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Wednesday, January 18, 2017

A ogni eurodeputato 44mila euro al mese



ECCO LE INCREDIBILI CIFRE DEGLI STIPENDI E RIMBORSI CHE INCASSANO I NOSTRI EUROPARLAMENTARI: IN TOTALE 2,6 MILIONI GARANTITI IN 5 ANNI

di Mauro Suttora

Oggi, 18 gennaio 2017

Ogni eurodeputato percepisce 6.300 euro al mese di stipendio netto (8.000 lordi, aliquota agevolata), più 4.300 di spese generali, più un’indennità di 300 euro per ogni giorno di presenza. Basta firmare, anche alle 8 del mattino (e poi andarsene) o alle 10 di sera (appena arrivati), per far scattare la giornata. Come un qualsiasi furbetto del cartellino.

Quindi molti arrivano il lunedì sera a Bruxelles o Strasburgo, e ripartono per casa al venerdì mattina. Tre giorni pieni posson bastare, se sembrano cinque. E si lavora solo tre settimane al mese. Perciò, totale diaria (300 euro per 15 giorni): 1500 euro.

Poi ci sono i cosiddetti fondi “400”, che vengono dati ai gruppi parlamentari: 2.630 euro mensili. I viaggi da e per casa in classe business sono rimborsati integralmente. Oltre a questi, vengono erogati 350 euro al mese di rimborso per viaggi al di fuori dello Stato di elezione, per motivi diversi dalle riunioni ufficiali.

Così si arriva a un totale netto mensile di 18mila euro. Ma gli eurodeputati hanno diritto anche a 21.200 euro per pagare portaborse. Al massimo tre a Bruxelles, e quanti ne vogliono nel proprio collegio. Un grillino è arrivato ad assumerne undici, creandosi benemerenze nel suo territorio.

Invitano ospiti pagati

Ogni deputato può infine invitare 110 visitatori l’anno, in gruppi da almeno 10. Agli ospiti sono rimborsati viaggi (9 cent a km, quindi dall’Italia da 180 a 360 euro), pasti (40 euro) e hotel (60 euro). In media, 540 euro a testa.

Totale: 44.280 euro. Mezzo milione all’anno. Ben 2,65 milioni in 5 anni, senza rischio di voti anticipati. Più i fringe benefit: limousine con l’aeroporto, palestra di 2.150 mq con piscina, sauna, solarium, corsi di yoga, body sculpt, kick boxing, zumba.

L’Europarlamento ha un costo annuo di 1,75 miliardi. Diviso 751 deputati, fanno 2,3 milioni a testa.

Le pensioni sono generose: a 63 anni garantiscono 1.400 euro per ogni mandato, fino ai 5.650 dai vent’anni in poi. Infine, ci sono le indennità per i trombati: un mese di stipendio per ogni anno di servizio a chi non viene rieletto. Un’eurodeputata di An nel 2014 ha avuto 190mila euro dopo 25 anni. Per «reinserirsi».

Anche il personale del Parlamento europeo è superpagato: uscieri e segretarie 4-6mila euro netti, traduttori 6-9mila, dirigenti 16mila.
Al di là delle contrapposizioni, tutti i partiti accettano i privilegi dell’Europarlamento. Anche i grillini, che rinunciano a soli mille euro mensili.

Mauro Suttora

Wednesday, June 17, 2009

Il buon eurodeputato in 10 domande

risponde Roberto Bin, professore di Diritto Costituzionale all'università di Ferrara

di Mauro Suttora

Oggi, 17 giugno 2009

1) Quali sono le qualità necessarie per un buon eurodeputato?
La qualità è una sola: prendere sul serio la sua carica e dedicarle il 100% della propria attività e energia. Non possiamo permetterci di avere parlamentari europei distratti da altre cariche, spesso importanti; né possiamo permetterci di usare il Parlamento europeo come “cimitero degli elefanti”, una ricca casa di riposo in cui mandare politici ormai alla fine della loro carriera.



2) Quant’è importante conoscere le lingue? Quali?

Nel Parlamento europeo tutto ciò che è ufficiale viene tradotto in tutte le lingue (i costi sono ovviamente enormi). Ma un parlamento moderno lavora soprattutto nelle Commissioni e nei gruppi di lavoro: lì è fondamentale parlare inglese o francese. Altrimenti come si fa a comunicare con i propri colleghi non italiani? Però le lingue si possono sempre imparare, se lo si vuole, ci vuole solo buona volontà. Se uno non ce l’ha, faccia un mestiere diverso.



