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Wednesday, August 17, 2016

Biografia definitiva di Pannella

IL PRIMO AMORE. I RADICALI CHE SCOPAVANO NEI GABINETTI. I LANCIATORI DI MERDA. LA FUGA DI TONI NEGRI. IL LIBERISMO. LE BATTAGLIE ALL'ONU

di Mauro Suttora

Libero, 5 agosto 2016


alcuni estratti dal libro:

Anni ‘30
Sulla spiaggia di Pescara nel 1938 il piccolo Marco Pannella, 8 anni, scopre il razzismo: «Avevo una compagna di giochi, si chiamava Adria. Era il mio primo amore, avevo preso una cotta gigantesca per lei. Ci vedevamo tutti i pomeriggi a giocare. Ma un giorno, d'improvviso, non si vide più. Scomparsa. Era figlia di ebrei, la sua famiglia era scappata a Tangeri. Allora ho capito cosa vuol dire perseguitare le minoranze. Fatterelli, ma dimostrano che vita privata e vita pubblica sono un tutt'uno. È sempre l'esperienza personale che si trasforma in politica».

Anni ‘40
«Un giorno, nel ‘45, ho visto in edicola il quotidiano Risorgimento liberale, organo del Pli. L'ho comprato, mi ha interessato. C’era dentro quel che più amo, la libera discussione intelligente. Da quel giorno ne ho sempre comprato due copie: una per me e una per i miei compagni di scuola, perché la leggessero e ne discutessero, mi portassero le loro obiezioni ed esponessero le loro idee...» È divertente immaginare il Pannella quindicenne impegnato già allora in una missione di proselitismo permanente.

Anni ‘50
Nel 1950 Pannella diventa capo nazionale degli universitari liberali. Augusto Premoli, senatore pli: «Spiccava per gusto della polemica, qualità degli argomenti e, come avrebbe detto Einaudi, per il felice paludamento verbale con cui difendeva le proprie tesi. A queste doti aggiungeva fantasia, fiuto nello stanare e inventare temi che avrebbero fatto presa sull'opinione pubblica, e uno spiccatissimo senso del teatro. Eravamo spettatori non del tutto convinti, ma certo attratti dal livello della recita».

Anni ‘60
Nel 1965-'66 i radicali attraggono gli hippies che seguono la rivoluzione musicale di Dylan, Beatles e Rolling Stones. «Eravamo 70-80 in tutta Italia», racconta Pannella, «quelli delle marce antimilitariste, dei capelloni e delle canzoni pop, delle sedi dove si scopava nei gabinetti, in cui si ciclostilavano i volantini e si preparavano i cartelli-sandwich, in cui già apparivano attivi gli omosessuali, in cui si riunivano anarchici e situazionisti, iraniani e sudvietnamiti, disertori e latitanti, divorzisti e cristiani anticlericali...»

Anni ‘70
Nel 1979 il segretario radicale Jean Fabre e Angiolo Bandinelli, consigliere comunale a Roma, si fanno arrestare per aver fumato uno spinello: chiedono la legalizzazione delle droghe leggere. Poi Fabre viene incarcerato nella sua Francia. «Andiamo tutti a Parigi in corriera per protesta», propone Pannella. Ma la sua idea viene bocciata dai radicali a congresso: è la prima volta che capita. Sdegnato, il leader definisce «lanciatori di merda» gli oppositori. I quali impediscono l'elezione a segretario di Giovanni Negri, un 22enne beniamino di Pannella.


Anni ‘80
Nel 1983 il parlamento dice sì all'arresto del deputato radicale Toni Negri. Il professore scappa in Corsica da Punta Ala sulla barca di Emma Bonino, con l'impegno socratico di tornare per farsi arrestare in grande stile e suscitare così un «caso». Ma a Parigi Negri cambia idea. Pannella lo va a trovare. Litigano. Racconta Negri: «Due giorni di discussione con il Guru. Faticosissimi. Lui, con cinismo avvoltolato in bistecche di sorrisi, mi fa capire che debbo accettare il suo piano: consegnarmi alla polizia». Missione fallita.

