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Tuesday, January 16, 2024

L'Etna a pagamento? Allora mettiamo anche un ticket per guardare le Alpi. Consigli fantasmagorici per Santanchè









di Mauro Suttora

Come un vulcano, la ministra del Turismo erutta idee fantastiche. E allora qualcun'altra gliela diamo noi, ancora più spettacolare

Huffingtonpost.it, 16 gennaio 2024

Come un vulcano, la ministra del Turismo Daniela Santanché erutta idee fantastiche. Oggi, intervistata da Milano Finanza, ha detto che vuole far pagare di più i turisti che vengono in Italia: "Dobbiamo sfruttare al meglio il nostro patrimonio storico, artistico e culturale. Non può più essere gratis tutto per tutti. Bene ha fatto il ministro Sangiuliano con il Pantheon dove, dopo l’introduzione dell’ingresso a pagamento, i visitatori sono cresciuti. In Spagna si paga per entrare nelle chiese, in Francia o in Grecia si paga anche l’aria che si respira. È giusto allinearci al modus operandi dei nostri competitor e mettere a reddito le nostre bellezze".

Fin qui tutto abbastanza ragionevole, a parte l'ossigeno francese e greco per i quali non risultano ticket. Purtroppo però poi l'intervistatore ha voluto approfondire: "Un esempio?" E lei: "Abbiamo un vulcano vivo, l’Etna. Gli americani fanno pagare per vedere vulcani finti, e noi non riusciamo a mettere a reddito l’Etna".

Poiché le eruzioni dell'Etna, come quelle di Daniela, sono uno spettacolo della natura, ci chiediamo in che modo ricavare in concreto soldi dal vulcanone. Predisporremo caselli nelle strade che gli passano attorno, da Acireale a Bronte, da Troina a Nicolosi? Le viste più belle poi sono quelle aeree: imporremo un sovrapprezzo ai velivoli in arrivo e partenza dall'aeroporto di Catania? 

L'arrembante ministra illustra così il suo programma: "Fino ad oggi abbiamo subìto il turismo, il passo in avanti è quello di organizzarlo". Qualche mese fa aveva lanciato un indizio: il "glamping". Premessa briatoregna: "La ricchezza non dev'essere una bestemmia, non va criminalizzata. Perché in economia è l'alto che fa crescere il basso. Non è mai avvenuto il contrario". Ed ecco l'illuminazione: "La tendenza oggi è sui glamping".

Che poi sarebbe la fusione fra glamour e camping. Concetto nato una ventina d'anni fa in Gran Bretagna, significa "campeggi di lusso". Quindi sì, tende o casette in legno, roulottes e bungalow. Ma a 5 stelle, e con prezzi da Twiga. Per quelli da realizzare alle pendici dell'Etna, particolarmente consigliabili le "bubble room": stanze trasparenti progettate con materiali adatti a resistere alle alte temperature. Per chi volesse provare un brivido supplementare, vanno installate ai bordi dei crateri e lungo i percorsi della lava incandescente.

Ma non solo Etna. Per strizzare ulteriormente le tasche dei turisti, come se non bastassero i prezzi di alberghi e ristoranti (pardon: "fudenbeveregg", copyright Flavio) schizzati alle stelle dopo la pandemia, va reso a pagamento il percorso di tutte quelle strade, dette "panoramiche", che negli atlanti dei nostri genitori erano orlate di verde. Cosicché dalla val Ferret al Salento, dalla val d'Orcia alla costiera amalfitana, sarà un fiorire di numeri chiusi, app di prenotazione, giovanotti assunti per distribuire scontrini e controllare targhe.

Hanno già cominciato sulle Dolomiti, dove dalla prossima estate è annunciata la chiusura di alcune strade attorno a Cortina per i malcapitati che non si doteranno di pass giornalieri od orari con largo anticipo. I nuovi padroni delle nostre vacanze saranno i sensori online che scandiranno la durata dei minuti da dedicare alla contemplazione dei principali panorami. E come unica, estrema difesa contro questa strategia Santanché a noi piccoloborghesi frustrati non resterà che una sega fantozziana: quella con cui il misterioso vendicatore veneto sta facendo giustizia degli autovelox.

Sopra di noi, intanto, volteggeranno indisturbati e impuniti gli elicotteri dei vip: perché "è sempre l'alto che fa crescere il basso", come ci insegna Danielona. 

Thursday, August 03, 2023

Caro Briatore, ma pure lei considera diffamatorio essere indicati come clienti del Twiga?



In un’intervista al Corriere giustifica la querela mossa da Boccia al Foglio: “Se hanno scritto il falso, fa bene”. Ma, anche se è falso, non è infamante: almeno lui dovrebbe pensarlo e dirlo

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 3 agosto 2023

Inarrivabile Flavio Briatore. Oggi sul Corriere della Sera dice all'intervistatrice Candida Morvillo che Francesco Boccia, presidente dei senatori pd, ha fatto bene a querelare il quotidiano Il Foglio per averlo indicato come frequentatore del Twiga. Ma come: lo stesso proprietario dello stabilimento balneare di Marina di Pietrasanta (Lucca) considera diffamatorio essere accostati al suo locale?

Contestualizziamo. Daniela Santanchè, ministra del Turismo e senatrice di Fratelli d'Italia, indagata per bancarotta e falso in bilancio, subisce un dibattito parlamentare con la richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni. Per difendersi contrattacca: "Quanti di quelli che ora mi accusano sono stati miei ospiti al Twiga?"


La perfida Santanchè non fa nomi, ma il superperfido Foglio scrive che a quel punto molti senatori si sono voltati verso l'abbronzatissimo Boccia. Il quale fa subito partire un comunicato stampa del gruppo per annunciare vie legali.

Vera o falsa, la frequentazione del Twiga non dovrebbe apparire disdicevole. Soprattutto per il suo proprietario, al quale Santanchè ha girato metà della propria quota di proprietà dopo la nomina a ministro (l'altra metà è andata al suo compagno Dimitri Kunz). E invece Briatore, che noi ammiriamo perché riesce a far pagare cento ai ricchi cose che costano dieci, favorendo così la redistribuzione del reddito tanto invocata a sinistra, sembra dar ragione a chi considera tutte le sue creazioni, dal Billionaire al Twiga (che significa 'giraffa' in swahili), sentine di dubbia fama.

L'eterno dibattito ricchi/poveri si arricchisce così di un ulteriore avvincente capitolo. Il furbo Menenio Agrippa 2.500 anni fa riuscì a convincere i plebei di essere indispensabili quanto i patrizi. Però i primi erano come le gambe del corpo umano, i secondi lo stomaco. Poi, da Spartaco a Marx, i poveri si sono incattiviti contro lo stomaco che si limita a magnare, mentre agli altri organi tocca lavorare.

Da un quarto di secolo invece abbiamo il filosofo Flavio che teorizza la trinità "làcciori, fescion e glemor" come nuovo orizzonte interclassista. A giudicare dalle frotte di giovani neoproletari (mille € al mese) che proprio in queste notti, come ogni agosto, buttano nel suo Billionaire di Porto Cervo i risparmi di un anno, ha ragione lui.

In mezzo restano i politici. Ricchi o poveri? Devono vergognarsi per una cena chez Briatore e Santanchè a Forte dei Marmi, o esibirla come hanno fatto gli spregiudicati Maria Elena Boschi e i suoi due scudieri renziani poche sere fa?

La risposta all'ineffabile Piero Fassino, che sventola in aula i suoi miseri 4.700 € mensili netti. Dimenticando gli altri 10mila di fringe benefit che fanno il benessere di un parlamentare. Ma, come direbbe il maitre-à-penser di Monte Carlo, Versilia, Costa Smeralda e Dubai, le inibizioni sono "cose da poveri". 

