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Wednesday, November 11, 2009

Caso Marrazzo

INDAGINE SU UNO SCANDALO CHE FA TREMARE IL PALAZZO

Un filmato pieno di enigmi, racconti che si contraddicono, le curiose iniziative di alcuni giornalisti... Sulla storia del trans e del governatore ci sono troppi silenzi. E poche verità

di Umberto Brindani, Mauro Suttora

Oggi, 11 novembre 2009

Troppi misteri, troppi silenzi, troppe bugie. A due settimane dal blitz dei carabinieri del Ros che ha scoperchiato lo scandalo Marrazzo (21 ottobre), l' intera vicenda, invece di chiarirsi, si è ulteriormente confusa e intorbidata. Non torna il conto delle date, dei video o presunti tali, dei soldi, delle persone coinvolte.
I protagonisti, a cominciare dallo stesso Piero Marrazzo, si contraddicono, si correggono, si smentiscono tra loro. E nel caos generale, monta come un blog il rito della maldicenza, la caccia ai clienti vip dei trans di via Gradoli e dintorni. Girano come mosche impazzite liste (ovviamente impubblicabili) di decine e decine di nomi: ministri ed ex ministri, politici di destra, di sinistra e di centro, imprenditori, calciatori, giornalisti ad alta visibilità televisiva...

«I deputati sono lo specchio del Paese e quindi non possono essere specchiati», cerca di scherzare Benedetto Della Vedova, del Pdl. «Non sono Alice nel Paese delle Meraviglie», aggiunge la senatrice radicale Donatella Poretti, «e quindi non mi stupisce che anche i politici di professione vadano a trans o a puttane, come il resto dei maschi italiani».
Perfino Silvana Mura (Italia dei Valori) assolve i birichini: «Le debolezze sessuali esistono in tutti gli ambienti». Intanto, però, qui ci sono una vita e una famiglia rovinate, quelle dell' ex governatore della Regione Lazio. E un' aria fetida che sa di complotti, segreti e menzogne. Cerchiamo allora di rimettere in ordine i fatti certi e le domande ancora inevase, sia sulle circostanze che hanno portato alla realizzazione del famoso video, sia sugli strani percorsi che il medesimo filmato ha imboccato successivamente.

Thursday, March 26, 2009

I partiti personali

LA CASTINA
E questi privilegi milionari chi li tocca ?

il palazzo degli sprechi non conosce crisi

Fiumi di denaro ad amministratori locali e partiti "inesistenti". Da Nord a Sud. Uno sconsolante viaggio nella cara politica

di Mauro Suttora

Oggi, 25 marzo 2009

A Roma basta essere consigliere comunale di un partito con un solo eletto per ottenere l' auto blu. E tutti, all' unanimità, dall' estrema destra all' estrema sinistra, si sono appena autoassegnati 75 nuovi portaborse, togliendoli all' anagrafe e ad altri uffici comunali dove rendevano servizi preziosi per i cittadini.
Insomma: i partiti litigano, ma quando si passa a incassare tutti si uniscono magicamente. E anche se Silvio Berlusconi promette di dimezzare i parlamentari, la crisi economica non sembra toccare la casta dei politici di professione. Invece di diminuire, i costi della politica aumentano. I partiti che prendono soldi statali si sono moltiplicati. Le liste regionali, per esempio.

Una volta c'erano solo la Suedtiroler Volkspartei a Bolzano e l' Union Valdotaine ad Aosta. Oggi invece sono 32. Oltre alla trentina di partiti nazionali che continuano a partecipare alle elezioni locali. Una cifra incredibile. Così, un fiume di denaro finanzia tante minicaste locali: solo di stipendi i 1.118 consiglieri regionali ci costano 620 milioni a legislatura.
"E aumentano pure loro", denunciano gli ex senatori Cesare Salvi e Massimo Villone, autori del libro Il costo della democrazia: "La Campania li ha aumentati da 60 a 80, Lazio e Puglia da 60 a 70, l' Emilia da 50 a 65, Liguria e Abruzzo da 50 a 60". Non solo Roma, quindi. Anzi, gli scandali negli ultimi mesi sono avvenuti lontano dalla capitale: Pescara, Basilicata, Napoli.