3) Spesso politici o giornalisti famosi in Italia hanno deluso a Bruxelles. Meglio eurodeputati meno “importanti” ma più competenti in un determinato settore (ad es.: sanità, industria, commercio, trasporti)? Quali sono i settori prevedibilmente cruciali nella prossima legislatura?

Di settori importanti ce ne sono davvero molti, moltissimi. Dall’ambiente alla ricerca scientifica, dall'alimentazione alla salute, dalla tutela dei consumatori alla lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. E poi tutto quello che riguarda l’economia, la moneta, il mercato, il commercio internazionale…
Non si può pensare che il deputato europeo “nasca imparato”, e forse non è neppure utile che sia specializzato in un determinato settore. Il politico non dev’essere uno specialista, checché se ne pensi di solito: anzi, spesso lo “specialista” non ha quella visione estesa ed equilibrata che il politico dovrebbe avere. Ma un buon politico deve saper scegliere i suoi collaboratori e capire “politicamente” le cose di cui si deve occupare. Insomma, non uno “specialista”, ma un politico capace di capire le cose, di informarsi, di studiare i problemi, di valutare i dati… ecco quello che serve.



4) Piaga dell’assenteismo. Contano di più le sedute in plenaria, quelle nelle commissioni, o quelle nei gruppi politici d’appartenenza, per farsi affidare dossier importanti?

Certo il grosso del lavoro non lo si fa in plenaria, sotto i riflettori della stampa, dove le piume colorate dei politici brillano di più! È nelle commissioni che si svolge il lavoro più importante, è là che un politico riesce anche a far valere il peso della propria esperienza e serietà. Ma non c’è un’attività più importante dell’altra, dipende dagli argomenti e dai momenti. Chi si assume il compito di rappresentarci lo deve fare sempre e ovunque. Non lo paghiamo per questo?



5) L’eurodeputato modello può fare avanti e indietro con l’Italia, o è meglio che si trasferisca a Bruxelles?

Il Parlamento lavora tra Strasburgo e Bruxelles. Ma il deputato europeo non deve neppure perdere i rapporti con il proprio territorio, per questo è molto criticabile il modo con cui sono scelti i candidati, troppo spesso “paracadutati” in un megacollegio con cui hanno  ben poco a che fare. Teniamo presente che l’Italia soffre di cronico ritardo nel percepire ciò che succede in Europa, e quindi anche nell'accedere alle grandi risorse (non solo finanziarie) messe a disposizione: ciò danneggia la nostra competitività. 
Questo è un compito che i deputati europei dovrebbero assolvere, perché sanno in anticipo ciò che sta per accadere e possono stimolare le Regioni e gli enti locali a prepararsi. Per cui è bene che mantengano rapporti saldi con l’Italia: basta che non lo facciano soltanto per gestire i propri affari in patria!



6) Come può l’eurodeputato strappare più poteri per l’Europarlamento, sottraendolo ai burocrati della Commissione o ai difensori degli interessi nazionali del Consiglio?

Benché si creda il contrario, il Parlamento europeo ha conquistato da tempo poteri assai più rilevanti e penetranti di quelli esercitati, per esempio, dal parlamento italiano: ogni decisione importante deve essere approvata dal Parlamento. Che il parlamento europeo abbia pochi poteri è perciò un mito. Così come è un mito il gigantismo della burocrazia europea: ha più funzionari il comune di Roma che la Comunità. 
La Commissione e il Parlamento operano spesso assieme per superare il nazionalismo dei ministri che siedono in Consiglio, nazionalismo troppe volte cieco. Per questo poi i politici nazionali accusano la Commissione di essere “burocratica”: perché difende gli interessi della Comunità contro gli interessi “politici” dei singoli Stati.



7) Gli sprechi dell’Europarlamento sono leggendari: dalle due sedi a mezzo (Bruxelles/Strasburgo/Lussemburgo) alle traduzioni in 23 lingue, dai “rimborsi” per assistenti (17 mila euro al mese) agli stipendi (che saranno ridotti dagli attuali 12mila al mese, ma solo per gli eurodeputati di prima nomina). Cosa può fare il singolo eurodeputato per ridurli?

