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Friday, February 28, 2020

Casaleggio, Big Pharma e coronavirus

di Mauro Suttora


Linkiesta, 28 febbraio 2020

Uno dei clienti della società del fondatore di Rousseau è la multinazionale farmaceutica americana Gilead, che ha brevettato il farmaco pare più promettente contro l'epidemia.
Ora il governo a guida grillina dovrà decidere se autorizzarlo, e quanto farlo pagare.
Conflitto d'interesse?


Ottimo fiuto quello di Davide Casaleggio, capo della piattaforma Rousseau e quindi leader del Movimento Cinque Stelle. Nel 2018 la sua società di consulenza, ereditata dal padre, ha redatto un rapporto sull’innovazione digitale nella sanità per un evento riservato che si è tenuto a Milano il 21 giugno. Finanziatrice del rapporto e dell’evento: Gilead Sciences, multinazionale farmaceutica Usa, all’ottavo posto mondiale fra i colossi Big Pharma. E adesso Gilead balza all’onore delle cronache mondiali: il suo farmaco Remdesivir sembra essere il più promettente per curare il virus corona.
La coppia cinese internata un mese fa allo Spallanzani di Roma è guarita grazie al Remdesivir. E anche in Cina, dove la Gilead lo ha brevettato, è in corso una sperimentazione su centinaia di malati per arrivare a una definizione certa delle sue proprietà. Un vicedirettore dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha dichiarato che il farmaco si sta dimostrando il più utile per la cura del virus. E sono bastate poche sue parole per far guadagnare il 5% alle azioni Gilead a Wall Street. Un balzo che ha portato a 12 miliardi di dollari il rialzo della sua capitalizzazione nella Borsa Usa nell’ultimo mese.
Le cifre sono colossali. Gilead, con sede a Foster City nella Silicon Valley californiana, ha fatturato 22 miliardi di dollari nel 2018, con utili per 5,4 miliardi: il 25%. Ed è di gran lunga la più redditizia fra i giganti farmaceutici anche come fatturato per dipendente: ne ha 11mila, quindi ciascuno di loro “produce” due milioni di dollari. Il quadruplo di concorrenti come Pfizer o Novartis. Come tutte la società Big Pharma, anche Gilead è stata al centro di controversie legali.
Ha subìto class action da parte di malati Aids che l’hanno accusata di aver rallentato la commercializzazione di un nuovo farmaco più efficace e con meno controindicazioni, per continuare a raccogliere profitti da un suo precedente prodotto. Il Remdesivir era stato sviluppato contro l’Ebola, con lunghe ricerche e sperimentazioni su macachi nel 2016. Ma è chiaro che ora chi vincerà la gara per sconfiggere il nuovo incubo mondiale del corona virus si aggiudicherà una fetta importante del mercato globale dei medicinali: la torta vale 1.400 miliardi di dollari nel 2020.
La società Casaleggio due anni fa ricevette una cifra minuscola dalla Gilead, rispetto a quelle in gioco, per il suo lavoro: 15mila euro. Ma tanto è bastato a qualche grillino purista per storcere il naso: Casaleggio junior pagato da Big Pharma, oggetto per vent’anni degli strali di Beppe Grillo. E adesso si apre un nuovo capitolo: i grillini sono il primo partito d’Italia, la governano, e quindi decideranno anche loro, con il ministero della Salute e indirettamente attraverso l’Aifa (Azienda italiana del farmaco), le sorti del Redemsivir nel nostro Paese. Autorizzarlo? Quanto farlo pagare? Un altro rischio di conflitto di interessi per il giovane Casaleggio.
Mauro Suttora

Saturday, November 09, 2019

Di Maio solo, grillini spaccati. Il governo cade sull'Ilva?

Luigi Di Maio si trova contro molti suoi parlamentari. Intanto nei sondaggi, in vista del voto in Emilia-Romagna, il M5s precipita sotto il 10%. E andrà in minoranza sull’Ilva 

intervista a Mauro Suttora

il sussidiario

9 novembre 2019

Sono, letteralmente, volate le seggiole, mentre era in corso la riunione dei parlamentari grillini sull'Ilva. Seggiole, racconta Mauro Suttora, giornalista e profondo conoscitore del Movimento 5 Stelle, lanciate da un furibondo e allo stesso tempo disperato Luigi Di Maio mentre incontrava i rappresentanti pugliesi dei suoi parlamentari, schierati per il no all’accordo con Mittal e contro il ripristino dello scudo penale. 

Su Repubblica, poi, si è letto di un Di Maio, quasi prostrato fisicamente, che si scusava con il premier Conte, al quale confessava di non essere più in grado di controllare i suoi senatori e di non poter assicurare i loro voti. 

Se a questo scenario si aggiunge una perdita di consensi generale, soprattutto però in Emilia-Romagna – prossimo appuntamento elettorale, dove i pentastellati rischiano di non riuscire ad arrivare neanche alla doppia cifra -, il quadro che si presenta assomiglia molto alla fine dell’esperienza di un movimento che voleva cambiare l’Italia: “Il sostegno del M5s è ormai aleatorio, è probabile che si andrà al voto dopo l’approvazione della legge di bilancio, mandando a casa questo governo dopo il 31 dicembre”.

Che cosa sta succedendo nel Movimento 5 Stelle?

Succede, e non era mai successo prima, che Di Maio ha perso le staffe con i suoi parlamentari pugliesi. Lo si è sentito urlare che lui aveva dato tutto per il Movimento e gridare che venissero loro al suo posto. Poi se n’è andato sbattendo la porta e a quel punto è volata anche una seggiola.

Una brutta scena. Di Maio è ormai sotto assedio?

È una situazione devastante. I sondaggi sull’Emilia-Romagna danno M5s al 7%. Erano già crollati dal 27% delle politiche 2018 al 13% delle europee 2019. Sono tornati al livello delle scorse regionali, solo che lì erano in ascesa e quel 13% fu un trionfo. Ora i sondaggi li danno sotto al 10%, il che significa la fine. Pare che per evitare la figuraccia non presenteranno il simbolo, ma una lista civica.

