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Monday, November 16, 2020

Grillini: la base sta con Di Battista

Conte farà un partito con Di Maio


intervista a Mauro Suttora


ilsussidiario.net, 16 novembre 2020


Si sono conclusi gli Stati generali di M5s. La crisi resta e si acuisce: nel partito prevalgono i furbi alla Di Maio, la base sta con Di Battista


Come sono lontani i tempi di Casaleggio. Non quelli di Davide, ma del padre Gianroberto. Una visione avveniristica, la sua; seducente, furba, per molti versi pericolosa. È a lui che pensano probabilmente i pochi militanti rimasti, quando contemplano l’esito degli “Stati generali”, assemblea – virtuale, è d’obbligo – di un Movimento 5 Stelle che cerca di non ridursi a gioco di poltrone.


La due giorni del Movimento si è conclusa fissando tre risultati: guida collegiale, alleanze programmatiche ma non strutturali con gli altri partiti, vincolo del doppio mandato. Ma gli Stati generali restituiscono un partito in crisi profonda, tutto meno che trasparente, spaccato tra movimentisti e governisti, “arrivisti e banderuole”, dice Mauro Suttora, giornalista, osservatore clinico dei 5 Stelle fin dagli esordi. “Sopravvivono solo grazie al virus, come il governo Conte. Ma la base sta con Di Battista”.


Il risultato di questo congresso politico anomalo rafforza o indebolisce Conte, presidente del Consiglio indicato dai 5 Stelle?


Questa parodia di congresso lo indebolisce, perché i grillini sono spaccati. Ma ormai Conte è riuscito a separare il suo destino dal loro. Anzi, se nel M5s prevarranno Di Battista e Casaleggio jr, lui potrà diventare, con una sua lista, il rifugio di molti grillini “democristiani” come Di Maio o Spadafora.


Le tue osservazioni sui meccanismi di designazione dei 30 “delegati” nazionali?


Sono riusciti a inventare le elezioni con risultato segreto. Su un migliaio di candidati, hanno pubblicato solo i nomi dei primi 30, senza specificare quanti voti hanno avuto ciascuno di loro, e quanti i non eletti. Mi sembra un delirio, e fanno bene Casaleggio e Di Battista a pretendere di conoscere i risultati. Soprattutto in un partito che era nato in nome della trasparenza.


Sarà “guida collegiale”. O dobbiamo aspettarci che questa formula serva ad avallare la leadership di qualcuno?


Ormai nei grillini ci sono due poli: i governisti filo-Pd per convinzione (Fico) o convenienza (Di Maio) e i movimentisti: anche qui per convinzione (Di Battista) o convenienza (Casaleggio). Altri big come Paola Taverna cercano di barcamenarsi, ma il solco è quello. La maggioranza del nuovo direttivo con sette posti verrà decisa dal metodo elettorale che sceglieranno. Ma la base sta con Di Battista.


Di Maio esce rafforzato dagli Stati generali?


Direi di no. Nelle votazioni delle assemblee regionali e dei 30 “oratori” nazionali ha prevalso Di Battista. Soprattutto sul divieto di secondo mandato.


È arrivato da più voci un no ad alleanze strutturali. È realmente possibile per M5s oggi stare da soli?


È un finto problema. Grillini e Pd possono correre separati e coalizzarsi dopo il voto, come succederà alle comunali in primavera.


Come valuti la parabola recente di Davide Casaleggio, da dominus dietro le quinte fino alla sua non partecipazione?


In un movimento è difficile che la leadership si trasmetta ereditariamente, i grillini non sono la Corea del Nord. Bisogna vedere se il rampollo Casaleggio andrà d’accordo con Grillo, più che con Di Maio.


Tu hai detto più volte che la scissione è nelle cose. Cosa farà di Battista?


Di Battista cercherà di non farsi fregare da Di Maio e Spadafora che sono dei politici vecchio stile, tecnicamente perfetti, furbissimi. Probabilmente non ci riuscirà, perché è troppo egocentrico ed esibizionista per far carriera in politica. Lo vedo volteggiare a “Ballando con le stelle” in tv.


Che cos’è oggi M5s? Un fu movimento, un partito mancato, qualcosa di nuovo?


Il M5s non esiste più dalle europee del 2019, quando dimezzò i suoi voti al 17%. Alle regionali di due mesi fa è ulteriormente crollato al 7%, e al 3% in Veneto. Sopravvive solo grazie al virus, come il governo Conte. La pandemia ha mummificato entrambi, prolungandone l’agonia. Ormai è accanimento terapeutico.


Chi deciderà davvero? Di Maio? Grillo, apparentemente assente? O Conte?


Quando Grillo uscirà dalla sua depressione, vedremo cosa dirà. Ma lo capisco: vedere la sua creatura ridotta così, in mano ad arrivisti e banderuole che passano indifferentemente dalla destra di Salvini alla sinistra, è sconfortante. Lo hanno detto molti attivisti alle assemblee locali: “Rischiamo di cambiar nome in Movimento 5 Poltrone”. Ma sono stati gentili con i loro capi: non è un rischio, è una certezza.

Federico Ferraù 

Sunday, November 15, 2020

Casaleggio jr: chi di segreto ferisce, di segreto perisce

di Mauro Suttora

Huffington Post,15 novembre 2020


Davide Casaleggio attacca i vertici grillini che nascondono i voti ottenuti dai trenta oratori ammessi a parlare nei loro ‘stati generali’.

Si tratta dell’unica occasione da anni in cui i ‘registrati’ al Movimento 5 stelle hanno potuto esprimere una preferenza fra i loro capi, e le diverse tendenze che rappresentano: Di Maio, Di Battista, Taverna, Fico. Importantissima, quindi.

È naturale allora volerne conoscerne i risultati, come peraltro avviene da 2.400 anni in democrazia: dopo le elezioni i voti si contano e il risultato viene annunciato.

Ma i grillini no. Loro sono diversi. Si ritengono più democratici degli altri. Quindi hanno inventato le votazioni con risultato segreto. Unico caso al mondo, conclavi a parte.

I fautori della non trasparenza così si giustificano: questa consultazione è servita solo per decidere a chi concedere il diritto di parola, fra i mille che si sono candidati. Non ha un significato politico, non vuole creare divisioni, non deve influenzare le vere elezioni del direttivo, che si terranno dopo gli stati generali. Un po’ gli stessi motivi per cui i sondaggi vengono vietati negli ultimi 15 giorni prima delle elezioni.

Non si capisce tuttavia in che modo sapere che l’uno ha preso x voti e l’altro y pregiudicherebbe il risultato finale. Si sussurra infatti che Di Battista (il preferito di Casaleggio) abbia ricevuto molti più voti di Di Maio. Ma questo potrebbe spingere gli iscritti sia a salire sul carro del vincitore, sia al contrario a contrastarlo, mobilitando gli avversari. 

I politologi li chiamano effetti ‘bandwagon’ e ‘diga’. I democristiani hanno governato per mezzo secolo l’Italia non tanto grazie a meriti propri, quanto per la paura che incutevano gli avversari comunisti.

Ma non pretendiamo che i grillini apprezzino tali finezze metodologiche. Quel che è sicuro, è che Casaleggio junior è l’ultimo titolato a protestare contro questa censura. Perché l’ha sempre praticata.

Anche nel 2014, infatti, le primarie grilline per le elezioni europee nascosero le preferenze ottenute dai candidati. Furono rivelati solo i nomi dei vincitori, per deciderne il posto in lista. E chi protestò venne espulso.

Chi di segreto ferisce, insomma, di segreto perisce. E la società Casaleggio ha sempre gestito il M5s con metodo proprietario, sospettoso fino alla paranoia. Chi dissente è subito dissidente.

