Wednesday, May 27, 2015
Toti-Emiliano, intervista parallela
Il candidato di centrodestra Giovanni Toti (ex direttore di Studio Aperto e di Tg4) forse vincerà in Liguria alle regionali del 31 maggio 2015 grazie alle divisioni del centrosinistra. Il candidato di centrosinistra Michele Emiliano (ex magistrato e sindaco di Bari) vincerà in Puglia grazie alle divisioni del centrodestra.
Due personaggi simmetrici, che quindi meritano un'intervista simultanea con (quasi) le stesse domande.
Oggi, 20 maggio 2015
di Mauro Suttora
Una previsione sul voto: Renzi vincerà 6-1, in tutte le regioni tranne in Veneto?
Toti: «Qui in Liguria avrà una delusione. Merito nostro, e colpa delle divisioni della sinistra».
Emiliano: «Credo di sì, se in Liguria il popolo di sinistra sceglierà il “voto utile” per Paita».
Dopo il 4% a Trento di Forza Italia, ma anche il meno 20% del Pd rispetto alle europee, quanto dureranno Berlusconi e Renzi?
T: «In Trentino Forza Italia paga debolezze che durano da anni. Berlusconi spero duri in politica il più a lungo possibile».
E: «Il primo è durato tantissimo, il secondo è molto ben avviato. Renzi però deve preoccuparsi di più per gli astenuti, rimotivandoli».
Se in Liguria vince Toti ci sarà la scissione a sinistra del Pd?
T: «Non mi riguarda».
E: «No. In Liguria resiste il vecchio Pd industrialista, ma non ha futuro. E le nostre regole permettono di fare un grandissimo casino anche a chi resta dentro».
Di chi è la colpa della divisione della destra in Puglia?
T: «Come in famiglia, quando ci si separa la colpa è un po’ di tutti. Io avevo proposto di candidare in Puglia il nostro eurodeputato più votato [Fitto, ndr], così come abbiamo fatto in Liguria [Toti, ndr]. Ma hanno prevalso interessi personali».
E: «La colpa è mia. Abbiamo un tale vantaggio che a destra non si preoccupano più di vincere. Regolano i loro conti».
Di chi è la colpa della divisione della sinistra in Liguria?
E: «Di un vecchio Pd che non si rassegna. Ma per guarire serve la fisioterapia, anche se è un po’ dolorosa».
Il suo primo atto se vince?
T: «Nominare un commissario straordinario contro il dissesto idrogeologico».
E: «Riunire i migliori studiosi del mondo per combattere la Xylella. Che rischia di propagarsi in tutta Italia e nel Mediterraneo».
Cosa pensa degli “impresentabili” alleati di De Luca in Campania? C’è qualche accusa anche contro Emiliano.
T: «La sinistra ha una doppia morale: quel che serve a loro diventa presentabile. Scaricano le responsabilità dicendo che si tratta di liste collegate, non del Pd. Ma le alleanze si fanno consapevolmente».
E: «Non conosco le cose in Campania. Contro di me, invece, solo balle. Anzi: fuoco amico. Qualcuno a sinistra accusa un candidato Udc, nostro alleato, di essere stato nell’estrema destra un quarto di secolo fa».
Le ruberie non cessano, dall’Expo al Mose, da Mafia Capitale alle Grandi opere: ormai in Italia la corruzione è norma?
T: «Dobbiamo essere durissimi. Ma il primo modo di combatterla è semplificare la selva di leggi dietro cui si nascondono i corrotti».
E: «Certi politici e dirigenti pubblici monetizzano la propria carica. Grande determinazione contro di loro».
Teme Grillo?
T: «Sa raccogliere l’esasperazione, però ha fallito in ogni proposta. Ulula alla luna, ma è velleitario».
E: «Qui in Puglia arriverà secondo, avrà il miglior risultato d’Italia. Ho una vecchia passione per la parte ragionevole e democratica dei 5 stelle».
Se non ci fosse il suo partito, voterebbe Grillo?
T: «Mai».
E: «Sì».
Da governatore, è disposto ad accogliere i migranti? Cosa pensa della Val d’Aosta che ha detto no a 79 “ospiti”?
T: «Hanno fatto bene. Dopo la vittoria ci uniremo a loro e ai sindaci di Lombardia e Veneto, che non ne vogliono neanche uno. Siamo in crisi, i nostri territori non possono sopportare queste sollecitazioni. Renzi risolva il problema a monte, come propone il premier inglese Cameron, senza scaricarlo su di noi».
