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Wednesday, May 19, 2021

I due ultranovantenni del Mondo

Il racconto di Angiolo Bandinelli, le foto di Paolo Di Paolo

di Mauro Suttora

HuffPost, 19 maggio 2021


Angiolo Bandinelli ha 94 anni. Partigiano a Roma, iscritto al partito d’azione, poi fondatore di quello radicale con Marco Pannella. Segretario del partito ai tempi pioneristici, mezzo secolo fa, fra marce antimilitariste, caso Braibanti (l’omosessuale accusato di plagio), divorzio e obiezione di coscienza alla naja. 

Infine deputato nel 1986, ma soltanto per un anno e soltanto perché Spadaccia “ruotò” in suo favore (mica come i grillini che frignano perché devono abbandonare le poltrone dopo dieci anni: gli eletti radicali lasciavano il seggio a metà legislatura, dopo appena due anni e mezzo).

In realtà il suo gesto più memorabile, in politica, fu offrire uno spinello, lui consigliere comunale, al sindaco di Roma nel 1979: il popolarissimo comunista Petroselli, che lo amava anche fra gli insulti.

Ammiro Bandinelli da 40 anni, da quando lo vedevo tirare la volata al pupillo Rutelli nei congressi radicali, perché fu giornalista del leggendario settimanale Il Mondo di Mario Pannunzio. Scrisse una cinquantina di articoli su quella bibbia dei liberali di sinistra, che si spense con il suo fondatore nel 1968 (data non casuale).

Ora il ragazzo Bandinelli ha pubblicato una bellissimo racconto: La Perla (edizioni Galaad). Lui è un poligrafo voltairiano, gli piace il passo breve, quindi scrivere articoli sul Foglio e libretti Millelire per Stampa alternativa di Marcello Baraghini, altro nume della controcultura.

Sottotitolo di La Perla: “Favola senechiana”. Perché?, gli chiedo per e-mail (basta telefonate, è sordo). “Perché è piena di morti, come nelle tragedie di Seneca”, mi risponde dalla sua bella casa romana al parco Nemorense.

Ha litigato con tutti, sia i radicali di destra (il partito che ora raccoglie firme con i leghisti per separare i procuratori dell’accusa dai giudici) che quelli di sinistra (Bonino, +Europa). Tratta male anche me: “Non capisci un c. di politica, come tutti i milanesi”. Per questo lo amo.

Paolo Di Paolo ha 96 anni, due più di Bandinelli. È stato il fotografo storico del Mondo, paginate in bianco e nero che spiegavano tutto da sole. Chiuso il settimanale, nell’ultimo mezzo secolo non ha più voluto lavorare.  È venuto a Milano per inaugurare una mostra di sue foto organizzata dalla figlia alla galleria Sozzani di Corso Como 10 a Milano: La lunga strada di sabbia, aperta fino a fine agosto.

Sono le immagini che illustrarono un reportage di Pier Paolo Pasolini del 1959 sulla rivista Successo. Viaggio geniale sulle coste della penisola da Ventimiglia a Muggia (Trieste), nell’Italia del boom. Non so se sono più belle le foto o il testo, raccolto in libro da Guanda. Ma sicuramente le parole scritte di Pasolini guadagnarono dalle immagini di Di Paolo, e viceversa. 

Ho incrociato da poco l’inchiesta pasoliniana scrivendo il mio libro ‘Confini, storia e segreti delle nostre frontiere’. Folgorante la descrizione dell’unica turista che i due scovarono a prendere il sole sulla spiaggia a Ventimiglia: “Una giovincella olandese, bella come un cipressetto”. La foto di Di Paolo vidima il giudizio di Pasolini.