Anni ‘90
Nel 1993 sondaggi danno i radicali al quarto posto dopo Dc, Pds e Lega. A Mixer un‘intervista di Giovanni Minoli a Pannella fa il record: otto milioni di spettatori. Tangentopoli procede, con indagini su centinaia di parlamentari. Pannella organizza un convegno apposito contro Eugenio Scalfari: «È un libertino mascherato da tartufo, che con una mano indica il Dio della Democrazia e con l'altra tocca le cosce dell'autoritarismo e della corruzione. Ha fornicato per anni con coloro che attaccava».

Anni 0
«Porteremo le gigantografie di Roosevelt e di Milton Friedman». Marco Pannella promette una presenza «non banale» dei radicali alla manifestazione pro-Usa del 10 novembre 2001 a Roma, dopo la strage delle Torri gemelle. «Oppure srotoliamo dal Pincio uno striscione con le bandiere di Stati Uniti, Gran Bretagna, Israele e la nostra, quella col viso di Gandhi».
Roosevelt e il capo degli economisti di Chicago non hanno nulla in comune, tranne la nazionalità americana e l’antiproibizionismo: il presidente del New Deal legalizzò gli alcolici, il Nobel liberista voleva liberalizzare anche lo spinello.
Ma i radicali sono i precursori dell’Usa Pride: da 15 anni propugnano istituzioni americane (collegi uninominali), giustizia americana (pubblica accusa distinta dai giudici), economia americana (mercato libero).

Anni 10
La notte del 21 aprile 2014 Pannella, 84 anni, viene ricoverato al policlinico Gemelli di Roma per un aneurisma all’aorta e messo in terapia intensiva. Poi ricomincia uno sciopero della sete contro il sovraffollamento delle carceri e per l’amnistia, che interrompe dopo una telefonata di papa Francesco. Pannella afferma di essere divenuto amico del pontefice argentino, e di ammirarlo.
In estate riprende la protesta nonostante un tumore ai polmoni con metastasi epatica, per cui subisce operazioni e radioterapia. Il 28 luglio si fa fotografare in un ristorante sotto casa mentre mangia un piatto di pasta al pomodoro dopo la prima seduta di chemioterapia. E continua le sue visite nelle prigioni di tutta Italia, anche a Ferragosto, Natale e Capodanno. In autunno viaggia in Niger.
Nascono le sue ultime campagne: per «il passaggio dalla ragion di stato allo stato di diritto», e per il «riconoscimento da parte dell’Onu di un nuovo diritto umano: quello alla conoscenza». 
Mauro Suttora

Monday, May 23, 2016

Perché Pannella non lo votava nessuno?

ALLE ULTIME ELEZIONI DEL 2013 I RADICALI HANNO PRESO LO 0,3%

di Mauro Suttora

Oggi, 25 maggio 2016

Ma chi era veramente Marco Pannella? Come mai abbiamo santificato un uomo politico al quale nelle ultime elezioni, tre anni fa, abbiamo dato appena lo 0,3% dei nostri voti?

Nel 2013 i radicali non sono riusciti neppure a raccogliere le firme per presentarsi in metà delle regioni. Perciò oggi, quando la sua compagna Emma Bonino dice che «alcuni omaggi sanno di ipocrisia», si riferisce a tutti gli italiani, e non solo ai politici: «Amateci di meno e votateci di più», ha invitato, da concreta piemontese.

Il problema è che i radicali sono sempre stati un disastro, nelle urne. Il partito fondato  60 anni fa da Pannella ed Eugenio Scalfari (fra gli altri) alle prime politiche nel 1958 racimolò appena l’1,4%. Ed era alleato con i repubblicani, che da soli al voto precedente avevano preso l’1,1. Quindi, anche allora valevano lo 0,3%.
Alle comunali del ’60 riuscirono a eleggere l’attore Arnoldo Foà a Roma e Scalfari con lo scrittore Elio Vittorini a Milano (a Torino candidavano Norberto Bobbio). 

Un risultato che sperano di replicare il prossimo 5 giugno, sull’onda del ricordo di Pannella: Marco Cappato corre a Milano e il segretario di Radicali Italiani Riccardo Magi a Roma, in una lista di appoggio al pd Roberto Giachetti (ex radicale). 
Ma dovranno superare il 3%. E questo è successo solo tre volte nella storia: nel 1979 con Leonardo Sciascia, nell’84 grazie a Enzo Tortora, e nel ’99 con la lista Bonino che toccò l’8%.