E: «San Nicola, protettore di Bari, ha la pelle nera. È un dovere accogliere i rifugiati, come ha fatto la mia città nei dieci anni della nostra amministrazione».
Come ridurre le spese sanitarie delle regioni?
T: «Faremo scegliere dirigenti e primari da società di cacciatori di teste, e non dai politici. Potenzieremo l’assistenza domiciliare. Prolungheremo gli orari di ospedali ed esami diagnostici per ridurre le liste d’attesa».
E: «Butteremo fuori i politici. Le nomine le farà un Consiglio superiore della sanità composto dai presidenti degli ordini professionali».
Regioni e Comuni smetteranno di protestare per i tagli imposti dallo Stato centrale, risparmiando invece di scaricarli sui cittadini, con aumenti sull’Irpef regionale?
T: «Abbasserò le aliquote Irpef risparmiando sulle spese. Ma a sua volta lo Stato deve smetterla di tagliare i fondi solo a noi, senza dimagrie anch’esso».
E: «Da sindaco di Bari ho risparmiato 110 milioni in dieci anni. Lo Stato ci ha tagliato il bilancio da 650 milioni annui a 540, ma abbiamo ottenuto l’Oscar per trasparenza e solidità dei conti. Questo è il Sud che funziona».
Continuiamo a cementificare la Liguria, provocando frane, alluvioni e fuga del turismo di qualità verso la Costa Azzurra?
T: «Il dissesto idrogeologico è una priorità assoluta. Bisogna riqualificare le costruzioni, senza tabù né ideologismi».
Vogliamo tagliare gli ulivi malati di Xylella e contagiosi, o basta una sentenza del Tar per bloccare tutto?
E: «Il Tar ha ragione, l’ordinanza del taglio di ulivi centenari era confusa, non c’erano test attendibili».
Ilva: è possibile produrre acciaio in modo pulito, o la chiudiamo con migliaia di disoccupati e aggravio di import di acciaio?
E: «Non so se rispettando le regole si può produrre acciaio senza ammazzare la gente avvelenando gli alimenti: questa è l’imputazione nel processo in corso. Se non si può, con l’aiuto di tutta l’Italia chiuderemo la fabbrica».
Proporrà il reddito di cittadinanza, come Maroni in Lombardia?
T: «No. Bisogna creare occupazione con seri incentivi. La sinistra ha lasciato alla Liguria un 50% di giovani disoccupati».
E: «Sì. Abbiamo già preparato un piano e lo realizzeremo, in cambio di lavori sociali. Che non si potranno rifiutare».
Mauro Suttora
Pippo Civati ed ex grillini contro Renzi
Pippo Civati, uscito dai democratici due settimane fa, è pronto a tornare in campo contro l’ex amico Renzi. E vuole fargli perdere le elezioni in Liguria
di Mauro Suttora
Oggi, 20 maggio 2015
Cinque anni fa erano grandi amici e alla prima riunione della Leopolda sognavano di rottamare i vecchi dirigenti del Pd. Un anno e mezzo fa, alle primarie democratiche, erano avversari. Matteo Renzi vinse con il 68% contro il 14 di Pippo Civati e divenne segretario (il restante 18% andò all’ortodosso Gianni Cuperlo).
Due settimane fa Civati, dopo mesi di critiche a Renzi, ha lasciato il partito ed è tornato a Verona, dove vive con la compagna veronese Giulia Siviero e la figlia Nina.
Vale i 400mila voti avuti alle primarie del 2013
Ma il relax è durato poco. Perché, forte dei 400mila voti delle primarie, ora Civati è pronto a nuove avventure. Formerà un gruppo parlamentare con ex grillini (6-7 senatori: Campanella, Bocchino, Casaletto, Orellana, De Pin, Molinari, Pepe) e, forse, qualcuno di Sel (partito per cui vota la compagna). E in vista delle regionali del 31 maggio fa campagna elettorale in Liguria, dove il suo candidato Luca Pastorino potrebbe far perdere Raffaella Paita (Pd) contro Giovanni Toti (Forza Italia).
Pastorino infatti nei sondaggi è al 10%: tutti voti di sinistra, tolti a Renzi. Che perciò lo accusa di attirare un voto «non utile». «Ma come, il potente premier che ci definiva perdenti e inutili ora dice che senza di noi non vince?», risponde Civati, beffardo.
