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Wednesday, June 01, 2016

Daria Bignardi contro il sexy

Oggi, 1 giugno 2016

Se andasse in onda su Rai3, Lilli Gruber dovrebbe fare a meno degli enormi orecchini verdi Vhernier che sfoggia a 8 e mezzo, su La Sette. Perché quelli «vistosi» sono stati messi al bando da Daria Bignardi.

La neodirettrice della terza rete pubblica ha convocato costumiste e truccatrici, dettando loro le regole sul modo corretto di apparire sullo schermo. Niente più abiti fascianti, basta tubini, rigorosamente banditi quelli di colore nero: troppo sexy per la Rai. Bandito il tacco 12 (e anche qui Lilli si troverebbe in difficoltà).

L’ordine della Bignardi è perentorio: «Trucco leggero». Nessuna licenza, neanche se la richiede la conduttrice. Il dress code è severo: camicette di «colori tenui», scollature minime (si può soltanto far prendere aria al collo), gonna o pantalone e tacco basso. Insomma, tutte come Daria.

Anche Gianni Scipione Rossi, direttore di Rai Parlamento, si concentra sull’abbigliamento: ha vietato ai conduttori il marrone, le giacche a quadri e le cravatte fantasia.
La Bignardi, forse per dare l’esempio quanto a sobrietà, si è tagliata i capelli. Poi ha annunciato novità per la sua rete, ex Tele Kabul comunista. Ogni giorno alle 20, in contemporanea col al Tg1, ci sarà una «striscia d’informazione». Potrebbe condurla Bianca Berlinguer, se perdesse la direzione del Tg3.

Scelta subito contestata da Michele Anzaldi, commissario pd della Vigilanza Rai: «Sarebbe autolesionista fare concorrenza al Tg1, corazzata dell’informazione Rai, il notiziario che tiene meglio rispetto al calo generale di telespettatori tv».

Nel mirino anche Un posto al sole, la soap più longeva d’Italia: in onda da vent’anni, ha raggiunto 4.500 puntate e alle 20:35 la vedono in 2,7 milioni (10% di share), nonostante la concorrenza di Striscia la notizia e Affari tuoi.

Roberto Saviano, a chi lo accusa di descrivere con Gomorra solo il male di Napoli, ha detto: «Chi vuole racconti positivi sulla realtà napoletana guardi Un posto al sole».
Non era una critica, solo una constatazione. La Bignardi ha precisato: «Un posto al sole è un must di Rai3, e di certo la sua missione non è raccontare il male. Si può sempre migliorare, magari per aggiornare le telecamere, la fotografia, e anche la scrittura».

Ma il vero scoglio per l’ex conduttrice delle Invasioni barbariche è Ballarò: scaduto il contratto di Massimo Giannini, potrebbe approdarvi la giornalista renziana del Corriere della Sera Maria Teresa Meli. «Sicuramente verrà accorciato, basta con i talk show interminabili», anticipa la Bignardi.