Quindi, caro Boccia, vai a spendere allegramente da Briatore i tuoi soldi, invece di sperperarli in avvocati. E porta pure tua moglie: è perennemente invitata anche lei sotto i suoi ombrelloni da mille € al giorno e nelle splendide serate "fudenbeveregg".


Monday, June 12, 2023

L'ultimo sfregio a Berlusconi: per i liberal di Manhattan era solo uno showman



Difficile, per i sussiegosi democratici americani, accettare un fenomeno come il Cavaliere. Ma anche i repubblicani pre-Trump, gli eleganti rockefelleriani trincerati nei loro grattacieli miliardari di Park Avenue, lo consideravano un pittoresco parvenu. Al massimo un "media mogul turned politician"

di Mauro Suttora 

Huffingtonpost.it, 12 giugno 2023 

Un ultimo sfregio: il New York Times, annunciando la morte di Silvio Berlusconi, lo ha definito "showman" e non politico. Concedendogli solo di avere capovolto ("upended") la politica e la cultura italiane: "È stato il premier più divisivo e inquisito, ('polarizing and prosecuted')".

Difficile, per i sussiegosi liberal di Manhattan, accettare un fenomeno come il Cavaliere. Ma anche i repubblicani pre-Trump, gli eleganti rockefelleriani trincerati nei loro grattacieli miliardari di Park Avenue, lo consideravano un pittoresco parvenu. Al massimo un "media mogul turned politician". Con l'aggravante di controllare un impero mediatico impensabile negli Usa, dove sarebbe stato subito spezzettato dalle leggi antitrust.

"Mauro, ma sei sicuro di quel che hai scritto?", mi telefonò Fareed Zakaria, direttore di Newsweek, nella calda estate 2004, quella della bandana con Tony Blair a Porto Cervo. Gli avevo mandato un articolo sulle ultime imprese e gaffes berlusconiane. Gli inflessibili fact checkers del settimanale controllarono le mie parole una a una, sospettando che avessi esagerato.

Stessa diffidenza l'anno precedente, quando Newsweek titolò un altro mio resoconto divertito dalla Sardegna chiamandolo Mr. B, e parificandolo a Flavio Briatore, Gigi Buffon e Tom Barrack, il trumpiano Usa che aveva appena comprato tutti gli hotel di lusso della Costa Smeralda.

Nel settembre 2003 Silvio accompagnò a New York una delegazione di Confindustria, ma il Council on Foreign Relations (massimo luogo d'incontro dei poteri forti statunitensi) lo snobbò: non lo invitò a tenere una conferenza nella sua prestigiosa sede, come invece faceva con qualunque premier del mondo di passaggio in città. 

Berlusconi fu dirottato verso la Borsa, dove fece inorridire i perbenisti con una delle sue leggendarie battute: "Venite a investire da noi, perché oltre al bel tempo e alla bellezza dell'Italia abbiamo anche bellissime segretarie". Alla sera, cena di gala al Plaza. I giornalisti italiani al seguito cercavano di avvicinarlo per carpire qualche sua frase in esclusiva. Conoscendo le sue abitudini, mi appostai in cucina. E immancabilmente riuscii a incontrarlo, perché nel dopocena venne a complimentarsi col cuoco e i camerieri.

Stesse scene simpatiche al G8 di Genova nel 2001. Era la prima volta che Berlusconi incontrava il presidente George Bush jr, entrambi neoeletti. Fu commovente incrociare il nostro premier nelle ore prima del vertice, mentre controllava ansioso di persona ogni piccolo dettaglio, dalle piante di limone in vaso che adornavano il porto riprogettato da Renzo Piano, alle forme di formaggio grana per sfamare giornalisti e delegazioni. "Ti è piaciuto il prosciutto crudo di Parma?", chiese a Bush afferrandolo affettuoso per un braccio. Gli americani educati a Yale detestano qualsiasi contatto fisico. Ma fra loro fu subito amore. 

E Silvio avrebbe voluto allargare questo idillio trasformandolo in una chose à trois con l'amico Vladimir Putin l'anno dopo nel vertice a Pratica di Mare (Roma). Ma la sua geniale idea di far entrare la Russia nella Nato non ebbe fortuna. Tipico di Berlusconi, voler conquistare gli avversari con la seduzione. Contrariamente al complesso militare-industriale, detestava avere nemici. Con Barack Obama invece fu subito gelo: qualcuno gli riferì la definizione di "abbronzato", incomprensioni su Gheddafi, e il Cavaliere tornò fra i fenomeni folkloristici.

La vendetta della storia si è abbattuta sulle schizzinose élite di Washington con la vittoria di Donald Trump nel 2016. L'epitome del populista peronista si è trasferita da Berlusconi a quell'altro buffo outsider dai capelli arancioni. Stessa fortuna accumulata con le costruzioni, stesso successo televisivo, stessa passione "womanizer" per le belle donne, con incursioni al confine del dubbio gusto.

E adesso, con le due incriminazioni di Trump, ecco che li accomuna anche il calvario giudiziario: perché in inglese "prosecution" (messa in stato di accusa) si confonde con "persecution". E Donald, proprio come Silvio, ha già cominciato a sfruttare le sue disavventure con la legge, ribaltandole contro chi lo considera un mascalzone. Sperando di indossare anche lui l'aureola di martire, così utile per farsi rieleggere.

Ma quanto a stile, la burina Trump Tower non è la verde Milano 2. E, soprattutto, Silvio era più simpatico e buono di Donald. 

Saturday, July 24, 2021

Arrestato Barrack, ex padrone della Costa Smeralda. Ma la giustizia italiana aspetta ancora

di Mauro Suttora


HuffPost, 24 luglio 2021


Hanno arrestato Tom Barrack, proprietario della Costa Smeralda dal 2003 al 2012. La comprò dal fondatore Aga Khan per 280 milioni di euro, rivendendola all'emiro del Qatar per 680. Plusvalenza di 400 milioni e 170 milioni di tasse evase, secondo la procura di Tempio Pausania.

Ma le manette ai polsi del finanziere libano-americano non le ha fatte scattare la giustizia italiana. Dopo anni di indagini, da noi il processo non è ancora iniziato. 

Barrack, amicissimo di Trump, è finito in carcere a Los Angeles perché non aveva dichiarato di fare il lobbista per conto degli Emirati Arabi Uniti. Reato grave negli Usa: data la vicinanza col presidente, questo suo grande finanziatore poteva influire sulla politica estera statunitense.

E pensare che Barrack non è riuscito a influire neanche sul piccolo comune di Arzachena (Olbia). Il consorzio Costa Smeralda da decenni cerca di costruire altri hotel di lusso sui suoi 2.400 ettari, ma le leggi sarde lo bloccano. Ecco perché l'Aga Khan vendette, e anche Barrack se n'è andato.


Lo intervistai (https://www.newsweek.com/vacationing-mr-b-135963per Newsweek nel 2003 a Porto Cervo, era arrivato da poco. La Sardegna quell'estate produceva foto incredibili, Berlusconi in bandana scarrozzava Blair. Fareed Zakaria, direttore del settimanale Usa, non mi credeva quando gli descrivevo la Dolce vita della Costa Smeralda, fra il Billionaire di Briatore, Naomi Campbell e Heidi Klum, Valentino e Gwyneth Paltrow, gli eccessi sugli yacht e le imprese di attori, calciatori e proto-olgettine. Eppure il mio articolo superò l'esame dei severi fact-checkers di Newsweek.


Quella che non è stata superata quasi vent'anni dopo è la lentezza della giustizia italiana. Bypassata su Barrack da quella Usa, che lo ha arrestato per fatti di due anni fa. Sempre a Tempio non hanno ancora rinviato a giudizio il figlio di Grillo: prossima udienza a novembre, con calma.