Mauro Suttora
Wednesday, May 13, 2015
I peggiori film della nostra vita
Cinema: sedici personaggi confessano le loro “pellicole-mattone”
Una catena di sale francesi rimborsa il biglietto agli spettatori che escono nella prima mezz’ora. Quanti ne approfitteranno?
FRA REGISTI E ATTORI INSOPPORTABILI, Ecco chi rischia in italia: in testa Lars von Trier, Ben Affleck... e molti mostri sacri
FRA REGISTI E ATTORI INSOPPORTABILI, Ecco chi rischia in italia: in testa Lars von Trier, Ben Affleck... e molti mostri sacri
di Mauro Suttora
Oggi, 6 maggio 2015
Quali sono i film da cui siete scappati, nella vostra vita?
Maurizio COSTANZO: «Tutti i kolossal sull’antica Roma».
Paola TAVERNA, senatrice 5 stelle: «Non sopporto i film di Madonna, quelli delle Vacanze di Natale, e comunque ormai non vado più al cinema. Mi rompo le scatole. Mi fece particolarmente schifo Palombella Rossa di Nanni Moretti, un insopportabile radical chic».
Giampiero MUGHINI: «La grande bellezza di Sorrentino».
Massimo FINI: «Uscii dal cinema quando Robert De Niro si arrampicò sulle rocce per venti minuti in Mission, quel film di ormai trent’anni fa dove c’era anche Jeremy Irons, e che vinse la Palma d’Oro a Cannes. Ultimamente ho detestato American Sniper: sembra un western, non un film di guerra. E Bjork che faceva la cieca in Dancer in the dark, il film del 2000 di Lars Von Trier: era insopportabile».
Alba PARIETTI: «The Piano Player, con Christopher Lambert, Dennis Hopper e Diane Kruger (2002). Lo dico con tutto l’affetto che ho per lui». Ma è la vendetta dell’ex? «No, allora ero innamoratissima, stavamo assieme e mi ero messa a vederlo in cassetta. Ma non ce l’ho proprio fatta, stavo per suicidarmi».
Sabina CIUFFINI: «Amore bugiardo, con Ben Affleck (2014). L’ho visto due mesi fa e sono uscita alla fine del primo tempo, cosa molto rara per me. Film fatto bene, ma prevedibile e irritante. Perché l’hanno fatto? Una specie di pozione malefica che ho rifiutato di bere fino in fondo».
Il povero Affleck si prende una segnalazione negativa pure da Michele CUCUZZA per lo stesso film, Amore bugiardo: «Sopravvalutato, scontato».
Martina COLOMBARI: «Le onde del destino, del regista danese Lars Von Trier, 1996. Nonostante avesse vinto il festival di Cannes, e la protagonista Emma Watson fosse stata nominata per un premio Oscar come migliore attrice, lo ricordo soltanto per i suoi interminabili 156 minuti. Fu una prova di forza resistere fino in fondo. E riuscii perfino a trattenere in sala mio marito [l’ex calciatore Billy Costacurta, ndr]».
Beppe SEVERGNINI: «La terra trema di Luchino Visconti mi ha sconfitto: sono uscito a metà, e tremavo più della terra in questione. Il film, mi assicurano, è un capolavoro. Ma forse non era adatto al momento ormonale di un diciottenne. Otto e Mezzo di Fellini è una meraviglia, ma è un film da vietare ai minori di 48 anni: non li riguarda.
Sono rimasto in sala per Allacciate le cinture con Kasia Smutniak di Ferzan Ozpetek, regista di cui ero e rimango un estimatore; e ho fatto male. Coraggio, succede anche ai migliori, caro Fernan».
Elisabetta GARDINI, eurodeputata di Forza Italia: «Non posso vedere gli 007 senza Sean Connery. Mi spiace per i vari Roger Moore o Daniel Craig che gli sono succeduti, ma per me James Bond rimane uno solo. E non c’è la minima possibilità che guardi un film con i supereroi, quelli dei fumetti. Mi sembra di stare in un videogioco».
Luciana LITTIZZETTO: «Paganini, scritto diretto e interpretato da Klaus Kinski (1989). Come film brutti, quello mi basta per l’eternità».
Dalila DI LAZZARO: «L’Imbalsamatore di Matteo Garrone (2002). Film interessante, ma così lugubre che mi ha respinto. Un po’ come l’Urlo di Munch, capisco il genio in quel quadro. Però io al cinema voglio sognare, ho bisogno di allegria, colori».
Antonio POLITO: «The Counselor – Il procuratore di Ridley Scott del 2013, con un cast di star: Michael Fassbender, Brad Pitt, Cameron Diaz, Penelope Cruz, Javier Bardem. Sono scappato, nonostante Ridley Scott sia uno dei miei preferiti».