Mauro Suttora

 

Tuesday, December 16, 2008

Morte di Carlo Caracciolo

«(...) Il 1° ottobre 1955 uscì L'Espresso. Vivevo in provincia (...). L'aria fresca ci veniva dai giornali che leggevamo, soprattutto dall'Europeo di Arrigo Benedetti e dal Mondo di Mario Pannunzio.
Erano i nostri Vangeli laici. Ci sentivamo sì di sinistra, ma soprattutto laici e liberali. Rammento un couplet, un ritornello, che faceva al caso nostro: «Se non ci conoscete - guardateci i calzini. - Noi siamo i liberali - del conte Carandini». Pure noi portavamo i calzini lunghi, mentre le nostre madri li volevano corti, più facili da lavare. Anche per questo L'Espresso divenne subito una delle nostre bandiere».

Giampaolo Pansa,oggi sul Riformista

Friday, August 11, 2000

Intervista a Pannella: Mondo, Romiti, Scalfari

CHI È IL VERO EREDE DEGLI AMICI DEL MONDO: ROMITI, SCALFARI O PANNELLA?

di Mauro Suttora

Il Foglio, 2000

Cesare Romiti, presidente della Rcs (Rizzoli-Corriere della Sera), ha riesumato assieme al direttore editoriale Paolo Mieli l’associazione «Amici del Mondo». L’omonima rivista economica rizzoliana non ha più nulla a che spartire con il glorioso settimanale fondato da Mario  Pannunzio nel 1949, e che per quasi vent’anni fu la bandiera della cultura laica in Italia. Rimane, tuttavia, il prestigio di un nome e di una tradizione che i nuovi promotori tenteranno di ravvivare.

Gli Amici del Mondo, in particolare, affiancarono il giornale organizzando, dal ‘55 al ‘60, dieci convegni che fecero storia nell’asfittico panorama culturale di allora, dominato dagli opposti integralismi dei democristiani bigotti e dei comunisti stalinisti.

Eccone i titoli: Lotta contro i monopolî, Petrolio in gabbia (1955); Processo alla scuola, I padroni della città (‘56); Atomo ed elettricità, Stato e Chiesa (‘57); Stampa in allarme (‘58); La crisi della sinistra, Verso il regime (‘59); Le baronie elettriche (‘60).

L’instancabile organizzatore dei convegni era Ernesto Rossi, colonna del settimanale, antifascista con 12 anni di carcere e confino sulle spalle (suo fu, con Altiero Spinelli, il «Manifesto di Ventotene», vangelo del federalismo europeo) e brillante polemista (inventò la definizione «Padroni del vapore» con cui bollò gli industriali privati monopolisti, protezionisti e in perenne ricerca di assistenza da parte dello stato).

I liberali di sinistra avevano il Mondo sul versante giornalistico. Su quello culturale agitavano le acque con i Convegni. Su quello politico nel 1955 ruppero con il Pli di Giovanni Malagodi infeudato alla Confindustria, e fondarono il Partito radicale: «Avete il potere? Malagodetevelo!», proclamarono andandosene l’ex segretario Bruno Villabruna, il conte Nicolò Carandini, l’ex ministro Leone Cattani, l’avvocato Mario Paggi e due ventenni: Eugenio Scalfari e Marco Pannella. A sua volta, con 40 anni di anticipo su Forza Italia il direttore Pannunzio precettò tutti i giornalisti e i collaboratori del Mondo facendoli iscrivere al nuovo partito, così come Silvio Berlusconi avrebbe arruolato i dirigenti di Publitalia. Ma con esiti ben diversi: alle politiche del ‘56 il Pr alleato al Pri di Ugo La Malfa ottenne un misero 1,4%. Prestigiosi ma pochi, insomma: anche il Mondo non vendette mai più di 80mila copie.

Ciononostante, oggi sono in molti a contendersi l’eredità ideale di quella lobby liberaldemocratica una e trina, che aveva sede proprio di fronte a Montecitorio, nell’ultimo palazzo di via Colonna Antonina: al secondo piano la redazione del Mondo, al terzo la sede radicale.