Alle primarie per il sindaco di Milano nel 2016, per esempio, fra le pochissime a essere effettuate con voto fisico e non online, i Casaleggio padre e figlio rifiutarono perfino di consegnare gli elenchi degli iscritti. Cosicché ricordo che per sapere chi aveva diritto a votare, al povero Vito Crimi (allora, diversamente da oggi, fedele ai Casaleggio e anzi loro proconsole in Lombardia) toccò installare vicino all’urna dei computer in cui i votanti dovevano digitare la propria password per dimostrare che potevano accedere al blog di Grillo.

Tuttora, incredibilmente, il principale partito di governo italiano tiene segreti gli elenchi degli aderenti perfino ai suoi eletti più importanti. Neanche a Di Maio o Taverna, quando organizzano un evento a Pomigliano o a Roma, è permesso invitare tramite mail gli iscritti locali. I loro nomi sono custoditi gelosamente da Davide Casaleggio.

Ecco la battaglia che divamperà fra i grillini nelle prossime settimane e mesi: quella per il possesso della mailing list nazionale, con 180mila registrati. Preziosissima, in un movimento organizzato esclusivamente online. Difficilmente la società Casaleggio vi rinuncerà: nel marketing questi indirizzari valgono milioni. 

Il grottesco voto segreto di oggi, quasi nordcoreano, è solo l’antipasto delle contraddizioni che lacereranno i grillini: promettevano di essere i più democratici e trasparenti, ma oggi somigliano a Scientology. 

Friday, October 02, 2020

I grillini non esistono più, al nord hanno preso il 3%

CAOS M5S/ “Grillo resta il leader, il Pd pensa a Fico, il mistero è Di Maio”

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net

2 ottobre 2020 

Movimento 5 Stelle sempre più spaccato dopo la batosta elettorale: è rivolta contro Casaleggio. A contendersi la leadership saranno Di Maio, Di Battista, Fico o Taverna

Mentre il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha incontrato a Roma Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, il Movimento 5 Stelle dopo la batosta elettorale appare sempre più disorientato e spaccato. Ne abbiamo parlato con Mauro Suttora, giornalista e scrittore, attento al fenomeno-M5s fin dalla sua nascita, che ci ha confermato come il M5s di fatto non esista più: “Alle ultime elezioni ha preso il 7% a livello nazionale, il 3% al Nord. Contando gli astenuti, significa che hanno preso l’1,5%, in pratica non esiste più, anche se resta questo cadavere ambulante che è il gruppo parlamentare, che in Parlamento vale comunque sempre il 32%”. E aggiunge: sono quattro i big che possono aspirare a prendere la leadership di quello che resta: Di Maio, Di Battista, Taverna e Fico. 

Facciamo il punto sul M5s. Il Movimento è spaccato; chi ha in mano il pallino in questo momento? Grillo? Casaleggio? Di Maio attraverso Crimi?

Grillo è sempre quello che conta di più.

In che senso?

Nessuno oserà mai mettersi contro di lui, neanche Di Battista.

In realtà Grillo sembra piuttosto fuori dalla scena politica. In che modo è la figura più importante?

Basta pensare che un anno fa ha benedetto l’alleanza con il Pd e che ha detto di andare avanti così anche l’anno prossimo quando si voterà nelle quattro più importanti città italiane, Torino, Milano, Roma e Napoli. Al massimo si possono presentare separati al primo turno e allearsi al secondo.

Casaleggio invece?

Lo vedo male. Ha sbagliato a mandare il messaggio a tutti gli iscritti, si fa per dire, sarebbe meglio dire i registrati a Rousseau. Una mail tremenda in cui accusa decine di parlamentari di non pagare i 300 euro al mese alla Casaleggio e di essere indietro con le restituzioni dello stipendio, che poi su 12mila euro netti ne versano 1.700 al mese. E anche su quello molti sono indietro. In sostanza ha contro tutti i parlamentari.

Di Maio e Crimi?

Non vanno molto d’accordo. Crimi non esiste più, è scaduto il suo tempo.

Però è sempre in tv.

Perché formalmente è ancora il capo, doveva restare fino agli Stati generali, è stato miracolato dal coronavirus.

Quindi tra i due non c’è alcun legame?

No. E poi Crimi è irrilevante. Il problema sono Di Maio, Fico, Taverna e Di Battista, i quattro big.

Che non vanno d’accordo, giusto?

Giusto, però ci sono aspetti trasversali. Di Battista è movimentista, per cui è contro l’alleanza con il Pd; anche la Taverna è movimentista amata dalla base. In teoria sarebbe contraria al Pd, però sta buona perché fedelissima di Grillo. In sostanza è alleata con i governisti di Di Maio.

Ecco, Di Maio: è solo soletto?

No, ha tutti i governisti e i parlamentari, non si sa quanti, non si sa neanche quanta base ha. Non è mai stata fatta una votazione in cui ci fosse il gradimento per Di Maio da quella volta che fu votato capo politico. E poi c’è tutta la classe intermedia che è importante.

Sarebbe?

Tutti i consiglieri e assessori comunali e regionali, che saranno almeno un migliaio. Se i parlamentari si stanno emancipando da Casaleggio, questa fascia intermedia ha protestato perché i parlamentari hanno fatto la riunione congiunta una settimana fa per prendere in mano il Movimento. Giustamente hanno imposto a Crimi di dire ai giornali che faranno una riunione anche loro. Essendo il M5s un movimento che non ha mai avuto un concetto democratico di dialogo e discussione interna, è difficile  riuscire a trovare un accordo; sono abituati da dieci anni a prendere ordini da Casaleggio padre e figlio.

Articolisti e retroscenisti scrivono di una intesa crescente tra Zingaretti e Di Maio. Ti risulta? Con quali prospettive? 

Fico, che comanda l’ala di sinistra, è felicissimo di questa intesa, il Pd lo porta in braccio per candidarlo a sindaco di Napoli.

Di Maio riprenderà il controllo politico di M5s?

Potrebbe anche darsi: in nome delle poltrone e degli stipendi. Se fossi un eletto grillino starei con lui per rimanere appiccicato allo stipendio. Ma la cosa più importante è che dopo le elezioni regionali il bluff si è svelato.

Cioè?

Non esistono più, hanno preso il 7% a livello nazionale, il 3% al Nord, contando gli astenuti hanno preso l’1,5%. In pratica non esistono più, resta questo cadavere ambulante che è il gruppo parlamentare, che vale sempre il 32% dei seggi.

Conte oggi come viene percepito dai grillini?

In privato lo insultano, lo chiamano un democristiano arrivista che non c’entra niente con il Movimento, però sono costretti a difenderlo in pubblico per difendere il governo e quindi per difendere loro stessi.

I 5 Stelle diranno sì al Mes così come hanno aperto a modifiche al reddito di cittadinanza?

Diranno di sì a tutto, già si sapeva, chiedevano solo di aspettare le regionali per non perdere altri voti.

Conte e Di Maio come possono dare rassicurazioni a Pompeo sul 5G e simpatizzare con la Cina? Come stanno le cose?

Intanto Di Maio e Conte devono aspettare chi vince in America alle presidenziali, poi troveranno un modo. Come galleggiano loro non glielo insegna nessuno, sono come la vecchia Democrazia Cristiana. Peccato che il Recovery Fund non arriverà fino a chissà quando e che nel frattempo l’economia vada a rotoli.

Paolo Vites

 

Thursday, July 02, 2020

Di Maio, il colpo di grazia alla politica estera italiana

Fiumi di propaganda a parte, il simpatico ministro ha un grande argomento dalla sua parte: non si uccide un uomo morto. La nostra politica estera già da tempo non esisteva più

Mauro Suttora

Huffington Post, 2 luglio 2020

articolo su HuffPost 

Vent’anni fa D’Alema ministro degli Esteri e i suoi accoliti furono definiti, per il loro penchant verso il business, “l’unica merchant bank al mondo che non parla inglese”. Ci risiamo. Tempi duri per gli angloglotti alla Farnesina. Dopo l’ineffabile Angelino Alfano, ministro nel governo Gentiloni (2017), ecco Giggino tanta buona volontà.