Che dall’Italia si avanzino critiche ai costi del Parlamento europeo fa un po’ ridere, dati i costi della nostra politica. Ma poi il problema non è quanto costi un parlamento, ma che cosa è capace di fare. E questo dipende soltanto dalle persone. Sarebbe bene che si smettesse di considerare la spesa per la politica come una spesa inutile. È un errore, governare e legiferare richiedono un lavoro preparatorio che costa, non è una responsabilità che possa essere affidata a dilettanti o al volontariato. Il problema nasce dal fatto che in Italia troppo spesso i soldi che diamo alla politica vengono incassati dai politici, anziché essere investiti in conoscenza e preparazione delle decisioni.



8) Si arriverà mai agli Stati Uniti d’Europa?
Probabilmente no, ma ci possono essere modelli molto diversi e più moderni di organizzazione politica. La comunità europea ha fatto passi da gigante, anche se ogni tanto si ingrippa, come sta accadendo ora. Ma spesso i momenti di crisi sono quelli che provocano i progressi più imprevedibili, sviluppi che procedono per vie inattese. E questo fa dell’Europa un’esperienza incredibilmente affascinante.



9) I fondi Ue sono irrimediabilmente soggetti a truffe, oppure ci sono esempi di corretta gestione?
Ci sono molti esempi di ottima gestione, anche in Italia. Alcune delle realizzazioni più importanti si sono potute fare con gli investimenti europei. Purtroppo, nel nostro paese, la truffa prospera ovunque vi siano risorse, è anche questo il frutto dello scarso senso civico e del “furbismo” degli italiani. Che cos’è l’evasione fiscale se non una truffa ai danni dei cittadini corretti?



10) La legislazione comunitaria, fra trattati di Nizza, Lisbona ecc, è diventata un ginepraio gogoliano, facile bersaglio degli anti Ue ad ogni referendum (Irlanda). La semplificazione è una priorità?
Anche in questo l’Italia non può certo gettare la prima pietra. La legislazione italiana è molto più sconnessa, confusa, contorta ed esorbitante di quella europea. Anche questo appartiene ai miti, in fondo (almeno per noi italiani). 
Il problema è semmai un altro. La Comunità è nata per il mercato, e quindi per l’economia. Ha una grande difficoltà a capire che, oltre alle imprese, ci sono i cittadini con le loro esigenze di solidarietà sociale, di tutela del lavoro, di garanzia dei diritti.



Come metterebbe lei, in ordine di importanza fra i punti precedenti, l’impegno degli eurodeputati che Oggi “adotterà”, sorvegliandoli fino al 2014 (uno per partito)?


Al primo posto la presenza e l’unicità dell’impegno, rinunciando ad ogni altro incarico in Italia (n.1), il lavoro attivo in commissione e nei gruppi di lavoro, di cui devono diventare protagonisti (n.4), i rapporti attivi e collaborativi con il proprio territorio, di cui devono diventare il “consulente” e il “suggeritore” (n.5), la acquisita conoscenza di una lingua straniera “forte”, magari anche ex novo (n. 2)
Mauro Suttora

Wednesday, April 29, 2009

L'Eurocasta lavora 33 giorni all'anno

dal nostro inviato a Strasburgo (Europa)

Mauro Suttora

Oggi, 29 aprile 2009

In Francia il presidente Nicolas Sarkozy ha abolito la settimana lavorativa di 35 ore. Il Parlamento europeo, invece, quest’anno ha introdotto una novità mondiale: l’anno lavorativo di 33 giorni. Ai 785 eurodeputati, pagati 30mila euro mensili, basta volare a Bruxelles o a Strasburgo una volta al mese, starci due-tre giorni, ed è fatta.

Certo, ci sono anche le mezze giornate, come si vede nella tabella. Lunedì 4 maggio, per esempio, la seduta comincia alle 17 e va avanti fino a mezzanotte. Ma in realtà è una giornata libera: basta che l’eurodeputato prenda un aereo dal suo Paese verso le nove di sera, atterri a Strasburgo alle undici e vada subito a firmare il registro presenze. Così non perde la diaria di 300 euro al giorno. Idem per le mezze giornate al mattino: non è tanto importante l’orario di chiusura, le 13, quanto quello di inizio seduta: le nove. Anche lì, una capatina in sala, firmetta, e poi via verso l’aeroporto.