Quindi l’Emilia-Romagna potrebbe essere la Caporetto dei 5 Stelle, e anche del governo?

I sondaggi non sono così negativi per il Pd, però non sembra che possa farcela a superare il centrodestra, che si presenterà unito. Paradossalmente il Pd potrebbe crescere, ma si trova degli alleati che non contano nulla (Leu, +Europa, verdi). L’unico che potrebbe servirgli, anche con un 7%, è il M5s.

Quello che sta succedendo è tutta colpa di Di Maio?

È colpa di tutti. La realtà è che sono incompatibili due atteggiamenti molto diversi: o fai il rivoluzionario, che vuole per esempio chiudere l’Ilva, o fai il riformista, che concede lo scudo penale a Mittal. È evidente che Mittal ha preso la palla al balzo quando ha tolto lo scudo penale.

Che cosa succederà se Di Maio abbandona? Grillo e Casaleggio hanno già in mente qualcuno? Massimo Bugani per esempio.

Al momento non si fanno nomi. E Bugani non ha le capacità.

Ma è membro del Cda della Casaleggio Associati ed è anche bolognese…

Non importa. Si può dire quello che si vuole su Di Maio, ma è uno che ha capacità dialettica, è un prodigio del presenzialismo.

Ci sono altri nomi che si possono fare?

Di Battista se ne è andato in Iran, perché lui il Pd proprio non lo digerisce. Alcuni dissidenti pensavano a Morra come l’unico in grado di coagularli, ma il problema è che i dissidenti 5 Stelle non sono mai riusciti a trovarsi d’accordo su una persona, hanno sempre finito per litigare tra loro.

Fico?

Fico ha già vinto, ha ottenuto quel che voleva: l’alleanza con il Pd.

È stato reso pubblico un documento in 10 punti, un decalogo elaborato dal deputato 5 Stelle Giorgio Trizzino, che chiede “una distinzione netta del ruolo di capo politico da quello di responsabilità in incarichi di governo”. Che ne pensa?

Ottima proposta: non si capisce come faccia Di Maio a fare tre lavori assieme. È ministro degli Esteri, ma anche capo delegazione grillino al governo, e capo traballante del suo partito. Deve andare in Cina, poi affrontare tutte le problematiche di governo confrontandosi col Pd, e infine occuparsi anche della guerra interna al M5s. Non so come possa reggere.

Secondo lei, questo decalogo verrà preso sul serio?

Potrebbe essere una soluzione a lungo termine, ma chi ci crede che adesso Di Maio abbandoni il ruolo di capo politico dei grillini? Siamo nelle stesse condizioni di quella che era una volta la Dc o il Pd oggi, dove il segretario politico conta addirittura più del presidente del Consiglio, seppure siano entrambi dello stesso partito.

Casaleggio quanto è preoccupato di tutto questo caos?

Sta cercando di rimettere insieme i cocci, e presto arriverà a Roma anche Grillo. Tutti gli altri partiti vogliono ripristinare lo scudo penale sull'ulva, tanto che potrebbe realizzarsi una situazione paradossale in Parlamento, con Lega e centrodestra che votano insieme al Pd mettendo i grillini in minoranza.

A quel punto? Il governo avrà ancora la forza per stare in piedi?

Il governo è esaurito, potrebbe rimanere in carica solo fino al 31 dicembre per approvare la legge di bilancio. Poi, tutti a casa.
Paolo Vites

Saturday, October 05, 2019

intervista di Mauro Suttora sul M5s

CAOS M5S
“Ogni espulsione sono 50mila euro l’anno in meno per il partito di Casaleggio”

Intervista a Mauro Suttora

5 ottobre 2019

Il Sussidiario.net

È il decimo anniversario della nascita di M5s, che oggi appare lacerato da dissidi interni. Del primo movimento non è rimasto più nulla
Dieci anni fa, il 4 ottobre 2009, nasceva ufficialmente il Movimento 5 Stelle, dopo i “meet up” lanciati da Beppe Grillo nel 2005 e il “V-Day del 2007. 
In dieci anni passano dall’irrisorio 1,7% alle elezioni siciliane e dal 2,4% di quelle romane del 2008, quando ancora erano liste civiche denominate “Amici di Beppe Grillo”, al boom del 2013, quando con oltre il 25% il M5s diventa il primo partito della Camera. E poi l’ingresso al governo con il 32% del voto nel 2018. 

Cosa resta di quel movimento antagonista, contro tutto e tutti?
Secondo Paolo Becchi, filosofo del diritto, primo ideologo del movimento, “a dieci anni di distanza il M5s è diventato un partito come gli altri, disposto ad allearsi con il partito della casta per salvare la poltrona”. 

Non solo: nel movimento tira aria di scissione da tempo. Proprio in questo decennale alcuni cosiddetti “scettici” hanno dato vita alla “Carta di Firenze” in cui si fanno richieste precise: attribuzione della piena proprietà della piattaforma Rousseau, oggi della famiglia Casaleggio, al Movimento, e un’assemblea nazionale per una riforma dello statuto con il superamento della figura del capo politico. 

Secondo Mauro Suttora, anche lui partecipante ai primi meet up e poi diventato criticissimo del Movimento, giornalista e scrittore, “si tratta di richieste legittime di regole che ogni associazione di adulti ha al proprio interno, ma essendo il Movimento una setta, subisce il dominio del figlio del padrone dopo che il padrone è morto, e quelle richieste non si potranno mai realizzare”.

Chi sono gli autori della Carta di Firenze? È da tempo che si respira aria di malcontento all’interno di M5s.
"È facile ipotizzare che siano coloro che hanno già fatto dichiarazioni pubbliche di critica come la Lombardi, la Ruocco, la Lezzi, forse anche Toninelli. Gli ex ministri trovano il coraggio di parlare solo dopo aver perso il posto".

Che ripercussioni ci potranno essere?
"Se il movimento non fosse la setta che è, ci sarebbe una maggioranza assoluta che chiederebbe cose minime come in ogni associazione di persone adulte, e che non dovrebbe subire il comando del figlio del padrone dopo che il padrone è morto. Nonostante tanti discorsi contro la meritocrazia e i familismi, il M5s è un partito-proprietà privata, proprio come quello di Berlusconi che loro tanto hanno criticato. Anzi, peggio: Berlusconi non ha imposto il figlio alla leadership di Forza Italia".