“Si è eccitato molto la prima volta che è andato a Londra come candidato premier M5S e poi a Harvard, negli Stati Uniti”, sibila un grillino che  conosce bene Luigi Di Maio, “volare in aereo lo rende euforico. Ha capito che la sua dimensione è quella. Altro che Pomigliano”.

Se l’era vista brutta nel maggio 2018, quando alla poltrona degli Esteri mirava Alessandro Di Battista. Ma allora i grillini non si erano ancora montati la testa, e Ale manco osò proporsi durante le trattative per il Governo gialloverde. 
Alla fine Mattarella impose Moavero, addirittura dalla gerla Monti. Uno agli antipodi del sovranismo grilloleghista, e infatti per Moavero fu una bella vacanza di un anno.

Prima missione di Di Maio al Governo: a Fiumicino per lo sputtanamento dell’Air Force Renzi, video in coppia con Toninelli. Due anni dopo l’aereo è sempre in quell’hangar.
Di Maio ricomincia a volare, perché vicepremier significa tutto e niente, ma di Sviluppo economico c’è bisogno ovunque. Al primo viaggio in Cina mostra orgoglioso il “bijetto di classe economica, perché noi non siamo come loro”. 
Poi chiama Xi “mister Ping”. Quello sussulta, perdona lo scugnizzo, e avanti con la via della Seta, Italia avanguardia d’Europa per la gioia degli Usa. 
Con Di Battista va a Parigi a solidarizzare con i gilet gialli, per la gioia di Macron. Poi è l’unico politico in Europa a non riconoscere presidente il capo dissidente venezuelano Guaidò.

Dieci mesi fa arriva il ribaltone, per Di Maio salta la poltrona di vicepremier visto il crollo alle Europee. La consolazione di lusso è la Farnesina. Ci sta pure lo scuorno per Di Battista. Le feluche ingoiano, dopo la Mogherini sono avvezzi a tutto.

Il debutto è all’annuale Assemblea generale Onu a New York. Di Maio ha un ritmo di lavoro teutonico, ogni giorno incontra omologhi e il suo staff, sapientemente guidato all’ambasciatore Sequi, sforna una valanga di comunicati. Quello più frequente, sempre uguale da dieci mesi, è sulla Libia. Dice così: “Il ministro Di Maio esprime la volontà di rafforzare il lavoro per fermare gli scontri e rilanciare il processo politico, allentare le tensioni e raggiungere un cessate il fuoco duraturo, nel pieno rispetto dell’embargo Onu e con l’identificazione di garanzie economiche e di sicurezza idonee a ricostruire la fiducia tra le parti libiche”.

Lo ripete a tutti, da dieci mesi. Nel frattempo c’è stata una guerra, l’Eni ha bloccato pompaggio ed export di petrolio, il generale Haftar è avanzato e si è ritirato che neanche Rommel, mercenari russi combattono militanti Isis, la Turchia si è ripresa la Libia cent’anni dopo averla persa con l’Italia e ci sta cacciando dai pozzi petroliferi del Mediterraneo.

Gli attivisti 5 stelle sono fermi alle invettive contro la Francia, che invece la guerra la sta perdendo assieme alla sua Total, e Di Maio è prigioniero dei loro luoghi comuni.
Secondo fallimento: Giulio Regeni. Salto triplo per il povero Giggino, massacrato sui social grillini per avere pure venduto due fregate all’Egitto che ci prende in giro. “La decisione politica non c’è ancora”, balbetta. Lo sa che l’accordo con Al Sisi prevede anche 24 aerei Eurofighter?

A febbraio è andato a Ciampino ad accogliere gli italiani rimpatriati da Wuhan. “Siamo i migliori al mondo contro il virus”, si è vantato come sempre. Dopo pochi giorni è scoppiata l’epidemia pure in Italia.
Due mesi dopo è tornato a Ciampino per accogliere Silvia Romano, la ragazza liberata dai terroristi islamici. Speravano di convincerla durante il volo a levarsi il chador. La sventurata ha tenuto duro. Risultato: 100mila voti in più per la Lega. Non è che Di Maio è anche un po’ sfortunato?
  
Prima del lockdown è tornato in Cina. Questa volta ha regalato a Xi Jinping una maglietta azzurra della nazionale. Poi i rapporti si sono un po’ guastati perché l’Italia ha chiuso i voli causa virus. Sono tornati buoni quando Di Maio ha fatto la claque alle mascherine inviate dai gerarchi cinesi. E adesso, figurarsi se emetterà uno dei suoi innumerevoli post per criticare la repressione a Hong Kong.

Appena finito il picco della pandemia ha ripreso a volare. Prima ha preteso “rispetto” dagli Stati riluttanti a riaprirci le frontiere. Come comprensibilmente ha fatto la Grecia, 190 morti contro i nostri 34mila, posponendo il via libera al 1 luglio almeno per i lombardi. Di Maio è piombato ad Atene il 9 giugno e ha emesso il solito comunicato di vittoria: “Ho ottenuto l’apertura il 1 luglio”.

Fiumi di propaganda a parte, il simpatico Di Maio ha un grande argomento dalla sua parte: non si uccide un uomo morto. Lui sta solo dando il colpo di grazia a una politica estera italiana che già da tempo non esisteva più.

Quanto all’antropologia, aveva già previsto tutto in un carme del 2013 la poetessa Paola Taverna, oggi vicepresidente del Senato,che ben conosce i suoi polli grillini:

“Che meraviglia sei diventato senatore (ministro)
E mo’ te senti er più gran signore
Lasci interviste e fai er politico sapiente
Pe me e pe’ troppi ancora sei poco più de gnente
Te guardo incredula seduto proprio accanto
E penso che non sai qual gran rimpianto
De quelli che vicino me stavano ai banchetti
E senza dubbio alcuno capivano i concetti
Proponi accordi strani e vedi prospettive
Mentre io guardo ste merde e genero invettive
So io quella sbagliata che ha perso er movimento?
O te come bandiera ora giri insieme al vento
E invece de grida’ ‘Annate tutti a casa’
Te inventi le cazzate, ma questa è n’antra cosa”.
Mauro Suttora

Monday, June 15, 2020

Il M5S faccia come la Dc con le sue correnti

PARLA SUTTORA, CHE SUL PARTITO DI CONTE DICE...

di Francesco De Palo

Formiche.net

15 giugno 2020

intervista sul sito
 
“Le correnti, pur detestate per ipocrisia, ci sono sempre state tra i grillini. Se hanno convissuto nella Dc Scalfaro e Moro, potranno farlo anche Fico e Di Battista” Il partito di Conte? "Pesca più nel Pd che nel M5s".
 Lo dice a Formiche.net il giornalista e saggista Mauro Suttora, profondo conoscitore del mondo grillino, che segue dai suoi inizi, il quale analizza il trend del movimento su cui si sta innescando un dibattito relativo a venti di scissione e equilibri futuri (oltre che presenti).

Uno, due, o niente? Il M5S si scinde, resta così e scompare oppure raddoppia con nuovo scheletro?
"Se sono stupidi si scindono. Se sono intelligenti rimangono assieme. Se sono molto intelligenti riescono a tenere dalla propria parte anche Giuseppe Conte. Ma comunque non credo al sondaggio pubblicato ieri dal Corriere, secondo cui il M5S con il premier avrebbe il 24% dei consensi, e separato solo il 12%. Anche l’ipotesi che i grillini assieme a Conte andrebbero al 30%, che il Corriere ha fatto circolare con i numeri di Pagnoncelli, mi sembra azzardata".

