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Sunday, December 19, 2021

La libertà di non vaccinarsi non è un diritto civile

I novax si comportano da free-riders: evasori a sbafo. Come i portoghesi che non pagano il biglietto su tram e treni. I quali circolano lo stesso, tanto pagano gli altri

di Mauro Suttora

HuffPost, 19 dicembre 2021

Libertà, libertà. E i libertari che ne pensano, della libertà di vaccinarsi invocata dai novax?

Libertari in Italia significa radicali, Pannella, Bonino. Sono stati loro a ottenere la libertà di divorziare, abortire, obiettare al servizio militare, praticare la fecondazione assistita. Sono sempre loro anche oggi a chiedere, con gli imminenti referendum, libertà di fumare cannabis e di decidere sulla fine della propria vita (eutanasia).

È radicale pure Davide Tutino, il professore di storia e filosofia che a Roma è diventato il primo obiettore di coscienza contro l’obbligo vaccinale a scuola, perdendo lo stipendio. Una disobbedienza civile in piena regola. Lo abbiamo conosciuto giovedì sera a Piazzapulita (La7), dove si è guadagnato i complimenti di tutti per la pacatezza del suo argomentare.

Ma Pannella cosa direbbe sui vaccini, se non fosse scomparso cinque anni fa? Tutino ha riesumato l’unica occasione in cui si espresse sull’argomento: un convegno radicale nel 1995 a Genova sulla proposta di obbligo vaccinale per i bambini (attuato nel 2017 dalla ministra Lorenzin). Ascoltati i relatori, fra cui un giovane professor Bassetti e il pioniere novax Gianpaolo Vanoli, Pannella disse che era scettico sul ruolo dello stato come “tutore della salute pubblica”. Ovvio per un libertario, ma lontano dalle fiammeggianti intemerate di un Ivan Illich o Michel Foucault.

Difficile comunque ricorrere all’ipse dixit, data la differenza del contesto: un quarto di secolo fa non c’era l’attuale emergenza planetaria. Cosicché oggi i radicali sono, come tutti, schierati in stragrande maggioranza per vaccini e greenpass. 

Tuttavia, il dilemma obbligo/libertà sui vaccini interpella inevitabilmente i libertari. Perché l’intromissione dello stato è evidente. Finché si sperava nell’immunità di gregge, non c’erano problemi: lo spazio per un 10-20% di refrattari era garantito. Ma le varianti hanno cambiato il gioco, e con omicron nessuno più sembra preoccuparsi di salvaguardare neanche una microscopica minoranza di obiettori al vaccino.

Dura da accettare per i radicali, abituati a opporsi alle solidarietà nazionali in nome delle emergenze, dal terrorismo in poi. “Né con questo stato, né con le br”, disse Sciascia (prima dell’omicidio Moro).

E oggi? “Né vax, né novax?” Impossibile, per il partito illuminista di Luca Coscioni, della libertà e fiducia nella scienza, della ricerca sulle cellule staminali, contro gli opposti oscurantismi: “No Vatican, no Taliban”, fu lo slogan pannelliano nel 2005, era pre-Bergoglio.   

E allora? A indirizzare i libertari, ecco l’abc dell’etica laica: l’imperativo categorico di Kant. Ovvero: ogni tua azione sia valida come legge universale.

Quindi coloro che non si vaccinano, come l’ottimo Tutino, immaginino un mondo in cui tutti seguano il loro esempio. È un comportamento replicabile? No. Perché tutti possono divorziare, abortire, far figli in vitro, fumarsi una canna o ricorrere all’eutanasia senza danneggiare gli altri. Non vaccinarsi invece danneggia: seppur in misura minima, se si crede agli scetticismi novax. Quindi la libertà di non vaccinarsi non è un diritto civile.

Insomma, i novax possono esistere solo in quanto rimangono al 5%. Se fossero di più avremmo 50 milioni di morti, non 5. Certo, il vaccino fa entrare lo stato nella nostra vita. Peggio, per un libertario: nel nostro corpo. Ma, anche ammettendo che le immunizzazioni possano essere rischiose o inutili, i novax si comportano da free-riders: evasori a sbafo. Come i portoghesi che non pagano il biglietto su tram e treni. I quali circolano lo stesso, tanto pagano gli altri. 

Questa si chiama irresponsabilità. E fa a pugni con il principio di legalità, ovvero lo stato di diritto. Che è la base della nostra convivenza civile. Ma anche la stella polare di tutti i libertari che praticano la disobbedienza civile. Perché Gandhi e Luther King si appellavano proprio alla legge e alla certezza del diritto, non a una generica ‘libertà’ populista e ribellista. Sulle orme di Antigone, denunciavano ingiustizie e discriminazioni. E pagavano scrupolosamente con arresti e carcere il prezzo delle proprie azioni dirette nonviolente, che violavano leggi da loro considerate sbagliate. Come hanno sempre fatto Pannella e i radicali. E oggi anche Tutino, seppure per una causa fallace.

Mauro Suttora 

Friday, December 07, 2012

La democrazia secondo Grillo

VITA QUOTIDIANA NEL MOVIMENTO 5 STELLE RACCONTATA DA UN GIORNALISTA CHE SI È ISCRITTO E PARTECIPA ALLE ATTIVITA'

di Mauro Suttora

Sette (Corriere della Sera), 7 dicembre 2012

Maledetto neon. Quello nella sala sotterranea dell'albergo La Rotonda di Saronno (Varese), dove il 18 novembre partecipo alla conferenza regionale lombarda del Movimento 5 Stelle (M5S), è squallido quanto la luce bianca da obitorio che quarant’anni fa mi fece scappare dalla mia prima riunione politica, al ginnasio di Bergamo.