Dal 2005 il finanziamento pubblico è stato esteso anche a liste che si presentano in una sola Regione. Grande impulso ai "partiti del presidente": Insieme per Mercedes Bresso in Piemonte (che nel 2007 ha incassato mezzo milione di euro), Per la Liguria Sandro Biasotti (640mila), Per il Veneto con Massimo Carraro (925mila), Cittadini per Riccardo Illy in Friuli Venezia Giulia (425mila), L' Aquilone dell' ex presidente siciliano Totò Cuffaro, che si è dovuto dimettere lo scorso gennaio dopo una condanna a cinque anni per favoreggiamento a Cosa Nostra (1,4 milioni).

Puglia. Anche ad altri governatori la lista personale non ha portato fortuna. La Puglia prima di tutto del ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto è stata fonte solo di guai (oltre che di un finanziamento per oltre 1,6 milioni). Infatti l' ex governatore pugliese è stato accusato di avere preso una tangente di mezzo milione dalla società Tosinvest per un megappalto sanitario da 200 milioni (la gestione di undici residenze per anziani). Fitto non nega che la Tosinvest di Antonio Angelucci (deputato Pdl con il figlio recentemente arrestato per un' altra accusa di tangenti) abbia versato 500mila euro alla lista Puglia prima di tutto. Ma sostiene che era un normale contributo elettorale. Il 30 marzo ci sarà l' udienza preliminare.

In Puglia c' è un altro partitino regionale finanziato dallo Stato: Primavera pugliese. Con appena il 2,3% è riuscita a eleggere due consiglieri per il centrosinistra. Incassano 450mila euro.

Sicilia. Guai giudiziari per la lista Nuova Sicilia dell' ex vicepresidente e assessore regionale Bartolo Pellegrino. Prende 430mila euro, ma il titolare è stato arrestato e ora è sotto processo a Trapani per concorso esterno in associazione mafiosa. Incassa cinque milioni il Mpa (Movimento per l' autonomia) di Raffaele Lombardo, che si è trasformato in partito nazionale.

Lazio. Qui la sfida fra i due governatori (quello uscente di destra Francesco Storace e quello entrante di sinistra Piero Marrazzo) quattro anni fa finì quasi alla pari: 200mila voti e il 7% per entrambe le loro liste personali. Vinse la coalizione di centrosinistra, ed entrambi continuano a incassare 1,6 milioni ciascuno per il proprio partitino. Quello di Storace ha sede nel quartiere Prati. Ma sul citofono non ne risulta traccia: lì c' è solo lo studio del tesoriere della Lista. In compenso, il sito internet di Storace è ben funzionante. Quello di Marrazzo, invece, è aggiornato al 2005: abbandonato dopo il voto. Ma la sede esiste, alla Garbatella. C' è una targa vicino al portone, che però è chiuso: "Ogni tanto viene una signora, qualche ora al pomeriggio", racconta un vicino.

Veneto. Il Progetto Nordest in Veneto con il suo 6 per cento fuori dalle coalizioni provocò un certo sconquasso nel 2005. E l' anno dopo fu addirittura la causa della sconfitta nazionale di Berlusconi, con i voti sottratti al centrodestra. Il fondatore, l' industriale degli infissi Giorgio Panto, è morto due anni fa. Ma i suoi due successori, che stanno incassando i 430mila euro statali, si sono appena alleati con altri movimenti che minacciano la Lega Nord da destra. In Veneto sono finanziati anche due micropartiti: le liste civiche del Nordest e l' Intesa dolomitica di Belluno. Briciole: 28mila euro ciascuna.