Tra i grillini le correnti, fino a ieri detestate dal popolo dei Vaffa, saranno risolutive, in un senso o nell’altro?
"Le correnti ci sono sin dal primo Vaffa Day del 2007, quando le liste si chiamavano “Amici di Grillo”. Tutto il resto è solo ipocrisia. Ricordo che anche solo per scegliere la prima candidata sindaca a Roma nel 2008 ci fu una contrapposizione tra due fazioni, e Roberta Lombardi perse per soli tre voti con 60 votanti in tutto, mentre la vincente poi ha lasciato il movimento. Le correnti sono sempre esistite anche se sottotraccia, pur in presenza di una certa ipocrisia da parte di Casaleggio che non le voleva, ma il dato è l’oggi. Se saranno scaltri come lo fu la Dc, allora le useranno: se per 40 anni sono riusciti a stare assieme Oscar Scalfaro e Aldo Moro, non vedo perché non potrebbero farlo ora Fico, Taverna e Di Battista".

Di Battista ha detto: “Ieri ho parlato di congresso e delle mie idee e Beppe Grillo mi ha mandato a quel paese. Io ho delle idee e, se non siamo d’accordo, francamente, amen”. La frattura sui temi dirimenti come il Mes, il caso Regeni, l’Ue c’è già stata in fondo?

"I Cinque Stelle non hanno ideologia e si vantano di non averla, quindi sono riempibili da parte di qualsiasi valore e parola d’ordine. Ora l’unico obiettivo è restare aggrappati all’attuale legislatura, perché in caso di voto verrebbero dimezzati. Per cui si muovono in modo opportunistico, il potere per il potere. In questa situazione paradossalmente proprio Di Battista è il più grillista dei grillini, forse più dello stesso Grillo, il quale che non ha più la coerenza degli inizi. Il comico, molto spregiudicatamente, ha compreso che o il M5S resta al traino del Pd, oppure si va ad un nuovo governo e al voto. Mi ha molto stupito la durezza con cui Grillo ha attaccato Di Battista".

Cosa significa? Si sono rotti rapporti umani, oltre che progetti politici?
"Penso che abbia stupito tutti, anche molti grillini. Dimostra che Grillo fa il comico e non è capace di fare politica, perché spingere Di Battista verso Paragone e il sovranismo è sbagliato: costa loro tra il 5 e il 10% di voti".

Il matrimonio del M5S col Pd che frutti ha portato?
"Per il Pd è stato un disastro, lo dimostrano i numeri di Pagnoncelli secondo cui una eventuale Lista Conte pescherebbe proprio tra i dem e non solo tra i grillini. Il Pd scenderebbe al 16, addirittura sotto FdI. E comunque rimarrebbe a non più del 20-22% anche senza la lista del Premier. Conte va a succhiare proprio nel Pd: ecco il grande miracolo di Bettini e Zingaretti".

La postura in politica estera non è un elemento secondario. La scelta alla Farnesina l’ha stupita?
"Non c’è guida su dossier strategici come caso Regeni, energia, geopolitica. Se penso ai predecessori dell'attuale ministro come Enzo Moavero Milanesi o Paolo Gentiloni, qualcosa fu fatto rispetto all’oggi. Di Maio alla Farnesina è folklore puro. Per nostra fortuna sono aperti altri canali, penso al commissario Ue Gentiloni o al presidente del Parlamento Sassoli.

Come giudica la scelta, temporale e di merito, degli Stati Generali a Villa Pamphilj?
"Riprendo le sagge parole del Capo dello Stato, che ha detto di aspettare i fatti. In sostanza una stroncatura netta. Siamo diventati il paese dei festival: quindi comprendo il rifiuto delle opposizioni su questo tema. Mi pare che Antonio Polito sul Corriere della Sera abbia detto tutto: scivoliamo in eventi pittoreschi".

Friday, June 12, 2020

Conte cade al massimo a settembre

SCENARIO/ Ecco perché a Mattarella conviene una crisi non più tardi a settembre

intervista a Mauro Suttora

Il Sussidiario, 10 giugno 2020

Il piano Colao è fatto solo di buoni propositi. Conte? Se gli va bene resta in sella fino alle regionali di settembre. Anche a Pd e M5s fa comodo che cada

Il piano Colao per la rinascita dell’Italia rischia di oscurare gli Stati generali dell’economia su cui Conte intende investire con forza per rafforzare la propria figura e il proprio peso politico, anche in chiave elettorale. Il tempismo e il clamore con cui i 100 e passa punti messi nero su bianco dalla task force guidata da Colao sono stati rilanciati dai media italiani hanno fatto sorgere il sospetto che l’ex amministratore delegato di Vodafone – scelto, voluto e “imposto” da Mattarella nel pieno dell’emergenza coronavirus – potrebbe essere il candidato a sostituire l’attuale premier a palazzo Chigi.

“No, non penso – risponde il giornalista Mauro Suttora –, al massimo potrebbe fare il ministro, non credo che possa ambire a fare il presidente del Consiglio”. 
Più che da Colao, secondo Suttora, Conte deve guardarsi da Pd e M5s. E soprattutto deve guardare con preoccupazione a settembre, quando la bomba sociale potrebbe lasciare il paese nel vortice delle proteste e con le casse vuote: “Se gli va bene, Conte sopravviverà fino al 20 settembre, quando si voterà per le Regionali e il M5s affonderà ancora di più, mentre il Pd non riuscirà ad andare oltre il 20%”.

Partiamo dai contenuti della bozza Colao: è la vera road map per uscire dall’emergenza?
No, sono tanti buoni propositi, molto pragmatici, tipici di un manager di una multinazionale privata. Non hanno però nulla a che vedere con le dinamiche della politica. Inutile illudersi che i bocconiani, ottime persone, possano fare politica: abbiamo già avuto il disastro Monti. Vedo che sono 102 punti e che lo stesso Colao si è detto contento se ne dovessero accogliere 40. Già questa frase dimostra che non conosce la politica italiana. Secondo me, al massimo ne verranno realizzati quattro o cinque.

Il piano di Colao rende inutili o condiziona pesantemente gli Stati generali dell’economia?
Mi sembra inconcepibile che si possa organizzare in pochi giorni un appuntamento con cui si vuole addirittura ridisegnare il futuro o “trovare un nuovo modello di sviluppo” come ha scritto Veltroni sul Corriere della Sera. Siamo ai proclami ridondanti: si ciancia di nuovo modello di sviluppo, un tema che ricorre dalla crisi del Kippur del 1973, 47 anni fa. Già allora si parlava di nuovo modello di sviluppo e di stop al petrolio.

Ma poi, servono davvero gli Stati generali? Non è già abbastanza chiaro che cosa serve al paese?
Ma certo. È una barzelletta, che oltretutto sta mettendo nei guai Conte, perché giustamente il Pd si è risentito, visto che il premier ha fatto tutto da solo, a loro insaputa. E poi alla fine, che cosa sono gli Stati generali dell’economia: un convegno? Una passerella? Per preparare una cosa seria ci vogliono settimane.

Intanto Conte si ritrova in mano questo piano di Colao, che tra l’altro è frutto dello stesso metodo: ascolto e confronto con i soggetti economici. Sarà costretto a usarlo?
Lo agiterà come propaganda, ma finché non lo declinerà in leggi, e poi in decreti di attuazione – come si è già visto con i suoi precedenti decreti o Dpcm – campa cavallo. Se gli va bene, gli potrà servire per scavallare l’estate ancora in sella.

Se Conte dovesse farlo proprio e adottarlo come programma di governo, assumendosene la responsabilità politica, potrebbe tornargli utile ai suoi fini elettorali – i sondaggi lo accreditano di un elevato gradimento personale e di un 14% di consensi come capo di un eventuale partito – o rischia, una volta che si dovesse tornare alle urne, di fare la stessa fine di Monti?
Il 14% se gli va bene, ma penso che non supererebbe il 10%. Comunque una sua lista sarebbe doppiamente utile: in primo luogo, per arginare il disastro dei Cinquestelle, coagulando attorno a sé i grillini moderati, mentre gli altri andranno con i più movimentisti capeggiati da Di Battista. In secondo luogo, sarà un satellite del Pd e servirà come gamba per un ulteriore governo a guida dem.