Scopriamo che è ancora in corso il processo per la strage di Bologna di 41 anni fa, hanno appena trovato un nuovo colpevole. E a Genova dopo tre anni il ponte è stato ricostruito, ma non siamo arrivati neanche all'udienza preliminare. Il direttore di Newsweek non ci crederebbe.

Mauro Suttora

Thursday, September 10, 2020

De Laurentis e i vip del virus

di Mauro Suttora

10 settembre 2020

Ci mancano, in fondo, i cinepanettoni che Aurelio De Laurentiis non produce più da anni. In compenso ora c'è il virus. E dopo la surreale visita letale di Briatore a Berlusconi a Ferragosto, i vip continuano a regalarci buonumore. 

Naturalmente auguriamo a tutti il miglior lieto fine: di farsi il covid in forma blanda, come sembra stia succedendo a Mr. Billionaire chez Santanché ("Non ne posso più di averlo in casa", confessa però la pitonessa a Vanity Fair); di lasciare presto il San Raffaele scampando anche al medico personale Zangrillo, nel caso del Trilionario vero da Arcore; e che al presidente del Napoli la polmonite non sfiori neppure un interstizio.

Nel frattempo, però, la città dell'isola di Creta sinonimo di casino totale (Canea) si sta inevitabilmente scatenando in queste ore contro De Laurentis sui social.
Statisticamente c'è poco da fare: nove italiani su dieci non tifano Napoli, quindi il sarcasmo è d'obbligo fra i tifosi avversari. Imbufaliti perché Aurelione, come il cavallo di Troia, ha portato il virus proprio dentro la città delle massime meraviglie italiane: le venti squadre di serie A, i cui presidenti ieri sono stati per ore assieme a lui in una riunione della Lega Calcio a Milano.

Li ha infettati in blocco, visto che era senza mascherina? "Abbiamo rispettato la distanza sociale", giurano tutti. Il problema è che De Laurentis pare sia entrato nel consesso dell'Hilton barcollando. Ma che abbia attribuito a una fantastica indigestione di ostriche i propri sintomi già evidenti.

Lo sventurato non può neanche farsi scudo con gli affetti familiari, come la figlia di Berlusconi. Barbara si è salvata in corner dal ruolo di untrice perché alla fine perfino la sorellastra Marina è risultata impestata. E quindi diventa irrilevante che lei sia stata a pazziare mask-free per un'intera notte all'Anema e Core di Capri, mentre la prudente primogenita si era eclissata per mesi nella sua villa francese, obbligando pure il papi all'esilio terapeutico.

Pure la moglie di De Laurentis risulta infetta. Ma ai tifosi del Napoli sta a cuore la rosa dei giocatori. E quelli sono rimasti in ritiro col presidente fino a giovedì scorso. Con quanto uso di mascherine, lo si può solo immaginare. 

D'altra parte, altro che negazionisti: il colpo letale contro le fastidiose copribocca (alzarle sul naso è sempre più optional) lo ha appena sferrato la virologa Ilaria Capua: "Sono come i preservativi", ha sentenziato martedì sera. Verità da oltreoceano fuggita: il maschio italiano medio, da sempre allergico ai rapporti protetti, le schifa uguale.

Ora la parola magica è "periodo di latenza": ai presidenti delle squadre di calcio e ai giocatori del Napoli non resta che aggrapparsi alla speranza che nei prossimi giorni, se risulteranno negativi ai tamponi, lo siano veramente, e non solo perché il virus delaurentisiano tarda a palesarsi. Altrimenti, o presidente avrà mandato in vacca il campionato. E pure i diritti tv.

Perché, diciamolo con onestà: ormai nessuno ci capisce più niente. I nostri bimbi non possono andare in asilo se osano fare uno starnuto, mentre nel massimo luogo del potere italiano (che non è il consiglio dei ministri, ma la Lega calcio di serie A) sono liberi di scatarrarsi addosso.

Fra i vip dell'era virus comunque il posto d'onore se l'è conquistato il capolista pd alla regione Veneto. Il suo video in cui stramazza ben due volte al suolo durante un dibattito streaming è ormai un crudelissimo cult. Meglio di De Laurentis. Ma guai ad ammetterlo: sarebbe antipolitica.
Mauro Suttora

Tuesday, January 10, 2017

I liberali non vogliono Grillo



MENTRE IL COMICO SVACANZA IN KENYA CON BRIATORE, I SUOI ADEPTI COMBINANO PASTICCI ALL'EUROPARLAMENTO

di Mauro Suttora

settimanale Oggi, 10 gennaio 2017

Come messaggio di Natale aveva propinato ai suoi adepti un Elogio della povertà anticonsumista dello scrittore Goffredo Parise. Salvo poi volare in Kenya, come ogni Capodanno, nel resort di lusso dove passa le vacanze con la moglie Parvin. 

Ma la lontananza dall’Italia non ha impedito a Beppe Grillo di fare notizia ogni giorno. Prima proponendo un’improbabile Corte popolare che dovrebbe processare i giornalisti. Accusati tutti, senza eccezioni, di dire bugie sul suo Movimento 5 Stelle, diventato ormai il secondo partito del Paese. Enrico Mentana, direttore del Tg7, annuncia querela e lui fa marcia indietro.

Subito dopo, dietrofront anche sugli indagati. Finora i grillini si scagliavano contro qualsiasi politico ricevesse un avviso di garanzia: «Dimissioni!». Se capitava a uno di loro, lo usavano per regolare conti interni: salvi i fedelissimi, condannati i dissidenti come il sindaco di Parma Federico Pizzarotti.

Ora che si profila un avviso anche per la tribolata sindaca di Roma Virginia Raggi (è ancora in carcere il suo braccio destro Raffaele Marra), contrordine: «Dimettersi non è più obbligatorio, valuteremo caso per caso». 

I grillini si sono evoluti da forcaioli a garantisti? Macché: «Non cambia nulla!», assicurano loro. Anzi: ora verranno giudicati direttamente da Grillo, che nelle faccende interne è capriccioso come un satrapo mesopotamico. E nulla di buono attende la povera Raggi: «T'appendemo per le orecchie ai fili de li panni», promette la bellicosa sorella della senatrice Paola Taverna.

Ultima giravolta: l’Europa. Di colpo la società Casaleggio organizza un voto on line, senza preavviso, sul passaggio dei 17 eurodeputati grillini dal gruppo più antieuropeista (dell’inglese Farage) a quello più europeista: i liberali. All’insaputa degli stessi eurodeputati. Votano sì appena 31 mila sui 130 mila iscritti. E alla fine la beffa: i liberali non li vogliono.

«Trasformista come Razzi e Scilipoti»

«Un trasformismo così non si vedeva dai tempi di Depretis, o del Mussolini passato dal socialismo al fascismo. O di Razzi e Scilipoti», commentano gli ex grillini epurati.

Ma al simpatico comico poco importa. L’importante è fare notizia. Ci riesce anche stando al caldo di Malindi, nell’appartamento in un resort di lusso acquistato qualche anno fa e intestato, pare, alla cognata. Quest’anno niente foto con Briatore. Ma Beppe ha sofferto lo stesso. Perché lui in realtà detesta l’aereo, in Costa Smeralda ci va sempre in moto con il traghetto. Vola in Kenya solo per amore di Parvin.
Mauro Suttora


Thursday, November 17, 2016

parla Riccardo Mazzucchelli, secondo marito di Ivana Trump

Donald Trump conserva ottimi rapporti con le due ex mogli, e ha coinvolto tutti i figli nella sua avventura politica. Da tenere d’occhio soprattutto il giovane genero Kushner

di Mauro Suttora

New York, 17 novembre 2016



«Incontravo Donald nell’ascensore della Trump tower a Manhattan. Io andavo all’ultimo piano, nell’attico dove viveva Ivana, la sua moglie separata. Lui si fermava prima, nell’appartamento dove stava dopo la separazione.
Ci salutavamo, avevamo rapporti cordiali, ma a un certo punto gli dissi: “Senti Donald, io amo la tua ex moglie, però vedo che avete buoni rapporti e che siete ancora molto legati dai vostri tre figli piccoli, Donald junior, Ivanka ed Eric. Quindi dimmelo subito, perché fra sei mesi sarà troppo tardi: se pensi che fra voi possa esserci una riconciliazione, io mi ritiro in buon ordine. Non voglio rovinare una famiglia”».