Sono un "grillino". Qualche mese fa mi sono "registrato" nel portale di Beppe Grillo: un po' per simpatia personale, un po' per curiosità professionale. È gratis, basta mandare la scansione di un documento. E ora eccomi qua a fare la vita del militante semplice, anzi del "cittadino attivo" come si dice in grillese. 

Quasi tutta l'attività del movimento si svolge online, questa è una delle rare riunioni in cui ci si incontra di persona. Delusione: poche donne e giovani, maggioranza di maschi 40-50enni. Siamo 200, molti sono attirati dalla possibilità di candidarsi alle regionali lombarde anticipate del 10 marzo.

Per fortuna Grillo ha ristretto la candidatura alle politiche a chi era già in lista nelle elezioni passate: un giusto riconoscimento agli ante-marcia, per evitare l'assalto degli opportunisti. Alle regionali invece possono candidarsi tutti i registrati al 30 settembre. Risultato: lo hanno fatto in oltre 300 per gli 80 posti da consigliere regionale lombardo. 

Perché questa valanga? Anche se gli eletti M5S si ridurranno lo stipendio da 11mila a 2.500 euro netti mensili, sono soldi appetibili per molti: un affare da 600mila lordi in dieci anni, visto che un'altra regola di Grillo è il limite di due mandati per gli eletti. Questo tetto sembra a tutti l'antidoto perfetto per evitare la professionalizzazione dei «portavoce del movimento» (come vengono definiti pudicamente gli eletti): «Massimo dieci anni e poi fuori dai c…», ribadisce sempre il simpatico Beppe.

«Ma lo sapete che gli eletti radicali e verdi trent'anni fa ruotavano a metà mandato?», provo a proporre. «Erano quattro volte più "democratici" di noi. A casa dopo due anni e mezzo, sostituiti dai primi dei non eletti. Se vogliamo evitare la nascita di un'altra casta dobbiamo fare così anche noi, perché dopo dieci anni di politica a tempo pieno è quasi impossibile tornare al lavoro di prima». Qualcuno è d'accordo; ma Grillo ha deciso per i due mandati, e pochi hanno voglia di contraddirlo riaprendo la questione.

In luglio ho partecipato al voto semestrale di conferma per il consigliere comunale M5S di Milano Mattia Calise, 22 anni. Tutti gli eletti lo devono fare. Una sala di periferia, diretta streaming sulla sua relazione, poi voto online nei tre giorni successivi. Promosso con 235 sì e un solo no, «per non sembrare il politburo di Breznev».

Una sera sono andato col mio consigliere di zona 4 a una riunione sul verde nell’area dove non verrà più costruita la Biblioteca europea di Porta Vittoria, di fronte a casa mia. È arrivato in bici sotto la pioggia: bene, un politico che pratica quello che predica. Preso dall’entusiasmo, qualche giorno dopo l’ho aiutato a organizzare un banchetto di propaganda nel quartiere Santa Giulia (Rogoredo), martoriato dalla speculazione edilizia.

L’8 settembre faccio un salto a una manifestazione in piazza XXV Aprile che ripete la richiesta del primo Vaffa-day, cinque anni fa: via i pregiudicati dal Parlamento. Purtroppo c’è poca gente, e in più tanto nervosismo perché è appena scoppiato il caso di Giuseppe Favia, consigliere regionale M5S emiliano beccato in un fuorionda di Piazza pulita ad accusare Grillo e il suo consulente Gianroberto Casaleggio di ogni nefandezza.

Mi stupisco: avevo intervistato Favia pochi mesi prima, era la punta di diamante del movimento. I militanti sono assediati dai giornalisti che chiedono se è vero che nel M5S manca la democrazia interna, come denunciato da Favia.

Il fatto è che in quasi tutti i grillini c’è un fervore palingenetico: sono convinti di essere i primi a voler «fare politica in modo pulito». Io invece ne ho già visti tanti, con questo lodevole proposito. Non so se è un primato da guinness (o da ricovero), ma ho partecipato dall'interno a tutti i movimenti "antipolitici" degli ultimi 40 anni: extraparlamentari di sinistra, radicali, verdi, leghisti (frequentati per conto di Vittorio Feltri, mio direttore all'Europeo), dipietristi.

Con una certa regolarità infatti, ogni 8-10 anni, in Italia nascono formazioni che proclamano di essere «diverse». Da tutti gli altri partiti del passato, del presente e anche del futuro. Il M5S non sfugge a questo ottimismo eroico da stato nascente: «Non siamo un partito, vogliamo la democrazia diretta, permettiamo ai cittadini di decidere in prima persona». 

Il programma, in realtà, assomiglia molto a quello radicale e verde di 30-40 anni fa: no al finanziamento pubblico (il primo referendum radicale - perso per poco – risale al 1978, quello vinto al '93); sì a energie alternative e raccolta differenziata dei rifiuti, no al nucleare (primo referendum radicale tentato nel 1980, vinto con i verdi nell'87, rivinto l'anno scorso), no a inceneritori e grandi opere (Tav, ponte di Messina).

Poi c'è il rifiuto della forma-partito. I verdi ne hanno sempre aborrito sia il nome (nacquero come "liste” verdi nell'85) sia le procedure: «Facciamo politica in modo diverso, siamo biodegradabili», promettevano, fino al degrado poco bio di Alfonso Pecoraro Scanio nel 2008. 

