Friday, April 05, 2019

Grillo assediato dai debiti

I PENTASTELLATI LO BOMBARDANO DI CAUSE. DECINE DI EX CACCIATI CHIEDONO I DANNI AL COMICO: FINORA È STATO CONDANNATO A RISARCIRE 75MILA EURO. IN PIU', LA MULTA DI 50MILA EURO DEL GARANTE DELLA PRIVACY. UN CONVEGNO A MILANO ANALIZZA IL M5S

di Mauro Suttora

Libero, 5 aprile 2019



Che sfortunato Davide Casaleggio. Proprio nel giorno delle primarie online per scegliere i candidati alle europee del 26 maggio, la sua piattaforma Rousseau è stata dichiarata fuorilegge dal Garante della Privacy: «Non garantisce gli standard minimi di segretezza e sicurezza del voto, che è manipolabile dagli organizzatori in qualsiasi momento, senza lasciar traccia». La sanzione è salata: 50mila euro.

Da sempre i dissidenti grillini denunciano l’assurdità di far votare gli iscritti del primo partito italiano sul server privato della società commerciale milanese Casaleggio & Associati. E senza alcuna certificazione esterna, tranne in due casi (le presidenziali 2013 e il voto per un nuovo statuto).

Il Garante avvertiva già da due anni della fragilità di Rousseau. Il rampollo Casaleggio, succeduto dinasticamente al padre Gianroberto dopo la sua morte tre anni fa, aveva assicurato di avere riparato le falle del sistema. Che però qualche burlone continua ad hackerare allegramente in varie votazioni. E che ora viene giudicato irregolare alla radice.

La tegola sul Movimento 5 stelle (M5s) arriva proprio alla vigilia di Sum 2019, che si apre domani a Ivrea: il convegno annuale in cui Casaleggio junior si autoproclama «guru del futuro», giurando pe di non essere il capo del M5s con Luigi Di Maio, ma un semplice «tecnico al servizio del movimento».

A Ivrea in livrea arriveranno domani, fra gli altri, Franco Bernabé (ex ad Eni e Telecom, dirigente del club Bilderberg, una volta odiato dai grillini complottisti), Marco Travaglio e l’allenatore Zeman. Sarà dura, questa volta, magnificare le doti di Rousseau («piattaforma per la democrazia unica al mondo«), ma rivelatasi una ciofeca.

Qualche grillino ora per disperazione sosterrà che si tratta di una vendetta in extremis del presidente della authority Garante della Privacy, Antonello Soro, ex deputato Pd, in scadenza quest’anno. Dimenticando che si tratta di un organo collegiale. 
Gli altri membri sono Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, e Giovanna Bianchi Clerici, ex deputata leghista.

Ma la multa di 50mila euro rischia di essere nulla in confronto ai 75mila euro di risarcimento danni cui è già stato condannato finora il M5s nelle cause intentate dai numerosi grillini radiati ingiustamente in questi anni. 
Cifra che aumenterà di molto, perché riguarda solo i primi espulsi: Roberto Motta e Antonio Caracciolo a Roma hanno ottenuto 30mila euro nel 2018, Mario Canino sempre a Roma 22mila euro a gennaio, più sei attivisti napoletani. 

Sono pendenti altre nove cause con una trentina di “vittime” in tutta Italia: due a Palermo con l’ex deputato e capogruppo Riccardo Nuti, una a Genova con Marika Cassimatis, cacciata da Grillo dopo aver vinto le primarie per sindaco, altre due a Napoli con ben 23 attivisti, e altre quattro a Roma.

I soldi dovranno tirarli fuori Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Ed è questo il principale motivo per cui il comico genovese si è allontanato dalla sua creatura: per non essere travolto finanziariamente dalla gestione autoritaria del movimento fondato nel 2009.

Intanto ieri i Cinquestelle sono stati messi sotto scrutinio in un convegno all’Umanitaria di Milano dall’associazione di giuristi Italiastatodidiritto, presieduta dall’avvocato Simona Viola.
 Il tema era: «Il M5s crede veramente alla democrazia, o si regge su princìpi non democratici riducendo i suoi 330 parlamentari a semplici portavoce?»

Per Fabrizio Cassella, docente di diritto costituzionale all’università di Torino, la risposta è chiara: «I Cinquestelle violano la Costituzione, che all’articolo 67 esclude il vincolo di mandato. Ogni parlamentare rappresenta la Nazione, e per approvare leggi nell’interesse generale dev’essere libero di argomentare, dibattere e negoziare, arrivando assieme ai suoi colleghi a una sintesi che bilanci i vari interessi particolari».

Ai deputati e senatori grillini, invece, tocca obbedire a una ferrea disciplina di partito. E chi osa dissentire viene punito con l’espulsione. È capitato a 40 di loro la scorsa legislatura, e ad altri quattro in questa.

Il comandante Gregorio De Falco, in particolare, che soltanto un anno fa fu l’acquisto più prestigioso nella nuova compagine parlamentare (noto per aver intimato al capitano Francesco Schettino di non abbandonare la sua nave), è stato cacciato a gennaio. Non aveva votato la fiducia sul decreto sicurezza.

«Mi rendo conto che difendere il divieto di vincolo di mandato in un Paese di trasformisti non è popolare», ammette l’avvocato Guido Camera, «ma in democrazia la forma è tutto. Possiamo avere idee diverse sul contenuto delle leggi, ma sulle regole del gioco per farle dobbiamo essere tutti d’accordo».

E i referendum, caposaldo della democrazia diretta propagandata dai grillini? 
«Guardiamo alla Svizzera, il loro Paese ideale», ha detto il professor Dino Guido Rinoldi dell’università Cattolica di Milano, «dove lo scorso 25 novembre i cittadini hanno detto no a un quesito che voleva ridurre l’efficacia dei trattati internazionali».

