Conte farà un partito con Di Maio
intervista a Mauro Suttora
ilsussidiario.net, 16 novembre 2020
Si sono conclusi gli Stati generali di M5s. La crisi resta e si acuisce: nel partito prevalgono i furbi alla Di Maio, la base sta con Di Battista
Come sono lontani i tempi di Casaleggio. Non quelli di Davide, ma del padre Gianroberto. Una visione avveniristica, la sua; seducente, furba, per molti versi pericolosa. È a lui che pensano probabilmente i pochi militanti rimasti, quando contemplano l’esito degli “Stati generali”, assemblea – virtuale, è d’obbligo – di un Movimento 5 Stelle che cerca di non ridursi a gioco di poltrone.
La due giorni del Movimento si è conclusa fissando tre risultati: guida collegiale, alleanze programmatiche ma non strutturali con gli altri partiti, vincolo del doppio mandato. Ma gli Stati generali restituiscono un partito in crisi profonda, tutto meno che trasparente, spaccato tra movimentisti e governisti, “arrivisti e banderuole”, dice Mauro Suttora, giornalista, osservatore clinico dei 5 Stelle fin dagli esordi. “Sopravvivono solo grazie al virus, come il governo Conte. Ma la base sta con Di Battista”.
Il risultato di questo congresso politico anomalo rafforza o indebolisce Conte, presidente del Consiglio indicato dai 5 Stelle?
Questa parodia di congresso lo indebolisce, perché i grillini sono spaccati. Ma ormai Conte è riuscito a separare il suo destino dal loro. Anzi, se nel M5s prevarranno Di Battista e Casaleggio jr, lui potrà diventare, con una sua lista, il rifugio di molti grillini “democristiani” come Di Maio o Spadafora.
Le tue osservazioni sui meccanismi di designazione dei 30 “delegati” nazionali?
Sono riusciti a inventare le elezioni con risultato segreto. Su un migliaio di candidati, hanno pubblicato solo i nomi dei primi 30, senza specificare quanti voti hanno avuto ciascuno di loro, e quanti i non eletti. Mi sembra un delirio, e fanno bene Casaleggio e Di Battista a pretendere di conoscere i risultati. Soprattutto in un partito che era nato in nome della trasparenza.
Sarà “guida collegiale”. O dobbiamo aspettarci che questa formula serva ad avallare la leadership di qualcuno?
Ormai nei grillini ci sono due poli: i governisti filo-Pd per convinzione (Fico) o convenienza (Di Maio) e i movimentisti: anche qui per convinzione (Di Battista) o convenienza (Casaleggio). Altri big come Paola Taverna cercano di barcamenarsi, ma il solco è quello. La maggioranza del nuovo direttivo con sette posti verrà decisa dal metodo elettorale che sceglieranno. Ma la base sta con Di Battista.
Di Maio esce rafforzato dagli Stati generali?
Direi di no. Nelle votazioni delle assemblee regionali e dei 30 “oratori” nazionali ha prevalso Di Battista. Soprattutto sul divieto di secondo mandato.
È arrivato da più voci un no ad alleanze strutturali. È realmente possibile per M5s oggi stare da soli?
È un finto problema. Grillini e Pd possono correre separati e coalizzarsi dopo il voto, come succederà alle comunali in primavera.
Come valuti la parabola recente di Davide Casaleggio, da dominus dietro le quinte fino alla sua non partecipazione?
In un movimento è difficile che la leadership si trasmetta ereditariamente, i grillini non sono la Corea del Nord. Bisogna vedere se il rampollo Casaleggio andrà d’accordo con Grillo, più che con Di Maio.
Tu hai detto più volte che la scissione è nelle cose. Cosa farà di Battista?
Di Battista cercherà di non farsi fregare da Di Maio e Spadafora che sono dei politici vecchio stile, tecnicamente perfetti, furbissimi. Probabilmente non ci riuscirà, perché è troppo egocentrico ed esibizionista per far carriera in politica. Lo vedo volteggiare a “Ballando con le stelle” in tv.
Che cos’è oggi M5s? Un fu movimento, un partito mancato, qualcosa di nuovo?
Il M5s non esiste più dalle europee del 2019, quando dimezzò i suoi voti al 17%. Alle regionali di due mesi fa è ulteriormente crollato al 7%, e al 3% in Veneto. Sopravvive solo grazie al virus, come il governo Conte. La pandemia ha mummificato entrambi, prolungandone l’agonia. Ormai è accanimento terapeutico.
Chi deciderà davvero? Di Maio? Grillo, apparentemente assente? O Conte?
Quando Grillo uscirà dalla sua depressione, vedremo cosa dirà. Ma lo capisco: vedere la sua creatura ridotta così, in mano ad arrivisti e banderuole che passano indifferentemente dalla destra di Salvini alla sinistra, è sconfortante. Lo hanno detto molti attivisti alle assemblee locali: “Rischiamo di cambiar nome in Movimento 5 Poltrone”. Ma sono stati gentili con i loro capi: non è un rischio, è una certezza.
Federico Ferraù
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