Il 2009 è un anno particolare, è vero: il 7 giugno si vota, quindi salta la sessione di quel mese. Risultato: ferie extralunghe, dall’8 maggio al 14 settembre. Ai nuovi eletti basterà andare tre giorni a Bruxelles a metà luglio per acclimatarsi.

L’eurodeputato radicale Marco Cappato ha chiesto che il Parlamento renda noti i dati di presenza dei suoi membri, in vista delle elezioni: unica occasione in cui possiamo giudicare i nostri rappresentanti. Niente da fare, il presidente ha opposto questioni di privacy. Allora i radicali hanno fatto da soli, e hanno compilato la classifica dei più assidui e degli assenteisti (pubblichiamo i dieci italiani migliori e peggiori nella pagina seguente). Attenzione, però: hanno calcolato non solo le riunioni plenarie, dove come abbiamo visto il giochetto è facile, ma anche altri indici di «produttività»: la partecipazione alle commissioni, il numero di rapporti scritti, di interrogazioni, di interventi in aula. I risultati sono imbarazzanti.

«Il problema degli eletti italiani è che non sanno le lingue», ci dice una dirigente dell’Europarlamento, ai piani alti della Torre di Strasburgo. Anonima, altrimenti addio carriera. La maggioranza assoluta dei nostri eurodeputati non parla bene l’inglese, o almeno il francese. «E questo è grave non tanto per le riunioni d’aula, dove è assicurata la traduzione simultanea, quanto per tutti i contatti di corridoio con i colleghi delle altre nazioni, che rappresentano il vero lavoro utile da svolgere a Bruxelles».

Infatti, da un punto di vista concreto l’Europarlamento serve a poco. E’ un organo consultivo, non decide quasi niente da solo. Non nomina governi, non toglie la fiducia, tutte le leggi (direttive) devono essere «codecise» assieme ai burocrati della Commissione. Alla fine chi comanda veramente non sono né il Parlamento né la Commissione, ma il Consiglio, composto dai ministri dei 27 stati membri. «E neanche loro hanno l’ultima parola, perché poi ciascuno stato è libero di mettere il veto, o di non applicare una norma».

Insomma, quello che voteremo fra un mese è un enorme, simpatico e costosissimo ente inutile che serve soprattutto per far socializzare centinaia di giovani portaborse multietnici (dalla Lettonia a Malta, dall’Irlanda a Cipro): sono loro a effettuare il vero lavoro, per l’eurodeputato di cui sono «assistenti». Il quale è libero di decidere quanto pagarli. Dispone di 17.500 euro al mese: può darli tutti a uno solo (magari parente o amante), oppure assumerne 17 a mille euro ciascuno. Può tenerli al Parlamento oppure nel proprio collegio elettorale.

Nella Babele di Strasburgo si parlano 22 lingue. Quindi, in teoria, il numero di interpreti è di 22 al quadrato, perché ciascuna lingua dovrebbe essere tradotta in ogni altra. Impresa impossibile. assorbirebbe tutto il bilancio dell’Unione. «Ci sono quindi le lingue-ponte», spiega la dirigente, «per esempio un interprete dall’estone all’inglese, e subito dopo un altro dall’inglese all’italiano».
Il risultato è comico. Se qualcuno fa una battuta, un terzo della sala ride subito, un terzo dopo dieci secondi, e gli altri dopo venti. Sempre che capiscano qualcosa, perché si calcola che ad ogni traduzione si perda in media il 30 per cento del significato.

«Gli irlandesi hanno preteso che il gaelico diventasse lingua ufficiale, anche se neppure loro lo parlano. E così i maltesi». Ora si aspettano il croato, il serbo, l’albanese, il norvegese, l’islandese, l’ucraino e il turco. Si spera invano che i moldavi accettino il rumeno.

L’altro grande spreco dell’Europarlamento sono le tre sedi: Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo Grandi traslochi di migliaia di persone e casse ogni mese. Costano 120 milioni di euro all’anno in più, calcolano i radicali. Di più, secondo i verdi. 200 milioni Dieci anni fa sia il Belgio sia la Francia, per paura di perderlo, hanno costruito un nuovo palazzo. Tutto è doppio.

Fino al ’99 Strasburgo usava le sale del Consiglio d’Europa: un altro ente diventato inutile dieci anni prima, col crollo del Muro di Berlino e l’entrata dei Paesi dell’Est nell’Unione. Ora i due palazzi troneggiano uno accanto all’altro, desolatamente vuoti per quaranta settimane all’anno.