Riccardo Mazzucchelli, 73 anni, racconta a Oggi i suoi incontri ravvicinati del 1991 con Donald Trump, nuovo presidente degli Stati Uniti.
«Lui, sempre gentile, mi rispose: “No problem Riccardo, go ahead”». Vai avanti.

Così Mazzucchelli, businessman internazionale che oggi vive a Spalato (Croazia), divenne il secondo marito di Ivana Trump (il terzo, Rossano Rubicondi, ha confermato la passione della signora per gli italiani, così come il suo successivo fidanzato, Marcantonio Rota).

E Trump, dopo aver liquidato sontuosamente Ivana, sposò l’attricetta americana Marla Maples dopo anni di clandestinità. Leggendario rimane lo scontro fra la moglie Ivana e l’amante Marla su una pista di sci ad Aspen (Colorado) nel 1990.

Nel ’97, quasi contemporaneamente, Ivana divorziò da Riccardo e Donald da Marla. Il paperone newyorkese aveva incontrato la terza moglie Melania, confermando la propria passione per le slave.

Trump e le donne. Lui si vanta di conquistarle tutte grazie ai suoi soldi. Non va lontano dal vero, ma per questa ovvietà è stato crocifisso: maschilista. Eppure le sue ex mogli continuano ad avere ottimi rapporti con lui: Ivana ha sposato Rubicondi nel favoloso palazzo trumpiano di Mar-a-Lago in Florida, Marla non ha più pubblicato il libro contro Donald annunciato con la fanfara.

Entrambe gli hanno dato l’endorsement pubblico per la candidatura, e imperversano sui reality tv. Dopo The Apprentice che ha reso Donald un eroe tra i giovani, Ivana ha condotto il Grande Fratello Usa. E questa primavera Marla ha ballato con le stelle.

Fosse stato per lui, dopo la Convention repubblicana le avrebbe invitate anche sul palco della vittoria l’8 novembre, come un patriarca magnanimo. A Tiffany, 23enne unica figlia di Marla, ha appena regalato una casa nel quartiere più esclusivo di New York, l’Upper East Side, per la sua laurea alla Penn University (in quella Pennsylvania ex democratica che ha inopinatamente conquistato).



Ma a fare la parte del leone sono i tre figli di Ivana. Il miliardario ha annunciato che lascerà loro tutte le sue società, in un blind trust per evitare il conflitto d’interessi. E già molti avevano storto il naso per questa successione familiare assai poco blind (cieca).

Poi è arrivato l’incredibile annuncio: i tre trentenni sono tutti imbarcati nel Transition team, la squadra che sceglierà i ministri e gli altri 4 mila nuovi dirigenti che governeranno gli Stati Uniti. Un rinnovamento gigantesco, perché Trump è totalmente estraneo alla politica. E Ivanka farà politica come e più della matrigna Melania, splendida First Lady.

C’è posto anche per i generi, nella tribù Trump. Ricordatevi questo nome: Jared Kushner. Marito di Ivanka, pure lui come Donald figlio di un costruttore edile (condannato per evasione fiscale, finanziamenti illegali a politici e subornazione di testimoni), a 25 anni ha comprato il settimanale New York Observer per 10 milioni di dollari: «Li ho guadagnati vendendo case durante l’università ad Harvard». È stato uno dei cervelli del trionfo elettorale, per amor suo Ivanka si è convertita all’ebraismo. Conterà molto nella Casa Bianca.

Negli Anni 30 la mamma di Donald Trump approdò in America come emigrante dalla Scozia. Era poverissima: possedeva solo i vestiti che indossava. Trump senior, figlio di un immigrato tedesco, manifestava a New York col Ku Klux Klan contro gli immigrati italiani cattolici fascisti che minacciavano la supremazia degli anglosassoni protestanti come lui.

Il loro figlio un anno fa era dato al 2 per cento di possibilità di diventare presidente. Qualunque cosa si pensi del tycoon coi capelli arancioni, un altro sogno (o incubo) americano si è avverato.
Mauro Suttora

Wednesday, October 07, 2009

Parla Francesca Lana

A CENA DA SILVIO

«Quelle serate con Manu...»

Era l'amica del cuore di Manuela Arcuri. Con lei andò due volte dal premier. In questa intervista esclusiva spiega che cosa accadde. E perché se n'è pentita

Oggi, 30 settembre 2009

di Mauro Suttora

Drogata. Lesbica. Implicata in un giro di prostituzione. Come sembra lontana, per Francesca Lana, quella magica sera del 29 maggio, quando festeggiò il suo ventiquattresimo compleanno nella discoteca estiva più prestigiosa di Roma: il Jet Set. Sono passati solo quattro mesi. Allora, c’era la coda per essere fra i suoi invitati. «Ora invece ora mi sembra di essere precipitata in un incubo», ci confessa la soubrette, ex valletta de I migliori anni (Raiuno).

«Stanno riempiendo di coca mezza Sardegna. Quelli di Bari danno droga a tutti, se lo sa Briatore...»: questa è la sua frase che ha inguaiato Gianpaolo Tarantini, il fornitore di donne di Silvio Berlusconi, facendolo finire in carcere. Francesca la pronunciò nel luglio 2008 mentre era ospite nella villa di Porto Cervo affittata dal faccendiere pugliese. Parlava a persone intercettate dalla Guardia di finanza. Poi Tarantini e soci si sono contraddetti: «Avevamo 70 grammi di cocaina», avevano ammesso. « No, mezzo chilo», li ha smentiti il loro spacciatore. Risultato: Francesca, che non è indagata perché non ha commesso reati, è stata ascoltata due volte dagli inquirenti come «persona informata sui fatti».

Poi c’è la questione saffica. Anche questa risale a un anno fa. Foto di lei che bacia sul ventre nudo l’inseparabile amica Manuela Arcuri. «Lesbo soft», titolarono i giornali. «Nulla di vero», rivela oggi Francesca, «ma Manuela non volle che facessi un’intervista per smentire. Così oggi su internet passo per una lesbicona. Non ho nulla contro l’omosessualità, ma non è piacevole».

Il giro delle ragazze di Tarantini, infine. «Sì, sono stata tre volte da Berlusconi. L’estate 2008 in Sardegna, ma eravamo in trecento e con il presidente non ho neppure parlato. E poi due cene sedute e tranquillissime nella sua casa romana lo scorso dicembre, con Manuela. Altro che “pupe di papi” e squillo: siamo tornate a casa prima di mezzanotte, non abbiamo notato nulla di equivoco».

In realtà la disgrazia di Francesca, oltre a quella di essere stata inserita da Tarantini nell’elenco indiscriminato di “donne portate da Berlusconi”, senza distinguere troppo fra escort pagate e semplici invitate, è una foto del 31 dicembre 2008 a Cortina. L’unica con Tarantini e la Arcuri assieme, all’uscita di un ristorante. Quindi quella che ha fatto più notizia, pubblicata e ripubblicata, data la notorietà della Arcuri. E lei, Francesca Lana, appare fra loro. In mezzo.