Anche i radicali hanno sperimentato un partito libertario, "liquido": congresso annuale aperto a tutti, tessera perfino a Cicciolina e al capo della 'ndrangheta Giuseppe Piromalli. La parola «partitocrazia» è © di Marco Pannella. Il quale, proprio come Grillo, comanda col carisma. Senza espulsioni, però; mentre Beppe ha già fatto fuori metà dei suoi quattro consiglieri regionali eletti appena due anni fa. «Più che carisma, caserma», mormora qualcuno.

Tutti i movimenti contestatori hanno avuto leader forti: i sessantottini Mario Capanna e Adriano Sofri, i radicali Pannella ed Emma Bonino, i verdi Alex Langer e Grazia Francescato. Per non parlare di Umberto Bossi e Antonio Di Pietro, che hanno eliminato tutti gli avversari interni.

È per questo che oggi osservo con tenerezza il crescendo di purghe con cui Grillo tartassa i suoi eletti. Il M5S non è ancora entrato in Parlamento, non ha tessere, quote d’iscrizione, soldi pubblici, sedi, non ha neppure uno statuto (solo un “non Statuto” proprio per dileggiare la burocrazia dei partiti tradizionali), ma lui lancia anatemi con l’unico risultato di rendere famose le vittime: Favia, poi Federica Salsi (consigliere comunale a Bologna) perché è andata a Ballarò, infine il consigliere regionale piemontese Fabrizio Biolé.

Nelle nostre riunioni non se ne parla. Gli incontri sono sempre molto operativi, “concreti”: bisogna organizzare i banchetti o i criteri per le liste elettorali, le “graticole” per selezionare i candidati o la lista dei “referenti” provinciali del gruppo regionale comunicazione, sottogruppo ufficio stampa.

Non si parla quasi mai di politica, in realtà. Per quello ci sono i post quotidiani di Grillo sul suo portale nazionale. Scritti a volte da lui (o chi per lui: alcune finezze lessicali come “mesmerismo mediatico”, nel famoso post sul punto G della Salsi del 31 ottobre, non gli appartengono) o appaltati ad altri: il polemista Massimo Fini, l’anarchico Ascanio Celestini, l’economista della “decrescita felice” Maurizio Pallante, l’esperto di servizi segreti Aldo Giannuli, il prof universitario di matematica torinese Beppe Scienza che vent’anni fa dava consigli ai risparmiatori sull’Europeo. Ora fustiga le banche, e in effetti è stato uno dei pochi a prevedere la fregatura delle pensioni integrative private rispetto alle vecchie liquidazioni garantite dallo stato. Paolo Becchi, docente di Filosofia del diritto a Genova, ha candidamente confessato a Piazza pulita che sta con Grillo perché è l’unico che gli dà retta.

Nel variopinto parterre dei maitres-à-penser grilleschi ogni tanto s’intrufola qualche pataccaro, come l’attempato blogger romano Sergio Di Cori Modigliani diventato famoso lo scorso luglio per la “bufala Hollande”: un post in gran parte inventato da lui in cui magnificava risultati apparentemente ottenuti dal nuovo presidente francese nei primi cento giorni di governo (da una presunta abolizione totale delle auto blu a stipendi tagliati del 40% agli alti dirigenti statali). Per giorni impazzò sul web, rimbalzato dagli utenti di Facebook, finché qualcuno si prese la briga di controllare le fonti e scoprì il falso. È diventato un caso di scuola sulla capacità manipolatoria e autosuggestiva della Rete.

E qui si arriva al punto dolente. La cosa che m’infastidisce di più nel M5S è la fede assoluta in internet. «La Rete risolve ogni problema», tuona Grillo dai palchi dei comizi, ed è piacevole starlo ad ascoltare. «Grazie alla Rete scopriremo gli arrivisti che cercano di fare carriera nel M5S», dicono sicuri i miei compagni di riunione. Poi però basta che si candidi un qualsiasi Gianni Colombo a Milano, lo si googla per controllare e, panico: ce ne sono centinaia! Come scoprirne i passati misfatti, le candidature in altri partiti? 

Il povero Biolé è stato fatto fuori perché aveva già fatto il consigliere comunale in una lista civica apartitica del  suo paesino di 500 abitanti sulla montagna cuneese negli anni ’90, volontario ambientalista benemerito con vent’anni d’anticipo rispetto a molti grillini neofiti; ma  oggi, a scoppio ritardato di due anni, è diventato un reprobo da espellere, con tanto di lettera degli avvocati Squassi e Montefusco di Milano per conto del signor Grillo Giuseppe, “proprietario unico del marchio 5 Stelle”.

«Non ci può essere democrazia diretta sotto un dittatore», taglia corto il mio amico Luciano Lanza, vecchio libertario, fondatore di A-Rivista anarchica. Ci rimango male, le mie speranze vacillano.
     
«Di questo discuteremo in rete», mi rispondono gli attivisti M5S quando cerco di parlare per una volta non virtualmente, nella riunione di Saronno. «Immagino sia proibita la propaganda personale dei candidati» avevo detto, «perché ho visto orrendi ‘santini’ in Sicilia, e anche qui a Milano l’anno scorso alle comunali era permessa. Niente guerra intestina delle preferenze, spero, e inoltre non vogliamo rischiare che i clan della ’ndrangheta nell’hinterland appoggino qualche candidato sfuggito alla nostra attenta selezione…»

Niente da fare. Non c’è mai tempo per parlare guardandosi negli occhi. Solo web, computer e smartphones per gente sempre “connessa”. Ma connessa a cosa, mi domando. Sempre lì a smanettare come zombies. È online che si svolge la vita vera dei grillini, mica nella realtà così deludente, catastrofica e piena di ladri… Eppure uno dei nostri ispiratori è Ivan Illich, il cantore della convivivialità.