Questa è la vita dell’eurodeputato. Pagatissima, undici mesi di ferie annui. Ma frustrante.

Mauro Suttora

Saturday, June 04, 1994

eurodeputati, affare miliardario



LA DOLCE VITA DEGLI EUROPRIVILEGIATI

"Non contiamo niente. Ma che stipendi, ragazzi"

di Mauro Suttora

Europeo, 1 giugno 1994

La sua sigla è MEP V-I. Significa Membro del Parlamento europeo, verde, italiano. Si chiama Virginio Bettini, è nato a Nova Milanese (Milano) 51 anni fa, è docente universitario a Venezia, è stato eletto a Strasburgo nel 1989. Detiene il record di presenze all'Europarlamento: 68 sedute su 68 quest'anno, en plein anche l'anno scorso (60 su 60). Mai una malattia, mai una distrazione. Abbiamo quindi passato una giornata assieme a lui per capire com'è il lavoro di un eurodeputato.

«Bettini sempre presente? La politica non si fa con il sedere»: riferiamo all'interessato questa velenosa battuta rifilatagli da un collega. Lui non si scompone: «Ma io non mi limito affatto a stare seduto e a riscaldare la sedia come fa la maggioranza degli italiani quando è presente. In questi cinque anni ho presentato sei rapporti, e ne avrei fatti altri due se i socialisti non me lo avessero impedito».

Cosa sono i "rapporti", onorevole Bettini? «Sono le relazioni che si preparano prima di discutere in aula un determinato argomento. Bisogna seguirle dall'inizio alla fine, anche nelle varie commissioni parlamentari, e soprattutto difenderle nei confronti del governo comunitario, cioè la Commissione, e del Consiglio, cioè in ministri dei 12 Paesi membri. Un lavoraccio che dura mesi, a volte anni. Tant'è vero che ogni deputato in una legislatura in media ne fa due o tre».

L'onore - e l'onere di preparare un rapporto viene assegnato in proporzione alla consistenza numerica di ciascun gruppo politico. I verdi sono pochi, 30 su 518, quindi si dovevano mettere d'accordo con gli altri partiti della sinistra (i 180 socialisti, soprattutto) per ottenerli. Bettini, da buon ecologista, si è accaparrato quelli sulla conversione a produzioni civili dell'industria bellica e sulle energie pulite (sole, vento, biomasse).

Poi però sono entrato in rotta di collisione con alcuni socialisti, per i quali la "conversione" delle fabbriche d'armi si sarebbe dovuta risolvere semplicemente dando ad esse più quattrini», racconta Bettini, «e così nel '94 la mia commissione, sulle politiche regionali e la pianificazione, importante perché distribuisce molti finanziamenti, ha assegnato nove rapporti ma nessuno ai verdi».

A Strasburgo Bettini ha una stanza all'hotel Terminus, di fronte alla stazione. «Non è caro per i prezzi di qui: 500 franchi francesi a notte, 140 mila lire. Ci sto una settimana al mese. Il calendario delle sessioni viene fissato all'inizio di ogni anno: sono un prenotato fisso».

I soldi. Ne parliamo subito, Bettini? Come mai voi verdi, così attenti agli sprechi, non alzate la voce contro gli stipendi scandalosamente alti degli eurodeputati?
«Attenzione, non voglio difendere nessuno, ma lo scandalo nasce a Roma. Per legge, infatti, le nostre indennità sono agganciate a quelle dei Parlamenti nazionali. Gli inglesi, per esempio, prendono meno della metà di noi. Spagnoli e greci un terzo, un quarto».

C'E' CHI FA ASSUMERE LA MOGLIE O I FIGLI

Sì, ma metà dei 45 milioni al mese che guadagnate ve li dà l'Europa, e con scarsi controlli. «È vero. Qualche collega, specie i democristiani, si è preso come "assistente" parenti, figli, mogli, lasciandoli poi in eredità al Parlamento dopo averli fatti assumere come funzionari. Però anche qui, attenti: chi fa l'eurodeputato a tempo pieno, e quindi sta tre settimane al mese a Bruxelles e una a Strasburgo, spende parecchio».