Come mai Pannella non lo ha mai votato quasi nessuno? La risposta, curiosamente, arriva dal cantante Enrico Ruggeri. Che radicale non è, ma nel 2003 presentò a Sanremo la canzone Nessuno tocchi Caino contro la pena di morte (una delle innumerevoli campagne radicali): «A Pannella non interessava il consenso. Tutti i politici parlano con lo scopo di essere votati, lui no. Lui voleva solo ottenere risultati per le sue iniziative».

Lo spiegava Pannella stesso: «Io non “faccio” politica. Non “prendo posizioni”. Io lotto». Eppure non era un antipolitico come Beppe Grillo. Al contrario: prese la sua prima tessera di partito (liberale) a 15 anni, nel 1945. E per tutta la sua vita è stato un politico a tempo pieno, tranne qualche anno come giornalista (per Il Giorno nel 1959-62 e per l’Espresso nel 1973, quando seguì Mitterrand in Francia).

Ma ha sempre combattuto i politici se degenerano in Casta. Trent’anni prima del fortunato libro di Rizzo e Stella lottava contro la «partitocrazia» e il finanziamento pubblico ai partiti (quasi vinto il primo referendum del ’78). Per questo è riuscito a mantenere la fama di politico atipico e onesto.

Lo stesso è successo per un’altra battaglia di Pannella: l’anticlericalismo. Come mai è diventato amico di papa Francesco, lui legalizzatore di aborto e divorzio, superlaico, fautore dell’eutanasia, che ancora pochi anni fa sventolava cartelli “No Vatican no Taleban” contro il cardinale Ruini che lo aveva sconfitto nel referendum sulla fecondazione assistita del 2005? «Perché il clericalismo è solo una degenerazione del vero sentimento religioso. E noi radicali siamo sempre stati credenti. In altro che nella “roba”».
Mauro Suttora


Friday, May 20, 2016

Pannella/Bonino: un amore finito male

DOPO LA MORTE DI MARCO, EMMA FA PACE. TROPPO TARDI

di Mauro Suttora

Libero, 20 maggio 2016

Lui ha fatto politica per 70 anni: prima tessera da quindicenne (liberale) nel 1945. Lei esordì 40 anni fa, con un aborto e un arresto. Lui si portava appresso 120 chili (se non digiunava) per 190 cm. di altezza. Lei ne pesa 50 per un metro e 60. Agli antipodi anche la parlantina: barocco e fluviale lui, concreta e concisa lei.

Apostoli della democrazia diretta, dal 1974 hanno raccolto 67 milioni di firme per 122 referendum. Ne hanno vinti 35: divorzio, aborto, finanziamento pubblico ai partiti, obiezione di coscienza alla naja, voto ai 18enni, caccia, chiusura manicomi e centrali nucleari…

Marco Pannella ed Emma Bonino: dall’alto del proprio due per cento hanno cambiato la storia d’Italia dal 1970 a oggi. Sono il contrario di Beppe Grillo, loro imitatore: senza voti (e dal 2013 senza deputati) contano molto, mentre i grillini hanno tanti voti ma contano poco.

Formavano una coppia inossidabile. In tanti avevano cercato di separarli. Nel 1999, dopo il successo della lista Bonino alle europee (secondo partito col 12% al nord), Silvio Berlusconi definì Emma «protesi di Pannella».

Ma lei fino all'estate scorsa era rimasta fedele all’uomo che la fece entrare in Parlamento a 28 anni, con gli zoccoli da femminista. Uniti perfino dai tumori: entrambi ai polmoni, più una metastasi al fegato per Marco.

Fegatoso era stato l’attacco di lui a lei: «Non viene più alle riunioni di partito, non sappiamo che faccia». In realtà la Bonino è di nuovo attiva, superato il cancro con la chemio. Solo che, andando per i 70, si è stufata delle mattane del suo mentore.

Pannella negli ultimi 15 anni ha «adottato» un giovane radicale, Matteo Angioli, con cui ha convissuto in un rapporto socratico-platonico. Lo ha promosso all’interno del partito, fra mugugni vari. E ha rivelato che Bonino si è opposta alla pubblicazione di un loro epistolario.

Gelosia? Pannella è bisessuale: «Ho amato molto quattro uomini, ho avuto figli da due donne», ha confessato. Fra Marco ed Emma non c’è mai stato nulla di sentimentale. Quindi non è stato l’amore ad allontanarli, ma la politica.

