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Friday, January 18, 1991

Il Friuli per il federalismo

IL CONSIGLIO REGIONALE CONDANNA A MORTE LO STATO CENTRALISTA


“Federalismo”, è la parola d’ordine del presidente Adriano Biasutti. Un neoleghista? Macché. Vuole solo affettare l’Italia, per servirla con contorno di Verdi. Ma non a Bossi


dal nostro inviato a Udine Mauro Suttora


Europeo, 18 gennaio 1991


Ottimo, il prosciutto crudo di Sauris. Delizioso quanto quello di San Daniele, l’altro rinomato affettato friulano. Non per nulla Adriano Biasutti, presidente dc del Friuli-Venezia Giulia, si è rifugiato proprio nella sua casa di montagna in questo paesino della Carnia dopo le polemiche sulla sua ultima clamorosa presa di posizione. Che, sintetizzata e tradotta dal politichese, si può riassumere in: “Facciamo a fette la penisola”. Per affettare meglio la Lega lombarda, spera sotto sotto l’intelligente Biasutti.


Non sono solo manovre di salumeria. Perla prima volta nella storia d’Italia il 19 dicembre 1990 una regione ha chiesto solennemente la sepoltura dello Stato centralista dopo 130 anni di vita. Passando, ovviamente, anche per la liquidazione della Prima repubblica. “L’Italia deve diventare uno Stato federale”, proclama la mozione approvata dal consiglio regionale friulano, con il sì di Biasutti. 

Non è certo una secessione come quella appena decisa dai vicini del Friuli, gli sloveni, contro la loro capitale Belgrado. Ma, se la parola “federalismo” ha un senso, è comunque un’intera regione che passa dalla parte di Umberto Bossi.


Lo spumante natalizio ha messo un po’ il silenziatore a questa rivolta contro Roma dell’estrema “marca nordorientale”. Ma il fuoco cova sotto la cenere. E l’incendio si sta spostando dalla Lombardia, dove ormai un terzo degli elettori è con la Lega, a tutto il Nordest. 

Ecco cosa dichiara il presidente della giunta veneta Franco Cremonese, dc: “Aumenta la domanda di autonomia… Il centralismo è sempre più insufficiente, povero di idee, incapace”. E Umberto Carraro, psi, presidente del consiglio regionale veneto, propone di eliminare ministeri come la Pubblica istruzione e l’Agricoltura, trasferendone le competenze alle regioni. 

(...)