Bettini è un eurodeputato atipico. Dal suo albergo al Parlamento sono vari chilometri, bisogna attraversare tutta Strasburgo. Lui usa la bici. La mette nel parcheggio sotterraneo, vicino alle Mercedes degli eurodeputati tedeschi. Per tutti gli eletti sono comunque sempre a disposizione le auto del Parlamento: li scarrozzano gratis all'aeroporto, a pranzo, dall'amante. Una ventina di autisti in divisa, aspettando di essere chiamati, ammazza il tempo guardando la tv in una saletta al piano terra.

Un altro benefit sono gli sconti di Air France e della belga Sabena: anche sugli aerei Parigi e Bruxelles si fanno concorrenza, sperando di vincere l'eterna battaglia sulla sede del parlamento. Finora ha prevalso la follia: due sedi lussuosissime, una nella francese Strasburgo, l'altra nella capitale belga. Più una terza (per gli uffici permanenti di migliaia di funzionari e traduttori) a metà strada, a Lussemburgo.

Per non scontentare nessuno, due giorni al mese di seduta plenaria sono stati trasferiti a Bruxelles, dove si riuniscono anche le commissioni (due settimane al mese) e i gruppi parlamentari (una settimana mensile, tranne il prossimo luglio quando si distribuiranno tutti gli incarichi del nuovo Parlamento).

La giornata dell'eurodeputato inizia prestissimo. Alle otto si riuniscono i vari gruppi, che mettono a punto la strategia per la seduta in aula, dove i lavori iniziano alle nove. Per risultare presenti basta firmare un foglio all'entrata dell'aula. Di lunedì la seduta dura fino a mezzanotte. «Così qualcuno arriva verso le undici di sera, firma, va a dormire e si è guadagnato il gettone di presenza da 400 mila lire», commenta perfido Bettini.

In aula cominciano i dolori. Perché a Strasburgo non c'è un Parlamento: c'è una catena di montaggio. Ogni deputato può parlare al massimo un minuto e mezzo, poi si passa al voto. Se ha già parlato uno del proprio partito, si ha diritto a 45 secondi. Dietro al banco della presidenza c'è un enorme tabellone elettronico rosso che fa il conto alla rovescia in secondi al malcapitato che osa prendere la parola.

Di solito sono i greci a sforare. Continuano a parlare, gesticolando e sudando, per due o tre minuti anche dopo che è stato levato loro l'audio, per cui nessuno li può sentire né dal vivo né in cuffia. Incredibile, per i disciplinati deputati tedeschi. I quali hanno proposto di installare una sirena tipo Corrida per zittire i logorroici.

Ai numerosi visitatori dell'Europarlamento (ogni deputato può invitare a spese dell'Europa una ventina di persone l'anno, molti optano per le scolaresche) l'attività in aula, così frenetica, risulta incomprensibile. Gli stessi deputati, che non riescono a passare ogni mezz'ora dalla politica vitivinicola alla Macedonia, per poi planare sulle diagnosi prenatali e i trasporti della Vallonia, votano mansueti seguendo alla cieca la mano alzata del proprio capogruppo.

E IN  OGNI UFFICIO C'È il PIED-A-TERRE...

Pausa di pranzo: Bettini torna nel suo ufficietto moquettato di quattro metri per cinque con bagno e letto (tutti gli eurodeputati ne hanno uno), si cambia, mette la tuta e va a fare jogging. Quando piove scende in sauna (sconti anche lì, ma fra qualche mese, quando la Finlandia entrerà in Europa, diventerà sovraffollata). Il palazzo offre anche due self-service e un ristorante (quest'ultimo riservato agli eletti e ai loro ospiti).

Dalle 15 alle 19 (spesso anche dalle 21 alle 24) di nuovo votazioni in aula. Bettini fa anche parte dell'intergruppo animali, che riunisce tutti gli eurodeputati animalisti. È l'unica commissione alla quale gli inglesi partecipano con impegno, si riunisce una volta al mese per due-tre ore. Uno dei più assidui è un lepenista francese. Su un banco sonnecchia uno spagnolo: «È lì solo per controllare che non si vietino le corride», sorride Bettini.

Al venerdì tutti partono. Pochi per Bruxelles, dove bisognerebbe continuare a lavorare. Molti eletti italiani prendono l'aereo per Roma o Milano. E nessuno li rivede più fino al mese dopo. Riescono così a guadagnare 10 milioni al giorno.
Mauro Suttora