Tipico tema sovranista, ma gli elvetici si sono dichiarati ben felici di sottostare a leggi sovranazionali. «Principio presente anche nell’articolo 11 della nostra Costituzione: l’Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni».

«In realtà nei referendum la domanda è sempre importante quanto la risposta», ha avvertito Valerio Onida, già presidente della Corte Costituzionale. Chi decide quali argomenti sottoporre a un sì e a un no, e in che forma? Nel caso dei grillini, è sempre la srl Casaleggio, dall’alto, a formulare i quesiti online per i suoi iscritti. Non c’è mai stata una votazione su iniziativa della base.

In questo senso una testimonianza preziosa è, dall’interno, quella di Nicola Biondo
Già responsabile della comunicazione dei deputati grillini, Biondo pubblica proprio in questi giorni il suo secondo libro sul M5s: Il sistema Casaleggio (ed. Ponte alle Grazie, con Marco Canestrari): «Il vero padrone del movimento non è mai stato Grillo, ma prima Gianroberto Casaleggio e poi il figlio Davide. 
Abbiamo così il partito che governa una delle principali potenze industriali del mondo in mano a una società privata. I grillini hanno avuto successo opponendosi al finanziamento pubblico dei partiti e alla Casta dei politici. Bene. Ma ora usano anche loro i milioni pubblici dei gruppi parlamentari e dei loro stipendi per finanziare la società commerciale che li dirige. 
Insomma, la Casta mantiene se stessa. Almeno prima il finanziamento ai partiti serviva anche per tenerne aperte le sezioni territoriali, palestra di democrazia. Adesso invece c’è solo la piattaforma Rousseau. Che finalmente è stata giudicata per quel che è: un imbroglio».
Mauro Suttora

Saturday, March 30, 2019

La linea del Piave grillina: 19%

CAOS M5S/ IL 19,9% È LA LINEA DEL PIAVE: CHE SIGNIFICA LA MORTE DI DI MAIO (E RAGGI)

Il Movimento 5 Stelle si dibatte in una crisi interna ed esterna: se non supera le elezioni europee è la fine

29 marzo 2019

intervista a Mauro Suttora


Le elezioni europee rappresentano l'ultima ancora di salvataggio di un Movimento 5 Stelle ormai allo sfascio. 
Lo dice Mauro Suttora, giornalista, esperto delle dinamiche interne dei pentastellati: “Se scendono al 19,9% Di Maio è morto internamente ed esternamente, se vanno tra il 20 e il 25% possono galleggiare ancora un po’”. 
Le continue débâcle a livello regionale mostrano i segnali. Prima delle europee ci sono le elezioni comunali in Sicilia, dice ancora Suttora: “A Bagheria, uno dei primi comuni conquistati dai 5 Stelle, gli avvisi di garanzia per abusi edilizi ad assessori e consiglieri in questi anni si sono sprecati. Sarà una batosta che aprirà la strada anche al crollo di Roma”.

Di Maio è negli Stati Uniti. Ci è andato per ricucire i rapporti dopo le critiche americane per la firma del memorandum con la Cina?

Il viaggio è stato programmato da tempo, prima del disastro Cina. C’è da chiedersi invece chi riuscirà a vedere: se riesce a farsi ricevere dal consigliere per la sicurezza John Bolton è un successo. Di Maio cerca ogni volta di accreditarsi, ma in America non lo prende sul serio nessuno. Se poi parla con Bolton, che è un mastino neocon, lo riduce in polpette.

Ha definito la firma del memorandum “disastro”. Quella firma è stata un guaio del trio Conte-Di Maio-Geraci?

Il memorandum Cina è in mano al sottosegretario Michele Geraci, un personaggio dal curriculum strano, come tanti di questi nuovi, compreso il premier Conte. Probabilmente non si rendevano conto neanche loro di quello che hanno fatto, cioè il cavallo di Troia della Cina in Europa.

In che senso?

Non è tanto il numero dei contratti, tutti hanno diritto di farli, infatti anche Macron ha firmato una fornitura di Airbus per centinaia di milioni di euro, quanto la visione politica che non sta in piedi. La Via della Seta significa la seta cinese che arriva in Italia, non la seta italiana che va da loro.

Geraci è quello che ha messo in piedi questo “disastro”?

L’accordo è stato un'invenzione di Geraci, di cui si è fidato inizialmente anche Salvini che però negli ultimi tempi, ben istruito da Giorgetti, uno dei pochi con la testa sulle spalle, si è tirato indietro. Invece Di Maio ci è caduto dentro mani e piedi.

Ci sono evidenti malumori interni ai 5 Stelle. Quali correnti ci sono? E’ Fico a spingere?

Fico non conta un fico, non ha dietro nessuna corrente nonostante i giornali ci abbiano fantasticato per mesi, sono al massimo due o tre i senatori che gli vanno dietro. 
Ci sono piccoli movimenti interni, come il caso di Paragone, che però suscita fastidio a quelli della vecchia guardia che si vedono scavalcati da uno che è diventato grillino da un anno.

Ma i malumori ci sono. Il caso Di Battista è poi a dir poco inquietante.

C’è un ribollire da vulcano, ma come sempre viene tenuto nascosto. Di Battista per cinque anni ci ha deliziato di tre post e video al giorno, ma  improvvisamente finisce come un desaparecido. E’ evidente che dopo i disastri elettorali lo hanno messo a tacere, e lui obbedisce. 
Di Battista, come ha detto sprezzante Di Maio definendolo il primo degli attivisti, è uno che tira fuori 100mila like a ogni post. Ma ha garantito e promesso a Di Maio e Casaleggio fedeltà assoluta e piuttosto che dire qualcosa contro, sta zitto. Ogni volta che sta zitto vuol dire che ha qualcosa contro che vorrebbe dire, ma non può farlo.

Come andranno le elezioni regionali per il M5s?