Paolo Becchi, ex ideologo del Movimento, dice che il Movimento non è più quello di dieci anni fa. È così?
"Certo, ma è da tempo che è diventato così. Negli altri partiti, anche nella Lega, esistono statuti precisi. La stessa Giorgia Meloni, leader carismatica di Fratelli d’Italia, rispetta uno statuto dove non è indicata come socio fondatore e inamovibile. Il problema non sono gli organi politici del M5s comunque inesistenti, ma il fatto che il partito vero è la piattaforma Rousseau che è di proprietà del socio fondatore Davide Casaleggio. Il quale è anche l'unico socio fondatore del M5s con Luigi Di Maio".

Questa Carta di Firenze potrà portare scompensi alla presenza al governo dei pentastellati?
"No. Quelli che sono al governo stanno fissi e tranquilli dove sono: hanno appena evitato di sparire mettendosi con il Pd, e adesso non mandano certo tutto all’aria. La stessa cosa vale per deputati e senatori".

Sembrava che Di Maio volesse fare un proprio gruppo parlamentare, cosa c’è di vero?
"Se e quando i grillini verranno ulteriormente dimezzati dal secondo abbraccio mortale, questa volta del Pd dopo quello della Lega, accadrà qualcosa. Non sappiamo cosa, ma tutto è possibile. C’è poi da tenere presente la figura di Conte che sta emergendo prepotentemente.

A cosa porteranno questi mal di pancia? Emorragia di voti, scissione, una nuova blindatura da parte di Casaleggio?
"Blindature di Casaleggio no, perché ha capito che ogni senatore che espelle sono 50mila euro all’anno in meno per i suoi gruppi parlamentari. Non fanno più espulsioni a valanga come nella passata legislatura".

Una possibile scissione, invece?
"Finché parlamentari e ministri possono stare nella maggioranza al governo non ci saranno scissioni, perché sanno che in caso di elezioni uno su due torna a casa".
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Saturday, March 30, 2019

La linea del Piave grillina: 19%

CAOS M5S/ IL 19,9% È LA LINEA DEL PIAVE: CHE SIGNIFICA LA MORTE DI DI MAIO (E RAGGI)

Il Movimento 5 Stelle si dibatte in una crisi interna ed esterna: se non supera le elezioni europee è la fine

29 marzo 2019

intervista a Mauro Suttora


Le elezioni europee rappresentano l'ultima ancora di salvataggio di un Movimento 5 Stelle ormai allo sfascio. 
Lo dice Mauro Suttora, giornalista, esperto delle dinamiche interne dei pentastellati: “Se scendono al 19,9% Di Maio è morto internamente ed esternamente, se vanno tra il 20 e il 25% possono galleggiare ancora un po’”. 
Le continue débâcle a livello regionale mostrano i segnali. Prima delle europee ci sono le elezioni comunali in Sicilia, dice ancora Suttora: “A Bagheria, uno dei primi comuni conquistati dai 5 Stelle, gli avvisi di garanzia per abusi edilizi ad assessori e consiglieri in questi anni si sono sprecati. Sarà una batosta che aprirà la strada anche al crollo di Roma”.

Di Maio è negli Stati Uniti. Ci è andato per ricucire i rapporti dopo le critiche americane per la firma del memorandum con la Cina?

Il viaggio è stato programmato da tempo, prima del disastro Cina. C’è da chiedersi invece chi riuscirà a vedere: se riesce a farsi ricevere dal consigliere per la sicurezza John Bolton è un successo. Di Maio cerca ogni volta di accreditarsi, ma in America non lo prende sul serio nessuno. Se poi parla con Bolton, che è un mastino neocon, lo riduce in polpette.

Ha definito la firma del memorandum “disastro”. Quella firma è stata un guaio del trio Conte-Di Maio-Geraci?

Il memorandum Cina è in mano al sottosegretario Michele Geraci, un personaggio dal curriculum strano, come tanti di questi nuovi, compreso il premier Conte. Probabilmente non si rendevano conto neanche loro di quello che hanno fatto, cioè il cavallo di Troia della Cina in Europa.

In che senso?

Non è tanto il numero dei contratti, tutti hanno diritto di farli, infatti anche Macron ha firmato una fornitura di Airbus per centinaia di milioni di euro, quanto la visione politica che non sta in piedi. La Via della Seta significa la seta cinese che arriva in Italia, non la seta italiana che va da loro.

Geraci è quello che ha messo in piedi questo “disastro”?

L’accordo è stato un'invenzione di Geraci, di cui si è fidato inizialmente anche Salvini che però negli ultimi tempi, ben istruito da Giorgetti, uno dei pochi con la testa sulle spalle, si è tirato indietro. Invece Di Maio ci è caduto dentro mani e piedi.

Ci sono evidenti malumori interni ai 5 Stelle. Quali correnti ci sono? E’ Fico a spingere?

Fico non conta un fico, non ha dietro nessuna corrente nonostante i giornali ci abbiano fantasticato per mesi, sono al massimo due o tre i senatori che gli vanno dietro. 
Ci sono piccoli movimenti interni, come il caso di Paragone, che però suscita fastidio a quelli della vecchia guardia che si vedono scavalcati da uno che è diventato grillino da un anno.

Ma i malumori ci sono. Il caso Di Battista è poi a dir poco inquietante.

C’è un ribollire da vulcano, ma come sempre viene tenuto nascosto. Di Battista per cinque anni ci ha deliziato di tre post e video al giorno, ma  improvvisamente finisce come un desaparecido. E’ evidente che dopo i disastri elettorali lo hanno messo a tacere, e lui obbedisce. 
Di Battista, come ha detto sprezzante Di Maio definendolo il primo degli attivisti, è uno che tira fuori 100mila like a ogni post. Ma ha garantito e promesso a Di Maio e Casaleggio fedeltà assoluta e piuttosto che dire qualcosa contro, sta zitto. Ogni volta che sta zitto vuol dire che ha qualcosa contro che vorrebbe dire, ma non può farlo.

