di Mauro Suttora
Libero, 10 febbraio 2017
Le uniche buone notizie per Beppe Grillo, ma
soprattutto per Davide Casaleggio, in questi giorni arrivano da Rousseau. La
piattaforma lanciata dieci mesi fa, dopo la morte di Casaleggio padre, si sta
rivelando una gallina dalle uova d’oro. «Abbiamo incassato un milione di euro»,
annuncia trionfale Luigi Di Maio.
Microdonazioni da 20-30 euro l’una di militanti
grillini, quelli che ancora credono nei vecchi slogan, prima del disastro Roma:
democrazia diretta, uno vale uno, l’onestà andrà di moda.
Al ritmo di centomila euro al mese, questo fiume
di soldi sta raddrizzando le finanze del Movimento 5 stelle. Casaleggio junior
(simpaticamente soprannominato Trotaleggio dalla metà degli attivisti che non
lo sopporta) ne aveva bisogno urgente, perché i conti della sua società privata
stanno invece andando a catafascio.
L’ultimo bilancio della srl Casaleggio &
Associati è in rosso per 123mila euro. Nel 2015 il fatturato è crollato della
metà rispetto al 2013: poco più di un milione, contro i due degli anni d’oro.
Quando l’utile, una volta distribuiti buoni stipendi ai soci, raggiungeva il
quarto di milione.
Ma ormai il giocattolo si è rotto. La società,
con sede nel lussuoso quadrilatero della moda, a metà strada fra Mediobanca e
via Montenapoleone (curioso, per un movimento che si dice rivoluzionario, stare
in una zona da 20mila euro al mq), non “tira” più con la pubblicità del blog di
Grillo. L’editrice Chiarelettere ha disdetto un ricco contratto. E anche i
siti-civetta come La Fucina e Tze Tze, accusati di propalare bufale, vanno
male. Risultato: -28% di utili.
A farne le spese Casaleggio junior, che controlla
il 60% del capitale, ma anche il socio Luca Eleuteri con il 20% e gli altri:
Maurizio Benzi, Marco Maiocchi e Mario Bucchich. Tutti chiamati a ripianare le
perdite. Tutti sconosciuti agli attivisti grillini, mai un discorso in
pubblica, mai una parola nelle riunioni. Alla faccia della trasparenza, il
secondo partito italiano è guidato da una società privata a scopo di lucro con
il culto della segretezza. Ne sa qualcosa Milena Gabanelli, la più votata alle
primarie M5s per le presidenziali, respinta maleducatamente quando chiese di
visitare la sede di via Morone.
In teoria, la nuova piattaforma Rousseau dovrebbe
sganciare i destini del Movimento da quelli della società personale Casaleggio.
Ma in pratica, il controllo del giovane Casaleggio sulla Fondazione che la
gestisce (e che incassa le donazioni) è ferreo.
Ha cooptato lui i due
fedelissimi che la gestiscono: Massimo Bugani, candidato trombato alle ultime
comunali di Bologna, e David Borrelli, l’eurodeputato che di nascosto voleva
portare i grillini fra i liberali europei, fino all’umiliante dietrofront verso
gli antieuropeisti di Farage.
«Il sistema Rousseau ci costa poche centinaia di
migliaia di euro l’anno, molti lavorano gratis», si vanta Di Maio. Dove va il
resto del milione raccolto? Mistero. Finora la fondazione non ha pubblicato
resoconti.
I parlamentari, intanto, hanno pubblicato i loro
ultimi rendiconti. Ormai l’entusiasmo iniziale si è inaridito. Pochi continuano
a “restituire” 4-5mila euro mensili sui 14mila di stipendi e rimborsi, come
quattro anni fa (un virtuoso rimane il senatore Maurizio Buccarella). Gli altri
sono calati a 1.700-2.000. Il minimo indispensabile per non essere espulsi.
Molti
dichiarano di spendere grosse cifre per non meglio precisati «eventi sul
territorio». Ma ora che Rousseau macina milioni, che bisogno c’è di fare
sacrifici? Se il convento è ricco, anche i frati possono godersi i loro 10mila
al mese.
Mauro Suttora