L’iniziativa di Romiti e Mieli, infatti, ha irritato Eugenio Scalfari, che si ritiene il continuatore unico e universale degli Amici del Mondo, e che sul suo Espresso ha tuonato: «Dubito che possano condividere, sia pure alla lontana, il lascito culturale degli "Amici del Mondo" nomi come quelli di Pellegrino Capaldo, Cesare Geronzi, Cesare Romiti, Lucio Rondelli, Letizia Moratti, Paolo Savona: degne persone, che meglio figurerebbero però nel consiglio di Mediobanca (molte ne fanno parte) o nell'Opus Dei o in una Fondazione dell'Assobancaria. Ernesto Rossi sarebbe perplesso d'una così eterogenea diffusione delle sue idee. E certi clericali a 20 mila carati legati a Comunione e Liberazione farebbero rivoltare nella tomba un laico rigoroso come Pannunzio. Qualcuno confonde le carte in maniera vergognosa. Basta ricordare che il laicismo, ai limiti dell'anticlericalismo, era la bandiera del nostro gruppo».

«Sette», l’allegato del Corriere della Sera di Romiti, ha replicato all’offensiva di Scalfari con un’intervista al giornalista Giovanni Russo, uno dei pochissimi Amici del Mondo presenti sia nella prima versione che nella seconda. E Russo, contrariamente a Paolo Sylos Labini che ha subito abbandonato polemicamente i nuovi Amici vista la preponderanza dei banchieri sugli intellettuali, ha difeso l’operazione romitiana.

Fra la «destra» di Romiti e la «sinistra» di Scalfari, proviamo a sentire cosa pensa di questa disputa Pannella, che sembra il più titolato a farlo. Fondatore del Partito radicale nel ‘55 e segretario dal ‘62, il Marco nazionale è stato infatti il più devoto discepolo di Ernesto Rossi fino alla morte: nel ‘67 al capezzale c’erano lui, Gianfranco Spadaccia e Angiolo Bandinelli. E quando morì Pannunzio, un anno dopo, i parenti non vollero Scalfari al funerale.

«Non mi interessano queste assurde polemiche sulle eredità contese», risponde il leader radicale, «il ripescaggio degli Amici del Mondo è un’operazione artificiosa e falsa».

Ma il primo convegno in programma, con una relazione di Alberto Ronchey, sarà sul finanziamento ai partiti: è un vostro cavallo di battaglia.

«Appunto. E a noi radicali, che ci battiamo contro il finanziamento pubblico da 26 anni, non è arrivato neanche un invito».

Pannella, come mai lei non ha scritto neanche un articolo sul Mondo? Eppure poi il giornalista lo ha fatto, è stato corrispondente per il Giorno da Parigi dal ‘59 al ‘62.

«Ogni sera, per tre anni, scendevo dalla sede del partito radicale al piano di sotto, in redazione. E Pannunzio, con quel suo sorriso da toscanaccio, mi diceva: “Pannella, scelga, faccia il giornalista invece che il politico: la ricetta per scrivere buoni articoli è espellere tutto l’Emile Zola che ci portiamo dietro, e metterci dentro al suo posto tanto Gustave Flaubert“».

Ma Pannella nella seconda metà degli anni ‘50 era già capo di tutti gli universitari italiani riuniti nell’Unuri (si misurava con i comunisti Luciana Castellina e Achille Occhetto, e con il socialista Bettino Craxi). E quando Scalfari, vicesegretario radicale, abbandonò il partito per entrare nel Psi nel ‘62, furono lui e Rossi a mantenerlo in vita.

«Ernesto Rossi già nel ‘53 scriveva che i sindacati erano ormai diventati così burocratici e succubi della grande industria, che conducevano una politica reazionaria. Altro che articolo 18! Se fosse vivo, oggi lui ne farebbe cento di referendum contro questi sindacati della “concertazione”».