Come andranno le elezioni regionali per il M5s?

Prima delle europee ci sono le comunali in Sicilia a fine aprile. Sarà un’ulteriore batosta. A Bagheria che è una città importante i grillini hanno il sindaco da 5 anni e ci sono stati avvisi di garanzia con assessori che si sono dovuti dimettere per abusi edilizi. 
Alle europee la linea del Piave è il 19,9%, che significa la morte di Di Maio dentro al movimento e fuori. Dal 20 al 25% galleggiano, oltre il 25 sarebbe un successo insperato.

La compagine di governo è compatta?

I ministri si godono la poltrona. Sono quelli che se dovesse cadere il governo rimarrebbero fedeli a Di Maio.

Hanno un piano B per risollevarsi?

Fino al 26 maggio nessuno oserà dire nulla. L’intervista rilasciata da Roberta Lombardi in cui dice che lo stadio di Roma bisogna mollarlo, mentre Virginia Raggi dice che bisogna tenerlo, mostra la completa contraddizione in cui si trovano.

A proposito di Roma, dopo l'arresto del presidente grillino del consiglio comunale Marcello De Vito sembra che la Raggi abbia incassato bene il colpo. O no? Che succederà a Roma?

Assolutamente no. La Raggi non arriva a fine legislatura, cadrà insieme al patatrac che ci sarà a livello nazionale. La stessa Lombardi ha detto che è inutile illudersi, De Vito aveva messo a stipendio grillino la moglie come assessore di municipio e la sorella consigliere regionale. Tutto questo in un partito che aveva sempre detto di essere contro i favoritismi di famiglia. La Raggi cercherà di tener duro fino alle europee, ma non arriverà a fine anno. 

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Tuesday, November 20, 2018

Grillini nel caos per la Tav


È caos in M5s: il ritorno di Di Battista rischia di portare alla spaccatura interna mentre a Torino il sindaco Appendino non sa da che parte stare

20 novembre 2018intervista a Mauro Suttora per Il Sussidiario
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Chiara Appendino, sindaco di Torino (LaPresse)
Può una manifestazione spontanea di piazza di qualche decina di migliaia di persone ribaltare la linea politica di un comune come quello di Torino? Se il sindaco è Chiara Appendino sì. Dopo aver fatto votare Torino città No Tav alla giunta comunale, ha fatto un immediato dietrofront dichiarando che non ci sarà lo stemma del comune alla contromanifestazione No Tav in programma sempre a Torino
“Appendino fa parte di quel mondo di madamine, come sono state definite, che ha portato in piazza i Sì Tav, la borghesia torinese. Ma deve sottostare agli ordini del figlio di Casaleggio, che non vuol perdere le decine di migliaia di voti NoTav", ci ha detto Mauro Suttora.
 Il caos nel M5S è grande, anche grazie al prossimo ritorno di Di Battista.
La Appendino nega lo stemma del comune alla prossima contromanifestazione No Tav. E’ il sintomo di una difficoltà? E’ rimasta scottata dalla piazza del 10 novembre dei Sì Tav?
Certamente, lei fa parte di quel mondo lì, le cosiddette madamine, in senso positivo: è una di loro. E’ un tipico esponente della borghesia torinese.
Ma ora, come tutte persone che si erano intruppate con i 5 Stelle e No Tav, è in estremo imbarazzo.
Perché allora ha fatto votare alla giunta 'Torino città No Tav'?
Perché lei deve rispondere e ubbidire agli ordini del figlio di Casaleggio, più che a Di Maio. La Casaleggio & Associati non può permettersi di avere un disastro Raggi anche in Piemonte, visto che fra qualche mese ci saranno le elezioni regionali. Fino a qualche mese fa i sondaggi dicevano che i 5 Stelle avevano buone possibilità di prendere il Piemonte, adesso invece sono crollati.
Fino a che punto?
E’ già tanto se arrivano al 15%, anche perché hanno scelto con i loro metodi semi-mafiosi un candidato irrilevante. Rischiano di arrivare terzi dietro al centrosinistra e al centrodestra, e d’altro canto non possono neanche rischiare di  stare troppo con l’establishment, contro i movimentisti.
Ma Casaleggio non “la sgrida” per questi ondeggiamenti?
Il figlio di Casaleggio come appartenenza naturale sarebbe anche lui dalla parte dei Sì Tav perché anche lui fa parte della borghesia, dell’establishment. Però hanno preso decine di migliaia di voti in Val Susa schierandosi con i No Tav, e non possono rischiare di perderli. E’ come successe al Pci negli anni 70 quando sostenne il governo di solidarietà nazionale: perse le successive elezioni.
Salvini cerca lo scontro con Di Maio sulla questione rifiuti? Lo fa per mandare in tilt il M5s?
Certo, i grillini sono indifendibili sui termovalorizzatori. Già usare questa parola da parte di Salvini, invece del negativo 'inceneritori', la dice lunga.
 I termovalorizzatori sono presenti in città come Milano, permettono di risparmiare sui riscaldamenti e danno l’elettricità a 130mila famiglie.
Come andrà finire? I 5 Stelle molleranno lo scontro?
No, hanno aizzato per dieci anni la gente contro gli inceneritori. A Napoli e a Roma mandano migliaia di camion e treni verso la Germania a far incenerire i rifiuti, mentre stiamo pagando 120mila euro al girono di multa della Ue perché non riusciamo a completare il ciclo dei rifiuti.
 E’ un vicolo cieco ed è inutile che ciancino: un 50% dei rifiuti viene differenziato, ma l’altro 50% finisce o in discarica, o nei termovalorizzatori, o portato all’estero. Nessuno, neanche a casa sua, riesce a differenziare il 100% dei rifiuti.
Quanto tornerà Di Battista che farà? L’agit-prop? La spina nel fianco del governo? C’è un ruolo pronto per lui?
Ho rinunciato ad andare a teatro da quando c’è lui perché è troppo divertente. Come gli ha detto l’Annunziata, guarda che ci sono giornalisti seri che fanno il loro lavoro rischiando la pelle in Centro America, tu fai speculazione politica pagato decine di migliaia di euro dal Fatto Quotidiano. Il cui comitato di redazione è pure furioso per tutti questi soldi sborsati…
Seriamente, che succederà al suo ritorno?
Coprirà il ruolo dell’anti-Di Maio, il capo dei movimentisti contro il capo dei realisti. Ci sarà scompiglio, alla lunga si spaccheranno. Gli altri movimentisti, la Taverna e Fico, sono stati imbalsamati in cariche istituzionali. Fico riesce a dire ancora qualcosa dato il ruolo che copre, la Taverna è stata zittita.
Che cos’hanno in testa Casaleggio e Grillo?
Grillo si sta sganciando ormai da tempo, fa teatro, ha bisogno di guadagnare. Farà qualche intervento come ha fatto al Circo Massimo, qualche post qua e là.
E Casaleggio?
Casaleggio si è legato mani e piedi a Di Maio, cerca altri personaggi da imporre, ma non riescono a tirare dentro uno che sia normale. Non ci resta che sperare in Salvini a questo punto. E’ l’unico con un po' di senno. 
Quando i No Tav dicono cose come “la linea attuale è vecchia di 150 anni ma va ancora bene perché non è satura”, dici: certo che non lo è, non la usa nessuno visto che non puoi superare i 70 chilometri all'ora. Manca ogni percezione della realtà…
Paolo Vites