Giampaolo PANSA: «Ludwig di Luchino Visconti, che pesantezza».
Camilla BARESANI: «Mi irritano i film con pretese intellettuali. Fra i tanti, ricordo Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, Il palloncino bianco di Jafar Panahi, Sotto gli ulivi di Abbas Kiarostami e Ferro 3 del coreano Kim Ki-Duk».
Stefania PRESTIGIACOMO: «Turner di Mike Leigh, sulla vita dell’omonimo pittore inglese. Il protagonista Timothy Spall avrà anche vinto il premio come migliore attore all’ultimo festival di Cannes, io ho resistito fino alla fine ma ho molto sofferto. Pesante, lento, soporifero».
Mauro Suttora
Le multe impazzite
Incubi: decine di migliaia di italiani alle prese con sanzioni impazzite
La multa esplosa:
da tre a 268 euro
Cinque anni fa è passata col rosso. Pagati 159 euro, la signora Bernetti era tranquilla. Ma a gennaio anche lei è rimasta vittima del «risveglio» di molti Comuni, che per rimpinguare le casse ricorrono a trucchi. Ecco quali
Oggi, 6 maggio 2015
di Mauro Suttora
Si chiamano Can e Cad. Ma non sono personaggi dei fumetti. Le due sigle indicano quelle che per molti italiani sono diventate un incubo: le spese aggiuntive da pagare per le multe. Cifre minime, attorno ai tre euro: “Comunicazione di avvenuta notifica” e “Comunicazione di avvenuto deposito”. Le devono versare, oltre all’importo della multa stessa, chi riceve il bollettino a casa o, se irreperibile, all’ufficio postale più vicino.
È facile, se non si leggono tutte le postille in burocratese, dimenticare di aggiungerli alla somma dovuta. Il rischio? Vedersi recapitare cartelle esattoriali salatissime dopo anni e anni.
È quel che è capitato alla signora Paola Bernetti, che nel 2010 passò col rosso a Corsico (Milano). «Mi arrivò la multa, pagai i 159 euro, ma non mi accorsi che dovevo aggiungere i 3,40 euro del Cad. Infatti avevo ricevuto due bollettini, e pensavo che quello con tre euro di meno fosse per chi pagava subito».
Valanga di sanzioni vecchie a dicembre 2014
Nel dicembre 2014 anche la signora Bernetti, come centinaia di migliaia di italiani, riceve da Equitalia l’ingiunzione a pagare multe vecchie fino a cinque anni. I Comuni infatti, bisognosi di soldi, vogliono rastrellare gli arretrati delle multe stradali (che coprono il 15% dei loro bilanci) prima che scatti la prescrizione. La signora però viene invitata a versare 268 euro: la stessa multa di cinque anni prima con la cifra raddoppiata perché pagata dopo i 60 giorni, e detratti i 159 già versati.
Incredula, la signora va al comune di Corsico dove le confermano che, non avendo pagato per intero la multa del 2010, ora la deve ripagare tutta.
Ovviamente Paola Bernetti fa ricorso, e a giugno sulla vicenda deciderà il giudice di pace. Ma la signora ha già la vittoria in tasca. Il comune di Corsico infatti, in un soprassalto di saggezza, a marzo si è reso conto dell’assurdità della sua pretesa e ha deliberato che sotto una certa cifra le somme dovute per multe arretrate non debbano essere più pagate: «Costa di più la procedura per ottenerle che l’incasso effettivo».
«I Comuni ci provano, e la gente paga»
Contenta, signora Bernetti? «Assolutamente no. Intanto, i comuni ci provano. Se io non avessi conservato per anni le ricevute di tutte le multe pagate, non avrei potuto dimostrare di averlo fatto. Poi, la gente non si ricorda. Arriva un avviso di Equitalia, c’è lo spavento, e per quieto vivere molti pagano. E comunque, non tutti sono così battaglieri da fare ricorso al giudice di pace. Nel mio caso il comune di Corsico ha fatto marcia indietro, ma la giurisprudenza al riguardo è incerta».
COME DIFENDERSI: TENETE LE RICEVUTE DI TUTTE LE MULTE PAGATE
La contestazione delle multe stradali è lo sport nazionale degli italiani. E a ragione: in ballo ci sono due miliardi di euro annui (ma i Comuni riescono a incassarne solo la metà).
Se si ha torto conviene pagare subito.