Trentino Alto Adige. Qui c' è il record: ben otto partiti locali. La Lista civica del presidente provinciale di Trento Lorenzo Dellai ha preso un milione in cinque anni, mentre la Svp di Bolzano ha incassato sei milioni.

Sardegna. Fortza Paris ha eletto tre consiglieri nel 2004 prendendo 340mila euro. Quattro eletti e 440mila euro hanno avuto i Riformatori liberaldemocratici di Massimo Fantola, aumentati alle ultime elezioni.

Campania. Giuseppe Ossario incassa 370mila euro con i Repubblicani Democrazia Liberale.

Val d' Aosta. Quelli dell' Alleanza autonomista e progressista, poco esperti, un anno fa si sono dimenticati di fare domanda e stavano per perdere i 900mila euro loro assegnati. "Si sono fatti fare una legge apposta per riaprire i termini", mugugnano i rivali dell' Union Valdotaine.

"Insomma, nonostante la crisi i politici continuano a sprecare denaro", commenta Sergio Rizzo, autore del bestseller La Casta con Gian Antonio Stella. "In Spagna il finanziamento statale ai partiti è stato di recente ridotto del 20 per cento. Da noi, niente".

Mauro Suttora

Wednesday, July 18, 2007

I conti in rosso delle auto blu

Sprechi d'Italia. Quanto ci costano le vetture di politici e dirigenti

Dieci miliardi di euro l'anno per mantenere il parco macchine di Stato più oneroso del mondo. Tutti i governi promettono di darci un taglio. Ma i privilegi restano. E noi paghiamo

Oggi, 18 luglio 2007

di Mauro Suttora

Roma, Villa Borghese, nove del mattino. In piazzale del Fiocco c' è un viavai continuo di auto blu. In teoria nel parco pubblico dovrebbero passare solo polizia, pompieri, ambulanze, bus e taxi. In pratica, per evitare gli ingorghi, la Casta di politici e dirigenti ministeriali che abitano ai Parioli trovano comodo raggiungere i propri uffici in centro grazie a questa furba scorciatoia.

Quante sono le auto blu (e grigio metallizzate, colore oggi più di moda) in Italia? Esattamente 574.215, ha calcolato due mesi fa l'associazione Contribuenti.it. Cifra tanto minuziosa quanto esagerata, perché ci sono finiti dentro tutti i veicoli di proprietà pubblica. Compresi per esempio i mezzi militari, le auto delle forze dell' ordine o tutte le ambulanze. "Trecentomila", ha sparato il settimanale L'Espresso l'anno scorso, ma includendo anche i veicoli di regioni ed enti locali. Altrimenti, "150-170 mila per le sole auto di ministeri ed enti pubblici non territoriali". La verità è che nessuno sa quante siano.

L'unico dato su cui tutti concordano: sono troppe. "Le auto di rappresentanza non possono essere uno status symbol, ma una risposta a reali necessità", aveva tuonato il premier Romano Prodi nel suo discorso d'insediamento, un anno fa. E si era impegnato a dimezzare le scorte per i politici. Anche perché i confronti con l' estero sono umilianti (vedi la tabella nella pagina precedente). Infatti l'articolo 11 del decreto legge sulla riduzione dei costi politico amministrativi che sta preparando il governo (sull'onda dell'indignazione popolare) prevede appunto una drastica riduzione delle macchine a disposizione dei rappresentanti del popolo. Ma è facile che nei successivi passaggi in Parlamento le buone intenzioni finiscano per rimanere tali.

Siamo troppo pessimisti ? No, citiamo la storia che in questo caso sempre si ripete. Prima di Prodi, in tanti avevano promesso di darci un taglio: "Per ordine del presidente Benito Mussolini tredici vetture su sedici dovranno dismettersi entro domani sera", intimava la lettera ricevuta il 7 marzo 1923 dal ministero degli Interni. Ne rimanevano solo una per il capo della polizia De Bono e due per i sottosegretari Giacomo Acerbo e Aldo Finzi. Il ministro era Mussolini stesso, che però utilizzava l' auto da presidente del Consiglio.