Mauro Suttora

Wednesday, June 03, 2009

intervista a Renato Brunetta

Oggi, 27 maggio 2009

di Mauro Suttora

Professor Brunetta, so chi è Brodolini.
«Bravo».
Renato Brunetta, 59 anni, il ministro (della Funzione pubblica) più popolare del governo Berlusconi, ha spopolato su Blob e Striscia per la scenata fatta a Daria Bignardi, che l’ha intervistato ignorando chi fosse Giacomo Brodolini, padre dello Statuto dei lavoratori.
I quali lavoratori scoprono di essere i meno pagati d’Europa.
«Ed è un male, perché stipendi bassi danno bassa produttività e competitività».
Di chi la colpa?
«Dei governi di sinistra e Cgil che hanno voluto moderazione salariale, ma anche della miopia delle imprese».
In pochi però si arrabbiano.
«Perché sommerso, evasione fiscale, pensioni, assistenza familiare e altre scappatoie italiane fanno da ammortizzatori».
Gli stipendi lordi sono buoni, ma vengono massacrati dal cuneo fiscale: tasse e contributi.
«Tasse troppo alte per chi le paga, basse o nulle per chi evade. E’ il modello Italia: salari contenuti, tanto benessere e pochi conflitti sociali».
Quindi va bene così.
«Sbagliato. Cambieremo questo welfare scassato, che costa tanto e protegge solo i pensionati, poco i giovani e pochissimo le famiglie».
A Como cento dipendenti privati devono mantenerne nove pubblici, a Catanzaro 43. Per questo al Nord votano Lega e non Pdl.
«E sbagliano. Il Pdl, e non la Lega, sta introducendo il federalismo fiscale. Per farlo occorre un partito con spalle grosse, nazionale. La Lega sta solo al Nord, l’alleanza giusta è quella col Pdl».
Stipendi pubblici aumentati del doppio rispetto ai privati in sette anni. E voi siete stati al governo per cinque. Cos’è, peronismo?
«Per il passato siamo corresponsabili. Ma ora premieremo il merito ovunque, senza dare tutto a tutti nei settori protetti».
Il solito politico che usa i verbi al tempo futuro.
«Sbagliato. I miei decreti passano entro luglio».
Ottantamila euro di debito pubblico gravano su ogni giovane. Se lo fossi, vi tirerei uova.
«E sbaglierebbe. Perché metà di quella cifra è in mano a suo padre, in Bot e Cct. E il resto è di fondi come quello dei pensionati californiani».
Ma anche di speculatori che possono far fare all’Italia la fine dell’Argentina, in bancarotta con i suoi bond.
«Sbagliato. “Speculatore” non è una brutta parola. Viene dal latino “speculare”, cioè studiare e capire, per approfittare. La speculazione è una scienza che fa fruttare i talenti».
E’ la prima cosa non di sinistra che dice in quest’intervista.
«Sono sempre stato socialista».
Il Pdl non è un partito liberale?
«Ci sono anche i socialisti lib-lab, riformisti».
Ma il Pdl è di centrodestra.
«Sbagliato. La maggioranza degli operai vota per noi. Siamo interclassisti, eredi del grande centrosinistra che cambiò l’Italia».
Facendo esplodere il debito pubblico.
«Sbagliato. Quello degenerò negli anni 70, quando il Pci votava le leggi di spesa del consociativismo».
La sua difesa degli speculatori mi fa senso. Hanno causato la crisi attuale, giocando con la finanza senza lavorare né produrre.
«Sbagliato. I cosiddetti speculatori, cioè i gestori dei fondi che tutti adoravamo finché ci facevano guadagnare, lavorano moltissimo: si devono informare per investire nei settori giusti. Sono molto intelligenti e preparati. Solo i tardo-cristiani li disprezzavano».
La crisi ha già buttato in strada il venti per cento dei precari...
(interrompe): «Sbagliato. Nessuno ha dati esatti».
Lei quali ha?
«Io dico che, paradossalmente, questa crisi ha reso più ricchi trenta milioni di italiani. La maggioranza».
E chi sarebbero i fortunati?
«Tutti i lavoratori dipendenti e pensionati con i redditi che salgono automaticamente del quattro per cento, mentre l’inflazione è al due. Il loro potere d’acquisto, dunque, è aumentato».
Nessuno festeggia.
«Perché nessuno investe e spende. Tutti hanno paura, risparmiano. Ma il primo governo che riesce a infondere fiducia ha vinto la sfida. Bisogna sbloccare questa massa di soldi . E’ quel che vogliamo fare con il piano casa».
Altro cemento.
«Non faccia il verde radical chic».
E voi perché non fate parchi?
«L’edilizia è il modo più rapido per rimettere i soldi in circolazione».
Allora costruite metropolitane, cose che servono.
«Sbagliato. Quella è spesa pubblica, aumenterebbe il deficit».
Insomma, la crisi non c’è.
«Non mi faccia dire fesserie. La crisi c’è eccome, con 500 mila posti di lavoro in meno. Soffrono anche gli autonomi, che però reggono meglio se sono stati previdenti nel precedente periodo di vacche grasse».
In Inghilterra i politici si dimettono per poche sterline usate impropriamente, anche senza commettere reati. In Italia invece continuate a scorrazzare in auto blu.
«Demagogia. Mi hanno imposto la scorta 25 anni fa, ne farei volentieri a meno. Nel frattempo hanno ammazzato D’Antona e Biagi. Di caste in Italia ce ne sono tante: magistrati, militari, professori universitari... Anche voi giornalisti».
Ho 50 anni, lavoro da 25 e guadagno 3.500 al mese. Qualsiasi deputato o consigliere regionale ne piglia 12mila.
«E allora perché non va a fare il consigliere regionale?»
Perché non sono una ventenne che conosce Berlusconi.
«La battuta è abbastanza buona. Però la sua collega Bignardi ne prende 600mila dalla Rai. E aspetto sempre di sapere quanto guadagna Gian Antonio Stella, autore del libro La Casta».
Neanche una lira, dallo stato.
«Ma lavora per la Rizzoli, finanziata dallo stato con 24 milioni».
Meno dell’uno per cento del suo fatturato.
«Non importa: chi prende soldi pubblici dia rendiconti pubblici. Trasparenza. Tutti gli stipendi dei miei collaboratori sono on-line».
Voi politici...
«Sbagliato».
Mi faccia almeno finire la domanda.
«Concesso».
Voi politici fate spendere ogni giorno allo stato il quattro per cento in più di quel che incassate con le tasse. Ora che le entrate fiscali sono diminuite del 14 per cento per la crisi, perché non tagliate le spese come tutti?
«E’ sbagliato dire “voi politici” perché noi siamo eletti da voi. Siamo lo specchio del Paese. Se l’Italia spende molto, è perché gli italiani pretendono che spenda molto».
I bilanci in rosso li votate voi politici.
«Con il consenso di tutti. E gli egoismi in Italia sono ben distribuiti in ogni categoria. Non si risana il deficit eliminando le auto blu».
Fatto sta che abbiamo il debito pubblico più alto del mondo: 1.700 miliardi. E ora, con la scusa della crisi, lo state peggiorando.
«Sbagliato: in tempi di crisi sarebbe criminale non risollevare l’economia con politiche di deficit spending. Se tagliamo la spesa corrente moltiplichiamo la depressione».
Lei è proprio un socialista: spendere, spendere...
«E lei è proprio un giornalista. La colgo un po’ impreparato in politica economica. Studi».
Mauro Suttora