Prima delle europee ci sono le comunali in Sicilia a fine aprile. Sarà un’ulteriore batosta. A Bagheria che è una città importante i grillini hanno il sindaco da 5 anni e ci sono stati avvisi di garanzia con assessori che si sono dovuti dimettere per abusi edilizi. 
Alle europee la linea del Piave è il 19,9%, che significa la morte di Di Maio dentro al movimento e fuori. Dal 20 al 25% galleggiano, oltre il 25 sarebbe un successo insperato.

La compagine di governo è compatta?

I ministri si godono la poltrona. Sono quelli che se dovesse cadere il governo rimarrebbero fedeli a Di Maio.

Hanno un piano B per risollevarsi?

Fino al 26 maggio nessuno oserà dire nulla. L’intervista rilasciata da Roberta Lombardi in cui dice che lo stadio di Roma bisogna mollarlo, mentre Virginia Raggi dice che bisogna tenerlo, mostra la completa contraddizione in cui si trovano.

A proposito di Roma, dopo l'arresto del presidente grillino del consiglio comunale Marcello De Vito sembra che la Raggi abbia incassato bene il colpo. O no? Che succederà a Roma?

Assolutamente no. La Raggi non arriva a fine legislatura, cadrà insieme al patatrac che ci sarà a livello nazionale. La stessa Lombardi ha detto che è inutile illudersi, De Vito aveva messo a stipendio grillino la moglie come assessore di municipio e la sorella consigliere regionale. Tutto questo in un partito che aveva sempre detto di essere contro i favoritismi di famiglia. La Raggi cercherà di tener duro fino alle europee, ma non arriverà a fine anno. 

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Wednesday, March 20, 2019

Faccetta nera, bell'abissina, aspetta e spera che il saudita si avvicina

MENTRE NOI CI PRE/OCCUPIAMO DEI 49 MIGRANTI SULLA NAVE MAR JONIO, NEL MONDO REALE 100MILA GIOVANISSIME SCHIAVE DEL SESSO ETIOPI VENGONO VENDUTE AI SAUDITI COME COLF

di Mauro Suttora

Libero, 20 marzo 2019

Mentre noi ci preoccupiamo dei 49 clandestini sulla nave Mare Jonio, nel mondo reale 100mila giovanissime schiave del sesso etiopi stanno per essere letteralmente vendute all’Arabia Saudita come colf.

L’incredibile notizia arriva da Addis Abeba, dove ora è addirittura lo stesso governo etiope a organizzare il traffico di carne umana. Nell’ottobre 2013, dopo le innumerevoli denunce di violenza sessuale, torture e altri abusi da parte di domestiche di tutto il mondo nei Paesi del Golfo, l’Etiopia aveva proibito l’emigrazione delle sue giovani donne in Arabia Saudita, Libano, Kuwait, Qatar ed Emirati.

Particolarmente richieste dagli sceicchi sono le belle abissine dal corpo snello, tratti fini e alteri, zigomi alti. Ma le violenze colpiscono chiunque: filippine, cingalesi, indonesiane. A decine cercano di scappare, vengono picchiate se si ribellano, si suicidano. Anche le Filippine hanno vietato l’emigrazione per un periodo, dopo che una loro colf fu trovata morta nel freezer del suo datore di lavoro. Ma, naturalmente i traffici clandestini sono proseguiti.

L’Etiopia si trova proprio davanti all’Arabia Saudita. Per arrivarci, le migranti raggiungono di nascosto Gibuti e da lì attraversano il mar Rosso. Prima che scoppiasse la guerra in Yemen passavano da lì. E ora che Etiopia e la rivierasca Eritrea hanno fatto pace, ecco aprirsi una nuova rotta per il traffico. 
Gli etiopi che lavorano regolarmente in Arabia Saudita sono mezzo milione, ma i clandestini arrivano al doppio. E sono particolarmente ricattabili.

“Le collaboratrici domestiche vengono sfruttate dalle loro famiglie”, denuncia Mulatu Legesse, che cura i traumi delle etiopi tornate a casa, “devono lavorare anche 13-16 ore al giorno, subiscono il sequestro del passaporto e a volte anche del telefonino, vengono pagate poco o nulla, e se osano protestare viene loro perfino impedito di spedire i soldi a casa”. Poche dicono di essere state stuprate, per la vergogna e perché perderebbero ogni dignità sociale.

L’Etiopia, nonostante il pil che aumenta del 9% annuo grazie agli investimenti dei nuovi colonialisti cinesi, è uno dei Paesi più poveri d’Africa. Con i suoi 106 milioni di abitanti è il secondo più popoloso del continente dopo la Nigeria. In campagna ogni donna fa ancora quattro figli. Quindi i quattro miliardi annui in euro di rimesse degli emigrati sono preziosi.

Così, passata la bufera del blocco di sei anni fa, i governi etiope e saudita hanno firmato un accordo. Le ricche famiglie saudite potranno assumere legalmente giovani colf, tramite 340 agenzie. Stipendio mensile: 1000 ryal (235 euro). Che è tanto, rispetto al salario medio etiope di 30 euro al mese.

Non solo: l’Etiopia garantisce che le sue aspiranti colf frequentino, prima di partire, un corso di uno-tre mesi di economia domestica (pulire, lavare, stirare) e di arabo. “Devono avere la licenza media inferiore, l’assicurazione e un certificato di abilitazione”, dice Assefa Yrgalem, portavoce del ministero del Lavoro ad Addis Abeba.

Dopodiché, partirà un primo stock di 100mila sedicenni. Protette, dicono, da una nuova legge etiope contro gli abusi. Che non si capisce come possa essere applicata in un Paese straniero.