«Insomma, sembro al centro di tutto, e invece non c’entro nulla. Ma tanto è bastato per farmi perdere il lavoro televisivo - ottenuto dopo regolare provino - che avrei dovuto iniziare quest’autunno».
La colpa è della sua famosa frase sulla droga.
«Spiego come andò. Quella notte ero stata male, molto male. Eravamo con altri ospiti nel privé del Billionaire, dove Tarantini aveva sempre un tavolo riservato...»
Anche perché ospitava a casa sua pure Raffaella Zardo, pierre del locale di Briatore.
«Ho sospettato che qualcuno mi avesse sciolto qualche sostanza nel bicchiere. Chiesi di andare al pronto soccorso. Ma non vollero: cosa avrebbero detto ai dottori, che mi avevano drogata a mia insaputa? Così scoprii che in quello che mi sembrava un ambiente familiare, con le mogli di Tarantini, dei suoi amici e i loro figli piccoli, succedevano cose strane...»

Beh, notti esagerate come spesso capita in Costa Smeralda. Non faccia Alice nel Paese delle meraviglie: conosce quell’ambiente.
«Certo, anche perché fui eletta miss Billionaire nel 2005. Ma ci tengo a dire che ho grande rispetto per Briatore, una persona che con me è sempre stata correttissima. Il mio sbaglio, di cui sono pentita, è stato quello di fidarmi di altre persone».
Come la Arcuri?
«Ma no. Sono stata la sua migliore amica per anni, e anche se da qualche settimana non la sento più, non rinnego nulla».
Avete rotto?
«Diciamo che sono rimasta molto delusa da certi suoi recenti comportamenti».
Legati alle disavventure di Tarantini?
«Sì. Ovviamente anche lei è rimasta scottata dallo scandalo. Era la persona più famosa che Tarantini ha usato per accreditarsi con Berlusconi».

Come andò la cena del 2 dicembre?
«C’erano al massimo venti persone, fra cui il direttore di Raiuno Fabrizio Del Noce e Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile. Ci siamo seduti a tavola, io ero accanto a Manuela e avevamo di fronte Berlusconi. Con gli altri non abbiamo parlato molto, erano lontani. È stata una normale cena con ottimo cibo. Ricordo che dicemmo al presidente: “La sua casa è il miglior ristorante di Roma”. Poi un po’ di barzellette, una schitarrata con Apicella, e tutti a casa».
Tutti?
«Sì».

E la seconda cena?
«Non ricordo la data esatta, comunque fu ancora in dicembre, prima di Natale. Stessa scena, sempre con Tarantini, e ricordo che Berlusconi ripeté alcune delle barzellette della volta precedente. Ma a parte questo, è stata una persona gentilissima, un ospite squisito».

Anche perché c’era una delle sue attrici preferite, la Arcuri. Lei si rende conto che veniva invitata solo perché era la sua dama di compagnia?
«Me ne rendo conto solo ora. Ma su di me adesso scrivono illazioni allucinanti, infamie terrificanti, mi sono affidata al mio avvocato. Ammetto il mio errore, che però è stato solo quello di essere ammaliata da persone negative, che mi offrivano l’opportunità di frequentare ambienti importanti».

È chiaro che Tarantini portava dal premier due tipi diversi di donne.
«Sì, ma in questi mesi ho imparato sulla mia pelle che nel mondo dello spettacolo non esistono scorciatoie: bisogna studiare, non “frequentare”. Io sono stata per anni la migliore amica di Manuela Arcuri, ma non l’ho mai utilizzata per farmi dare qualche lavoro. Vengo dalla gavetta, ho lavorato nelle tv private di Roma, ho avuto parti in Distretto di polizia e Commissario Rex. Studio recitazione e dizione all’Accademia dello spettacolo di Cesare Lanza. E soprattutto, dopo la maturità scientifica, mi sto laureando al Dams di Roma. Mi mancano due esami».

Un ex fidanzato della Arcuri, Matteo Guerra, l’ha accusata: «Francesca era gelosa del nostro rapporto. Cone lei Manuela faceva le sei del mattino, mentre a me piace andare a letto presto».
«Ma quando mai... Certo, siamo giovani e ci divertiamo. Ma Manuela lavora molto, e io studio. Quindi se non siamo in vacanza al mattino ci alziamo presto, non possiamo sfarfalleggiare troppo».

Come ha conosciuto Tarantini?
«Per caso, in un locale di Montecarlo dove Manuela ed io eravamo andate per il Gran Premio 2008. Poi, siccome è pugliese, lo abbiamo rivisto quando siamo capitate in Puglia a giugno, alla masseria San Domenico. Allora Manuela aveva un fidanzato di lì, le famose foto “lesbo” ce le hanno scattate quando c’era anche lui».

Poi però in Sardegna nella villa di Tarantini c’è andata solo lei.
«Sì, stavo con un ragazzo. Poi, ho frequentato per due mesi Matteo Marzotto».
Bel colpo. Che si aggiunge a un suo altro ex, il calciatore Alberto Aquilani.
«Roba vecchia, del 2006. Ma, lo ripeto, quello è un mondo che mi ha illuso e disilluso. Ora penso solo a studiare, e a preparare la tesi».
Su che cosa?
«Volevo analizzare la commedia all’italiana...»
Basta che racconti quello che le è successo negli ultimi mesi: c’è dentro in pieno.
«... Ma il mio professore ha preferito darmi un altro tema: il cinema di Antonioni».
Perfetto anche questo: alienazione e incomunicabilità.

Mauro Suttora

Monday, August 20, 2007

La ex signora Sottile commenta il caso Mele

"Però io non ho perdonato mio marito"

La moglie (separata in casa) di Salvo Sottile commenta il caso Mele

"Lui era finito in Vallettopoli accusato dalla Gregoraci". Poi la showgirl ha ritrattato. "Ma il dubbio ha incrinato il nostro legame", dice lei. E sugli onorevoli "vittime della solitudine" s'indigna: "Non scherziamo !"

di Mauro Suttora

Roma, 8 agosto

Guardavo Gianfranco con occhi sbarrati: Salvatore e una donna ? No, non era possibile ! Mio marito mi amava troppo per farmi una cosa del genere. E poi si arresta un uomo per una ragazza ? Come minimo deve averla violentata... Che diavolo stava succedendo ?".
Roma, via della Scrofa, sede di Alleanza nazionale. Le undici di sera del 16 giugno 2006. Gianfranco Fini, segretario del partito, ha appena avvertito Deborah Chiappini che Salvo Sottile, proprio portavoce e marito di lei, è agli arresti domiciliari per una questione di donne. "Si dice una valletta, comunque una non molto famosa", le dice il capo di An.

Come si sente la moglie di un politico invischiato in una storia di sesso, com' è capitato a Cosimo Mele ? Per spiegarlo Deborah Chiappini a un anno dallo scoppio di Vallettopoli ha scritto un libro, Io gli uomini non li capisco (ed.Mursia), in cui racconta le sue reazioni nel momento in cui seppe la notizia: "Sono scesa a comprare i giornali, ma ho tradito l' edicolante sotto casa per evitare scene imbarazzanti. Ho preso la macchina e sono andata da quello di piazza della Balduina. Non ho avuto neanche bisogno di aprirli. Era tutto in prima pagina: "Salvo Sottile avrebbe promesso aiuto professionale a una showgirl calabrese in cambio di favori sessuali". Sono rimasta seduta in auto per non so quanto tempo. Poi sono tornata a casa in stato semiconfusionale. Ho messo i giornali nelle mani di mio marito, e ho chiesto chi fosse quella ragazza. Lui ha negato tutto. Solo la mattina dopo ho letto per la prima volta il nome: Elisabetta Gregoraci".