Colao può aspirare a essere il successore di Conte proprio perché è l’unico che ha un piano disponibile, visto che il governo non ne ha uno, e quindi potrà tornare utile quando l’emergenza sanitaria sarà finita e ci sarà da affrontare solo e soprattutto l’emergenza economica?
No, penso che al massimo potrà aspirare a fare il ministro; il premier no, assolutamente.

Anche se Colao è stato chiamato nel pieno dell’emergenza da Mattarella? Anzi, c’è chi dice che il suo piano sia uscito sui media con questo timing e con questo clamore proprio come mossa di Mattarella contro Conte. Che ne pensa?
Leggo tutto e il contrario di tutto e non ho fonti dirette superiori a quelle dei retroscenisti.

Il Pd ha criticato Conte per gli Stati generali dell’economia, ma è vero che in questi tre mesi non ha saputo partorire un’idea di rilancio del paese. Anche il Pd sta deludendo Mattarella?
Dal punto di vista programmatico il Pd è nullo. E il M5s pure. Finora c’è stato da rattoppare una situazione che scoppierà a settembre, quando letteralmente non ci saranno più soldi per pagare gli stipendi degli statali e le pensioni.

Ma questo governo, caratterizzato finora da incertezze e tentennamenti, riuscirà a reggere un autunno caldo? Ha ancora lunga vita la maggioranza giallo-rossa?
Se gli va bene, Conte sopravviverà fino al 20 settembre, quando si voterà per le Regionali, il M5s affonderà ancora di più e il Pd non riuscirà ad andare oltre il 20%. A Zingaretti non è riuscita la stessa operazione condotta da Salvini: dissanguare i Cinquestelle. Salvini li ha dimezzati e Zingaretti sperava di indebolirli ancora di più, ma non è andata così: il M5s continua a galleggiare sul 15-16%.

E in questo avvicinarsi al redde rationem di settembre Renzi come si muoverà?
In maniera inversamente proporzionale ai sondaggi: più Italia Viva ha percentuali basse, più Renzi si dà da fare per cercare spazio e visibilità; se la dote dei consensi accreditati sarà più congrua, non avrà bisogno di agitarsi così tanto. Se fosse già accreditato anche solo del 10%, il governo Conte non ci sarebbe più.

Conte è sempre più debole e isolato, ma ha dichiarato di sentirsi sicuro che non cadrà. Non deve temere nessuno sgambetto?
Un politico che dice “non cadrò” è già un fantasma che cammina. Anche perché immagino che il Pd abbia accettato di tenerlo come premier lo scorso agosto dopo il ribaltone con l’implicito intendimento che sarebbe durato al massimo un anno. E che Conte cada fa comodo anche a Di Maio, che potrebbe diventare il vice di un premier targato Pd.

Pd e M5s stanno già lavorando al dopo Conte?
Certamente. Ma sono tutti giochi che non hanno contatto con la realtà.

Perché?
La realtà è quella di un paese che non produce, non guadagna e quindi non potrà pagare le tasse. Una delle grandi pensate di Colao è quella di spostare le scadenze fiscali da giugno a settembre. E poi a settembre?

Giusto. A settembre che succederà?
Penso che convenga anche a Mattarella una crisi di governo a settembre, prima che cominci la discussione sulla nuova Legge di bilancio. Meglio che a novembre. E prevedo che più che un autunno caldo sarà un autunno vuoto, nel senso che le casse dello Stato saranno vuote.

Ma non arriveranno i soldi del Mes e del Recovery Fund?
Arriveranno quelli del Mes, mentre non è detto che arrivi, soprattutto nei tempi necessari, il sostegno del Recovery Fund.

Se arriverà il Mes, su cui Conte e il M5s hanno più volte ribadito di essere fortemente contrari, potrebbe saltare la maggioranza giallo-rossa, visto che invece Pd e Italia Viva sono favorevoli?
No. I grillini hanno digerito perfino la Tav, e anche questa è solo una commedia. Il più lucido tra i grillini è proprio Grillo, che continua a invitare Di Maio e i suoi a stare attaccati come cozze al Pd, perché alle prossime elezioni il M5s rischia di dividersi o di sparire.

E in questo scenario che cosa farà il centrodestra, che appare meno coeso di qualche settimana fa?
Sono condannati a stare insieme, hanno il vento in poppa. E poi Salvini, Meloni e Berlusconi sono abbastanza intelligenti per non sciupare un’occasione storica come questa.
Marco Biscella 

Saturday, February 08, 2020

Grillini appiccicati alle poltrone


Regionali al centrodestra e governo Franceschini

8 febbraio 2020

intervista a Mauro Suttora

Il governo resta dov’è, almeno fino alle regionali. E se nelle urne qualcosa dovesse cambiare, il futuro si chiamerebbe Dario Franceschini, “capo delegazione” Pd al governo, in realtà un perfetto Dc, proprio come Conte, dice al Sussidiario il giornalista Mauro Suttora. 
Per M5s, che resisterà fino a che ci saranno eletti e portaborse, si prefigura un duumvirato Di Maio-Taverna. Solo un 6 a 0 alle regionali potrebbe cambiare davvero la partita; in quel caso, anche Mattarella dovrebbe rassegnarsi a sciogliere le Camere.

Dopo Salvini, è toccato alla Meloni andare negli States in cerca di sostegno politico. Le sorti del centrodestra dipendono da una nuova vittoria di Trump?

No, Trump non c’entra nulla. Dipendono purtroppo da Di Maio e Taverna: se i 5 Stelle si spappolano e il governo cade, potrebbe toccare al centrodestra. Ma poi, chi ha detto che si vota?

A fugare ogni dubbio ci ha pensato Repubblica. “Avviso del Quirinale: non ci sono altre maggioranze nella legislatura”.

Il centrosinistra sa di dover tenere in piedi questa maggioranza a qualsiasi costo. Anche Renzi e i 5 Stelle lo sanno. Certo, se alle regionali di maggio e giugno ci fosse una disfatta totale sia di M5s che del Pd, è evidente che l’attuale assetto non terrebbe più.

E se si ripete su scala maggiore il risultato dell’Emilia-Romagna?

Se il Pd tiene, attestandosi al 20%, e M5s crolla dal 32 al 3%, con il centrodestra che perde di misura, a quel punto Conte cade e nasce il governo Franceschini.

Come si mettono le cose in casa 5 Stelle?

Secondo me M5s continuerà ad avere se va bene il 15% nazionale, una media tra il 5% al Nord e al massimo il 20% al Sud. Ma c’è un fatto nuovo, passato quasi del tutto inosservato.

Non il fantasma di una scissione, non il 6% di cui sarebbe accreditato un partito di Paragone e Di Battista?

No. Domenica scorsa all’Hotel Ramada di Napoli si è avuto un colpo di scena, perché la base vera di M5s è stata interpellata per la prima volta. C’erano 400 attivisti e il 90 per cento di loro hanno detto no a un’alleanza con il Pd alle prossime regionali in Campania. Un’assemblea vera, fisica, per nulla virtuale, fatta di persone che prendono lo stipendio grazie ai posti ottenuti da M5s in Comuni, Regioni, Camera e Senato. Senza Rousseau la differenza c’è e si sente.

Dunque si va verso uno scontro aperto tra base e governativi filo-Pd?

Sì, ma in realtà sono tutti governativi, perché sanno che questo governo è la loro ultima occasione per avere uno stipendio. I duecento deputati e i cento senatori hanno tutti uno o due portaborse, è un grande gruppo di pressione che lotta per la propria sopravvivenza. Se arriva Di Battista a dire “Venite con me all’opposizione”, lo spernacchiano come hanno fatto con Grillo a Napoli la settimana scorsa.

Pronti a mandar giù di tutto?

Sì. Accetteranno qualsiasi cosa pur di continuare la legislatura e rimanere al governo. Anche un governo Franceschini a guida Pd, dopo la prevedibile batosta alle prossime regionali.