L’Arabia Saudita ha appena dimostrato quanto rispetti i diritti umani con il caso di Jamal Khashoggi, il dissidente ammazzato e squartato nel consolato di Istanbul. Certo, esattamente come in Italia, i fautori dell’accordo che in pratica legalizza la schiavitù femminile dicono che l’alternativa è ancora peggio: centinaia di clandestini annegati nel mar Rosso in questi anni di divieto all’emigrazione.

“Ma qualsiasi cosa è meglio che andare a farsi sfruttare dai sauditi”, dice Serkalem, che partì 25enne per undici anni di lavoro a Riad. Derubata di tutti i risparmi, ora è tornata a casa, e vende sapone e verdura al mercato di Addis Abeba.
Mauro Suttora

Tuesday, February 26, 2019

I grillini dopo il crollo in Sardegna dal 42 al 10%


26 febbraio 2019

Dopo l’Abruzzo anche la Sardegna: il crollo dei 5 Stelle, dal 42% al 10%, sembra inarrestabile. C’è chi si domanda se si allargherà anche al resto d’Italia.

Per Mauro Suttora, giornalista, scrittore e profondo conoscitore del Movimento 5 Stelle, “si sta ormai andando verso una caduta a livello nazionale. Al Nord ad esempio, “la parte dell’Italia che conta, i 5 Stelle sono oggi intorno al 10% rispetto al 20% che avevano raggiunto”.

Sembra poi sempre più vicina una scissione: da una parte Luigi Di Maio e dall’altra i parlamentari e la base guidata dal presidente della Camera, Roberto Fico, che “è di estrema sinistra” dice ancora Suttora. Il futuro del Movimento 5 Stelle sarà deciso dall’esito delle prossime elezioni europee.

I 5 Stelle sono crollati prima in Abruzzo e poi in Sardegna: sono solo situazioni locali o la tendenza si sta propagando in tutto il Paese?
Questa caduta dei consensi è una tendenza che sta toccando tutta l’Italia. Presto si voterà in Basilicata, ci saranno le comunali in Sicilia e le regionali in Piemonte, queste ultime in contemporanea con le europee, e questi appuntamenti elettorali ci confermeranno il sospetto che si tratti ormai di un trend nazionale inevitabile.

Di Maio sta cercando disperatamente un rilancio dopo queste sconfitte. Da tempo parla di trasformazione del movimento in partito tradizionale. Secondo lei, può funzionare?
Il vero nodo che pongono i dissidenti, cioè quel 41% che ha votato contro Salvini sul caso Diciotti, non è tanto avere venti segretari regionali, come sembra si voglia proporre nei prossimi giorni, ma chi li elegge. Di Maio li vuole nominare lui, mentre giustamente i dissidenti dicono che devono essere eletti dalla base regione per regione.

Questo cosa significa?
E’ una cosa mai successa nel Movimento, perché all’idea di strutturarsi in partito c’è sempre stato prima il rifiuto di Casaleggio padre e ora del rampollo Davide.

Sta dicendo che Di Maio rischia di prendere un sonoro schiaffone dalla base?
Sì, e possiamo già contare i mesi ormai prima che si arrivi alla scissione. Scissione che poi sarà indicata da Casaleggio, a seconda della posizione che prenderà. Lui è di destra, mentre i dissidenti come Fico sono di estrema sinistra. Assisteremo a una guerra totale.

Una scissione tra l’anima di sinistra e quella più governativa?
Secondo me, avverrà più per il metodo che per il merito. L’unico che è rimasto fedele all’anima del Movimento, nel caso del voto su Salvini, è stato Nicola Morra.

In che senso?
Nel senso che nel M5s, che da dieci anni sostiene la politica dei forcaioli, adesso si sono messi a fare i garantisti con Salvini. Hanno tradito la loro stessa anima, è evidente a tutti.

Quanto vale Fico?
Lui cerca di accreditarsi quel 41%, in realtà di coloro che usciranno allo scoperto nella votazione su Salvini sono solo in 4. Fino alle europee staranno tutti zitti per la paura folle di essere espulsi. Rimarranno tutti fedeli a Salvini in nome del potere, della poltrona e dello stipendio.

Insomma, c’è una differenza netta tra gli eletti e la base, è così?
Sì, una differenza totale, sono due cose completamente diverse. Molti degli eletti non sono stati scelti con le parlamentarie, ma direttamente da Di Maio, come nel caso di personaggi come il comandante De Falco, che si è rivelato persona onesta e tutta d’un pezzo, ma neanche questi gli garantiscono fedeltà.

Alle europee che cosa farà il M5s?
Vorrei sottolineare un aspetto curioso: nessun organo di stampa ha approfondito chi sono i personaggi esteri con cui Di Maio ha stretto alleanza in vista delle europee. Forse perché si tratta di signor nessuno, sono una barzelletta. 
Dei quattro alleati, due non sono neppure presenti nei rispettivi parlamenti nazionali, uno è un rocker fascista polacco impresentabile. Sono tutti personaggi assurdi, peggio dei gilet gialli francesi. I 5 Stelle non hanno nulla in comune con nessuno di loro.

E che programma presenteranno i 5 Stelle?
Sono alla disperata ricerca di qualche parola d’ordine forte, che gli faccia recuperare qualche voto, visto che Di Battista, dopo le figuracce che ha fatto da quando è tornato in Italia, è stato messo a tacere.

Lo scenario più plausibile?
Se vanno sotto il 20% sarà un crollo. Se invece riescono a dire che hanno gli stessi voti del 2014, il 21%, potranno sperare di tirare avanti ancora un po’.

Fino a una inevitabile crisi di governo?

La crisi di governo probabilmente ci sarà: quando in una coalizione uno dei due partiti crolla e l’altro raddoppia, nonostante tutta la buona volontà, non si può più stare insieme. E poi il classico centrodestra con Lega e Forza Italia sta funzionando benissimo. Il Piemonte darà un’indicazione decisiva: al Nord i grillini sono ormai al 10% rispetto al 20% raggiunto alle politiche. E quando sei al 10% nella parte che conta dell’Italia sei già morto. 