Eppure Salvo l'aveva detto nei mesi precedenti, a Deborah, che aveva conosciuto quella che poi sarebbe diventata famosa come fidanzata di Flavio Briatore. Presentata da Cristiano Malgioglio, cercava una raccomandazione per lavorare in Rai. "Mio marito mi aveva detto di averla incontrata un paio di volte anche alla Farnesina, dove lavorava quando Fini era ministro degli Esteri", racconta Deborah. "Fino a quel momento avevo vissuto serena: lui amava me. Mai un dubbio, mai una crepa nella mia fiducia in lui".

Dopo, invece, è cominciata la tempesta. Nei 18 giorni di arresti domiciliari forse Sottile avrebbe preferito trovarsi in prigione piuttosto che chiuso nel suo appartamento a doversi confrontare ogni minuto con quella che, lo ammette anche Deborah, si era trasformata in una belva: "Dimmi tutto, confessa, cosa c' è stato tra voi ?", continuava a chiedergli, martellante, di giorno e di notte. Però lui negava sempre tutto.

Non avevano smesso di fare l' amore, ma era perfino peggio: "Il sesso fra noi non era mai stato così intenso come in quei giorni. Ma non era mai stato nemmeno così disperato. Dovevo riprendermi il corpo di mio marito. Il sospetto del tradimento mi faceva sentire "contaminata", derubata di una cosa che doveva essere solo mia. Cercavo di capire se c'erano gesti "nuovi" che poteva aver imparato dall'altra. Facevo sesso col cervello in corto circuito, volevo allo stesso tempo sbranarlo e consolarlo".

La Gregoraci ridimensiona con John Woodcock, il pm di Vallettopoli, i fatti che avevano portato all' accusa di concussione sessuale per Sottile: niente rapporti in quell' ufficio della Farnesina. Salvo e Deborah partono insieme in vacanza per dimenticare, riannodare. Ma una notte a Villasimius (Cagliari) lei gli urla: "Basta, io non ti credo. Chissà che cosa mi nascondi... tanto lo so che quello che hai appena fatto con me in camera l' hai sicuramente fatto anche con qualcun' altra".

Un anno dopo, nonostante sia arrivato il proscioglimento dall' accusa, Sottile non ha riacquistato il lavoro. E ha anche perso la moglie: oggi lui e Deborah vivono separati in casa. Insomma, è stato l' unico a pagare, visto che la Gregoraci è stata invece salvata da Silvio Berlusconi, che l' ha accolta nella sua Buona Domenica di Canale 5.

Ora che la sua vicenda si ripropone quasi in fotocopia nel caso Mele, Deborah Chiappini ci confida: "Esprimo solidarietà alla moglie di Mele, ma le nostre sono vicende differenti".

Peggio il sospetto di un' amante o la certezza di una prostituta ?
"Mah, è stato il dubbio a logorare il mio matrimonio fino a ridurlo all' attuale stadio terminale. In certi momenti avrei preferito che Salvo confessasse, anche se non so se lo avrei perdonato. Ma sapevo che proprio perché lui aveva paura di perdermi, non mi avrebbe mai detto nulla, soprattutto se fosse stato colpevole. Non so se mi avrebbe dato più fastidio sapere di una sua notte con una prostituta. È difficile fare classifiche, in questo campo... Sì, in fondo un' avventura a pagamento non implica un coinvolgimento sentimentale. Però per me è egualmente intollerabile".

La lontananza è un'attenuante per il politico, come dice Lorenzo Cesa, segretario dell' Udc, l'ex partito di Mele ?
"Non scherziamo ! Mio marito ha girato il mondo per anni dietro a Fini, ci vedevamo pochissimo, ma non per questo ci siamo mai traditi. No, è solo una scusa. Un parlamentare sa che deve venire quattro cinque giorni alla settimana a Roma, che sarà mai ?".

Fino a vent' anni fa i politici non facevano vita notturna. I socialisti, che per primi andarono nelle discoteche, vennero da molti guardati con sospetto...
"E allora ? Ci si può divertire dopo una giornata di lavoro, ma senza varcare certi limiti".

Insomma, nessun imbarazzo per un certo ambiente romano "gaudente" che ha prodotto Vallettopoli, stigmatizzato anche da Veronica Berlusconi nella sua famosa lettera al marito ?
"Guardi, Berlusconi è tutto tranne che un viscidone: i suoi complimenti esibiti alle donne e le barzellette spinte lo rendono semmai ancora più simpatico. Piuttosto, il caso Sircana dimostra che anche i politici di sinistra fanno certe cose. Ma, chissà perché, se ne parla meno...".

Mauro Suttora

Monday, August 08, 2005

Giuseppe Cipriani, successo a New York

Smentite e rivelazioni di Giuseppe Cipriani, il re della dolce vita newyorkese

IO E SIMONA VENTURA? 
BUGIE, AMO UNA MODELLA DI 29 ANNI

"Simona è solo un'amica, ci siamo incontrati al mare, tutto qui". L'irresistibile ascesa dell'ex genero di Gardini, ora fidanzato con Carolina Parsons, socio di Briatore e proprietario dei ristoranti più alla moda di Manhattan

dal corrispondente a New York Mauro Suttora

Oggi, 10 agosto 2005

Essere figli di un padre famoso è sempre un problema. Che raddoppia quando si sceglie il suo stesso lavoro. E triplica quando si eredita la sua azienda. A meno che non si riesca a superarlo.

Giuseppe Cipriani ci sta riuscendo. Il figlio del mitico Arrigo, proprietario dell'Harry's Bar di Venezia sbarcato vent'anni fa a New York, è diventato il re delle notti di Manhattan grazie ai ben otto ristoranti e sale di gala aperti negli ultimi anni. 

E' stato addirittura coniato un nuovo aggettivo, «ciprianesque», con cui gli americani invidiosi definiscono l'atmosfera di elegante dolce vita che si respira nei suoi locali. 
«Ormai posso stare tranquillo, qui negli Stati Uniti c'è Giuseppe», sorride soddisfatto papà Arrigo, 72 anni, carattere non facile.

Anche Giuseppe, 40 anni, è scontroso. Non ama i giornalisti, custodisce con cura la propria vita privata. Figurarsi quindi dieci giorni fa, quando qualche rotocalco italiano lo ha spacciato come il nuovo uomo di Simona Ventura. 
Non si è preoccupato neppure di smentire. Per lui lo fa la sua pierre di New York, Stefania Girombelli: «Bufala totale, Giuseppe è felicemente fidanzato da quattro anni con una modella cilena qui a New York». 

Understatement: Carolina Parsons, 29 anni, è «la» modella del Cile, famosa nel suo Paese quanto Valeria Mazza lo è nella vicina Argentina. Amiche e vicine di casa, le due bellezze sudamericane, e ad ogni Capodanno ospiti della magione Cipriani a Punta Del Este, la Portofino dell'Uruguay.

Giuseppe Cipriani si muove con disinvoltura e familiarità nel jet set internazionale. Pochi mesi fa lui e Carolina erano invitati al matrimonio americano del secolo (per ora): quello di Donald Trump in Florida con la sua Melania Knauss, modella slovena pure lei amica di Carolina. 

Ma è rimasto in ottimi rapporti anche con Ivana, ex di Trump, ed è gran compare dell'ex di Ivana, il principe Roffredo Gaetani Lovatelli d'Aragona, il quale a sua volta era l'uomo di fiducia di Gianni Agnelli a New York. E tutto questo giro vorticoso di uomini ricchissimi e donne bellissime si ritrova a ogni pranzo nel ristorante Cipriani sulla Quinta Avenue, davanti a Central Park, e ogni sera in quello di Soho, a West Broadway.