Se non avete un buon motivo per contestare la multa, conviene pagare subito: da due anni, infatti, la sanzione viene ridotta. Non vale più l’abitudine di tirarla per le lunghe.
Non buttate via niente, almeno per cinque anni.
Le multe si prescrivono dopo cinque anni,ma ora i Comuni stanno bene attenti a non farli trascorrere. E si svegliano poco prima della scadenza.
Non fatevi spaventare dai costi dei ricorsi.
Non lasciatevi spaventare dai costi per le opposizioni. Andate negli uffici a contestare. Poi, il ricorso al giudice di pace costa 40 euro.
Associazioni e avvocati specializzati.
Esistono associazioni dei consumatori e avvocati specializzati per le multe stradali. L’ultima loro vittoria riguarda le multe dei tutor autostradali, nulle se manca la foto dell’infrazione.
Informatevi, leggete, scrivete ai media.
Imitate la signora Bernetti: informatevi sui giornali o online sui casi simili ai vostri, e a vostra volta scrivete. Ma solo se siete sicuri di avere ragione.
Mauro Suttora
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Prime impressioni dall'Expo
Prime impressioni dall'Expo
CHE MERAVIGLIA, QUESTI PADIGLIONI SONO OPERE D'ARTE
Ma per visitarli tutti non basta un giorno. Perciò l’ingresso a 39 euro è eccessivo. Guida alle curiosità, dalla foresta austriaca al gelato con vodka bielorusso
di Mauro Suttora e Alice Corti
Oggi, 6 maggio 2015
Munitevi di scarpe comode, perché a fine giornata avrete i piedi come zampogne. All’Expo si cammina molto, i 150 padiglioni sono sparsi su due chilometri. E preferite il passante ad auto e metro: meno di venti minuti da Milano centro.
Complimenti per la volata finale, nessuno si accorge che i lavori erano in ritardo. Ma si penta chi ha deciso biglietti d’entrata così alti: 39 euro, cento per una famiglia con due bambini. Che si aggiungono al cibo. I ristoranti regionali di Eataly sono splendidi, ma dieci euro per un mini-primo su un piattino di plastica e tre per un bicchiere di acqua è troppo. Finisce che si scappa da Coca Cola e McDonalds, un euro e mezzo a cheeseburger.
I padiglioni più belli sono Italia, Cina e Vietnam. Quelli di maggior successo: Brasile (grazie alla maxirete dove si cammina), Austria (per la foresta) e Nepal (per solidarietà). Quasi ogni Paese ha un suo ristorante tipico, ma non abbondano gli assaggi gratuiti.
Fila al ristorante Basmati nel cluster riso. I “cluster” sono padiglioni tematici con più Paesi. Ci sono pure cacao, caffè, frutta, spezie, tuberi. In quello delle isole, oltre a Caraibi, Maldive, Comore e Madagascar, chissà perché c’è uno stanzone per la Corea del Nord.
La povera Regione Sicilia è finita nel cluster Bio-Mediterraneo con Albania, Montenegro, Algeria, Egitto e altri. La pioggia passava dal tetto, hanno dovuto chiuderlo. Auguri.
Propaganda efficiente da Israele («Abbiamo inventato noi i pomodori-ciliegia»), mentre lo stand dell’Iran sta senza problemi davanti agli Usa.
Spingetevi in fondo, fino a Indonesia e Oman
Dall’ingresso principale vale la pena arrivare fino alla fine del Decumano per visitare Oman e Indonesia, mentre la Francia costringe a un fastidioso zigzag per entrare. Code anche per la Germania, perché il controllo è meticoloso, senza entrata libera. Gelato con vodka dalla Bielorussia.
Il dispiacere più grande è lasciare l’Expo avendo potuto visitare, per ragioni di tempo, soltanto la metà degli splendidi padiglioni: quasi tutti sono meraviglie architettoniche.
Mauro Suttora
Renzi: ma dura?
BISIGNANI RACCONTA I SEGRETI DELLA VITA PRIVATA DEL PREMIER
di Mauro Suttora
Oggi, 6 maggio 2015
Luigi
Bisignani ha colpito ancora. Dopo le 160mila copie de L'uomo che sussurra ai potenti due anni fa, lui e Paolo Madron sono
tornati in testa alle classifiche col loro nuovo libro, I potenti al tempo di Renzi. L'editore è Chiarelettere: lo stesso
di Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio, Marco Travaglio e altri giornalisti
estremisti di sinistra del Fatto
Quotidiano. Sorprendente, per un faccendiere («Preferirei la definizione di
triangolatore») democristiano come lui
.
