Parla italiano la galleria piu' lunga del mondo
dal nostro inviato a Bellinzona (Svizzera) Mauro Suttora
Oggi, 13 ottobre 2010
Altro che Cina, America, Paesi emergenti. È qui, nel cuore della vecchia Europa, che il 15 ottobre si fa la storia mondiale. Termina lo scavo della galleria ferroviaria più lunga del pianeta: il nuovo San Gottardo, 57 chilometri. E l’avvenimento parla italiano. Perché a neanche cento chilometri dalla nostra frontiera di Chiasso, sopra Bellinzona, siamo nel canton Ticino. Quando l’opera sarà pronta, nel 2017, ci vorranno solo due ore e 40 da Milano a Zurigo: un’ora in meno di adesso. Più veloce e conveniente dell’aereo, se si calcolano i tempi morti negli aeroporti.
«È un’impresa ciclopica», dice orgoglioso Renzo Simoni, presidente di Alp Transit. Anche questa mattina, a pochi giorni della caduta dell’ultimo diaframma di roccia, il centro informazioni all’imboccatura del tunnel dalla parte italiana è visitato da una scolaresca. Gli svizzeri sono riusciti a trasformare l’immenso cantiere in un’attrazione turistica. Nei fine settimana sono migliaia le persone che arrivano da tutta la Svizzera, ma anche dall’Italia.
Non ci si rende bene conto della portata dell’opera finché non si giunge qui, o nell’altro centro dall’altra parte delle Alpi vicino ad Altdorf, cantone di Uri (quello di Guglielmo Tell). La galleria è così lunga che soltanto per raggiungere la fresa meccanica che scava al ritmo di dieci-venti metri al giorno gli operai impiegano quasi mezz’ora, con un trenino. Poi, a fine turno, tornano indietro. Il via-vai dei trenini di servizio è continuo: in una direzione trasportano le enormi quantità di terra e roccia scavate, nell’altra fanno arrivare il cemento e l’armatura metallica per costruire la volta.
I lavori sono iniziati cinque anni fa. Costeranno in tutto 18 miliardi di euro, il quadruplo del ponte di Messina. Però, poiché siamo in Svizzera, patria della precisione, il preventivo finora non solo è stato rispettato, ma si è speso un meno del previsto.
«Sopra di noi abbiamo 2.500 metri di roccia», ci spiega un ingegnere. Il fatto che ogni qualche chilometro ci siano pozzi, sfiatatoi e uscite di emergenza non ci consola: la sensazione è opprimente, queste maxigallerie meglio percorrerle a 200 all’ora. «Si possono fare tutti i carotaggi, le trivellazioni e le proiezioni sismiche che si vogliono, ma alla fine è sempre una sorpresa: i tipi di roccia cambiano. È più facile studiare la superficie della luna con un buon telescopio, che sapere cosa c’è per due chilometri sotto i nostri piedi. Quindi, non sappiamo mai bene cosa ci aspetta dopo trenta centimetri: sabbia? Acqua? Granito? ».
Nel primo caso, lo scavo procede spedito. Per stabilizzare soffitto e pareti, evitando le frane, bastano le iniezioni di cemento. Nel secondo caso, occorrono molte settimane di pausa (tre mesi lo scorso inverno) per imbrigliare le falde acquifere con pompe aspiranti, e proteggere la galleria con calcestruzzo impermeabile. Nell’ultimo caso, se la roccia è troppo dura gli artificieri non riescono a progredire per più di tre metri al giorno. Insomma, le difficoltà geologiche non sono calcolabili in anticipo. Le peggiori eventualità però erano state già inserite nel bilancio preventivo. Contrariamente alla nostra Alta velocità, dai costi miliardari scandalosamente triplicati.
Sulla cima delle montagne, nella valle del Ticino che si restringe, c’è già la neve. Ma sotto, in fondo al cunicolo, la temperatura sarebbe di 40 gradi se non ci fosse un impianto di condizionamento.
Un’altra cosa che non è facile immaginare è la bassa quota della galleria: appena 500 metri, contro i mille della precedente, costruita cent’anni fa. «Il tunnel è così lungo per ridurre al minimo le pendenze», spiega Simoni. Oggi pochi passeggeri se ne accorgono, ma i treni devono girare in circolo con faticosi tornanti in galleria per salire in quota.
Poche salite e discese, eliminate le curve: i binari potranno così ospitare gli stessi locomotori dell’alta velocità che solcano la pianura, senza doverli cambiare a Chiasso o Bellinzona. Ma gli svizzeri, quando vent’anni fa decisero di affrontare l’enorme spesa, più che ai passeggeri hanno pensato a un traffico merci più ecologico: «Elimineremo centinaia di migliaia di Tir all’anno».
Il San Gottardo sarà completato da un’altra galleria, quella del Monteceneri: «soltanto» quindici chilometri, ma fondamentale per ridurre le distanze fra Lugano e Bellinzona, con diramazione per Locarno. Peccato però che dopo la frontiera l’Alta velocità si interrompa. L’Italia infatti non ha neppure in progetto una nuova linea diretta per Milano che ammoderni la vecchia Chiasso-Como-Seregno-Monza-Milano: 50 chilometri che potrebbero essere percorsi in metà degli attuali 40 minuti.
Mauro Suttora