Lì si celebra il trionfo del Bellini, l'aperitivo prosecco/succo di pesca che è il simbolo dell'Harry's Bar di Venezia: inventato da nonno Giuseppe nel 1931, e assaporato da clienti come Ernest Hemingway, Truman Capote, Orson Welles e Peggy Guggenheim. 

Oggi le celebrità ai tavoli newyorkesi si chiamano Roberto Cavalli e Naomi Campbell, Leonardo DiCaprio e Nicole Kidman: tutti sono ghiotti di carpaccio e tartare di tonno. 
«Donne con scollature troppo basse e uomini col portafogli troppo grosso», brontola qualche vecchio americano bigotto dell'Upper East Side, di quelli che corrono a dormire alle dieci, insinuando che le prime siano quasi tutte prezzolate e che per i secondi si tratti di un infernale miscuglio fra protettori, spacciatori e mafiosi. 

Ma ormai lo stile stigmatizzato come «eurotrash» (spazzatura europea) dalle mummie benpensanti ha avuto la meglio, e ha conquistato le nuove generazioni del glamour statunitense. 
Un giorno sì e uno no «Page Six», la rubrica gossip più famosa d'America, pubblica l'elenco dei personaggi apparsi la sera prima da Cipriani Downtown.

Poi ci sono le altre gemme dell'impero di famiglia, che ormai fattura sui 150 milioni di euro all'anno. In primis la Rainbow Room, mitico ristorante con salone per feste al 65esimo piano del grattacielo più alto del Rockefeller Center, con la migliore vista a 360 gradi sui tramonti di Manhattan.

Costruita negli anni Trenta e incastonata da tempo in tutte le guide turistiche, la Rainbow Room è stata conquistata dai Cipriani nel '99. Anche qui, per vendicarsi, qualche geloso newyorkese dell'establishment Wasp (White Anglo Saxon Protestant) ha messo in giro la voce che, per piegare i potenti sindacati dei camerieri, Giuseppe avrebbe fatto intervenire addirittura Cosa Nostra.

Di che cosa può essere accusato un italiano di successo negli Stati Uniti, se non appunto di essere un novello Soprano, affiliato al clan Gotti? 
La verità è che la corporazione dei camerieri in America è così esosa che quasi tutti i ristoranti che impiegavano iscritti al sindacato hanno dovuto chiudere (compreso il più famoso di tutti, "Le Cirque" del lucchese Sirio Maccioni).

Stesso destino ha rischiato il Cipriani della Quinta Avenue, salvato in extremis poche settimane fa da un accordo che ha abbassato il costo del lavoro. Ma ormai la maggioranza dei ristoranti newyorkesi (una vera e propria industria, la maggiore della città) per sopravvivere è costretta ad arruolare sudamericani clandestini e studenti che campano di sole mance.

«Altro che dolce vita, io lavoro dalle nove del mattino alle due di notte», risponde Giuseppe Cipriani a chi lo definisce un playboy. Eppure quegli abbracci e baci alla Supersimo nazionale a Porto Cervo sono stati fotografati, non può negarli.

«Solo amici», tronca lui. Che si trovava in Costa Smeralda per un buon motivo, d'altronde: da due anni la cucina del Billionaire di Flavio Briatore è assicurata da Cipriani. Solo luglio e agosto, toccata e fuga, prezzi a livelli newyorkesi: cento euro a testa per il menù fisso al grill della piscina, ancora di più nel ristorante. 

Ma il successo maggiore, attualmente, è quello dell'altra recente joint-venture con Briatore: il ristorante di Londra, che sforna 400 coperti al giorno e che è stato così lodato dal critico del quotidiano Independent: «Dalla più antica città commerciale del mondo (Venezia) ci è giunto l'export che avevano sempre aspettato». 

Meglio così. Perchè quando una rubrica gastronomica newyorkese aveva invece azzardato una stroncatura, i Cipriani hanno ribattuto: «La prossima volta quel giornalista si levi il preservativo dalla bocca...»

«Ma ormai gli orizzonti di Giuseppe si stanno ampliando oltre la ristorazione», spiega il suo amico Paolo Zampolli, che lavora per Trump, «e grazie al suo brillante marketing si espandono nel settore immobiliare». 

Cipriani, alleato al potente gruppo ebraico Witkoff, costruirà sul fiume Hudson il salone per ricevimenti più grande di New York. E nella nuova sala di Wall Street (un'ex banca) ospita una serie di concerti privati di prestigio, da Rod Stewart a Stevie Wonder, da Sheryl Crow ad Alicia Keys. Prezzo per un tavolo: centomila dollari.

Giuseppe Cipriani ha due figli avuti dalla ex moglie Eleonora Gardini, figlia di Raul, il padrone del gruppo Ferruzzi-Montedison suicidatosi nel '93: Ignazio, 17 anni, e Maggio, 14. 

Quel matrimonio è finito. Ma l'ambitissimo cuore di Giuseppe sembra ancora saldamente occupato dalla bella Carolina cilena. La caccia al misterioso nuovo amore americano di Simona Ventura (sempre che ce ne sia mai stato uno) può continuare.
Mauro Suttora

Saturday, August 09, 2003

Newsweek: Vacationing with Mr.B

Vacationing With Mr. B

By Mauro Suttora

Newsweek, August 18, 2003

link: original article on Newsweek

"What's new, Salvo?" My paparazzo friend is sipping caipiroska in a seaside cafe, watching the yachts anchored off Porto Cervo. The smallest is 40 meters. It's cocktail time, and he's taking a break from chasing celebs all day. "I got Gwyneth Paltrow on Valentino's boat. Liz Hurley, too. But I'm still looking for Eric Clapton. He should be at Peter Gabriel's villa."

There's no place like Sardinia's Costa Smeralda for stalking stars in summer. Marbella, St. Tropez? Not even close. "Tonight Roberto Cavalli is throwing the wildest party," Salvo informs me breathlessly.

 The Sultan of Brunei could be there, though probably not Silvio Berlusconi, Italy's prime minister. Among the world's richest men, he owns four villas in Costa Smeralda: one each for his mother, his brother, his eldest son and himself. Salvo's fondest dream is to snap Berlusconi on holiday, preferably with a woman other than his wife. The picture would be gold - not worth as much as Princess Diana and Dodi Fayed's first and last kiss here in 1997, but enough to make his season. My friend is practically salivating.

Casually, I mention that I'm vacationing with Mr. B - or rather with three of them, all oddly linked to the real Mr. B by no more than a degree of separation. Salvo looks confused. Berlusconi recently bought a fifth piece of land for a fifth villa, I explain. He got it from another Mr. B--the most powerful man on the Costa, Tom Barrack, a Californian descended from a Lebanese grocer. This second Mr. B also just paid $340 million for a chain of luxury hotels in Porto Cervo, including the sumptuous Cala di Volpe. "I'm having breakfast with him tomorrow."
As it turns out, Barrack is aiming to develop some virgin shoreline but fears being blocked by local zoning authorities, who didn't let even the Aga Khan (the famous bazillionaire playboy-prince who essentially founded the Costa Smeralda) build on the site when he once owned the land. Will they now let Barrack fire up his bulldozers? I bet they do.
The two Mr. B's are now friends, I tell Salvo, especially since Silvio gets his fifth villa. Tom, clearly a smooth operator, lavishes compliments on the P.M. "A Renaissance man," he calls Berlusconi. "He even composes love songs for his wife that he sings himself." Salvo looks downcast.

My third Mr. B to be vacationing in Sardinia this year is Gigi Buffon, the renowned goal-keeper for Juventus and the Italian national football team. This has been a fantastic year for Italy: we swept three out of the four first places in the European Champions League for the first time in history. The winner was AC Milan - Berlusconi's team, of course.
A pity that the football players who flock to the Costa in search of glamour and girls are not more appreciated. They aren't elegant enough for the habitues, who despise them as newcomer wanna-bes. And the sleek young women who prowl about in the snippiest of bikinis and evening dresses are mostly after bigger fish than footballers.