Sunday, February 24, 2019

Cause del sottosviluppo al Sud

Il filosofo Masullo intervistato su Radio radicale il 24 febbraio 2019 dal bravo Massimiliano Coccia dice che il sud è rimasto sottosviluppato per 2 cause geografiche: è lontano dall'Europa ed è montagnoso.
Quindi i suoi prodotti avrebbero un prezzo troppo alto per essere esportati oltr'Alpe.

Masullo però sottovaluta il basso costo dei trasporti, che quindi poco incide sul prezzo finale dei prodotti.
Questo valeva in passato per l'import dall'Asia attraverso Venezia o Genova, per le auto dal Giappone, e oggi per quello dalla Cina.
Né l'ortofrutta meridionale soffre la distanza.

Quanto all'industrializzazione mancata del sud per cause orografiche, consiglio a Masullo un giro nelle valli bergamasche, friulane e marchigiane, o in Val Sesia e a Valdagno.

Più interessante invece la notazione sulla borghesia meridionale incipiente decapitata dai Borboni nel 1799 (Luisa Sanfelice).
Anche oggi mi sembra che il vero dramma del Sud siano le sue élites.
Nell'800, come dice Masullo, danzavano alla corte borbonica.
Oggi si rifugiano nel clientelismo e assistenzialismo grillino, dopo quello dc

Friday, February 08, 2019

Parla la sovranista che ha sfidato Emma Bonino

PRIMA INTERVISTA A PAOLA RENATA RADAELLI: "MOLTI DI NOI SONO RIMASTI NEL PARTITO +EUROPA ANCHE DOPO LE ESPULSIONI".
E DUE SONO ADDIRITTURA STATI NOMINATI DIRIGENTI DALLA CORRENTE DI TABACCI

di Mauro Suttora

La Verità, 6 febbraio 2019

Pirata o piranha? L’hanno accusata di avere assaltato +Europa, il partitino di Emma Bonino, con centinaia di iscritti all’ultimo minuto per ribaltare i risultati del suo primo congresso.
Una 'scalata ostile sovranista’: così è stata definita la sua candidatura a segretaria con tanto di lista di candidati, tutti sconosciuti ai boniniani, a dirigenti e militanti della formazione europeista.

“Volevamo soltanto portare avanti le nostre idee dentro al partito, che si dichiarava aperto a tutti”, dice ora a La Verità Paola Renata Radaelli, che parla per la prima volta della sua iniziativa.

Una provocazione?
“No. Io e altre persone abbiamo preso sul serio lo statuto di +Europa, che permetteva di iscriversi e candidarsi fino a dieci giorni prima del congresso del 27 gennaio a Milano. E lo abbiamo fatto, pagando online 50 euro a testa”.

Ma signora, come pensavate di essere accettati in un partito dove nessuno vi aveva mai visto? Era uno scherzo?
“No, le ripeto che eravamo in buona fede”.

Però vi siete iscritti in massa, cosa vietata dallo statuto.
“Altre adesioni collettive sono state accettate nelle scorse settimane. Perché loro sì e noi no?”

Perché gli ex democristiani di Bruno Tabacci hanno fondato +Europa un anno fa assieme ai radicali della Bonino. Anzi, se non le avessero offerto il loro simbolo, lei non sarebbe neanche riuscita a raccogliere le firme per le elezioni del 4 marzo, in cui ha preso il 2,6% ed eletto quattro parlamentari in coalizione col Pd. Mentre voi gravitate nel centrodestra.

“Chi l’ha detto?”
Lei si candidò alle amministrative in Liguria. E il suo capolista era nel partito di Gianpiero Samorì, alleato di Berlusconi.

“Anche Della Vedova, segretario di +Europa, è stato nel centrodestra in passato. Io ora sono solo la segretaria dell’Unavi, l’Associazione nazionale vittime di reati che si batte per la loro tutela. Volevo portare le nostre lotte anche in Europa. Per esempio, una petizione con 25mila firme”.

La vostra lista si chiamava ‘In Europa sì, ma non così’. E in una foto lei abbraccia Salvini.

“Unavi è apartitica, e ci sono mie foto con politici di tutti i partiti. Per esempio Orlando, l’ex ministro pd della Giustizia”.

Quindi lei non è sovranista?
“Se sovranismo vuol dire stare dalla parte delle vittime, sì. Ma nel nostro programma c’era scritto chiaro che siamo europeisti. In Europa, per cambiarla”.

Dicono così anche leghisti e grillini, i principali avversari di +Europa.
“Non sono vicina a loro. La foto con Salvini è di prima che diventasse segretario”.

Cos’ha votato alle ultime politiche?
“È un fatto privato”.
Ma come, non voleva buttarsi in politica?
“Io non mi butto da nessuna parte”.

Cosa pensa della Bonino?
“La stimavo per le battaglie su divorzio e aborto”.
E ora?
“Mi ha cacciato senza neanche sentirmi”. Perché non le ha telefonato lei?
“Al congresso avremmo potuto parlarci”.
E di Tabacci che pensa?
“Non lo conosco”.

Fatto sta che vi hanno espulsi in 190, ridandovi i soldi.
“I nostri erano molti meno”.
Ma lei ha parlato con qualche dirigente di +Europa?
“Mi ha telefonato l’amministratrice Silvia Manzi chiedendomi i motivi delle nostre adesioni. Poi ci ha radiato, con la scusa che alcune provenivano dallo stesso indirizzo di posta elettronica”.

Però molti sono riusciti a rimanere. Due sono stati addirittura eletti dirigenti: Roberto Baldi e la lucana Isabella Gentile. Prima erano in lista con lei, ora sono passati nella lista di Tabacci.
Quanti eravate in tutto?
“Non glielo dico”.
E perché?
“…”
Quindi dentro +Europa è rimasta una vostra quinta colonna di ‘dormienti’?
“Se usa questi termini la saluto”.