Friday, March 23, 2018

Chi comanda veramente nei 5 stelle

IL FIGLIO DI CASALEGGIO VANEGGIA SUL WASHINGTON POST, E ORGANIZZA UN GALA ESCLUSIVO SUL ROOFTOP DI UN HOTEL A ROMA, CON VISTA SU SAN PIETRO

di Mauro Suttora

Libero, 21 marzo 2018

«I partiti sono vecchi e moribondi. La politica ha modelli organizzativi obsoleti e diseconomici. La democrazia rappresentativa sta perdendo significato. Quella diretta, resa possibile da internet, dà una nuova centralità ai cittadini e destrutturerà le attuali organizzazioni politiche e sociali».

Altro che ammorbidimento dei grillini. Davide Casaleggio, sulle orme del padre, conferma tutta la carica eversiva del Movimento 5 stelle, e pubblica sul Washington Post un articolo dai toni trionfali e incendiari.

L’unica speranza sono i pentastellati: «Di Maio ha detto: “Non si può fermare il vento con le mani”. Il nostro è un vento inarrestabile che continua a crescere, perché appartiene al futuro».

Passando dalla poesia alla concretezza: «Con il 33% abbiamo raggiunto un successo storico nelle democrazie occidentali. Abbiamo avuto 11 milioni di voti, al costo di 8 centesimi l’uno. Una cifra coperta da micro-donazioni di 19mila cittadini che hanno dato 865mila euro, coprendo tutti i costi della nostra campagna elettorale. Ai partiti tradizionali invece ogni voto è costato fino a cento volte di più: il partito +Europa, per esempio [quello di Emma Bonino, ndr] ha un costo stimato di 7 euro a voto».

Casaleggio jr riprende i toni millenaristici e definitivi del padre: «Sulla nostra piattaforma Rousseau tutti i cittadini possono proporre e votare le leggi online. E non ci fermeremo qui. Già adesso scegliamo i nostri parlamentari sulla Rete, e non nelle stanze piene di fumo dei vecchi partiti. Ma puntiamo a un milione di iscritti. Applicheremo una certificazione decentralizzata su ogni votazione online. E fonderemo la Rousseau Open Academy per selezionare candidati di altissima qualità».

Sogni? Vaneggiamenti? Sicuramente il figlio di Casaleggio con questo articolo-programma pubblicato grazie al World Post del Berggruen Institute (finanziato da Nicolas Berggruen, uno speculatore Usa eccentrico tipo Soros) dimostra ancora una volta di non essere un «semplice attivista» di «supporto tecnico», come si autodefinisce con finta modestia.

E la conferma c’è stata l’altra sera, quando i parlamentari grillini hanno fatto a gara per essere invitati al gala romano della sua fondazione privata, ospitato sul rooftop dell’hotel Atlantic, con splendida vista su San Pietro.

I fortunati invitati (pagando 300 euro di iscrizione e 60 la cena) sono quelli che contano. Chi non c’era, non conta niente. «Formichine», direbbe Casaleggio junior. 

La nomenklatura grillina è fatta a strati. Iscriversi al Movimento non costa nulla, quindi vale nulla. Il cuore del potere vero sta nelle fondazioni Casaleggio e Rousseau. E lì non si può essere eletti, ma solo scelti, in barba a ogni democrazia diretta o indiretta.

«Nessun conflitto d’interesse: questa è un’iniziativa culturale», ha assicurato Davide, annunciando per il 7 aprile la seconda puntata del meeting di Ivrea in memoria del padre, inaugurato l’anno scorso. 

Fra gli invitati al gala c’era Alberto Bonisoli, direttore della Naba (Nuova accademia di belle arti) di Milano. Trombato al voto del 4 marzo, a causa dello scarso risultato ottenuto dal M5s in città (17%), ma già nominato ministro della Cultura nel futuribile governo grillino. 
E fra i non politici spiccava il presenzialista Arturo Artom, assiduo dei salotti della Milano bene.

Intanto, la sindaca 5 stelle di Roma Virginia Raggi annuncia un grande risultato: dopo due anni è riuscita ad abbassare la tassa rifiuti. Dello 0,7%.
Mauro Suttora


Tuesday, September 19, 2017

intervista a Mauro Suttora su Di Maio

CAOS M5S/ Suttora: primarie e Di Maio, la truffa finale di Casaleggio

"La candidatura di Di Maio è il miglior risultato della finta democrazia che c'è in M5s. La Casaleggio Associati comanda, il movimento risponde" commenta Mauro Suttora, inviato di Oggi

19 settembre 2017

link all'originale su www.ilsussidiario.net

"Questo fa il M5s: dare l'opportunità a chiunque di farsi Stato ed occuparsi della cosa pubblica". E Twitter si scatena: chi le chiama buffonarie M5s, chi scrive "Di Maio contro nessuno: un bel derby".
Ieri sono scaduti i termini per la presentazione delle candidature alle primarie a 5 Stelle. Hanno fatto un passo indietro big pentastellati come Di Battista, Nicola Morra, Roberto Fico, rimangono sette controfigure di contorno, la più nota delle quali è la senatrice Elena Fattori.

