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Monday, July 25, 2022

All'armi siam fascisti, amor dei comunisti



Adinolfi, Di Stefano, Paragone, Rizzo... Ritratto dell'allegra brigata rossobruna, un Frankenstein fasciocomunista un po' no-vax e un po' sì-Putin

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 25 Luglio 2022

Era dal 1970, quando Adriano Sofri scambiò i moti di Reggio Calabria per l'inizio della rivoluzione proletaria e lanciò la sua Lotta Continua di estrema sinistra in aiuto al senatore neofascista Ciccio Franco (da non confondere con l'omonimo duo comico) per battere Catanzaro come capoluogo della neonata Regione Calabria, che non si assisteva a un tale marasma rossobruno.

Simone Di Stefano ha litigato con Gianluca Iannone, l'altro leader di Casapound, è uscito dal movimento di estrema destra e ora raccoglie firme per presentarsi alle elezioni con Mario Adinolfi, del Popolo delle famiglie. E fin qui nulla di strano. 

Poi però ha mandato questo appello a Marco Rizzo, già eurodeputato e ora capo del partito comunista: "Ci conosciamo e stimiamo in segreto (perché non sia che lo scoprano i nostri elettori). Con Paragone (ex leghista e grillino, ndr) ci conosciamo dai tempi formidabili de La Gabbia (il talk de La7 chiuso da Urbano Cairo per scarsi ascolti, ndr). Noi tre e Adinolfi siamo i soli in grado di portare simboli sulla scheda. Troviamo il modo di sommare le forze. Lo sbarramento al 10% è alla nostra portata, comunque le liste passerebbero col 3%. Così convinceremmo milioni di italiani ad andare a votare. Di fronte alla violenza e arroganza del potere non possiamo non reagire con una somma di forze. La gente ci vuole uniti".

Per la verità la gente da anni snobba questi personaggi, relegandoli allo zero virgola ogni volta che concorrono alle elezioni. Ma due anni di pandemia e cinque mesi di guerra in Ucraina hanno cementato una curiosa alleanza no vax e sì Putin, creando un Frankenstein fasciocomunista nei cortei e sui social.  

Il crollo dei grillini sta aprendo spazi insperati per questo nuovo estremismo bifronte: alcuni sondaggi lusingano col 4% l'Italexit di Paragone. I neofascisti di Forza Nuova, finora concorrenti di Casapound, hanno cercato di cavalcare i no vax ma dopo l'assalto alla Cgil sono fuorilegge. E lo stesso Di Stefano è accusato dai suoi ex camerati di voler passare all'incasso elettorale, abbandonando il movimentismo. 

Così l'arcicomunista Rizzo, che forse piace a Di Stefano per la sua silhouette mussoliniana, non si imbarazza ad accogliere fra le sue fila l'eurodeputata no vax di Palermo Francesca Donato, eletta con la Lega. Facebook ha chiuso la pagina di Donato per le troppe bufale pubblicate, lei ha lasciato Salvini ma a novembre ha preso solo il 3% al comune di Palermo.

Anche il senatore grillino Emanuele Dessì è approdato al partito comunista di Rizzo. E assieme al collega Vito Petrocelli (cacciato dai grillini per putinismo) pochi giorni fa è andato in Nicaragua ad applaudire il dittatore sandinista Ortega. 

Tutto si tiene, nella bizzarra combriccola fascioputiniana. I nemici comuni sono gli Usa, l'Occidente e Draghi. Quelli di estrema destra vengono tenuti a distanza di sicurezza da Meloni e Salvini; a sinistra il disfacimento di Leu priva i nostalgici comunisti di una qualsiasi calamita, perciò si moltiplicano microliste (alle recenti comunali a Milano ce n'erano ben quattro con falce, martello e zero eletti).

Naturalmente, a chi trovasse folkloristica questa convergenza fra opposti estremismi, nel centenario della marcia su Roma basta ricordare le origini socialiste rivoluzionarie del duce fascista. Senza dover scomodare i giganti Hitler e Stalin, felicemente alleati dal 1939 al 1941 per la spartizione di Polonia e Paesi Baltici che diede inizio alla Seconda guerra mondiale. 

Wednesday, April 20, 2022

Neanche San Chomsky fa il miracolo: l'Ucraina frantuma la sinistra radical

di Mauro Suttora

Le armi a Kiev dividono famiglie storiche: Anpi, sindacato, ex e post comunisti. Ora il loro totem divide anche i no global. Convergenze rossobrune

HuffPost, 20 Aprile 2022

Oltre alle macerie dell'Ucraina, ecco quelle della sinistra. Oggi il 93enne Noam Chomsky, nume dei sessantottini libertari nella trinità Marcuse-Chomsky-Illich, dice al Corsera che "Zelensky dimostra grande coraggio e integrità nel guidare la resistenza ucraina, eroica e pienamente giustificata contro l'aggressione omicida" di Putin. Non condona il suo bersaglio storico, gli Stati Uniti, ma prende posizione netta. Invece metà sinistra, in Italia e nel mondo, accusa anche Usa e Nato, e soprattutto è contraria a mandare armi all'Ucraina.