Il governo Andreotti stabilì, nel 1991, che avessero diritto all' auto di Stato solo ministri, sottosegretari e qualche direttore generale. Nulla di fatto. Umberto Bossi tornò alla carica nel ' 93, e dopo di lui il primo governo Prodi quattro anni dopo. Niente. Silvio Berlusconi nel 2001 incaricò il consulente Luigi Cappugi di risolvere infine la questione. L'economista calcolò che ogni auto blu costa al contribuente 70 mila euro l'anno, inclusi autista, benzina e manutenzione. Totale: dieci miliardi e mezzo di euro, una cifra folle. Soluzione draconiana, quindi: togliere l' auto blu a quasi tutti i politici e dirigenti, sostituendole con taxi. Risparmio: sette otto miliardi, tutto il "tesoretto" di cui si parla in questi giorni. Ma ancora una volta la burocrazia ha avuto la meglio.

Ci ha riprovato il deputato di Forza Italia Guido Crosetto nel 2004, facendo approvare nella Finanziaria un taglio del dieci per cento annuo sulla flotta delle auto blu in ogni ministero, per tre anni fino al 2007. "E per evitare trucchi", dice a Oggi, "avevo fatto includere anche quelle in leasing e a noleggio. Conosco i miei polli...".

Il problema è che lo Stato stesso non conosce la consistenza della propria flotta di auto blu. Solo un anno fa, infatti, è arrivata la prima relazione con i numeri che ogni ministero ha svogliatamente contabilizzato (vedi la tabella in alto a destra). Per confondere le acque, però, sono state inserite negli elenchi migliaia di auto che non c' entrano nulla: tutte le 8.489 della Guardia di Finanza, per esempio, senza differenziare fra vetture di rappresentanza per i generali e quelle operative. Più onestamente, il ministero della Difesa ha specificato in 304 le auto blu per gli alti gradi dei Carabinieri. Il ministero degli Interni ha addirittura barato in toto, denunciando 20.444 mezzi della Polizia, 2.523 per i Vigili del fuoco, e nessuna auto blu. Non compare quindi nella nostra tabella.

Il ministero più "sprecone" è quello della Giustizia, con ben 712 auto in "uso esclusivo", cioè assegnate personalmente con autista, a ministro, sottosegretari e magistrati, più altre 1.186 blindate per magistrati in uso non esclusivo (a turno, o temporaneamente). Ma davvero sono così tanti i magistrati nel mirino ? Sia chiaro, nessuno vuole far correre rischi a chi combatte la mafia o i terroristi, ma sarebbe interessante conoscere quante auto blu blindate ci sono nelle regioni a rischio, e quante invece a Roma. Il dato, però, è top secret.

Il ministero più generoso nel concedere le vetture in uso esclusivo (il massimo dello status) è quello di Infrastrutture e Trasporti: ben 69. Un capitolo a parte merita il ministero dell' Istruzione, che fino a un anno fa inglobava anche Università e Ricerca. Ebbene, la sola università di Pisa risulta avere 124 vetture: come quella di Firenze, e più del doppio dell' università La Sapienza di Roma, che però è assai più grande. Di ben 40 auto dispone l' università della Tuscia di Viterbo, nata solo nel ' 69. Perché mai rettori, presidi e professori universitari devono andare in giro con l' autista, visti anche i miseri stipendi dei loro colleghi nelle altre scuole di ogni ordine e grado ?

Nell' elenco, oltre ai ministeri, abbiamo inserito anche tre enti presenti nella relazione al parlamento: Consiglio di Stato e Tar, i tribunali amministrativi regionali, Monopoli e Corte dei conti. Particolarmente imbarazzante la situazione di quest' ultima: su 51 auto blu in dotazione, ben 41 sono in uso esclusivo. È una percentuale più alta di qualsiasi ministero. Spetta proprio alla Corte dei conti vigilare sugli sprechi di denaro pubblico, ma forse la Corte i controlli dovrebbe cominciare a farli su se stessa... "Quel che più allarma, in tutto questo spreco", ci dice Franca Rame, senatrice dell' Italia dei Valori, "è l' aumento degli ultimi anni".