Il peggiore schiaffo ai vertici viene dallo sfidante Vincenzo Cicchetti, consigliere comunale a Riccione per M5s: "Io sono rimasto legato a quell'idea di movimento che aveva Grillo nel 2011 — ha spiegato Cicchetti —. Me la raccontò quando lo riaccompagnai a Bologna dopo un suo comizio a Rimini. Mi parlò di meritocrazia, uno vale uno e tutte quelle cose che in questi anni sono state messe da parte perché il leaderismo attuale è lo stesso degli altri partiti che abbiamo sempre criticato".

"La candidatura di Di Maio è il miglior risultato della finta democrazia che c'è in M5s. La Casaleggio Associati comanda, il movimento risponde" commenta Mauro Suttora, inviato del settimanale Oggi. Suttora ha seguito le vicende del mondo pentastellato fin dai suoi inizi.

Sembra che Grillo si farà da parte perché il candidato premier sarà anche il capo politico del movimento. Lei ci crede?

Figurarsi. Sono almeno tre anni che si continua a dire che Grillo si fa da parte. Grillo vorrebbe fare un passo indietro, ma non può farlo, anzi, ieri sera (domenica, ndr) è stato costretto a fare un passo avanti, perché la maggioranza dei parlamentari grillini non sopporta Di Maio. Questa è la verità che nessuno di loro osa dire apertamente.

Forse perché vorrebbero essere al suo posto.

Perché hanno capito che è smodatamente ambizioso e che la sua corsa solitaria va contro la filosofia portante del movimento, che è nato anche per dire no ai personalismi della politica italiana. Non si può, dopo aver tuonato per dieci anni contro Berlusconi e il suo partito padronale, e poi contro Renzi, fare esattamente lo stesso. C'è da dire che da questo punto di vista Di Maio è tecnicamente perfetto: potrebbe fare carriera in qualsiasi partito perché è il classico democristiano.

Un insulto.

Per me no, per i grillini sì. Il peggiore.

Le ricorda più Renzi o Berlusconi?

Ha la lingua sciolta e il cervello fino di entrambi. Con l'aggravante — o il pregio — di avere dici anni in meno di Renzi e cinquanta in meno di Berlusconi.

Si parla di prove sotterranee di intesa tra Salvini e Grillo in vista del dopo elezioni. E' possibile?

Secondo me no. Soltanto il no all'euro e un vago sovranismo accomunano M5s alla Lega, con la differenza che la Lega ha una sua ideologia, ormai più o meno elaborata, e dei princìpi, sbagliati o giusti che siano, mentre M5s ne è del tutto sprovvisto. La Casaleggio Associati segue i sondaggi e decide. Ha visto che ora fa comodo essere contro i migranti e quindi è contro i migranti. E così via.

Idem per la moneta unica e le regole Ue.

Su euro e Ue si sono viste le montagne russe: nel 2014 i grillini si presentarono alle europee dicendo che volevano dare battaglia contro il fiscal compact e contemporaneamente raccolsero le firme per un referendum sull'euro che già sapevano che non si sarebbe mai potuto fare. Dopo il dietrofront di Tsipras, quando è sembrato chiaro che la Ue avrebbe tenuto, hanno messo il referendum in cantina.

E adesso?

Dipende dalla situazione economica. Se le cose andranno bene, non faranno alcunché. Se invece, per ipotesi, dovesse avere un exploit il partito xenofobo e antieuropeo in Germania (AfD, ndr), tornerebbero a tuonare contro Ue ed euro.

Perché Casaleggio jr ha scelto di puntare su Di Maio?

Nell'aprile scorso, quando è morto Gianroberto, Di Maio ha stretto un patto con il figlio Davide facendogli capire che se si voleva il potere serviva un volto istituzionale, spendibile nei salotti. Davide Casaleggio, che queste logiche le capisce perché è un bocconiano, non ha avuto difficoltà a convincersene e a puntare tutto su di lui.

Da chi è fatta oggi la base di M5s?

Direi che la maggioranza è più di sinistra che di destra. Nel sovranismo del movimento si trova un po' di tutto, ma prevale la vecchia matrice ex No global.

Chi vincerà in Sicilia?

Fino a poco tempo M5s era favorito. Oggi il disastro di Roma e la finta elezione di Di Maio potrebbero avvantaggiare il centrodestra. Vedremo.

Insomma alla fine avremo un Di Maio che sembrerà autonomo, invece prenderà ordini da Grillo e Casaleggio.

Attenzione, Grillo e Casaleggio non sono uniti. Casaleggio sostiene Di Maio, mentre Grillo ha un'anima più movimentista ed è più vicino agli "ortodossi", nei quali si rispecchia la maggioranza degli eletti e degli attivisti, che sono tutti anti-establishment. Ma voteranno Di Maio per disciplina.

Grillo però è andato a Roma in extremis per riportare gli ortodossi alla ragione.

Al contrario: non è come si legge in giro. Voleva che Fico si candidasse per evitare la figuraccia di un plebiscito.

Allora che cos'è cambiato? Con chi sta Grillo?

Ha capito che per contare bisogna legarsi ai poteri forti. Sta con la piazza, ma voterà Di Maio.

Federico Ferraù

Thursday, June 22, 2017

Dibba diventa papà



Il deputato 5 stelle sta per diventare padre: sigarette bandite in casa per la gravidanza della compagna. E quando fanno la spesa lei è attenta a riciclare. Quanto alla politica, lui medita di non ricandidarsi

Oggi, 22 giugno 2017

di Mauro Suttora

Alessandro Di Battista, il deputato grillino più popolare, è così entusiasta di diventare padre che medita di lasciare la politica. Almeno per un po’. La sua compagna Sahra Lahouasnia, di origini franco-algerine, partorirà un maschietto (pare) a metà ottobre, e lui non sta nella pelle.