Grillo predica la Rete non più come mezzo ma come fine, e i seguaci più pedissequi la mettono sull’altare come i rivoluzionari francesi sostituirono Dio con la Dea Ragione, a fanatismo inalterato.
Così per seguire il M5S ora devo collegarmi con sei piattaforme diverse: il portale di Grillo, i meetup regionale e comunale, Pbworks, Facebook, Googlewiki per discutere e infine Liquid Feedback per votare.

Una sovrabbondanza elettronica ci succhia via la vita, ci fa litigare con mogli la sera perché sospettano che chattiamo nei siti erotici, o fa crollare drasticamente le nostre produttività sul luogo di lavoro.
Detto questo, ammetto che Liquid Feedback è geniale. È un sistema di votazione adottato dal partito tedesco dei Pirati, ma potrebbe esserlo anche in ogni condominio o consiglio di zona, su su fino all’Europarlamento. Se Clistene o Pericle lo avessero avuto, altro che agorà dell’antica Atene. 

Forse si avvererà la profezia di Erich Fromm: nel ’76, in Avere o essere, propose di votare con referendum sulle dieci questioni più importanti ogni anno, come gli svizzeri nella piazza del cantone di Appenzell, evitando l’intermediazione parassitaria dei politici a tempo pieno. «La politica, come l’amore, è troppo bella per lasciarla a professionisti», diceva lo slogan che invitava alla partecipazione negli anni ’70.

Quindi, ora ci riprovo. Dopo aver frequentato e votato per sessantottini, radicali, verdi, leghisti e dipietristi, mi affido abbastanza disperato a Grillo. Perché, nonostante tutte le critiche e quindi anche questo articolo, il M5S mi sembra l’unica cosa nuova nella vita pubblica italiana oggi. Probabilmente sbaglio, e dopo la sesta illusione arriverà come sempre la delusione. In effetti, il neon delle riunioni è orrendo come 40 anni fa.
Mauro Suttora

Wednesday, October 24, 2001

intervista a Ivan Illich

trimestrale Libertaria, ottobre 2001

NON SAPPIAMO PIÙ ASCOLTARE
di Mauro Suttora


"No, per favore, nessuna telecamera. Niente video. Spenga anche quel registratore".

E come faccio a intervistarla? Non vuole che le sue parole vengano riportate fedelmente?

"In questo momento desidero soprattutto che lei mi ascolti. Voglio comunicare direttamente con lei. Senza passare attraverso un magnetofono".

Sono tutto orecchi.

"Ormai non siamo più capaci di usare bene le nostre orecchie. Gli strumenti tecnici di cui ci siamo circondati hanno indebolito il nostro udito. Così come anche tutti gli altri sensi".

L'impatto iniziale con Ivan Illich è disarmante. Ecco qui il padre dei movimenti ambientalisti di mezzo pianeta, ma non soltanto quello, il filosofo che per primo nel 1971 teorizzò La convivialità come unica difesa di fronte all'alienazione della società consumista. Herbert Marcuse distruggeva, lui assieme a Erich Fromm ricostruiva una speranza invitando a Descolarizzare la società o promuovendo la "medicina dolce" con Nemesi medica (i titoli dei suoi libri più famosi, stampati a milioni di copie in tutto il mondo e in Italia da Mondadori, Elèuthera, Red). Da anni, però, Illich è sparito. Poche pubblicazioni (al massimo il testo di qualche rara conferenza), pochissimi convegni, nessuna intervista.

Coerente con se stesso e con il suo rifiuto dei mass media ("Inutili, anzi dannosi: forniscono un'informazione a senso unico filtrata, asettica e predigerita") è scomparso dalla scena pubblica. Ma a 71 anni questo geniale ebreo ex teologo cattolico nato a Vienna non ha rinunciato a coltivare una rete di rapporti "privati e privilegiati" in ogni continente (dall'università messicana di Cuernavaca a quella americana della Pennsylvania, a quella tedesca di Brema), accettando ogni tanto l'invito a riunioni o seminari.

L'ho incontrato alla Fiera delle utopie concrete, appuntamento autunnale a Città di Castello (Perugia) organizzato da Karl-Ludwig Schibel, dove Illich è tornato dopo nove anni. Quest'anno il tema dell'incontro era 'L'udito e l'ascolto': il primo di una serie di cinque, che con cadenza annuale fino al 2005 studieranno tutti i sensi dell'uomo.

"Mi piace la stravaganza erudita di queste avventure intellettuali al di fuori delle mode dominanti", confessa Illich. "Ogni epoca ha trattato udito, vista, olfatto, gusto e tatto in modi diversi. Il tema centrale delle mie ricerche negli ultimi anni è stato proprio l'ascesi dei sensi: l'arte del soffrire e del godere, dell'amare e del morire. Allo stesso modo, in ogni periodo è esistita un'arte specifica dell'ascoltare, nonché un'arte dello sguardo".

E oggi?

"Una volta una bambina di nove anni mi ha detto che nel corso del pomeriggio aveva visto "Kennedy, Reagan ed E.T. come vedo te". Il "vedere" evidentemente per lei si è staccato dall'incontro. Fino al primo millennio lo sguardo era vissuto come un raggio che cade dall'occhio sull'oggetto. Quest'atteggiamento è stato rovesciato da Keplero: l'occhio è diventato la porta d'ingresso per i raggi del sole che consegnano, "come i cavalieri della posta", la vista della cosa alla retina. È il principio della camera oscura. Ma oggi è in atto un ulteriore rovesciamento: tramite l'occhio noi tutti siamo ingaggiati dagli schermi della televisione, ci trasferiamo nell'azione sullo schermo. L'occhio è stato arruolato al servizio del medium".