Famiglie ideologiche come quella di Lotta Continua si spaccano: Erri De Luca, Manconi, Lerner e Sofri con gli ucraini armati; Guido Viale, Liguori e Capuozzo assai dubbiosi. E anche dentro l'Anpi un'invalicabile linea di faglia separa il presidente Pagliarulo dal presidente onorario Smuraglia.

A peggiorare le cose e a sparigliare le carte, poi, c'è l'oggettiva convergenza rossobruna. I fascisti sono quasi tutti putiniani, anche se qualche movimentista di Casa Pound è partito per combattere al fianco degli ucraini. E pure gli estremisti di sinistra, da Fratoianni a Rizzo, detestano Zelensky. Attore come Reagan.

Eppure Putin non è una bestia nuova. Prima di lui, trent'anni fa, per primo il presidente serbo Milosevic assommò in sé il nazionalismo di estrema destra e l'eredità del comunismo titoista. Cosicché gli orfani dell'Urss si trovarono a fianco dei fascisti nel condannare le bombe Nato sulla Serbia dopo la strage degli 8mila bosniaci a Srebrenica (1995) e la tentata pulizia etnica su 800mila kosovari (1999). Scatenata pure la Lega: "Meglio Milosevic di Culosevic", fu il fine slogan omofobo di Bossi contro i radicali di Pannella e Bonino, che proprio in quegli anni '90 inventarono il Tribunale internazionale per i crimini di guerra.

Poi arrivò il movimento noglobal contro il neoliberismo (Seattle 1999, Genova 2001), e l'imbarazzante alleanza fra opposti estremismi si replicò. Dai fascisti anni '80 di Terza Posizione arrivava la polemica terzista contro le élites cosmopolite mondialiste: "Abbasso il comunismo, ma anche il capitalismo liberale". A loro si sommava la sinistra antagonista di centri sociali ed ex autonomia, fino a tute bianche, anarchici insurrezionalisti e black block. E anche nei noglobal si inserivano i leghisti, con il localismo delle piccole patrie, e perfino una spruzzatina di ecologia (il mito del km zero contrapposto ai container in arrivo dalla Cina). 

L'antiamericanisno rossobruno riesplode nel 2003 contro l'invasione bushiana dell'Iraq, e nel 2011 contro la nofly zone di Obama in Libia. Sono questi, ancor oggi, i caposaldi della propaganda putiniana: "Biden vuol far fare a Putin la fine di Saddam e Gheddafi". 

Ma gli anti-Usa a prescindere accusano Washington sia quando interviene, sia quando non lo fa: i cospirazionisti di destra e sinistra infatti riescono ad addebitare a Obama e a Hillary anche il mancato intervento in Siria nel 2013. Nel frattempo nascono i grillini in Italia, i trumpiani negli Usa. E inventano un complotto ancor più spericolato: gli Usa avrebbero addirittura "creato", o almeno favorito, l'Isis. Sconfitto poi dall'ottimo Putin.


Il problema è che tutte queste fantasie, fino a vent'anni fa confinate nei deliri di qualche rivista o sito complottista, sono diventate maggioritarie nel mondo libero: in Usa con la vittoria di Trump (2016), in Italia con i gialloverdi (2018), in Francia una settimana fa con Le Pen, Zemmour e Melenchon, i quali sommati superano il 50%. Infine due anni di rivolta novax, nomask, nolockdown, nopass e notutto hanno centrifugato nostalgici fascisti e comunisti, grillini e leghisti in un rifiuto permanente della realtà, che si è trasferito tal quale (come tutti i rifiuti, di cui Guido Viale è studioso) sull'Ucraina. 

Per cui ora i putinisti fanno le vittime come le pittime di De Andrè, ma il mainstream di cui si lamentano ormai sono loro: lo dimostrano i sondaggi, che li danno in parità (40 a 40%) sulle armi a Zelensky, e in maggioranza assoluta contro l'aumento delle spese militari. 

Alla sinistra in pezzi non resta che sparire (come i comunisti e socialisti greci e francesi) o aggrapparsi a demagoghi tipo Melenchon. Così in Italia, dopo le fallimentari rifondazioni comuniste e liste Ingroia o Tsipras, ora rischiamo un bel poker di rimescolamento Di Battista-Paragone-Orsini-Fusaro. Perché, come cent'anni fa con Mussolini, le estreme si toccano. Dietro la schiena.

Mauro Suttora