E accetterebbero di fare i comprimari?

Ciò che possono fare al massimo è indorare la pillola. Questo non esclude che ci saranno regolamenti di conti interni.

Chi vedremo in lizza per la leadership?

L’alternativa sarà tra Di Maio e Taverna. Tutti e due sono furbi e sanno bene che non possono governare il partito contro l’altra parte. Probabilmente faranno un duumvirato.

Renzi, Bonafede, Zingaretti, Conte: chi vince la partita sulla prescrizione?

Quelli che stanno zitti: i veri democristiani come Franceschini. Renzi fa rumore, ma finché i sondaggi lo inchiodano a percentuali irrisorie non può rischiare di andare alle urne perché verrebbe spazzato via. Lo stesso vale per Di Maio e Conte.

Uno dei maggiori pericoli per ciò che resta di M5s non viene proprio da Conte e dal suo progetto di fare un partito di sinistra-centro?

Conte non prenderebbe un voto né dagli attivisti né dagli elettori grillini. Se si presenta da solo fa la fine di Renzi.

Il governo è paralizzato su tutti i dossier, in più sul 5G ha stretto un patto con la Cina che non piace agli Usa. Come può essere ancora in piedi?

Conte è come Franceschini, è un democristiano di quattro cotte, un affabulatore bravissimo a barcamenarsi. Però sul 5G l’Italia deve assolutamente chinare la testa e lo farà. È anche vero che la Cina è in difficoltà e se non riesce rapidamente a trovare una cura per il coronavirus, si aprono scenari da colpo di Stato. A quel punto Huawei e la Via della Seta diventerebbero l’ultimo dei problemi.

Intanto, ammesso che le regionali possano cambiare il quadro politico, nei palazzi ci si attrezza in vista del 2022.
Come andrà a finire?

Non possiamo saperlo. Vista la rapidità con cui cambia oggi la politica, quei calcoli hanno la stessa affidabilità delle previsioni del tempo. Se Liguria e Veneto restano al centrodestra, tutto si gioca sulle restanti 4 Regioni: Marche, Toscana, Puglia e Campania.

E davanti a un 6-0?

Anche Mattarella dovrebbe sciogliere le Camere. La soluzione intermedia, più probabile, è quella del cambio di premier: Franceschini al posto di Conte con un governo più spostato sul Pd e sostenuto dalla stessa maggioranza di adesso.

Federico Ferraù

Tuesday, November 26, 2019

Prodi al Colle grazie a Grillo, Pd e Cina?

Dietro i vaffa di Grillo c’è una strategia: rinsaldare l’alleanza col Pd per mandare Prodi al Colle. E nel frattempo regalare l’Italia alla Cina con la regia del “Professore”

intervista al Sussidiario

Mauro Suttora

26 novembre 2019

Dietro i vaffa di Grillo c’è una strategia? Sembrerebbe di sì. L’Elevato vuole rinsaldare l’alleanza col Pd, renderla organica, perfino con un nuovo contratto di governo. Un accordo che andrebbe ben oltre le regionali in Emilia e Calabria di gennaio per avere come orizzonte l’elezione del successore di Mattarella.

Non solo. "Guardano al “Quirinale 2022” anche le ormai numerose scelte filo-cinesi dei 5 Stelle. Quasi ogni mossa dei pentastellati “sembra tutelare gli interessi della Cina in Italia”, dice al Sussidiario il giornalista Mauro Suttora, già collaboratore di Newsweek e New York Observer, oggi di Libero. Ma “se il Pd perde in Emilia-Romagna, il governo cade”, dunque niente è già scritto.

Grillo ora vuole un 'contratto' col Pd per non sparire, o perché crede realmente in un progetto comune?
Ha capito che tenere in piedi questo governo e rimandare le elezioni è l’unico modo per non ridurre i 5 Stelle ai minimi termini.

Eppure ha rilanciato l’alleanza con il Pd.
Sono i giochetti della politica. I grillini devono far vedere che sono sempre in tensione permanente con il Pd, perché se appaiono remissivi perdono ancora più voti.

L’accordo M5s-Pd su Emilia-Romagna e Calabria è cosa fattibile?
Sì, perché in Calabria il Pd non ha niente da perdere nel sostenere M5s.

Il voto su Rousseau che ha sconfessato Di Maio è stato un incidente?
A mio modo di vedere, sì. Hanno indetto il voto pensando di legittimare una decisione già presa, quella di non presentarsi alle regionali, come chiedeva Di Maio. Gli attivisti hanno decretato l’opposto.

Qual è stato l’errore di Casaleggio e Di Maio?
Hanno sottovalutato il fatto che in M5s sono rimasti solo quelli che non vedono l’ora di agguantare uno stipendio. E così tra gli attivisti prevale la volontà di presentarsi, anche sapendo di arrivare molto lontani dalle percentuali di un anno fa.

Rousseau non è trasparente, è la piattaforma di una società privata.
Il sospetto c’è, ma questa volta credo che il voto sia stato onesto. Tuttavia questo non basta a fare di M5s un partito normale, perché non si è mai visto che un capo politico rimanga al suo posto dopo aver perduto la metà dei voti. Di Maio se ne sarebbe già dovuto andare dopo le europee.

E invece è rimasto, con la benedizione di Grillo e di Casaleggio.
La cosa più grave è la cena di Grillo con l’ambasciatore cinese e la sua successiva permanenza in ambasciata per due ore e mezza senza che se ne sappia nulla. Pensiamo a cosa sarebbe successo se Salvini si fosse intrattenuto a cena con l’ambasciatore russo a Roma.

Mettiamo insieme il ruolo di M5s nella firma del memorandum con la Cina, la presenza di Di Maio a Shangai per il Ciie e la sua assenza al G20 dei ministri degli Esteri in Giappone, il silenzio su Hong Kong: i 5 Stelle sono stupidi o furbi?
Anche Macron fa gli affari con la Cina, ma da posizioni di forza e tutelando i suoi interessi. I Cinquestelle in effetti sembrano fare l’opposto: tutelano gli interessi strategici della Cina in Italia.

Qualcuno vede in tutto questo un disegno prodiano.
Prodi è da tempo in rapporti con la Cina e potrebbe essere un buon candidato al Colle di M5s e Pd. Si tratta però di un disegno che ha bisogno di due anni per realizzarsi e due anni in politica sono un’era geologica. Intanto, vediamo che cosa succede il 26 gennaio in Emilia.

Un pronostico?
Se il Pd perde, il governo cade. A maggior ragione se dovesse perdere con anche il supporto di M5s: sarebbe una bocciatura dell’intera coalizione di governo.

Di Maio dice: se ci presentiamo portiamo via voti alla Lega.
M5s al Nord è ormai sotto il 10 per cento; un accordo di desistenza aiuterebbe il Pd, ma senza accordo M5s può togliere al pd Bonaccini quei 4 punti che potrebbero essere decisivi in una sfida combattuta sul filo di lana.

Le sardine sono più grilline o più piddine?
Sono sceme. E in questo superano anche i grillini, che almeno nel 2008 raccoglievano le firme per tre referendum sull’editoria. Quando ho letto il manifesto “Benvenuti in mare aperto” mi è sembrato una via di mezzo tra i pensieri new age di Coelho e i propositi degli alcolisti anonimi. Nondimeno lo scopo è chiaro: andare contro Salvini.

Saturday, November 09, 2019

Di Maio solo, grillini spaccati. Il governo cade sull'Ilva?

Luigi Di Maio si trova contro molti suoi parlamentari. Intanto nei sondaggi, in vista del voto in Emilia-Romagna, il M5s precipita sotto il 10%. E andrà in minoranza sull’Ilva 

intervista a Mauro Suttora

il sussidiario

9 novembre 2019

Sono, letteralmente, volate le seggiole, mentre era in corso la riunione dei parlamentari grillini sull'Ilva. Seggiole, racconta Mauro Suttora, giornalista e profondo conoscitore del Movimento 5 Stelle, lanciate da un furibondo e allo stesso tempo disperato Luigi Di Maio mentre incontrava i rappresentanti pugliesi dei suoi parlamentari, schierati per il no all’accordo con Mittal e contro il ripristino dello scudo penale. 