Insomma, in singolare seppur involontaria sintonia con le tesi di Giovanni Sartori, il quale prende di mira l'homo videns, che tutto vede (in tv), ma poco o nulla capisce, anche lei incolpa i media per la "perdita di senso" che sembra attanagliare sempre di più il cittadino contemporaneo.
Si ripete così il paradosso da lei evidenziato vent'anni fa: malati "arruolati" al servizio dei medici, studenti "arruolati" al servizio dei professori e non viceversa, mass media che creano la pubblica opinione invece di rifletterla.

"Esatto. L'esempio dei sistemi sanitari, che sono ormai strutture elefantiache divoratrici di soldi, è tipico. Il paziente moderno si affida con naturalezza al medico, che gli descrive e gli spiega la sua condizione sulla base di numerosi esami. Ma questo è un comportamento che non esisteva fino al Novecento. Prima il paziente andava dal proprio medico per mostrarsi a lui e per esporgli le sue lamentele. Occasionalmente il medico sentiva o degustava la sua urina. Anche le persone più povere e analfabete si confidavano con il dottore con una precisione incredibile. Compito del medico era interpretare la storia dei dolori del paziente, partendo da lì per la cura. Oggi invece non c'è più ascolto: gli specialisti si appoggiano a valanghe di esami. Ma se qualcuno alla domanda "come ti senti?" mi rispondesse con la pressione sanguigna e il livello ormonale, vorrei vomitare. Invece, questo è proprio ciò che accade oggi".

La "realtà virtuale" adesso porta all'estremo la scissione fra percezioni sensoriali e mondo fisico reale.

"Sì. Sempre di più non vediamo le cose dove sono tangibili, non le vediamo in un modo in cui possano essere toccate. Sempre più spesso diventa una nostra abitudine prendere sul serio delle voci senza corpo al telefono. Ma attenzione: non sta per sparire soltanto quella che gli antichi chiamavano sin-estesia, cioè la collaborazione fra i diversi sensi. Perfino il "senso comune", che rendeva possibile la percezione sensoriale dell'intonazione giusta, del rispetto, della proporzionalità sensata, appartiene ormai al passato".

Ma si possono distinguere, nella storia, periodi caratterizzati dall'uso privilegiato di un senso: l'epoca dell'olfatto, della vista, del tatto, dell'ascolto, della parola?

"È difficile immaginare oggi cosa succedeva in un teatro greco 500 anni avanti Cristo. Era qualcosa che Platone trovava indecente: le maschere (coscientemente non parlo di "attori") non avevano spettatori (theoretes), ma ascoltatori (akouontes), che si lasciavano trascinare nel ritmo, nel tatto, nelle cadenze, nelle melodie dello spettacolo, presentato senza alcun atteggiamento critico. Platone cercò invece di promuovere il "guardare" gli spettacoli, e pretendeva addirittura che nel suo stato ideale certi tipi di melodie fossero vietate del tutto".

Nulla sembra cambiato rispetto a quarant'anni fa, con le accuse al rock di essere la "musica del diavolo", o rispetto a oggi, con le polemiche degli odierni cinquantenni (i rockers di ieri) contro i ritmi techno, house o garage che stordirebbero le nuove generazioni.

"Certo. Ma già Aristotele criticò su questo il suo maestro Platone, perché secondo lui una limitazione al solo "guardare" non coglieva la sostanza della tragedia. La tragedia è invece mimesis praxeos, cioè "l'esecuzione coinvolgente in un'azione", una risonanza con qualcosa che l'ascoltatore deve capire in modo quasi tattile".

Nell'Italia dei nostri giorni la riscoperta della parola è testimoniata dal calo degli spettatori televisivi, dall'aumento di quelli radiofonici e del teatro, dal successo dei talk show e di spettacoli come quello di Marco Paolini, con il suo eccezionale monologo sul Vajont.

"Purtroppo non conosco l'Italia di oggi. Ma secondo Aristotele l'artista-oratore nel teatro, nell'insegnamento, e anche in politica, può coinvolgere completamente l'ascoltatore-spettatore soltanto con la mimesis, l'esperienza di una nascita. Solo così può promuovere il pathei mathos, l'"imparare a soffrire" da coloro che hanno vissuto una forma di sofferenza..."

Con il rischio di cadere nella "tv del dolore"...

"... ma sempre Aristotele, nel suo Poetica, sottolinea come la presentazione visiva della sofferenza nel caso migliore può servire come "segno" (semeia), senza produrre grandi effetti sullo stato dello spettatore. Invece l'orazione artistica e la melodia possono modellare il carattere dell'ascoltatore, mettendogli le ali per partecipare fisicamente".

Qual è il tipo di ascolto che lei, fondatore dell'ecologia moderna, considera più "sano"?

"Quello della comunicazione diretta, fra persone che possono guardarsi in faccia. Un dialogo che coinvolge l'orecchio, ma anche la vista: "Ti do me stesso attraverso le pupille dei miei occhi".