La presidenza del Consiglio nel 2005 ha speso per 115 auto blu 2,1 milioni di euro: più del doppio rispetto a quattro anni prima. La Camera dei deputati, oltre alle 37 auto blu per presidente, vicepresidenti e tutti i presidenti di commissione, l' anno scorso ha pagato per il noleggio di auto con autista il 357 per cento in più del 2001 (da 28 a 140 mila euro). Quanto al Senato, negli ultimi cinque anni la spesa per il noleggio di veicoli si è impennata del 36 per cento, ben oltre l' inflazione (da 309 a 460 mila), mentre, in parallelo, il costo della "gestione autoparco" (da 116 a 220 mila euro) veniva quasi raddoppiato e contemporaneamente aumentavano del 122 per cento gli "acquisti di autoveicoli" (da 41 a 100 mila).

Ma lo scandalo non riguarda solo Roma. Tutte le Regioni, sia di destra sia di sinistra, fanno a gara nel regalare auto ai propri assessori. La Campania spende ogni anno più di due milioni di euro per le sue 80 vetture, provvedendo anche ai Telepass. La Lombardia nel 2005 ha sborsato 1,2 milioni di euro, otto volte di più che nel 2000. Il Friuli ha rinnovato una flotta auto "vecchie" di appena due anni con dodici Lancia Thesis e Alfa 166 superaccessoriate (dieci altoparlanti hi fi, interni in pelle).

In Lazio ben 76 auto blu sono destinate a giunta, presidenti di commissione e a qualche dirigente: più di quelle di Camera e Senato messe insieme. Nei primi cinque mesi della giunta di Piero Marrazzo sono stati spesi 37 mila euro solo in benzina, 20 mila in manutenzione ordinaria e 3 mila in lavaggi. Assicurazioni e bolli costano alla regione Lazio quasi 100 mila euro annui. In Veneto gli assessori hanno in uso auto persino di cilindrata 3.000!

Casi limite si verificano dappertutto: da Palermo, dove in auto gratis vanno tutti i presidenti dei consigli di quartiere, all'apice del potere a Roma, dove il diritto viene mantenuto a vita da tutti gli ex giudici costituzionali. Il comune di Napoli ha un parco veicoli per sindaco, assessori e dirigenti di 120 vetture. Esiste perfino un'associazione, il Siar (Sindacato italiano autisti rappresentanza), con duemila soci e un segretario nazionale, Andrea Vignotto, che due mesi fa ha fatto chiedere da deputati di An l'istituzione di un albo nazionale degli chauffeur.

Si può almeno invertire la tendenza all'aumento continuo di auto blu ? I provvedimenti per ridurle si sono risolti finora in grida manzoniane. Tutti i ministeri hanno chiesto "esenzioni" alla diminuzione del 10 per cento prevista nel 2004. Ora il governo torna alla carica con il disegno di legge contro gli sprechi presentato dal ministro Giulio Santagata. "Ma non sono ottimista", confessa Franca Rame. Anche perché il governo non può imporre nulla agli altri organi dello Stato: parlamento, regioni, Corte costituzionale, il Quirinale (una grande istituzione, certo, ma in fondo con 27 auto per una persona sola: il presidente della Repubblica).

Eppure, basterebbe una legge con cinque sole parole: "Da domani tutti in taxi". E, visti i 1.600 miliardi di debito pubblico dell'Italia, per risparmiare qualcuno potrebbe pure prendere l' autobus, come fanno certi ministri a Stoccolma e Copenaghen. Con 15 mila auto blu in meno, il traffico di Roma scorrerebbe meglio. In fondo, perfino il sindaco miliardario di New York Michael Bloomberg va a lavorare in metro.

Mauro Suttora