Ma è veramente Scalfari l’erede principale della tradizione del Mondo?

«Eugenio è soltanto l’erede di se stesso. Lui nel ‘55 fondò l’Espresso con Arrigo Benedetti, e quando al Mondo un articolo veniva scartato perché considerato troppo sensazionalista, si consigliava all’autore di provare con l’Espresso. Fra i due settimanali c’era una leale concorrenza, i Taccuini di Dodo Battaglia sul Mondo polemizzavano sempre contro i cugini dell’Espresso... Ma, ripeto, non voglio entrare in queste dispute».

Poi però Pannella ci racconta per un’ora le vicende del Mondo, e intuiamo che la sua ritrosia è dettata soltanto dal pudore, oltre che dall’immenso orgoglio di avere per quasi mezzo secolo perpetuato le battaglie di quel partito radicale, il «braccio» politico del leggendario settimanale che stava al piano di sotto.

«Il vero motore del Mondo, dei convegni degli Amici e del partito radicale era Ernesto Rossi. Lui, così lieto di esistere, della letizia di un fanciullo, aveva previsto tutto: il corporativismo di stato, la mano pubblica che dà profitti a quella privata, il clientelismo. La sua battaglia contro la Federconsorzi dimostrò che non c’era stata alcuna rottura fra l’Italia di Mussolini e quella democristiana, cioè del fascismo democratico.
Esattamente come oggi non c’è rottura fra prima e seconda Repubblica: siamo solo al secondo tempo della prima. Eppure né Rossi né Pannunzio venivano considerati veri politici, neppure da certi radicali. Erano due borghesi con una qualità insolita per un borghese: il disinteresse per il denaro. Perché di denaro non avevano bisogno. Non avrebbero saputo come spenderlo. Il consumismo non era affar loro... E poi c’erano Mario Paggi, Mario Ferrara, Panfilo Gentile - fu lui e non Maranini a coniare il termine “partitocrazia... Non viene ricordato Alfredo Mezio, e l’altra colonna del Mondo, Giulia Massari, vivente e silente... Tutto il resto, compreso il bravo Giovannino Russo che grazie al Mondo si fece assumere al Corriere della Sera, era solo condimento».

I radicali degli anni ‘50 (fra i quali l’attuale ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro e il garante della Privacy nonché ex presidente del Pds Stefano Rodotà, oltre agli scomparsi Franco Libonati, Leopoldo Piccardi, Leo Valiani e Guido Calogero) hanno sempre sostenuto che il partito, dopo che negli anni '60 passò in mano ai giovani come lei, Spadaccia, Bandinelli e Massimo Teodori, divenne un’altra cosa.

«Ma non avremmo potuto concepire le battaglie per i diritti civili», risponde Pannella, «senza la vicinanza e l’esortazione costante di Ernesto Rossi. La vergognosa biografia di Peppino Fiori ha sfigurato la sua memoria. L’editore Laterza ha mandato al macero i suoi libri, da “I padroni del Vapore” agli atti dei convegni degli Amici del Mondo. Ma negli anni ‘60, quando eravamo considerati drogati, omosessuali, scostumati, avevamo sempre Rossi al nostro fianco. Fu lui a tenere per i radicali il discorso alla prima marcia antimilitarista Perugia-Assisi di Aldo Capitini, nel 1961».

E poi l’anticlericalismo: l’editore Kaos ha appena ristampato un libro di Ernesto Rossi, “Il Sillabo”, che sbeffeggia la dottrina cattolica utilizzando soltanto brani delle encicliche papali.