Dibba (come lo chiamano i suoi sostenitori) accarezza l’idea di dedicarsi a suo figlio a tempo pieno, e quindi di non ricandidarsi alle elezioni politiche che si terranno all’inizio del 2018.

Sicuramente non passerà l’estate in moto, come fece l’anno scorso quando girò l’Italia tenendo comizi in spiaggia. Allora non si era ancora messo con Sahra.
Di Battista è il mattatore del Movimento 5 stelle. Bello, simpatico, estroverso, è neutrale fra i grillini “governativi” di Luigi Di Maio e Davide Casaleggio e quelli “di lotta” di Paola Taverna.

Tuesday, April 11, 2017

Totogrillini

Chi potrebbero essere i ministri di un governo grillino. Declina Di Maio, in ascesa Davigo. Quanto a Taverna, Di Battista e Lombardi…

di Mauro Suttora

Libero, 9 aprile 2017

In calo le quotazioni di Luigi Di Maio come candidato premier grillino, dopo il convegno di ieri a Ivrea. Per quanto stimato sia da Davide Casaleggio sia da Beppe Grillo, i due capi del Movimento 5 stelle si rendono conto che l'enfant prodige di Pomigliano (Napoli) a 30 anni è ancora troppo giovane e inesperto per sostenere un peso simile.

Inoltre molti nel M5S storcono il naso di fronte alla malcelata ambizione del ragazzo. Non è ben visto l'eccessivo attivismo del suo principale collaboratore: Vincenzo Spadafora, ex mastelliano (portaborse del presidente campano Andrea Losco), poi con Pecoraro Scanio e Rutelli, infine nominato Garante per l'Infanzia dall'allora ministro Mara Carfagna e dai presidenti delle Camere Fini e Schifani.

Di Maio condivide con Spadafora l'origine geografica e la scarsa propensione agli studi: entrambi non laureati, gli otto esami in cinque anni da fuoricorso rappresentano una piccola zavorra per il vicepresidente della Camera.

Per questo Grillo e Casaleggio sperano in Piercamillo Davigo: sarebbe perfetto come candidato premier 5 stelle. Ma il magistrato non vuole bruciarsi prima delle elezioni: chiede che il suo nome venga fatto solo se e quando il presidente Sergio Mattarella affiderà l'incarico dopo un'eventuale vittoria grillina.

Davigo ritroverà Antonio Di Pietro, che molti 5 stelle avrebbero voluto candidare sindaco di Milano l'anno scorso, era a Ivrea, ha mantenuto buoni rapporti con la società Casaleggio che gli curava il sito web, e fu appoggiato da Grillo alle Europee 2009, con indicazione di voto per Luigi De Magistris e Sonia Alfano: Interni o Giustizia per Tonino.

Altri tre magistrati sono papabili: Nicola Gratteri (bocciato da Napolitano per il governo Renzi), Sebastiano Ardita (messinese, coautore con Davigo del libro 'Giustizialisti', ha fatto una buona impressione a Ivrea), e soprattutto il palermitano Nino Di Matteo.

Finora i grillini hanno avuto rapporti disastrosi con gli intellettuali fiancheggiatori: da Becchi a Pallante, da Di Cori Modigliani a Scienza, tutti quelli una volta valorizzati dal blog di Grillo si sono allontanati per il clima da setta che si è instaurato nel movimento.

Gli unici due a resistere sono Massimo Fini (che ha avuto l'onore di chiudere i lavori ieri) e Aldo Giannuli. Avrebbero dovuto scrivere un libro sulla democrazia diretta con Casaleggio senior se le sue condizioni di salute non lo avessero impedito.

Ma Fini è un anarchico, per lui al massimo potrebbe esserci un seggio da senatore se i grillini ripristineranno la tradizione comunista degli "indipendenti di sinistra" da candidare per chiara fama, senza passare dalle forche caudine delle primarie. Giannuli invece può andare a Interni o Difesa. Il sociologo Domenico De Masi è simpatico ma ingovernabile.

I candidati interni sono tutti deboli. Di Battista e Paola Taverna, i più amati dalla base, sono animali da comizio ma inadatti alla vita istituzionale. Il primo vorrebbe gli Esteri o gli Interni, ma al massimo lo soddisferanno con una onorifica vicepresidenza del Consiglio. La Taverna, ex impiegata in un centro diagnostico, può andare alla Sanità.

Gli unici con la gravitas necessaria per un dicastero, anche per ragioni d'età, sono Nicola Morra (Istruzione), Carla Ruocco (Sviluppo economico) e Roberta Lombardi (Interni). Ma, come Roberto Fico, sono della corrente 'talebana', duramente osteggiata da Di Maio. Toninelli ambisce alle Riforme, il putiniano Di Stefano agli Esteri, Vito Crimi e Barbara Lezzi a qualsiasi cosa li riportino in auge. Ma la società Casaleggio li vede come personaggi un po' troppo folcloristici. E Carlo Freccero non è abbastanza affidabile.

Insomma, i grillini rischiano di replicare a livello nazionale il disastro Roma: per mancanza di competenze interne, finire in mano a furbacchioni dell'ultima ora come Raffaele Marra, ex braccio destro della sindaca Raggi, in carcere da quattro mesi.
Mauro Suttora





Saturday, April 08, 2017

Capo San Raffaele: da bersaglio a eroe grillino

di Mauro Suttora

Lettera43, aprile 2017

Nicola Bedin: wonderboy di Pordenone, bocconiano da 110 e lode, studi in Usa, apprendistato a Mediobanca, a soli 28 anni già issato dal compianto Giuseppe Rotelli sulla poltrona di amministratore delegato del suo impero ospedaliero privato San Donato. Da cinque anni guida anche il San Raffaele, rilevato dai Rotelli per 400 milioni dopo le traversie di Don Verzé.