Su Repubblica, poi, si è letto di un Di Maio, quasi prostrato fisicamente, che si scusava con il premier Conte, al quale confessava di non essere più in grado di controllare i suoi senatori e di non poter assicurare i loro voti. 

Se a questo scenario si aggiunge una perdita di consensi generale, soprattutto però in Emilia-Romagna – prossimo appuntamento elettorale, dove i pentastellati rischiano di non riuscire ad arrivare neanche alla doppia cifra -, il quadro che si presenta assomiglia molto alla fine dell’esperienza di un movimento che voleva cambiare l’Italia: “Il sostegno del M5s è ormai aleatorio, è probabile che si andrà al voto dopo l’approvazione della legge di bilancio, mandando a casa questo governo dopo il 31 dicembre”.

Che cosa sta succedendo nel Movimento 5 Stelle?

Succede, e non era mai successo prima, che Di Maio ha perso le staffe con i suoi parlamentari pugliesi. Lo si è sentito urlare che lui aveva dato tutto per il Movimento e gridare che venissero loro al suo posto. Poi se n’è andato sbattendo la porta e a quel punto è volata anche una seggiola.

Una brutta scena. Di Maio è ormai sotto assedio?

È una situazione devastante. I sondaggi sull’Emilia-Romagna danno M5s al 7%. Erano già crollati dal 27% delle politiche 2018 al 13% delle europee 2019. Sono tornati al livello delle scorse regionali, solo che lì erano in ascesa e quel 13% fu un trionfo. Ora i sondaggi li danno sotto al 10%, il che significa la fine. Pare che per evitare la figuraccia non presenteranno il simbolo, ma una lista civica.

Quindi l’Emilia-Romagna potrebbe essere la Caporetto dei 5 Stelle, e anche del governo?

I sondaggi non sono così negativi per il Pd, però non sembra che possa farcela a superare il centrodestra, che si presenterà unito. Paradossalmente il Pd potrebbe crescere, ma si trova degli alleati che non contano nulla (Leu, +Europa, verdi). L’unico che potrebbe servirgli, anche con un 7%, è il M5s.

Quello che sta succedendo è tutta colpa di Di Maio?

È colpa di tutti. La realtà è che sono incompatibili due atteggiamenti molto diversi: o fai il rivoluzionario, che vuole per esempio chiudere l’Ilva, o fai il riformista, che concede lo scudo penale a Mittal. È evidente che Mittal ha preso la palla al balzo quando ha tolto lo scudo penale.

Che cosa succederà se Di Maio abbandona? Grillo e Casaleggio hanno già in mente qualcuno? Massimo Bugani per esempio.

Al momento non si fanno nomi. E Bugani non ha le capacità.

Ma è membro del Cda della Casaleggio Associati ed è anche bolognese…

Non importa. Si può dire quello che si vuole su Di Maio, ma è uno che ha capacità dialettica, è un prodigio del presenzialismo.

Ci sono altri nomi che si possono fare?

Di Battista se ne è andato in Iran, perché lui il Pd proprio non lo digerisce. Alcuni dissidenti pensavano a Morra come l’unico in grado di coagularli, ma il problema è che i dissidenti 5 Stelle non sono mai riusciti a trovarsi d’accordo su una persona, hanno sempre finito per litigare tra loro.

Fico?

Fico ha già vinto, ha ottenuto quel che voleva: l’alleanza con il Pd.

È stato reso pubblico un documento in 10 punti, un decalogo elaborato dal deputato 5 Stelle Giorgio Trizzino, che chiede “una distinzione netta del ruolo di capo politico da quello di responsabilità in incarichi di governo”. Che ne pensa?

Ottima proposta: non si capisce come faccia Di Maio a fare tre lavori assieme. È ministro degli Esteri, ma anche capo delegazione grillino al governo, e capo traballante del suo partito. Deve andare in Cina, poi affrontare tutte le problematiche di governo confrontandosi col Pd, e infine occuparsi anche della guerra interna al M5s. Non so come possa reggere.

Secondo lei, questo decalogo verrà preso sul serio?

Potrebbe essere una soluzione a lungo termine, ma chi ci crede che adesso Di Maio abbandoni il ruolo di capo politico dei grillini? Siamo nelle stesse condizioni di quella che era una volta la Dc o il Pd oggi, dove il segretario politico conta addirittura più del presidente del Consiglio, seppure siano entrambi dello stesso partito.

Casaleggio quanto è preoccupato di tutto questo caos?

Sta cercando di rimettere insieme i cocci, e presto arriverà a Roma anche Grillo. Tutti gli altri partiti vogliono ripristinare lo scudo penale sull'ulva, tanto che potrebbe realizzarsi una situazione paradossale in Parlamento, con Lega e centrodestra che votano insieme al Pd mettendo i grillini in minoranza.

A quel punto? Il governo avrà ancora la forza per stare in piedi?

Il governo è esaurito, potrebbe rimanere in carica solo fino al 31 dicembre per approvare la legge di bilancio. Poi, tutti a casa.
Paolo Vites

Saturday, October 05, 2019

intervista di Mauro Suttora sul M5s

CAOS M5S
“Ogni espulsione sono 50mila euro l’anno in meno per il partito di Casaleggio”

Intervista a Mauro Suttora

5 ottobre 2019

Il Sussidiario.net

È il decimo anniversario della nascita di M5s, che oggi appare lacerato da dissidi interni. Del primo movimento non è rimasto più nulla
Dieci anni fa, il 4 ottobre 2009, nasceva ufficialmente il Movimento 5 Stelle, dopo i “meet up” lanciati da Beppe Grillo nel 2005 e il “V-Day del 2007. 
In dieci anni passano dall’irrisorio 1,7% alle elezioni siciliane e dal 2,4% di quelle romane del 2008, quando ancora erano liste civiche denominate “Amici di Beppe Grillo”, al boom del 2013, quando con oltre il 25% il M5s diventa il primo partito della Camera. E poi l’ingresso al governo con il 32% del voto nel 2018. 

Cosa resta di quel movimento antagonista, contro tutto e tutti?
Secondo Paolo Becchi, filosofo del diritto, primo ideologo del movimento, “a dieci anni di distanza il M5s è diventato un partito come gli altri, disposto ad allearsi con il partito della casta per salvare la poltrona”. 

Non solo: nel movimento tira aria di scissione da tempo. Proprio in questo decennale alcuni cosiddetti “scettici” hanno dato vita alla “Carta di Firenze” in cui si fanno richieste precise: attribuzione della piena proprietà della piattaforma Rousseau, oggi della famiglia Casaleggio, al Movimento, e un’assemblea nazionale per una riforma dello statuto con il superamento della figura del capo politico. 

Secondo Mauro Suttora, anche lui partecipante ai primi meet up e poi diventato criticissimo del Movimento, giornalista e scrittore, “si tratta di richieste legittime di regole che ogni associazione di adulti ha al proprio interno, ma essendo il Movimento una setta, subisce il dominio del figlio del padrone dopo che il padrone è morto, e quelle richieste non si potranno mai realizzare”.

Chi sono gli autori della Carta di Firenze? È da tempo che si respira aria di malcontento all’interno di M5s.
"È facile ipotizzare che siano coloro che hanno già fatto dichiarazioni pubbliche di critica come la Lombardi, la Ruocco, la Lezzi, forse anche Toninelli. Gli ex ministri trovano il coraggio di parlare solo dopo aver perso il posto".