Negli ultimi due anni Pannella si era fissato con «il diritto alla conoscenza e la transizione dei Paesi occidentali verso lo stato di diritto». Ha fatto organizzare al suo Matteo e all'ex ministro finiamo degli Esteri Giulio Terzi (predecessore della Bonino alla Farnesina) convegni sull’astruso tema, invitando a Bruxelles, a Roma e a Ginevra (la scorsa settimana) politici e ambasciatori stranieri.

«Emma non si era mai sottratta alle iniziative più strampalate di Marco», commenta Roberto Cicciomessere, già suo compagno e segretario radicale. Ma da un anno non collaborava più. Per lei ormai Pannella era zavorra. Da vent’anni vola nei sondaggi è stata due volte ministro, commissaria Ue (Pannella nel '94 la impose a Berlusconi che stava per mandare a Bruxelles Napolitano). Prima del tumore era perfino fra i favoriti per il Quirinale, al posto di Mattarella (apprezzata anche dai grillini).

Da piemontese leale e disciplinata, non ha mai polemizzato pubblicamente con Pannella. Versa ancora al partito radicale 2.500 euro al mese. «Ma se ne sta coi suoi amici del jet set», brontolava Marco: dalle sorelle Fendi a George Soros, che appoggiano la decennale battaglia della Bonino contro le mutilazioni genitali femminili.

A rimanere mutilati nell'ultimo anno sono stati i radicali: «Per noi Emma era la mamma e Marco il papà», geme l’ex deputato Marcello Crivellini. 

Ultimo strappo: le liste radicali alle comunali del 5 giugno. I boniniani Marco Cappato e Riccardo Magi si presentano a Milano e a Roma. I pannelliani Maurizio Turco e Sergio D'Elia non sono d'accordo. Ormai le due correnti litigano.

Emma non ha mai voluto vedere Marco durante gli ultimi mesi, nella mansarda in via Panetteria dove tutta Italia è andata in pellegrinaggio, da Renzi a Berlusconi. Ieri ha commentato commossa a Radio radicale la sua scomparsa: «Pannella ci ha insegnato molto, mancherà anche ai suoi avversari. È stato amato, ma non ha mai avuto riconoscimenti adeguati». 

Insomma, anche i monumenti divorziano. E figurarsi se non poteva farlo la strana coppia che ha regalato la legge sul divorzio all'Italia.
Mauro Suttora

Wednesday, August 26, 2015

Grillo si ritira?


CAPI LOGORATI: IL COMICO NON NE PUO' PIU' DELLA POLITICA?

«Sono stanco, magari mollo»

«I 5 stelle possono andare avanti senza di me, io ho un’età pazzesca, una famiglia», ripete Beppe Grillo. Ma il suo movimento può sopravvivere senza di lui? «No, non si ritira. E comunque è già entrato nei libri di storia», dicono le sue senatrici. Ecco i veri motivi del distacco

di Mauro Suttora

Oggi, 19 agosto 2015



«No, secondo me non si ritira. Al massimo si prenderà più spazio per altre cose. Ma lo faremo tutti noi parlamentari: dopo due legislature torneremo al nostro lavoro. Tranne chi il lavoro non ce l'aveva, e allora magari farà il politico a vita».

La senatrice Serenella Fucksia è una dei pochi grillini che possono permettersi di parlar chiaro: né fedelissima né dissidente, non ha ambizioni di carriera. E commenta così l'annuncio di Beppe Grillo, che ha dichiarato: «Il Movimento 5 stelle può andare avanti anche senza di me. Io ho un'età pazzesca, una famiglia. Rimarrò solo per far rispettare le regole».

Ma come? Proprio adesso che alcuni sondaggi lo danno al 26%, a soli tre punti dal Pd in drastico calo di Matteo Renzi? Non è un mistero che, in Sicilia come a Roma, se le attuali giunte Pd cadessero, primo partito diventerebbe il M5s. E nel 2016 si voterà a Milano, Torino, Bologna e Napoli.

Mai le prospettive dei grillini sono apparse così rosee. Il seminario Ambrosetti di Cernobbio ha invitato al suo summit settembrino sul lago di Como il più esagitato dei deputati 5 stelle, Alessandro Di Battista. Che è l’opposto del collega Luigi Di Maio, come stile e contenuti. E se il convegno dei poteri forti italiani prende sul serio Di Battista, nominato per le sue sparate «politico cialtrone dell'anno» dal New York Times, vuol dire che un approdo al governo dei grillini non è più escluso.