Bisignani
torna al mestiere che aveva praticato vent'anni all'agenzia Ansa: il
giornalista. Svela un Matteo Renzi privato e segreto grazie alle preziose “gole
profonde” che ha conosciuto nei decenni a palazzo Chigi: portinai, camerieri,
funzionari anche di modesto livello. I quali, raccontando la vita quotidiana
del presidente del Consiglio, riescono con piccoli aneddoti a spiegare il
"renzismo" meglio di tanti politologi.
Le
camicie bianche, per esempio: Renzi è capace di cambiarne anche sei nella
stessa giornata, per mantenere immacolato il suo marchio di fabbrica. Con
annesse lampade abbronzanti che gli fanno risaltare il viso sul bianco dei
colletti.
Oppure
le fiere rivalità che lancinano il suo “cerchio magico”: la povera Simona
Bonafè, una volta sua fiera scudiera, ridotta ad autoesiliarsi
all’Europarlamento (in cambio di uno stipendio d’oro) dopo essere stata
sorpassata e distrutta da Maria Elena Boschi.
La
quale, si chiede mezza Italia, avrà ammaliato anche Matteo con i suoi occhioni?
«Sulle
donne e sui soldi non riusciranno mai a distruggere Renzi», taglia corto
Bisignani. «Anche perché sua moglie Agnese è una gran donna, capace di tenere i
piedi per terra. E cerca di farglieli tenere anche a lui: lo sgrida perché
prende troppo spesso l’elicottero. “Quando torni a casa prendi il treno”, è il
suo saggio consiglio».
Dopo
le nove di sera Renzi si barrica nel suo appartamento privato di palazzo Chigi
e fa entrare soltanto gli amici stretti. Lontano dai salotti romani carichi di
tentazioni (la Boschi invece è stata avvistata chez Carlo De Benedetti, editore
di Repubblica-Espresso), le sue
serate finiscono spesso con pizze a domicilio e battute scherzose alla Amici
miei.
Con il fedelissimo Luca Lotti (sottosegretario che ha rimpiazzato
Graziano Del Rio come numero due) e l’ex vigilessa avellinese Antonella Manzione,
sorella del sottosegretario all’Interno Domenico, Renzi prende in giro
avversari e alleati. Angelino Alfano, per esempio, è soprannominato Checco
perché assomiglia a Zalone.
Durerà?
«Soltanto
se allarga il suo cerchio magico. Ma non so se ne sarà capace, perché da quando
aveva 25 anni - quindi da un quindicennio - si comporta allo stesso modo:
rottama tutti, tranne gli amici».
Con
un’energia impressionante.
«È
come Berlusconi. Un rullo compressore. Nel 1984 il Cavaliere aveva già due reti
tv, Canale 5 e Italia Uno. Comprò anche Retequattro da Mondadori, e tutti gli
dissero: “Sei pazzo, non ti permetteranno di avere tre canali, ti distruggeranno”.
Dopo due anni prese anche il Milan, di nuovo contro il parere di molti amici,
con folle lucidità. Renzi è uguale».
Per
questo Berlusconi lo ha corteggiato.
«Sì, lo avrebbe voluto in
Forza Italia. Alla fine del 2010 ci fu il loro famoso incontro ad Arcore. Ma
Renzi confidò a un amico: “Se vado nel Pdl, non potrò mai essere il numero uno”».
Da
un anno e mezzo lo è.
«Renzi
stravince, ma con gli italiani. Nel Palazzo, invece, il giochino si è rotto. Lo
accusano di voler fare “l’uomo solo al comando”, il duce, ma il 60 per cento
della gente non capisce queste critiche».
Quindi
lui va avanti come un carro armato.
«Con
l'Italicum esce vincitore alla grande. Parla al Paese, non al Palazzo. E se c’è
un minimo di ripresa economica vincerà le elezioni, a cominciare da quelle del
31 maggio in sette regioni. Sarà facile per Renzi battere i partiti del centrodestra,
molto più difficile sconfiggere i suoi avversari interni del Pd, le varie
minoranze».
Non
era mai successo, nel dopoguerra.
«Oltre
a Berlusconi, che però ha creato il suo partito personale, soltanto due
politici italiani nel recente passato sono stati accentratori come Renzi: Craxi
e De Mita. Ma sono durati pochi anni. E comunque, quello degli anni 80 era un
altro mondo».
Mauro
Suttora
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