Chi erano i suoi candidati?
“Amici di tutta Italia”.
Di che tipo?
“Persone incontrate negli anni”.
Ma li conosceva tutti personalmente? “Certo che no, non potevo convincere centinaia di persone a iscriversi. Alcuni amici hanno portato altri amici”.

Come Matteo Riva, il quarto nella sua lista che poi ha avuto un abboccamento anche con la corrente di Della Vedova? Sapeva che era un dirigente tabacciano?
“No”.

Ora i radicali accusano i democristiani di Tabacci di avere ‘cammellato’ iscritti al congresso per vincerlo: decine di persone cui avrebbero pagato tessera e viaggio in pullman, soprattutto dal sud.
“Quindi vede che il vero problema non ero io”.
Mauro Suttora


Tuesday, December 25, 2018

Grillini, soavemente totalitari

di Mauro Suttora

25 dicembre 2018

Ha ragione Paolo Mieli: è ridicolo dire che i grillini sono simili ai fascisti (nati per coincidenza cent'anni fa proprio qui a Milano, in piazza San Sepolcro) 
I grillini sono soavemente totalitari. Perché assolutamente convinti, con la buona fede dei tonti, di rappresentare gli interessi di TUTTI i cittadini.
Ovvero del cosiddetto 'popolo'.
Paradossalmente, è la negazione delle classi ("non siamo né di destra né di sinistra") a renderli pericolosi.
I comunisti hanno causato decine di milioni di morti in nome del conflitto di classe.
I grillini causano invece disastri negando lo stesso conflitto.
Loro incarnano la volontà generale (Rousseau). Non c'è posto, non è concepibile un'altra volontà. Un'altra verità.
La sindaca Raggi che sorride blaterando "Noi facciamo gli interessi dei scittadini" è in realtà un'inconsapevole fatina nazicomunista.
Il terrunciello democristiano tecnicamente perfetto che urla megalomane "Abbiamo sconfitto la povertà" non è politico. Aveva ragione Paola Taverna, i grillini non sono politici.
Sono religiosi, ma la loro è la crociata dei bambini che finiscono annegati in mare, in fila dietro lo zufolo del grillo parlante che li guida.
Si battono per il bene del 'popolo'. Un unico popolo, senza interessi, idee, valori diversi fra loro.
Non sospettano che dentro al loro adorato 'popolo' esistano differenze: ricchi/poveri, garantiti/precari, lavoratori dipendenti/autonomi. O nel campo delle idee statalisti/liberisti, ecologisti/sviluppisti, garantisti/forcaioli, tradizionalisti/libertari.
No, per loro c'è una massa indistinta.
Quindi disprezzano la funzione del politico: diventa inutile cercare una mediazione, trovare un compromesso.
A dirimere ogni questione ci pensa la democrazia diretta. Referendum, sì/no. Eliminata la "intermediazione parassitaria" di politici e giornalisti.

I grillini dicono di voler essere "compatti come una testuggine". Il che, da Sparta alle falangi macedoni alle SS, promette disgrazie.
Mai un dibattito, un confronto, un votazione, una maggioranza e una minoranza fra loro. 
Cianciano e promettono democrazia ma non sanno cos'è, non la praticano fra loro.
La compattezza proibisce deviazioni e correnti (Stalin), emargina il diverso, espelle il dissidente, terrorizza l'indisciplinato.
Come nelle sette. La sede dei grillini non dovrebbe essere a Milano quella della società privata Casaleggio dietro via Montenapoleone (20mila € al mq), ma il palazzo Scientology in viale Fulvio Testi.
Totalitari e totalizzanti, i grillini parlano e si frequentano solo fra loro, sono endogamici, online bannano i dubbiosi, la loro vita privata cambia quando entrano nel movimento.
Finalmente trovano amici e amanti, basta solitudine, si sentono importanti, ecco un senso, uno scopo.
Chiunque partecipi a una loro riunione avverte immediatamente quel fetore dolciastro a metà fra alcolisti anonimi e convento, caserma e oratorio, asilo infantile e psichiatrico.
Entusiasti e conformisti, aspettano il Verbo dal Blog, senza frusta si smarriscono, e lo dice la parola stessa: sono un movimento, quindi se non si muovono perennemente cadono su se stessi. Come le bici da ferme.
Mauro Suttora

Tuesday, December 04, 2018

L'agghiacciante video di Di Maio senior

La “confessione” delle sue colpe è stalinista

4 dicembre 2018

Il Sussidiario.net


Salvini li logora fino a quando non sprofonderanno da soli: è questo il parere di Mauro Suttora, opinionista di Libero, sull’attuale situazione del Movimento 5 Stelle, alla luce dello scandalo familiare che ha coinvolto Luigi Di Maio: “Ogni volta che parla fa perdere voti, mentre Salvini quando parla ne acquista di nuovi”. Ecco cosa ci ha detto.

Da dove vengono i guai maggiori dei 5 Stelle? Dal caso personale Di Maio padre e figlio? Da Salvini? O dagli imprenditori che vogliono le grandi opere?
Di Maio è diventato un Re Mida al contrario, tutto quello che tocca diventa un disastro. Il video del padre che “confessa” le sue colpe è agghiacciante.

In che senso?
Sembra una di quelle confessioni che Stalin faceva fare ai suoi oppositori, o Mao ai tempi della Rivoluzione culturale: le autoconfessioni sotto minaccia. C’è questo poveraccio che deve leggere un foglio preparato da chissà chi e dichiararsi il solo colpevole di tutto. Ma la cosa triste è che i grillini non se ne rendono conto, se gli fai queste citazioni storiche non capiscono perché non hanno un minimo di cultura. Colpa anche della scuola dove non si arriva a studiare personaggi come Stalin o Mao, una generazione intera a cui puoi propinare questi video senza che capisca cosa significhino veramente.