Che ripercussioni ci potranno essere?
"Se il movimento non fosse la setta che è, ci sarebbe una maggioranza assoluta che chiederebbe cose minime come in ogni associazione di persone adulte, e che non dovrebbe subire il comando del figlio del padrone dopo che il padrone è morto. Nonostante tanti discorsi contro la meritocrazia e i familismi, il M5s è un partito-proprietà privata, proprio come quello di Berlusconi che loro tanto hanno criticato. Anzi, peggio: Berlusconi non ha imposto il figlio alla leadership di Forza Italia".

Paolo Becchi, ex ideologo del Movimento, dice che il Movimento non è più quello di dieci anni fa. È così?
"Certo, ma è da tempo che è diventato così. Negli altri partiti, anche nella Lega, esistono statuti precisi. La stessa Giorgia Meloni, leader carismatica di Fratelli d’Italia, rispetta uno statuto dove non è indicata come socio fondatore e inamovibile. Il problema non sono gli organi politici del M5s comunque inesistenti, ma il fatto che il partito vero è la piattaforma Rousseau che è di proprietà del socio fondatore Davide Casaleggio. Il quale è anche l'unico socio fondatore del M5s con Luigi Di Maio".

Questa Carta di Firenze potrà portare scompensi alla presenza al governo dei pentastellati?
"No. Quelli che sono al governo stanno fissi e tranquilli dove sono: hanno appena evitato di sparire mettendosi con il Pd, e adesso non mandano certo tutto all’aria. La stessa cosa vale per deputati e senatori".

Sembrava che Di Maio volesse fare un proprio gruppo parlamentare, cosa c’è di vero?
"Se e quando i grillini verranno ulteriormente dimezzati dal secondo abbraccio mortale, questa volta del Pd dopo quello della Lega, accadrà qualcosa. Non sappiamo cosa, ma tutto è possibile. C’è poi da tenere presente la figura di Conte che sta emergendo prepotentemente.

A cosa porteranno questi mal di pancia? Emorragia di voti, scissione, una nuova blindatura da parte di Casaleggio?
"Blindature di Casaleggio no, perché ha capito che ogni senatore che espelle sono 50mila euro all’anno in meno per i suoi gruppi parlamentari. Non fanno più espulsioni a valanga come nella passata legislatura".

Una possibile scissione, invece?
"Finché parlamentari e ministri possono stare nella maggioranza al governo non ci saranno scissioni, perché sanno che in caso di elezioni uno su due torna a casa".
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Saturday, March 30, 2019

La linea del Piave grillina: 19%

CAOS M5S/ IL 19,9% È LA LINEA DEL PIAVE: CHE SIGNIFICA LA MORTE DI DI MAIO (E RAGGI)

Il Movimento 5 Stelle si dibatte in una crisi interna ed esterna: se non supera le elezioni europee è la fine

29 marzo 2019

intervista a Mauro Suttora


Le elezioni europee rappresentano l'ultima ancora di salvataggio di un Movimento 5 Stelle ormai allo sfascio. 
Lo dice Mauro Suttora, giornalista, esperto delle dinamiche interne dei pentastellati: “Se scendono al 19,9% Di Maio è morto internamente ed esternamente, se vanno tra il 20 e il 25% possono galleggiare ancora un po’”. 
Le continue débâcle a livello regionale mostrano i segnali. Prima delle europee ci sono le elezioni comunali in Sicilia, dice ancora Suttora: “A Bagheria, uno dei primi comuni conquistati dai 5 Stelle, gli avvisi di garanzia per abusi edilizi ad assessori e consiglieri in questi anni si sono sprecati. Sarà una batosta che aprirà la strada anche al crollo di Roma”.

Di Maio è negli Stati Uniti. Ci è andato per ricucire i rapporti dopo le critiche americane per la firma del memorandum con la Cina?

Il viaggio è stato programmato da tempo, prima del disastro Cina. C’è da chiedersi invece chi riuscirà a vedere: se riesce a farsi ricevere dal consigliere per la sicurezza John Bolton è un successo. Di Maio cerca ogni volta di accreditarsi, ma in America non lo prende sul serio nessuno. Se poi parla con Bolton, che è un mastino neocon, lo riduce in polpette.

Ha definito la firma del memorandum “disastro”. Quella firma è stata un guaio del trio Conte-Di Maio-Geraci?

Il memorandum Cina è in mano al sottosegretario Michele Geraci, un personaggio dal curriculum strano, come tanti di questi nuovi, compreso il premier Conte. Probabilmente non si rendevano conto neanche loro di quello che hanno fatto, cioè il cavallo di Troia della Cina in Europa.

In che senso?

Non è tanto il numero dei contratti, tutti hanno diritto di farli, infatti anche Macron ha firmato una fornitura di Airbus per centinaia di milioni di euro, quanto la visione politica che non sta in piedi. La Via della Seta significa la seta cinese che arriva in Italia, non la seta italiana che va da loro.

Geraci è quello che ha messo in piedi questo “disastro”?

L’accordo è stato un'invenzione di Geraci, di cui si è fidato inizialmente anche Salvini che però negli ultimi tempi, ben istruito da Giorgetti, uno dei pochi con la testa sulle spalle, si è tirato indietro. Invece Di Maio ci è caduto dentro mani e piedi.

Ci sono evidenti malumori interni ai 5 Stelle. Quali correnti ci sono? E’ Fico a spingere?

Fico non conta un fico, non ha dietro nessuna corrente nonostante i giornali ci abbiano fantasticato per mesi, sono al massimo due o tre i senatori che gli vanno dietro. 
Ci sono piccoli movimenti interni, come il caso di Paragone, che però suscita fastidio a quelli della vecchia guardia che si vedono scavalcati da uno che è diventato grillino da un anno.

Ma i malumori ci sono. Il caso Di Battista è poi a dir poco inquietante.

C’è un ribollire da vulcano, ma come sempre viene tenuto nascosto. Di Battista per cinque anni ci ha deliziato di tre post e video al giorno, ma  improvvisamente finisce come un desaparecido. E’ evidente che dopo i disastri elettorali lo hanno messo a tacere, e lui obbedisce. 
Di Battista, come ha detto sprezzante Di Maio definendolo il primo degli attivisti, è uno che tira fuori 100mila like a ogni post. Ma ha garantito e promesso a Di Maio e Casaleggio fedeltà assoluta e piuttosto che dire qualcosa contro, sta zitto. Ogni volta che sta zitto vuol dire che ha qualcosa contro che vorrebbe dire, ma non può farlo.

Come andranno le elezioni regionali per il M5s?

Prima delle europee ci sono le comunali in Sicilia a fine aprile. Sarà un’ulteriore batosta. A Bagheria che è una città importante i grillini hanno il sindaco da 5 anni e ci sono stati avvisi di garanzia con assessori che si sono dovuti dimettere per abusi edilizi. 
Alle europee la linea del Piave è il 19,9%, che significa la morte di Di Maio dentro al movimento e fuori. Dal 20 al 25% galleggiano, oltre il 25 sarebbe un successo insperato.

La compagine di governo è compatta?

I ministri si godono la poltrona. Sono quelli che se dovesse cadere il governo rimarrebbero fedeli a Di Maio.

Hanno un piano B per risollevarsi?

Fino al 26 maggio nessuno oserà dire nulla. L’intervista rilasciata da Roberta Lombardi in cui dice che lo stadio di Roma bisogna mollarlo, mentre Virginia Raggi dice che bisogna tenerlo, mostra la completa contraddizione in cui si trovano.

A proposito di Roma, dopo l'arresto del presidente grillino del consiglio comunale Marcello De Vito sembra che la Raggi abbia incassato bene il colpo. O no? Che succederà a Roma?

Assolutamente no. La Raggi non arriva a fine legislatura, cadrà insieme al patatrac che ci sarà a livello nazionale. La stessa Lombardi ha detto che è inutile illudersi, De Vito aveva messo a stipendio grillino la moglie come assessore di municipio e la sorella consigliere regionale. Tutto questo in un partito che aveva sempre detto di essere contro i favoritismi di famiglia. La Raggi cercherà di tener duro fino alle europee, ma non arriverà a fine anno. 

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