Qui però un inciampo: nel giugno 2015 la procura di Milano chiude le indagini per una presunta maxitruffa da 28 milioni ai danni del servizio sanitario nazionale. Bedin risulta indagato con il direttore sanitario del San Raffaele e sei primari (fra cui Alberto Zangrillo, famoso come medico personale di Silvio Berlusconi), perché sarebbero stati incassati irregolarmente rimborsi su ben 4mila interventi.
Da allora - e sono ormai passati quasi due anni - tutto tace: né incriminazione né proscioglimento per i dirigenti del San Raffaele.

Ma questo non frena i parlamentari del Movimento 5 stelle dal lanciarsi in un attacco frontale contro Bedin: in un'interrogazione Giulia Grillo (ministra della Sanità in pectore di un eventuale governo grillino) e Paola Taverna (candidata sottosegretaria) chiedono addirittura alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin di "sciogliere il consiglio d'amministrazione del San Raffaele e interdire gli indagati".

Chissà cosa pensano oggi la Grillo (nessuna parentela con Beppe), la Taverna nonché Silvana Carcano (che nel 2013, da capogruppo 5 stelle in regione Lombardia, lottò a fianco dei lavoratori del San Raffaele contro la nuova proprietà), scoprendo che il tanto detestato Nicola Bedin è stato invitato come relatore al convegno che Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto, organizza sabato 8 aprile in memoria del fondatore del M5S morto un anno fa.

A Ivrea l'ospite d'onore Bedin, "managing director" del San Raffaele, disquisirà di sanità. Dopo che per anni i poveri parlamentari grillini si erano sgolati contro le "speculazioni" degli ospedali privati, e a favore della sanità pubblica. Contrordine compagni. Finché si trattava di scaldare le piazze, andava bene la demagogia dei Di Battista e Di Maio. Ma quando si sente profumo di governo, inversione a U: entrano in campo i cervelloni di Casaleggio junior. E per gli attivisti non c'è più posto ai convegni del suo Think tank, che li ha esautorati.
Mauro Suttora

Friday, February 10, 2017

Baby Casaleggio si fa pagare dai grillini

UN MILIONE DI EURO IN DIECI MESI

di Mauro Suttora

Libero, 10 febbraio 2017


Le uniche buone notizie per Beppe Grillo, ma soprattutto per Davide Casaleggio, in questi giorni arrivano da Rousseau. La piattaforma lanciata dieci mesi fa, dopo la morte di Casaleggio padre, si sta rivelando una gallina dalle uova d’oro. «Abbiamo incassato un milione di euro», annuncia trionfale Luigi Di Maio.

Microdonazioni da 20-30 euro l’una di militanti grillini, quelli che ancora credono nei vecchi slogan, prima del disastro Roma: democrazia diretta, uno vale uno, l’onestà andrà di moda.

Al ritmo di centomila euro al mese, questo fiume di soldi sta raddrizzando le finanze del Movimento 5 stelle. Casaleggio junior (simpaticamente soprannominato Trotaleggio dalla metà degli attivisti che non lo sopporta) ne aveva bisogno urgente, perché i conti della sua società privata stanno invece andando a catafascio.

L’ultimo bilancio della srl Casaleggio & Associati è in rosso per 123mila euro. Nel 2015 il fatturato è crollato della metà rispetto al 2013: poco più di un milione, contro i due degli anni d’oro. Quando l’utile, una volta distribuiti buoni stipendi ai soci, raggiungeva il quarto di milione.

Ma ormai il giocattolo si è rotto. La società, con sede nel lussuoso quadrilatero della moda, a metà strada fra Mediobanca e via Montenapoleone (curioso, per un movimento che si dice rivoluzionario, stare in una zona da 20mila euro al mq), non “tira” più con la pubblicità del blog di Grillo. L’editrice Chiarelettere ha disdetto un ricco contratto. E anche i siti-civetta come La Fucina e Tze Tze, accusati di propalare bufale, vanno male. Risultato: -28% di utili.

A farne le spese Casaleggio junior, che controlla il 60% del capitale, ma anche il socio Luca Eleuteri con il 20% e gli altri: Maurizio Benzi, Marco Maiocchi e Mario Bucchich. Tutti chiamati a ripianare le perdite. Tutti sconosciuti agli attivisti grillini, mai un discorso in pubblica, mai una parola nelle riunioni. Alla faccia della trasparenza, il secondo partito italiano è guidato da una società privata a scopo di lucro con il culto della segretezza. Ne sa qualcosa Milena Gabanelli, la più votata alle primarie M5s per le presidenziali, respinta maleducatamente quando chiese di visitare la sede di via Morone.

In teoria, la nuova piattaforma Rousseau dovrebbe sganciare i destini del Movimento da quelli della società personale Casaleggio. Ma in pratica, il controllo del giovane Casaleggio sulla Fondazione che la gestisce (e che incassa le donazioni) è ferreo. 

Ha cooptato lui i due fedelissimi che la gestiscono: Massimo Bugani, candidato trombato alle ultime comunali di Bologna, e David Borrelli, l’eurodeputato che di nascosto voleva portare i grillini fra i liberali europei, fino all’umiliante dietrofront verso gli antieuropeisti di Farage.

«Il sistema Rousseau ci costa poche centinaia di migliaia di euro l’anno, molti lavorano gratis», si vanta Di Maio. Dove va il resto del milione raccolto? Mistero. Finora la fondazione non ha pubblicato resoconti.

I parlamentari, intanto, hanno pubblicato i loro ultimi rendiconti. Ormai l’entusiasmo iniziale si è inaridito. Pochi continuano a “restituire” 4-5mila euro mensili sui 14mila di stipendi e rimborsi, come quattro anni fa (un virtuoso rimane il senatore Maurizio Buccarella). Gli altri sono calati a 1.700-2.000. Il minimo indispensabile per non essere espulsi. 

Molti dichiarano di spendere grosse cifre per non meglio precisati «eventi sul territorio». Ma ora che Rousseau macina milioni, che bisogno c’è di fare sacrifici? Se il convento è ricco, anche i frati possono godersi i loro 10mila al mese.
Mauro Suttora