Mauro Suttora       

Friday, May 12, 1989

I Verdi alle Europee 1989

L' Europa delle fronde

Contro corrente i verdi alle elezioni di giugno

Non hanno un' ideologia comune , se non abbattere il mercato unico , la Nato , il nucleare. Fra poco , quando probabilmente triplicheranno i seggi di Strasburgo, cosa faranno ? Per cominciare, litigheranno tra loro

di Mauro Suttora

Europeo, 12 maggio 1989

A Strasburgo sara' un'esplosione. Alle europee di giugno i Verdi triplicheranno i loro seggi e potranno formare un gruppo di una trentina di eurodeputati. I sondaggi sono unanimi. In Germania Ovest i Gruenen dovrebbero mantenere l'8 per cento e i sette eletti conquistati nell' 84, cosi' come i belgi confermeranno i loro due parlamentari. Ma fra un mese e mezzo, a dar loro man forte , piombera' a Strasburgo la valanga dei Verdi francesi: almeno dieci nuovi eurodeputati. E poi gli italiani (cinque, sei, anche di piu) , qualche spagnolo. Mancheranno solo i britannici , vittime del sistema elettorale maggioritario.

Quella dei Verdi sara', probabilmente, l'unica grande novita' del Parlamento che accompagnera' l' Europa all' appuntamento con il mercato unico del 1992 . " E noi siamo pronti ad approfittare del piccolo terremoto che provocheremo " , annuncia battagliero Antoine Waechter , capo dei Verdi francesi , " per batterci contro l' Europa dei mercanti , dei militari , del delirio automobilistico e dell' energia atomica " . Vediamo quindi , paese per paese , chi sono e che cosa vogliono questi nuovi protagonisti della politica continentale che , in nome della natura , stanno togliendo consenso e potere ai partiti tradizionali .

FRANCIA
Pochi lo sanno , ma e' stata la Francia, e non la Germania , la culla dell' ecologia politica in Europa . Nel '72 , quando in Italia Adriano Buzzatti Traverso e Aurelio Peccei venivano considerati poco meno che simpatici pazzi se parlavano di " limiti dello sviluppo " , a Parigi le " bicifestazioni " verdi contro le autostrade urbane del presidente Georges Pompidou gia' attiravano migliaia di persone . La Bretagna era in fiamme per l' opposizione alle centrali atomiche in costruzione , e sull' altopiano del Larzac venivano combattute epiche battaglie nonviolente tra militari e contadini che resistevano agli espropri . Il giornalista Andre' Gorz , uno dei fondatori del Nouvel Observateur nel ' 64 , teorizzava l' " addio al proletariato " in polemica con i sessantottini , e proponeva le sue " tesi per cambiare la vita " : consumare meno , produrre meno , conservare di piu' . Nel ' 73 agli ecopacifisti si uni' perfino un generale , Jacques de la Bollardiere , che su una barca di Greenpeace ando' a disturbare gli esperimenti atomici francesi a Mururoa , nel Pacifico . Riviste gioiosamente anarchiche come Gueule ouverte e Charlie Hebdo vendevano centomila copie . E nel ' 74 300 mila francesi votarono per il candidato presidenziale verde René Dumont , agronomo terzomondista . L' opposizione al massiccio programma nucleare dei tecnocrati parigini si ingrossava , e nel ' 77 i Verdi ottennero il 12 per cento a Nizza , il 20 per cento a Chambery . A Parigi l' " amico della terra " , Brice Lalonde , ebbe il 10 per cento , piu' che alle municipali di due mesi fa .

Insomma , " veniamo da lontano " , puo' dire oggi con orgoglio Waechter , 40 anni , ingegnere di Strasburgo che gia' nel ' 65 lottava contro un' autostrada in Alsazia ( " E vincemmo " , precisa) . Poi pero' , nell' estate ' 77 , lo choc : una manifestazione contro il Superphenix di Malville (la centrale al plutonio posseduta per il 30 per cento anche dall' Italia) viene caricata duramente dai Crs , la celere francese , e ci scappa il morto . Il riflusso oltralpe ha le tinte della paura , e cosi' lo " Stato atomico " descritto minuziosamente dal futurologo austriaco Robert Jungk riesce a portare a termine il piu' massiccio programma di centrali nucleari del mondo .

Negli anni Ottanta il consenso elettorale rimane (un milione di voti nell' 81 per il candidato verde Lalonde , altrettanti l' anno scorso per Waechter) , ma la ghigliottina che elimina i partiti sotto il 5 per cento causa parecchi danni . Alle europee dell' 84 , per esempio , il quorum non viene raggiunto , e incominciano i primi dissapori con i Verdi tedeschi che non vedono tornare indietro i soldi prestati per la campagna elettorale . Ma il fossato fra i Verdi francesi e tedeschi si allarga anche sul pacifismo : la Francia resta allergica al grande movimento contro i Cruise che invade le piazze europee fino all' 84 .

L' anno scorso , il fattaccio : i Gruenen tradiscono i fratelli d' oltre Reno , considerati non abbastanza di sinistra , e appoggiano il candidato presidenziale Pierre Juquin , comunista dissidente . Nessuna meraviglia , quindi , che all' annuale congresso dei Verdi europei , a Parigi un mese fa , non si sia fatto vivo nessun deputato verde di Bonn , tranne Petra Kelly . Gia' nei mesi scorsi i francesi hanno messo bene in chiaro le cose : " A Strasburgo vogliamo formare un gruppo verde , senza Verdi rossi " . Sara' burrasca con i tedeschi , molti dei quali si professano apertamente marxisti e di sinistra . Waechter e' un tipo molto concreto , preciso , di poche parole , privo di carisma e di senso dell' humour .