«Grillo non si ritira, e nessuno di noi lascerà campo libero a questi delinquenti», taglia corto la senatrice Paola Taverna. Ma, al di là dei proclami, i grillini si sono ammansiti. Sulla Rai, per esempio, hanno compiuto un'inversione a U. Volevano vendere, smembrare, privatizzare il simbolo dell'odiata partitocrazia (tranne un canale per il servizio pubblico). Tutto dimenticato. 
Ora partecipano tranquillamente alla spartizione dei consiglieri d'amministrazione: hanno nominato Claudio Freccero (ex berlusconiano oggi estremista di sinistra) nel posto a loro riservato. Freccero ha ipotizzato un ritorno di Grillo in Rai, come comico. E Grillo non lo ha escluso, anche se lui stesso capisce che è impossibile, finché guida il secondo partito italiano.

«Beppe prenderà piano piano le distanze dal suo movimento, pur rimanendone il guru», prevede Massimo Fini, uno dei rari intellettuali simpatizzanti dei 5 stelle. «Ha speso moltissime energie negli ultimi anni, sua moglie vorrebbe che rallentasse».

Ma i grillini possono andare avanti senza il loro capo assoluto? «No, non riusciranno a scalzare i politici professionisti. Quelli sono troppo abili. Non vedo in giro la capacità di opporsi alla cultura mafiosa e familista prevalente, che vent'anni fa riuscì a neutralizzare la ben più strutturata Lega Nord».

Meno pessimista Fucksia: «Anche se perderemo i connotati iniziali, lasceremo comunque la nostra impronta nel mondo reale. Magari ci trasformeremo, ci riadatteremo, o verremo sostituiti da altri. Ma nei libri di storia Grillo c'è già entrato. E abbiamo indotto al cambiamento gli altri partiti».

Al di là dei proclami e dei sogni, però, ci sono realtà prosaiche. Il reddito di Grillo nel 2014 è calato a 180mila euro rispetto ai 220 mila dell'anno precedente. E per un uomo di spettacolo abituato a guadagnare quattro milioni l'anno riempiendo i palasport, rinunciare al lavoro è difficile.

Stesso discorso per il braccio destro Gianroberto Casaleggio: la sua società è finita in deficit di 150mila euro (su due milioni di fatturato), rispetto all'attivo di 250mila del 2013. Il blog non tira più, e le migliaia di post condivisi su Facebook dagli attivisti non fruttano un centesimo.

Vero è che i 17 eurodeputati incassano 34mila euro mensili ciascuno (promettevano di tenerne solo 2.500), e che le «restituzioni» dei parlamentari nazionali sono sempre più misere, perché spendono i loro 15mila mensili anche per far funzionare il movimento. 
Ma l'addio di un quarto dei senatori e di una ventina di deputati si è fatto sentire, riducendo il finanziamento pubblico ai gruppi parlamentari. Le firme racimolate in sei mesi contro l'euro sono state appena 200mila: meno di quelle raccolte in un solo giorno di Vaffaday nel 2008.
             
Insomma, la struttura è di cartone. Quanto alle idee, appena arriva un problema concreto si sfaldano. Sull'immigrazione, per esempio, il rigore proposto ufficialmente sul blog di Grillo dal consigliere comunale torinese Vittorio Bertola è stato rifiutato dal senatore «aperturista» Maurizio Buccarella. Sul quale però è subito piombata la scomunica di Beppe.

«Ma tutti sappiamo che non è Grillo a gestire il movimento, anche se sette su dieci dei nostri elettori hanno votato lui personalmente, e non il movimento», commenta Ernesto "Tinazzi" Leone, decano degli attivisti romani in urto con la società Casaleggio. «Abbiamo tanti leaderini che ormai si esprimono da democristiani, attenti a non rompere delicati equilibri interni».