«Ernesto è morto l’8 febbraio ‘67, quando avevamo appena inventato insieme l’“anno anticlericale”, che a certi benpensanti sembrava tanto di cattivo gusto. Andammo in piazza San Pietro a chiedere divorzio, aborto e pillola. Ma lui scomparve pochi giorni prima di pronunciare il suo discorso alla manifestazione inaugurale al teatro Adriano di Roma l’11 febbraio, anniversario del Concordato. Sì, molti, allora come oggi, ci rimproveravano di sporcare un nome, quello del partito radicale, e una tradizione elegante ed austera. Anche Ernesto Rossi veniva giudicato da certi suoi amici una persona squisita, purissima, onestissima, bravo giornalista, ma che di politica non capiva nulla. Perché voleva l’abrogazione del Concordato, azioni di rottura, denunce dei compromessi contro i “padroni del vapore”».

Oggi, sorpresa, sono invece alcuni padroni del vapore a contendersi l’eredità di Ernesto Rossi. Curioso destino. Forse perché anche lui, come scrisse Arrigo Benedetti di Pannella, era «uno di quegli italiani seri nell’intimo che non temono di essere presi per buffoni».

Mauro Suttora

Saturday, July 19, 1986

I ragazzi dell'85 sotto esame

"Siamo maturati facendo molto movimento"

Seriosi, moderati: era autunno e i leader dell' ultima rivolta studentesca guidavano imponenti manifestazioni per una scuola efficiente. Vediamo come se la cavano nell' ora della verita'

di Mauro Suttora

Europeo, 19 luglio 1986

C'e' Maurizio Baruffi, del liceo classico Carducci, che all' esame di maturita' polemizza nientemeno che con Giovanni Spadolini ed Eugenio Scalfari, accusandoli di "appropriazione indebita" dell' eredita' del Mondo di Mario Pannunzio. Dall' altra parte della citta', invece, le belle maturande del II liceo artistico, proprio quello che diede il via alla contestazione dei ragazzi dell' 85 , si preoccupano soprattutto di sgattaiolare via il piu' presto possibile dalle grinfie dei pur buonissimi commissari d' esame, e di gettarsi in vacanza: "Hai visto la Marina, poverina? Ha gli orali solo il 12 luglio, fra le ultime".

Milano, estate 1986: i ragazzi dell' ' 85 diventano maturi. "Il '68 non e' stato niente male, l' 86 sara' eccezionale " , prometteva un loro slogan quando lo scorso ottobre scesero in piazza con cortei da 20 , 50 e 100 mila persone , fino all' apoteosi della supermanifestazione di Roma in novembre , trasmessa in diretta dalla tv.

E invece no : l' 86 , finora , e' stato un anno calmissimo sul fronte studentesco . Prima avevano dato la colpa della loro scomparsa dalle piazze al rush di fine del quadrimestre : " In gennaio dobbiamo studiare , finora fra un corteo e l' altro non abbiamo ancora aperto libro " , si giustificavano , ribadendo per la gioia dei benpensanti la loro immagine di ragazzi studiosi e perbene .
Poi si sono appellati ai fattori atmosferici : " Adesso fa freddo , quando arrivera' la primavera vedrete ! " , e promettevano fuoco e fiamme . Ma il fuoco e le fiamme in marzo e aprile sono arrivati solo dal presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan , con i bombardamenti sulla Libia . E loro in piazza ci sono ritornati , si' , ma con cortei antiamericani che rimasticavano slogan sinistresi piuttosto vecchiotti . In maggio infine Chernobyl : ma le manifestazioni antinucleari fatte a Roma , a Caorso e a Trino Vercellese non le hanno organizzate loro .