Insomma , l'esatto contrario di Marco Pannella e di certi retorici Verdi italiani . I suoi ispiratori : Ivan Illich (il filosofo che vuole semplificare e deprofessionalizzare la societa) e Gorz . I suoi chiodi fissi : l' energia nucleare ( " deve sparire " ) , l' auto ( " limitarla , fa piu' perdere tempo che guadagnarlo " ) , il mercato unico ( " distruggera' le regioni piu' deboli con la concorrenza selvaggia " ) . Antieuropeista ? " No " , spiega all'Europeo , " pero' siamo contro questa Cee , che vuole fare l' Europa unita solo con una sfrenata circolazione dei capitali e delle merci . Il tanto decantato 1992 e' una fregatura : per la gente normale non migliorera' nulla . Un esempio ? La politica agricola della Cee , che causa abbandono delle campagne , sovrappopolazione nelle citta' , inquinamento . Nel 2000 ben 15 milioni di ettari verranno ' ' congelati' ' in Europa , perche' produciamo troppo " . Voi cosa proponete ? " L' Europa e' un prezioso mosaico di differenze . Bisogna salvaguardarle : e' questa la nostra ricchezza . Con uno slogan : Europa delle regioni " . Non solo uno slogan , per i Verdi francesi : al terzo posto in lista c' e' Max Simeoni , leader nazionalista corso .

I candidati sono alternati : un uomo e una donna . Tutti si sono impegnati per scritto alla rotazione a meta' mandato . Nessuna apertura ai Verdi rossi di Juquin . Ma il loro programma , nonostante le accuse tedesche , non sembra affatto moderato . Vogliono che l' Europa mandi in pezzi la Nato , il disarmo unilaterale atomico negoziato con lo sviluppo delle liberta ' all' Est , alternative di difesa non armata . Tutt' altro che succubi del tabu' della " force de frappe " francese , insomma . Waechter gia' si presenta , sicuro di se' , come il leader di tutti i Verdi europei . Puo' farlo : dopo un decennio di vacche magre , infatti , i Verdi francesi hanno trionfato alle amministrative dello scorso marzo . Alcuni sondaggi li accreditano perfino del 15-18 per cento . " Il polo europeo dei Verdi si spostera' a sud " , propetizza l' ambizioso ingegnere .

GERMANIA OVEST
Petra Kelly , 41 anni, resta sempre la verde tedesca piu' ispirata. Ma e' come Danton: amata dal popolo , odiata da molti burocrati del suo stesso partito . E la burocrazia , anche fra i Gruenen , avanza : 50 mila iscritti , 5 mila eletti , milioni di marchi incassati dallo Stato per le " fondazioni " culturali amiche (l' ipocrita sostituto tedesco al finanziamento diretto ai partiti , che in Germania non esiste) , 44 deputati a Bonn e ben 250 impiegati nel gruppo parlamentare . Da cinque mesi i " realisti " , favorevoli ad allearsi ovunque con i socialdemocratici , hanno sconfitto i " fondamentalisti " . Questi ultimi non vogliono " sacrificare i principi ecologisti , femministi ed emancipatori al carrierismo politico " , come avverte Jutta Ditfurth , la ex segretaria che minaccia di abbandonare i Gruenen se , dopo le elezioni del ' 90 , questi accetteranno di andare al governo nazionale assieme alla Spd . La Kelly sta in mezzo : ne' con i fondamentalisti marxisti ex sessantottini , ne' con i realisti , " che stanno perfino per accettare la Nato " .

La bionda Petra , con il suo carismatico torrente di parole , ha affascinato anche i guardinghi Verdi francesi al congresso europeo di Parigi . E li ha mandati letteralmente in sollucchero quando ha attaccato i socialisti , bestia nera dei Verdi sia in Francia sia in Germania . A Parigi l' ex leader verde Lalonde e' passato direttamente a Mitterrand , che lo ha nominato ministro per l' Ambiente . " E in Germania , per raccattare voti " , avverte la Kelly , " certi Verdi si stanno socialdemocratizzando . I nostri veri partner non devono essere i socialisti , ma Solidarnosc , Greenpeace , Amensty . Non dobbiamo fare politica , ma antipolitica . Solo cosi' riusciremo a cambiare la politica , come ha fatto Solidarnosc in Polonia " . Anche la Kelly si proclama contraria alla Cee . Ma allora perche' accettate di entrare nel suo Parlamento ? " Per utilizzarlo come megafono per le nostre idee " , risponde Petra all'Europeo .

" Ma per me l' Europa e' anche quella dell' Est . Solo che , proprio mentre l' Ungheria vuole uscire dal Patto di Varsavia , alcuni nostri Verdi ' ' riscoprono' ' la Nato e addirittura rivalutano Adenauer " . E giu ' una bacchettata sulle mani agli europarlamentari Gruenen , che hanno pubblicato una cartina dell' Europa senza l' Est . " E nostra responsabilita' occuparci di quello che sta succedendo li' , dei tremila gruppi ecologici e antimilitaristi nati in Polonia , intrometterci negli affari interni di Germania Est , Romania , Cecoslovacchia che , come la Turchia in campo Nato , violano i diritti umani e gli accordi di Helsinki . Molte delle tanto lodate joint venture con cui Gorbaciov si sta aprendo all' Ovest sono antiecologiche . La Cee d' altra parte non si deve chiudere in se stessa ne' dove minacciare la neutralita' di paesi come Austria , Svizzera , Svezia , Finlandia . L' Europa unita dovra' comprendere l'Est ed essere tutta neutrale e smilitarizzata " .