E Salvini? Gli porta via consenso o no?
Salvini è il contrario di Di Maio, non ne sbaglia una. In qualunque momento lo becchi sa cosa rispondere. Lo abbiamo visto a un talk show, comodamente seduto a teatro mentre aspettava che iniziasse un concerto di Edoardo Bennato e rispondeva perfettamente, la battuta simpatica sempre pronta. E’ comunicativo, può dire anche cose tremende ma riesce a farsi piacere. Ogni volta che parla acquista voti, Di Maio ogni volta che lo fa li perde.

Perché Salvini da Giletti ha fatto quella specie di endorsement su Di Maio?
Ha detto che lavora benissimo con Di Maio e Conte, ed è vero.  Fin che la barca va, fa bene a fare quello che non rompe, al massimo li provoca come sui termovalorizzatori. Non sarà mai lui quello che manda in crisi il governo, al massimo gli logora i nervi fino a quando i 5 Stelle non sprofondano da soli.

Quali implicazioni ha la differenza tra Di Maio e Fico?
Su Fico bisogna dire che Di Maio ha ragione: lui faccia il presidente della Camera, la politica la fa lui.

Fico ha preso le distanze dal decreto sicurezza.
Lo ha detto a babbo morto, quando la questione era già chiusa.

Però queste prese di distanza e il prossimo arrivo di Di Battista ci fanno pensare che nel M5s ci siano anime diverse, è così?
Il fatto che una nazione si preoccupi del ritorno di Di Battista significa che è un paese spacciato. Che i giornalisti politici dei maggiori quotidiani si preoccupino di analizzare il ritorno di Di Battista fa ridere.

Tra l’altro ha già detto che è pronto a ripartire per il Sudamerica, non c’è un ruolo per lui al governo?
Non potrà mai essere un contraltare di Di Maio. Sono ottimi amici, tra di loro c’è un patto di ferro: a Di Battista le piazze, a Di Maio la politica. Il lavoro di Di Battista è raccattare voti da ogni parte, è il grillo parlante dei 5 Stelle.

Che ne pensa del retroscena su Conte? E’ lui il prossimo capo del M5s?
Può essere, d’altro canto lo hanno proposto loro, era già nella lista dei ministri preparata a febbraio. Ai 5 Stelle che ci siano degli esterni va benissimo. Conte poi sta superando brillantemente l’esame del perfetto politico, quello che accetta i compromessi.
Paolo Vites

Tuesday, November 20, 2018

Grillini nel caos per la Tav


È caos in M5s: il ritorno di Di Battista rischia di portare alla spaccatura interna mentre a Torino il sindaco Appendino non sa da che parte stare

20 novembre 2018intervista a Mauro Suttora per Il Sussidiario
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Chiara Appendino, sindaco di Torino (LaPresse)
Può una manifestazione spontanea di piazza di qualche decina di migliaia di persone ribaltare la linea politica di un comune come quello di Torino? Se il sindaco è Chiara Appendino sì. Dopo aver fatto votare Torino città No Tav alla giunta comunale, ha fatto un immediato dietrofront dichiarando che non ci sarà lo stemma del comune alla contromanifestazione No Tav in programma sempre a Torino
“Appendino fa parte di quel mondo di madamine, come sono state definite, che ha portato in piazza i Sì Tav, la borghesia torinese. Ma deve sottostare agli ordini del figlio di Casaleggio, che non vuol perdere le decine di migliaia di voti NoTav", ci ha detto Mauro Suttora.
 Il caos nel M5S è grande, anche grazie al prossimo ritorno di Di Battista.
La Appendino nega lo stemma del comune alla prossima contromanifestazione No Tav. E’ il sintomo di una difficoltà? E’ rimasta scottata dalla piazza del 10 novembre dei Sì Tav?
Certamente, lei fa parte di quel mondo lì, le cosiddette madamine, in senso positivo: è una di loro. E’ un tipico esponente della borghesia torinese.
Ma ora, come tutte persone che si erano intruppate con i 5 Stelle e No Tav, è in estremo imbarazzo.
Perché allora ha fatto votare alla giunta 'Torino città No Tav'?
Perché lei deve rispondere e ubbidire agli ordini del figlio di Casaleggio, più che a Di Maio. La Casaleggio & Associati non può permettersi di avere un disastro Raggi anche in Piemonte, visto che fra qualche mese ci saranno le elezioni regionali. Fino a qualche mese fa i sondaggi dicevano che i 5 Stelle avevano buone possibilità di prendere il Piemonte, adesso invece sono crollati.
Fino a che punto?
E’ già tanto se arrivano al 15%, anche perché hanno scelto con i loro metodi semi-mafiosi un candidato irrilevante. Rischiano di arrivare terzi dietro al centrosinistra e al centrodestra, e d’altro canto non possono neanche rischiare di  stare troppo con l’establishment, contro i movimentisti.
Ma Casaleggio non “la sgrida” per questi ondeggiamenti?
Il figlio di Casaleggio come appartenenza naturale sarebbe anche lui dalla parte dei Sì Tav perché anche lui fa parte della borghesia, dell’establishment. Però hanno preso decine di migliaia di voti in Val Susa schierandosi con i No Tav, e non possono rischiare di perderli. E’ come successe al Pci negli anni 70 quando sostenne il governo di solidarietà nazionale: perse le successive elezioni.
Salvini cerca lo scontro con Di Maio sulla questione rifiuti? Lo fa per mandare in tilt il M5s?
Certo, i grillini sono indifendibili sui termovalorizzatori. Già usare questa parola da parte di Salvini, invece del negativo 'inceneritori', la dice lunga.
 I termovalorizzatori sono presenti in città come Milano, permettono di risparmiare sui riscaldamenti e danno l’elettricità a 130mila famiglie.
Come andrà finire? I 5 Stelle molleranno lo scontro?
No, hanno aizzato per dieci anni la gente contro gli inceneritori. A Napoli e a Roma mandano migliaia di camion e treni verso la Germania a far incenerire i rifiuti, mentre stiamo pagando 120mila euro al girono di multa della Ue perché non riusciamo a completare il ciclo dei rifiuti.
 E’ un vicolo cieco ed è inutile che ciancino: un 50% dei rifiuti viene differenziato, ma l’altro 50% finisce o in discarica, o nei termovalorizzatori, o portato all’estero. Nessuno, neanche a casa sua, riesce a differenziare il 100% dei rifiuti.
Quanto tornerà Di Battista che farà? L’agit-prop? La spina nel fianco del governo? C’è un ruolo pronto per lui?
Ho rinunciato ad andare a teatro da quando c’è lui perché è troppo divertente. Come gli ha detto l’Annunziata, guarda che ci sono giornalisti seri che fanno il loro lavoro rischiando la pelle in Centro America, tu fai speculazione politica pagato decine di migliaia di euro dal Fatto Quotidiano. Il cui comitato di redazione è pure furioso per tutti questi soldi sborsati…
Seriamente, che succederà al suo ritorno?
Coprirà il ruolo dell’anti-Di Maio, il capo dei movimentisti contro il capo dei realisti. Ci sarà scompiglio, alla lunga si spaccheranno. Gli altri movimentisti, la Taverna e Fico, sono stati imbalsamati in cariche istituzionali. Fico riesce a dire ancora qualcosa dato il ruolo che copre, la Taverna è stata zittita.
Che cos’hanno in testa Casaleggio e Grillo?
Grillo si sta sganciando ormai da tempo, fa teatro, ha bisogno di guadagnare. Farà qualche intervento come ha fatto al Circo Massimo, qualche post qua e là.
E Casaleggio?
Casaleggio si è legato mani e piedi a Di Maio, cerca altri personaggi da imporre, ma non riescono a tirare dentro uno che sia normale. Non ci resta che sperare in Salvini a questo punto. E’ l’unico con un po' di senno. 
Quando i No Tav dicono cose come “la linea attuale è vecchia di 150 anni ma va ancora bene perché non è satura”, dici: certo che non lo è, non la usa nessuno visto che non puoi superare i 70 chilometri all'ora. Manca ogni percezione della realtà…
Paolo Vites

