriva la prima scossa, noi quattro usciamo sul terrazzo cercando di parlare con i vicini: non ero sicura che fosse il terremoto. Grido verso Giusi: “Vieni, scappiamo!” E lei: “No, non è il terremoto, sono tuoni”. Ed ecco che
mi sento spintonata di qua e di là da una forza immane, tutto scricchiola e crolla mentre piomba il buio.

Ho pensato soltanto: “Stiamo morendo”. Finisco distesa. Marco mi afferra per le gambe gridando: “Mamma, resta qui”. Ritorno in piedi. Fra tanto terrore e caos avevo la sensazione di essere ancora in cima al palazzo. Invece Marco mi avverte: “Mamma, siamo finiti nell’orto”. Era vero. Con un piccolo salto, come scendere uno scalino, mi sono ritrovata sull’erba.

«Comincio a toccare e a contare i figli. Finché Giusi, che non era con noi, ma tra ciò che restava della stanza di fianco, mi dice con voce nemmeno spaventata: “Mamma, mamma, sbrigati a tirarmi fuori di qui, sono piena di calcinacci”. Insomma, 18 appartamenti afflosciati, spariti di colpo, e 25 morti. Noi, i bambini e io, incolumi.

«Mio marito, sceso dall’ufficio, tra il buio e la polvere non riusciva più a orizzontarsi. È andato avanti e indietro per qualche minuto prima di accorgersi che il condominio non esisteva più. Ha scorto Agostino, un vicino di casa che ha perduto la moglie sotto le macerie.

Dice lui: “Coraggio, Dino, sono morti tutti. Dobbiamo rassegnarci”. Ribatte mio marito: “No, io cerco. Ho speranza”. Mi chiama, lo sento e gli rispondo. L’appartamento era nostro, l’abbiamo perduto con i mobili. Poi i ladri mi hanno rubato i gioielli: ho ritrovato le scatolette, vuote».

«ABBIAMO PAGATO IL MUTUO PER ALTRI 30 ANNI»

«Il nostro condominio, costruito solo pochi anni prima, è crollato perché sotto c’era una faglia d’acqua», ci spiega adesso Alessandra Cozzutti, figlia di Marcella. Sposata, due figli grandi, abita nel paese accanto
a Majano, San Daniele, ma lavora sempre col padre commercialista.

«Andammo a vivere prima in roulotte, poi in una baracca fino al 1984. Abbiamo finito di pagare il mutuo per la casa crollata solo dieci anni fa, non abbiamo avuto risarcimenti. E ne abbiamo dovuto fare un altro per la casa nuova. Ma non ci lamentiamo. 
Mia madre è originaria di Trapani, ai terremoti era abituata.
Ma quello del settembre 1976 ci fece ancor più paura del primo, anche se non ci furono morti. E oggi ricordiamo quei giorni allo stesso tempo con dolore, ma anche con nostalgia. Perché eravamo giovani, con tanta energia per ricostruire».

Un benemerito della ricostruzione fu Giuseppe Zamberletti, il politico democristiano di Varese (oggi 82enne) che la coordinò come commissario.

Il terremoto del Friuli, contrariamente ad altri prima e dopo (Belice, 1968, e Irpinia, 1980) non provocò polemiche. Dopo pochi anni i paesi sono rinati, senza sprechi o tangenti. E negli Anni 80 il boom della produzione di mobili e vino ha reso ricco il Friuli.

Mauro Suttora