Cosi' , ritornato il tempo dello studio , i ragazzi dell' 85 non hanno mantenuto la loro promessa . No , la rivoluzione permanente non c' e' stata , e il loro movimento si e' sciolto nello spazio di pochi mesi , come neve al sole . Per la verita' e' tuttora in piedi una " commissione organizzazione del coordinamento " a Milano , quello stesso coordinamento studentesco che in ottobre attraeva centinaia di giovani e decine di giornalisti alle sue riunioni . Ma la " Pseudofesta " contro l' ora di religione da loro organizzata sabato 28 giugno , al parco del Sempione , ha attirato assai poca gente .
" Anche perche' i giornali adesso ci boicottano : ormai gli studenti sono passati di moda , non ci hanno pubblicato neanche l' annuncio della festa " , si lamenta Paolo Cappelletti dell' artistico . Il quale comunque non si sente affatto un sopravvissuto , l' " ultimo dei mohicani " : " Si' , e' vero , in questi ultimi mesi c' e' stato un calo della partecipazione . Ma questo non vuol dire che il movimento e' morto : continuiamo a riunirci e facciamo un lavoro meno spettacolare ma piu' riflessivo , di analisi complessiva " .

" Si' , si' , loro fanno un' ' ' analisi complessiva per portare avanti un coinvolgimento globale delle forze produttive al fianco del movimento degli studenti' ' e blablabla " , ironizza acido Baruffi , che da febbraio ha smesso di frequentare il coordinamento . Eppure all' inizio era stato lui uno dei piu' attivi , tanto che il suo preside lo aveva attaccato pesantemente , insultando sua madre . E anche negli ultimi tempi gli screzi di Baruffi con l' autorita' scolastica non sono diminuiti : dopo Chernobyl il preside lo ha preso di nuovo pubblicamente di mira , accusandolo in una circolare fatta leggere in tutte le aule del liceo Carducci di essere un " antinucleare a senso unico " , cioe' di non avere protestato abbastanza per il disastro russo .

" Il movimento era cominciato a crollare gia' il 12 dicembre " , ricorda Baruffi , " quando durante la grossa manifestazione di Milano la polizia in assetto da guerra provoco' gli studenti e gli autonomi , stupidamente , risposero lanciando sassi . Li' bisognava invece sedersi per terra e fare un sit in , senza reagire . Dopo gli scontri di quel giorno molti genitori hanno proibito ai figli di andare ai cortei " .
Eppure era iniziata cosi' bene : la prima manifestazione , quella del 16 ottobre in una mattina di sole sfolgorante a Milano , rimarra' nella memoria di molti giovani come un' esperienza da favola .

"Era da otto anni ormai, dal 1977, che cosi' tanti studenti non scendevano in piazza spontaneamente, uscendo dal guscio dell' egoismo e del privato", commenta Willy Molco, condirettore di Oggi e autore, assieme a Domenico Paolella, del libro Noi, ragazzi dell'85 (Gei , distribuzione Rizzoli) . Si', dal 1981 al 1983 c' erano stati i cortei pacifisti contro i missili a Comiso, che pero' spesso erano organizzati indirettamente dal Pci e da Dp . Invece quel mattino , quando in ventimila si misero in marcia per andare in via Prinetti a occupare un istituto semivuoto da dare in sede al II artistico , i funzionari di partito furono presi in contropiede .
"In realta' , il motivo che ha spinto i giovani a manifestare era molto esile " , continua Molco , " ma poi il movimento si e' dilatato per contagio a tutta l' Italia , e ognuno protestava per qualche suo problema " .

Forse nei prossimi anni il movimento dell' ' 85 verra' studiato come esempio da manuale di evento creato dai mass media , che si sono subito buttati a capofitto sulla nuova protesta giovanile . " Giornali e tv hanno ingigantito volutamente il movimento " , accusa Cappelletti , " bollandoci come fanatici del look , desiderosi solo di studiare e di emergere nella societa' . Ma vezzeggiare e' molto simile a minacciare , come d' altronde fece esplicitamente il ministro dell' Interno Oscar Luigi Scalfaro in tv" .