Tuesday, October 30, 2018

Casalino d'azzardo



IL CAPO GRILLINO PROMUOVEVA I GIOCHI D'AZZARDO IN TV

di Mauro Suttora

Libero, 30 ottobre 2018

Rocco Casalino è degno del decreto Dignità? Il numero 3 del Movimento 5 stelle (dopo Luigi Di Maio e Davide Casaleggio) fra le sue varie attività prima di buttarsi in politica ne ha una di cui non va fiero. Tanto da nasconderla nel cv presentato nel 2012 alle primarie grilline (che non passò): l’ex della scuderia di Lele Mora e del Grande Fratello fino all’anno prima conduceva una rubrica tv quotidiana serale sul canale Sky 847 Betting Channel, specializzato nella promozione del gioco d’azzardo.

Che però è anche il bersaglio di una delle maggiori crociate grilline. Infatti la prima legge (addirittura un decreto d’urgenza) confezionata dal nuovo governo tre mesi fa, soprannominata chissà perché Dignità dai propagandisti M5s, assesta una notevole mazzata al business dei giochi: divieto di pubblicità e sponsorizzazioni (per esempio sulle maglie delle squadre di calcio), tessera sanitaria obbligatoria per giocare, 10mila euro di multa a chi lo permette ai minori. E anche sciocchezze come la scritta “Il gioco nuoce alla salute” sui Gratta e vinci, o il logo “no slot” per i locali senza macchinette.

In effetti, la ludopatia è diventata un’emergenza nazionale. Negli ultimi dieci anni abbiamo raddoppiato i soldi che giochiamo, fino a superare l’astronomica cifra di 100 miliardi annui. E solo in scommesse legali. Ne recuperiamo 80 miliardi in vincite. Dieci vanno in tasse, e altrettanti in profitti per un settore che mantiene 100mila persone.

Contro questo business si scagliano da anni i grillini, con la consueta moderazione. “Assassini” e “rovinafamiglie” sono gli epiteti con cui bollano i padroni dei giochi, dalle sale bingo all’ippica. Naturalmente avendo quasi tutti in famiglia un aficionado di lotto e lotterie.

Quel che nessuno immaginava, però, è che anche il simpatico Casalino fosse complice di questa presunta mattanza. Ci ha pensato il programma Omnibus (La7) a riesumare un imbarazzante filmato in cui l’attuale badante del premier Giuseppe Conte (che però è sempre più insofferente al suo fiato sul collo) si lanciava in appassionate difese tv del gioco d’azzardo.
A chi associava la ludopatia alle immense vincite promesse dal Superenalotto, per esempio, rispondeva: “Non ci si ammala di più perché il montepremi è più alto”. Fingendo di dimenticare che è un gioco con un ‘payout’ (restituzione di vincite ai giocatori) inferiore a quello delle slot machine.
     
Insomma, Casalino non solo era lontano mille miglia dal proibizionismo grillino sui giochi d’azzardo, ma addirittura li incoraggiava, sottolineandone il prezioso gettito fiscale per lo stato, e attaccando i politici: “Sulle slot machine, le demoniache slot machine, dicono cose incredibili. Sembrano macchinette infernali. Dicono cose palesemente sbagliate, populiste [sic]: cose che la gente comune pesa e che loro amplificano, ma nella totale ignoranza”.

Naturalmente Omnibus ha incassato sui social gli insulti dei tifosi grillini, imbestialiti per le rivelazioni sul loro capo colto in castagna.
Mauro Suttora