Insomma, la grande forza dei grillini è la debolezza di tutti gli altri partiti. «Ma se dovessimo veramente andare al governo, rischiamo di fare la fine dei Fratelli musulmani in Egitto o di Syriza in Grecia: cacciati a calci nel sedere per incompetenza dopo sei mesi», commenta sconsolato un parlamentare. Ovviamente anonimo.
Mauro Suttora



INVECE QUESTI SONO ETERNI

«Ci vuole un fisico bestiale», cantava Luca Carboni. E per fare il politico necessita anche la tigna di sentirsi indispensabili. Non sono pochi, nel Palazzo, gli ottuagenari che, invece di dedicarsi al golf, resistono ad ogni rottamazione.
 
L’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per esempio, ultimamente sta inondando di lettere i principali giornali italiani. Difende la controversa riforma del Senato di Maria Elena Boschi, manco l’avesse scritta lui.

Silvio Berlusconi, che il 29 settembre compie 79 anni, ha fatto fuori tutti i suoi delfini. Per ultimo l’attempato Denis Verdini, che in pratica aveva governato l’Italia con Matteo Renzi dopo il patto del Nazareno del gennaio 2014.

Marco Pannella ha passato come sempre il Ferragosto visitando i carcerati, questa volta nella sua Teramo. Attività nobile, ma allarmante per il presidente Sergio Mattarella che lo implora: «Interrompi il digiuno». In realtà Marco si nutre di melone
M.S.

Wednesday, August 12, 2015

Coppie in crisi: Pannella e Bonino

EMMA E MARCO, CHE BOTTE

«Non sei più radicale», accusa lui. «Ma se do al partito 2.500 euro al mese», risponde lei. Ecco i veri motivi della lite che divide i massimi libertari italiani

di Mauro Suttora

Oggi, 5 agosto 2015

Lui fa politica da 70 anni: prima tessera da quindicenne (liberale) nel 1945. Lei esordì 40 anni fa, con un aborto e un arresto. Lui si porta appresso 120 chili (se non digiuna) per 190 cm. di altezza. Lei ne pesa 50 per un metro e 60. Agli antipodi anche la parlantina: barocco e fluviale lui, concreta e concisa lei.

Apostoli della democrazia diretta, dal 1974 hanno raccolto 67 milioni di firme per 122 referendum. Ne hanno vinti 35: divorzio, aborto, soldi ai partiti, obiezione di coscienza alla naja, voto ai 18enni, caccia, chiusura manicomi e centrali nucleari…

Marco Pannella ed Emma Bonino: dall’alto del proprio due per cento hanno cambiato la storia d’Italia dal 1970 a oggi. Sono il contrario di Beppe Grillo, loro imitatore: senza voti (e ora neanche deputati) contano moltissimo, mentre i grillini hanno tanti voti ma contano pochissimo.

Formavano una coppia inossidabile. In tanti avevano cercato di separarli. Nel 1999, dopo il successo della lista Bonino alle europee (secondo partito in molte zone del nord), Silvio Berlusconi definì Emma «protesi di Pannella».

Ma lei è rimasta fedele all’uomo che la fece entrare in Parlamento a 28 anni, con gli zoccoli da femminista. Uniti ora perfino dai tumori: entrambi ai polmoni, più una metastasi al fegato per Marco.

Fegatoso è sembrato l’attacco di lui a lei su Radio radicale: «Non viene più alle riunioni di partito, non sappiamo che faccia». In realtà la Bonino è di nuovo attiva, superato il cancro con la chemio. Solo che, andando per i 70, si è stufata delle mattane del suo mentore.

Rapporto platonico con un giovane

Pannella negli ultimi 15 anni ha «adottato» un giovane radicale, Matteo Angioli, con cui ha convissuto in un rapporto socratico-platonico. Lo promuove all’interno del partito, fra mugugni vari. E ha rivelato che Bonino si è opposta alla pubblicazione di un loro epistolario.

Gelosia? Pannella è bisessuale: «Ho amato molto quattro uomini, ho avuto figli da due donne», ha confessato. Fra Marco ed Emma non c’è mai stato nulla di sentimentale. Quindi non è l’amore ad allontanarli, ma la politica.

Ora Pannella si è fissato con «la transizione dei Paesi occidentali e arabi verso lo stato di diritto». Fa organizzare al suo Matteo convegni sull’astruso tema, invitando a Bruxelles e a Roma (la scorsa settimana) politici stranieri.