Questo atteggiamento negativo , o per lo meno di amore odio nei confronti dei media , si concretizzo' nelle espulsioni dei giornalisti dalle riunioni degli studenti . " E questo fu un errore gravissimo " , ammette Baruffi , " perche' in una societa' come la nostra , regolata dai mezzi di comunicazione , non si possono accusare i giornali di essere cattivi : bisogna piuttosto essere furbi e saperli sfruttare . Senza la stampa il movimento non avrebbe ottenuto l' ascolto che ha ottenuto " . " Io " , dice invece Cappelletti , " dopo aver letto le cretinate che scrivevano su di noi i giornalisti ho votato si' alla loro espulsione " . Ormai pero' le riunioni del coordinamento studentesco venivano occupate sempre piu' da liti fra autonomi , demoproletari e giovani comunisti .

" Sono stati i partiti a cavalcare e ad affossare il movimento " , spiega Claudio Bernieri , direttore del giornale Wild boys e " giovanologo " collaboratore del Corriere della Sera, "e anche il gruppo dirigente degli studenti ha ripetuto gli errori del ' 68 , trasformandosi in gruppo politico , mentre avrebbe dovuto continuare a occuparsi solo di scuola " .
" Ma noi non volevamo essere corporativi , chiusi in noi stessi " , ribatte Cappelletti , " volevamo unirci ad altre classi sociali disagiate " . E fu a quel punto che gli studenti commisero l' errore di allearsi con un fantomatico " coordinamento dei cassintegrati " .

Risultato : alla manifestazione " unitaria " di febbraio i cassintegrati non parteciparono , e anche gli studenti erano pochi . " Ormai fra gli studenti si era formata un' oligarchia che non capiva piu' la differenza fra i 50 che partecipavano al coordinamento e i 50 mila che erano andati al corteo " , ricorda Baruffi . " Il livello della discussione era ' ' cazzo porca puttana , alzano i biglietti del tram , andiamo in piazza a far casino' ' " .

" Non siamo riusciti a passare dalla protesta alla proposta " , spiega Baruffi , " dicevamo no alla legge finanziaria e basta , come una qualsiasi altra lobby organizzata . Comunque il problema rimane anche oggi : le tasse scolastiche sono basse , ma il servizio che offre la scuola pubblica e' indecente . Noi avevamo alcune proposte precise : una era esemplificata scherzosamente dallo slogan ' ' Se fanno piu' scuole e meno aeroplanini , con cosa gioca Giovanni Spadolini ? ' ' . Cioe' , meno spese militari e piu' soldi per la scuola " .

Molto meno ambiziosa Cristina Ferrari della 4 H del II artistico , che mentre assiste agli orali della sua compagna Alessandra Lombardi sussurra : " Be' , in fondo noi una sede dopo le proteste l' abbiamo ottenuta . D' altra parte , era un nostro diritto . Inoltre , ci siamo divertiti moltissimo . Per il resto , francamente , della legge finanziaria non ci interessava granche " .

Un bilancio di quest' anno , mezzo di movimento e mezzo di studio ? " Sono state le manifestazioni dell' anno scorso il vero esame di maturita' di questi ragazzi " , sostiene Molco , " perche' hanno capito che la piazza , se frequentata in modo civile , puo' essere una cassa di risonanza per le proprie idee " .

" E stato un anno molto positivo , anche se si e' finiti nello scazzo piu' assoluto " , commenta Baruffi . Ma , da buon laico liberalradicale ammiratore del Mondo anni Cinquanta , ci tiene a precisare che " le manifestazioni anti Reagan che abbiamo fatto dopo l' attacco alla Libia , senza una parola contro Gheddafi , sono state un abbrutimento totale " . Assetato di civilta' nordica , quest' estate Baruffi se ne andra' in giro per l' Europa per un mese con lo sconto Interail , da Dublino a Berlino .

E il pugnace Cappelletti ? Promette battaglie gia' a settembre , perche' " ci sono ancora decine di scuole con situazioni precarie , come l' artistico l' anno scorso " . E tu cosa farai? " Di nuovo cortei e di nuovo l' artistico , perche' sono stato bocciato " . Bocciato per troppe assenze : l' amore per il movimento non perdona .

Mauro Suttora