Ma per ora l' unica solidarieta' internazionale dei Verdi europei e' andata all' Olp , con un documento assai squilibrato e violentemente antisraeliano proposto da un europarlamentare tedesco . Anche su questi temi di politica estera , probabilmente , ci saranno differenze nel nuovo Parlamento europeo fra Verdi di sinistra e Verdi nonviolenti . Per ora , fra i Verdi tedeschi c' e' tregua : all' ultimo congresso di Duisburg , in marzo , i tre nuovi cosegretari eletti rappresentano tutte le correnti . C' e' la " realista " Ruth Hammerbacher , 36 anni , la femminista radicale Verena Krieger , 28 anni , e il " centrista " Ralf Fucks , 37 anni . Ma la Kelly insiste : " Se diventiamo come i socialdemocratici , perche' mai ci dovrebbero votare ? " . Eterno dilemma di ogni minoranza .

BELGIO
Europa unita , Belgio diviso. Ci sono i Verdi valloni (Ecolo) e quelli fiamminghi (Agelv) , rigorosamente separati . Un eurodeputato ciascuno , fin dal 1984 . E nel Parlamento uscente i Verdi belgi hanno sofferto , perche' rappresentavano l' ala destra del gruppo Arcobaleno , che comprende anche ecologisti di sinistra come gli italiani di Dp e molti tedeschi . Paul Staes e Paul Lannoye aspettano quindi con sollievo l' arrivo dei francesi . Loro dovrebbero mantenere il 7 per cento dei voti , ma con uno stratagemma gli eurodeputati belgi saranno quattro invece che due : raddoppiano grazie alla rotazione e al " deputato supplente " .

OLANDA
L' attuale eurodeputato Bram Van der Lek , 58 anni , fa parte del gruppo Arcobaleno ma proviene dal Psp (Partito socialista pacifista) , che assieme al Partito radicale olandese occupa da decenni lo spazio dei Verdi . Cio' non ha impedito la nascita dei Groenen , che pero' hanno ottenuto risultati scarsi (1 , 3 per cento dei voti) . Grazie al sistema proporzionale , comunque , i Groenen hanno eletti all' Aja e ad Amsterdam.

LUSSEMBURGO
Dein Greng Alternatif ha due deputati e ottiene regolarmente dal 10 al 20% dei voti nelle municipali . Alle europee , pero' , dovrebbero avere il 16 per cento per conquistare uno dei sei seggi riservati al piu' piccolo paese della Comunita' : impossibile .

GRAN BRETAGNA
Il Green party e' letteralmente cancellato dal sistema elettorale uninominale ( " a causa del quale siedono a Strasburgo molti piu' conservatori di quelli che dovrebbero esserci " , denuncia la signora Jean Lambert) . Tuttavia , continuano imperterriti a presentarsi e presumibilmente a rubare voti ai laburisti . Il 18 giugno saranno presenti in tutti i 78 collegi del Regno Unito , spendendo un bel po' di soldi : un deposito di mille sterline per ogni collegio , in totale quasi 200 milioni di lire . Ma e' sicuro che non raggiungeranno la maggioranza in alcun collegio . E questa e' l' unica dura regola per essere eletti , sotto il sistema maggioritario . In totale , alle scorse europee i Verdi avevano comunque raccolto il 4 , 6 per cento . Va un po' meglio nelle elezioni locali : i Greens hanno cento consiglieri municipali e otto distrettuali : uno di loro ha avuto addirittura il 61 per cento dei voti , ed e' certamente il Verde piu' votato del mondo .

IRLANDA
Comhaontas Glas in gaelico significa Alleanza verde . Fondata nell' 81 , finora e' riuscita a conquistare soltanto un consigliere locale . Il capolista a Dublino per le europee e' Trevor Sargent , ma per essere eletto dovrebbe raggiungere il 15 per cento . Invece i Verdi irlandesi non hanno mai superato il 9.

DANIMARCA
In questo paese perfino la regina e i ministri si proclamano ecologisti . Nell' 85 ci fu addirittura un ex ministro della Difesa che ando' a protestare contro gli esperimenti atomici francesi di Mururoa a bordo della nave di Greenpeace . I Gronne hanno qualche eletto locale , ma nazionalmente sia nell' 83 sia nell' 87 hanno raccolto appena l' 1 , 3 per cento . I quattro deputati del Movimento anti Cee sono stati finora accolti nel gruppo Arcobaleno , a Strasburgo , ma e' difficile che la collaborazione con i Verdi continui nel nuovo Parlamento , quando gli ecologisti saranno abbastanza per formare un gruppo autonomo.

SPAGNA
Il primo partito ecologista , Alternativa verda , e' nato a Barcellona nell' 83 . Poi sono venuti Los Verdes e infine , nell' 85 , e' apparsa la Confederacion de los Verdes , capitanata da Santiago Vilanova . Come tutti i Verdi latini , litigano molto fra loro . Scarsissimi i risultati : 0 , 6 per cento Los verdes , 0 , 3 per cento la Confederacion . A complicare il panorama ci sono le rivalita' regionali fra Catalogna e Castiglia , e la concorrenza di ex comunisti e umanisti : anche loro alle elezioni si dicono Verdi . Non si sa , quindi , se alle europee ci sara' una sola lista.

PORTOGALLO
Una bella e bellicosa signora , Maria Santos , e' deputata a Lisbona per Os Verdes . E stata eletta nelle liste del Partito comunista : una specie di indipendente di sinistra , insomma . Solo che il Pc portoghese brilla per il suo stalinismo. I Verdi europei hanno allora accolto nel loro coordinamento una seconda formazione : il Mdp (Movimento democratico portoghese) .

GRECIA
E' il caos totale. Nella miriade di gruppuscoli e movimenti ecologisti, il coordinamento europeo non ha ancora scelto un interlocutore nazionale . Anche perche' molte organizzazioni Verdi greche sono controllate dal partito socialista o dai due partiti comunisti.

Mauro Suttora