At the ultra-glam Yacht Club annual gala, filled with everyone from the president of Mercedes to the most powerful and secretive Swiss bankers, Salvo and I hoped again to come across Berlusconi. But no. Instead we teamed up with the young and rowdy football champions--and thus fell in with still another famous Mr. B.
This one is Flavio Briatore, the Formula One racing-team manager who owns the most expensive nightclub in Porto Cervo, aptly named Billionaire. The big news this season is that the potbellied playboy Briatore has switched girlfriends: from high-attitude model Naomi Campbell to, well, high-attitude model Heidi Klum. A point in his favor, Salvo agrees. We left Billionaire at 5 in the morning, the not-quite-risen sun lighting the sea a tender pinky-violet to the east. No doubt the real Mr. B was home in bed. With his wife.

Copyright 2003 Newsweek

Wednesday, July 24, 2002

Mario Cipollini

L' ultimo ruggito di Re Leone: me ne vado e vi lascio tutti nudi

Il campione minaccia il ritiro per protesta contro il disinteresse verso il mondo delle "2 ruote"

"Perche' neanche una lira dei 300 miliardi di diritti televisivi per Giro, Tour e Vuelta va alle nostre squadre?", chiede polemico il velocista. "Nonostante il disastro dei Mondiali i calciatori guadagnano dieci volte piu' dei ciclisti". Dopo 300 vittorie e una stagione trionfale il campione mirava al titolo iridato, ma ora e' indeciso se continuare

Oggi, 24 luglio 2002

di Mauro Suttora

Qui lo vedete nudo, in una foto che ha accettato di fare per il mensile Fit for fun. Ma cinque anni fa si era vestito con uno smoking bianco per salire sul podio del Giro a Milano, e ogni volta che vince è sempre una sorpresa.

Un po’ come Valentino Rossi nelle moto, non si sa mai cosa inventerà il più creativo fra i campioni del ciclismo italiano: Mario Cipollini, 35 anni, da Lucca, altissimo (uno e novanta), magrissimo (peso forma 76 chili), potentissimo: è il professionista in attività che ha vinto più di tutti, nella sua carriera ha trionfato in 300 volate e per dieci anni su tredici, a fine stagione, è stato l’italiano più vincente.

Insomma, uno così sarebbe un peccato perderlo, anche perché il nostro ciclismo dopo i guai col doping di Marco Pantani non se la passa granché bene. E invece lui minaccia di lasciare, «perché gli sponsor pensano solo al calcio, e anche dopo la brutta figura della nazionale ai Mondiali i giornali continuano a scrivere solo di calcio e i pubblicitari a far fare spot solo ai calciatori».

Ha ragione, Cipollini. Per esempio, che rivoluzione sarebbe scoppiata in Italia se in in un qualsiasi altro sport la Francia avesse impedito al nostro maggiore campione di gareggiare? Invece è proprio quel che è successo all’estroso toscano, al quale è stato vietato di iscriversi al Tour de France.

I francesi lo temono: superMario da loro è famosissimo, ha vinto dodici tappe al Tour e nel ‘99 addirittura quattro consecutive. Quest’anno, poi, Cipollini è in gran forma. Ha vinto ben sei volte al Giro d’Italia (e ormai è a quota 40, solo una tappa in meno del record di Alfredo Binda, ottenuto però in un’altra epoca, in cui uno come Binda riusciva ad aggiudicarsi quasi tutte le tappe di un Giro), ma soprattutto ha compiuto un’impresa che in passato era riuscita soltanto al grande Eddy Merckx: vincere nello stesso anno due classiche come la Milano-Sanremo e la Gand-Wevelgem.

La storica accoppiata di Merckx avvenne quando l’asso belga era agli inizi della carriera: nel 1967, guarda caso lo stesso anno in cui Cipollini nacque.

Ora superMario è a fine carriera, ma certo non in declino: «Se avessi annunciato il mio ritiro da non vincente, sarebbe stata routine», ci spiega lui al telefono mentre torna nella sua casa toscana da Roma, il giorno dopo aver sfilato per lo stilista Cavalli a piazza di Spagna, «ma io voglio protestare per il sistema sbagliato che governa il ciclismo. Non è possibile, infatti, che su 300 miliardi di diritti televisivi ai gruppi sportivi non arrivi neppure una lira. Il problema non riguarda me, io sono soddisfatto dei miei compensi, ma non è giusto che un mio compagno di squadra, che fa la stessa fatica che faccio io, guadagni 50 milioni lordi all’anno. Che professionismo è? In tutti gli sport, dal calcio alla Formula Uno, dal tennis al basket, quest’ingiustizia non accade. Oggi sono solo gli sponsor a pagare per l’attività delle squadre, e in cambio si devono accontentare solo del ritorno d’immagine, come se i diritti tv di Giro, Tour o Vuelta spagnola non esistessero. Per questo c’è crisi, ed è difficile trovare sponsor».

Cipollini in questo momento ha il coltello dalla parte del manico. Sa che tutto il mondo del ciclismo italiano è lì col fiato sospeso ad aspettare la sua decisione: lascia, non lascia?

Il motivo è semplice: il 13 ottobre in Belgio si correrà il campionato del mondo, e il circuito sembra stato scelto apposta per far vincere lui, il nostro Re Leone. Pianeggiante abbastanza per impedire fughe e portarlo fresco alla volata, dove lui piazzerebbe la sua zampata irresistibile.

Lui intanto se la gode, come sempre. È andato in Costa Smeralda dove ha partecipato a tutte le feste, compresa l’inaugurazione del Billionaire del suo amico Flavio Briatore. C’è chi dice ci possa essere lo zampino di Briatore se nelle prossime settimane avverrà il colpo di scena: e cioè che la Renault scenderà in pista come sponsor di peso per aiutare la squadra di Cipollini, l‘Acqua & Sapone e Cantina Tollo di Civitanova Marche.

Probabilmente è proprio la vita dei vip a Porto Cervo ad avere amareggiato superMario, a tu per tu con i campioni del calcio e le divette televisive. Può essere umiliante, infatti, il confronto con ragazzi ventenni che guadagnano dieci volte più del massimo campione del secondo o terzo sport più popolare d’Italia (tale è infatti il ciclismo, superato solo dal calcio e, forse, dalla Formula Uno). E anche durante la sfilata di moda a Roma neanche un accenno, da parte della presentatrice Cristina Parodi, alla sua presenza come modello di lusso.

Nel mondo del ciclismo la protesta di Cipollini non è stata accolta solo da applausi: «Complimenti», ha per esempio commentato velenosamente Il Giorno, «il suo ritiro a scadenza gli sta dando una ribalta che nemmeno il Tour gli avrebbe concesso. Una volta doveva fare la fatica di correre la prima settimana in Francia per poi andare in spiaggia, adesso riesce a far parlare di sè semplicemente stando sotto l’ombrellone».

Ma che ci può fare, il re Leone, se lui è nato velocista e non scalatore? I campioni delle volate danno sempre l’impressione di fare meno fatica dei «grimpeurs» che sudano e scappano sui tornanti, sembra che arrivino al traguardo con la pappa fatta dai gregari, e che il loro scatto finale sia un lusso indecente.

Ma lo sforzo di quegli ultimi chilometri allo spasimo prima dei traguardi, chi li misura? Sarebbe come dire che in atletica un centometrista vale meno di un fondista. E invece esattamente trent’anni fa, nel '72, un altro velocista misconosciuto, Marino Basso, regalò il Mondiale all’Italia infilzando Merckx negli ultimi metri. Proprio come si spera faccia in settembre il Re Leone.

Mauro Suttora