«Emma non si era mai sottratta alle iniziative più strampalate di Marco», commenta Roberto Cicciomessere, già suo compagno e segretario radicale. Adesso invece non collabora più. Per lei ormai Pannella è zavorra. Da vent’anni vola nei sondaggi, è stata due volte ministro, commissaria Ue. Prima del tumore era fra i favoriti per il Quirinale (apprezzata anche dai grillino).

Da piemontese leale e disciplinata, non polemizza e versa ancora al partito radicale 2.500 euro al mese. «Ma se ne sta coi suoi amici del jet set», brontola Pannella: dalle Fendi a Soros, che appoggiano la battaglia della Bonino contro le mutilazioni genitali femminili.

A rimanere mutilati questa volta sono i radicali: «Per noi Emma era la mamma e Marco il papà», geme l’ex deputato Marcello Crivellini. Anche i monumenti divorziano.
Mauro Suttora

Sunday, April 28, 2013

Bonino ministro Esteri


di MAURO SUTTORA

Libero, 28 aprile 2013

Nel 1994 il neopremier Berlusconi aveva deciso: i suoi due commissari italiani alla Ue sarebbero stati Giorgio Napolitano e Mario Monti. A quel punto, però, Marco Pannella piombò a palazzo Chigi, litigò con Giuliano Ferrara ministro dei Rapporti col Parlamento e sponsor di Napolitano, e impose la nomina a Bruxelles di Emma Bonino al posto del presidente uscente pds della Camera.

Risale a quell’episodio, paradossalmente, l’amicizia politica fra Napolitano e la Bonino. Che si concretizza oggi con la nomina di quest’ultima a ministro degli Esteri, caldeggiata dal presidente. Napolitano infatti, per nulla offeso dallo scippo radicale, frequentò Bruxelles negli anni seguenti come membro dell’assemblea parlamentare Nato. E apprezzò molto la Bonino commissario Ue. La stima è cresciuta nel biennio 2006-8: lui presidente, lei ministra del Commercio estero e Politiche europee che riuscì a trascinarlo alla marcia radicale per l’amnistia, e a fargli appoggiare la campagna di Pannella contro il sovraffollamento delle carceri.

Il biennio nel governo Prodi è alla base anche del buon rapporto fra la Bonino ed Enrico Letta. Proprio mentre i radicali si scontravano con i segretari Pd Veltroni e Franceschini, il pragmatismo governativo ha unito Emma al sottosegretario alla Presidenza.

Ma il vero, grande sponsor della Bonino sono i sondaggi popolari. Nonostante il suo partito sia all’1-2% (nessun eletto il 25 febbraio), lei risulta regolarmente in testa da anni. Ha vinto tutti quelli indetti online dai giornali prima delle presidenziali. E si è piazzata sesta alle ‘quirinalie’ di Grillo, davanti a Prodi, il magistrato Caselli e Dario Fo.

La Bonino mette d’accordo la sinistra (Bersani è un altro suo sponsor, ultimamente perfino il Manifesto tifa per lei), la destra (Berlusconi da vent’anni cerca inutilmente di separarla di Pannella) e il centro: Monti la apprezza come bocconiana (anche se laureata non in economia: tesi su Martin Luther King nel ‘72 in lettere straniere, corso poi abolito perché gli studenti erano troppo di sinistra), ottimi rapporti con l’ex radicale Benedetto Della Vedova oggi montiano (unico senatore ex finiano sopravvissuto), e battaglia comune contro la pena di morte con Sant’Egidio del ministro uscente Andrea Riccardi.

Papa Francesco e l’impegno sulle carceri hanno avvicinato i radicali alla Chiesa: la loro radio dedica al Vaticano un programma domenicale condotto da Giuseppe Di Leo dai toni quasi edificanti. Sono lontani gli scontri su aborto e fecondazione assistita.

È rimasto solo qualche complottista di estrema sinistra o grillino a contestare sia alla poliglotta Bonino (inglese, francese, spagnolo, arabo) che a Letta la partecipazione a due riunioni del club Bilderberg: lei nel ’98, invitata da commissaria Ue, lui l’anno scorso a Chantilly (Usa) come vicesegretario Pd. Ma quanto sia pericoloso questo raduno accusato di «massoneria» lo dice il nome di uno degli altri 5 partecipanti italiani del 2012 (oltre a John Elkann, Bernabè di Telecom e Conti dell’Enel): Lilli Gruber.
Mauro Suttora