Le nuove deputate
Oggi, 10 maggio 2006
Le hanno soprannominate «dep deb»: sono le deputate debuttanti, la maggioranza delle 108 nuove elette alla Camera. Un bel gruppo, in crescita rispetto alla scorsa legislatura: ora la presenza femminile in Parlamento ha raggiunto il 17 per cento. Sempre lontano dal 40 per cento dei Paesi scandinavi, ma abbiamo superato il 15 per cento degli Stati Uniti. Certo, non abbiamo ancora una Condoleezza Rice, terza carica pubblica in America (la segretaria di stato, ovvero ministra degli Esteri, viene subito dopo il presidente George Bush e il suo vice), nè una Hillary Clinton probabilissima candidata democratica alle presidenziali fra due anni. Ma Emma Bonino e Anna Finocchiaro erano considerate valide pretendenti al Quirinale, e a quest’ultima è andata la presidenza di tutti i senatori dell’Ulivo.
Peccato che nel Transatlantico (la sala adiacente all’aula di Montecitorio) non possano entrare i fotografi. Era uno spettacolo, nel giorno dell’elezione del presidente Fausto Bertinotti, il gruppetto delle debuttanti di Forza Italia formatosi di fronte alla buvette: l’ex valletta Mara Carfagna, l’attrice Fiorella Ceccacci (in arte Rubino), la portavoce Elisabetta Gardini, la bionda Michaela Biancofiore (famosa per essere stata immortalata con Silvio Berlusconi a Bolzano durante il suo «gesto del dito») e la ex cognata del Cavaliere Mariella Bocciardo, raccolte attorno alle «veterane» Valentina Aprea e Gabriella Carlucci che le iniziavano ai misteri del Palazzo. «Berlusconi avrà anche perso le elezioni, ma ha le deputate più belle», ha commentato invidioso un parlamentare di sinistra, senza osare avvicinarsi per socializzare con le avvenenti avversarie.
Stefania Prestigiacomo (Forza Italia), Daniela Santanchè (An) e Giovanna Melandri (Ds) splendono sempre, ma ormai i colleghi si sono abituati alle loro grazie. Più curiosità, invece, suscitano le «nuove»: «Un deputato sconosciuto si è presentato sorridente e mi ha chiesto a quale gruppo appartengo», racconta Silvana Mura, «ma quando gli ho detto Italia dei Valori mi pare sia rimasto deluso, e dopo un po’ se n’è andato». Fra le «new entries» spicca Giorgia Meloni di Alleanza Nazionale, e non solo perchè con i suoi 29 anni è la più giovane dell’intero Parlamento: già finita sulla copertina di qualche settimanale, è assurta alla gloria istituzionale da quando Gianfranco Fini, segretario del suo partito, l’ha voluta issare addirittura alla vicepresidenza della Camera. Sarà curioso vederla concedere o togliere la parola a onorevoli settuagenari, carichi di esperienza e prestigio: «Non nascondo la mia sensazione di ansia e anche di inadeguatezza di fronte a colleghi con una, due o dieci legislature alle spalle», ci confida, «ma questo è un segnale importante lanciato ai giovani, che si sentono estremamente distanti dal Parlamento». Non ha paura di fare la fine di Irene Pivetti, mummificata in tailleur? «No, perchè penso di riuscire a rimanere quella che sono: una militante politica, capace dell’aplomb istituzionale che mi è richiesto, ma con i jeans nella borsa, da indossare quando esco da Montecitorio».
Trent’anni fa la Bonino sfoderò jeans e zoccoli dentro la Camera, sfidando i regolamenti, ma quella ventata di novità e di rivolta sembra lontana. Tutte le debuttanti, infatti, confessano di essersi emozionate entrando la prima volta in aula: «L’impatto è stato molto forte», ci dice Fiorella Ceccacci, «e mi ha fatto effetto vedere il mio nome in grande sul tabellone elettronico. Ora voglio presenziare il più possibile alle sedute, e assorbire come una spugna tutto ciò che mi circonda. Data la mia professione mi occuperò di spettacolo: la cultura è libertaria e democratica, e occorre ridurre gli sprechi».
«L’aula mi ha trasmesso una sensazione di sacralità laica», conferma Elisabetta Rampi, diessina, «e io come sindaco di un piccolo paese di duemila abitanti, Borgolavezzaro in provincia di Novara, avverto la responsabilità di questa mia nuova carica. Sono dipendente e sindacalista delle ferrovie, dirigevo il dopolavoro del Cral aziendale, e mi occuperò di trasporti». Anche Giuseppina Castiello (An) non è una novizia, in politica: «Nel ‘95 mi sono candidata nel mio comune, Afragola vicino a Napoli, e dopo il consiglio comunale sono entrata in quello regionale della Campania, dove ero l’unica donna. Non sono favorevole alle quote rosa, ma ammetto che se non fosse stato per una norma che imponeva di candidare dieci donne al Comune non sarei mai entrata in politica. Anche perchè mio padre non era d’accordo. E ho dovuto sgomitare parecchio per farmi valere, anche all’interno del mio partito. Ora però questo mestiere non solo mi appassiona, ma lo considero una missione: mi sento delegata dai miei elettori per dar loro voce».
Ci ha messo invece parecchio tempo Paola Pelino, 51 anni, imprenditrice di Sulmona (L’Aquila), prima di decidersi a scendere in campo per Forza Italia: «Nel ‘93 Berlusconi mi convocò ad Arcore quando non aveva ancora fondato il partito, ma fino all’anno scorso ho preferito sostenerlo economicamente continuando a occuparmi dell’azienda di familiare, che produce confetti dal 1783. Poi mi sono candidata alla regione Abruzzo, e ora eccomi qui. Questo ambiente mi affascina, e addirittura mi manca durante i weekend: quando sono a casa vorrei tornare subito a Roma. La politica per me è diventata quasi una droga... Anche perchè noi donne di Forza Italia siamo raddoppiate, ora siamo 23 su 134 deputati, e formiamo un bel gruppo».
«Io per fare politica mi sono dovuta letteralmente ammazzare», ci confessa Sandra Cioffi, 61 anni, nata a Zogno (Bergamo) ma cresciuta a Napoli. Unica donna fra i 17 parlamentari dell’Udeur di Clemente Mastella, sposata a vent’anni, mamma a 21, era diventata presidente di circoscrizione ma poi ha dovuto smettere: «E’ inutile, senza quote rosa noi donne non ce la facciamo a fare politica. Io ci sono riuscita soltanto perchè ero spinta da una passione smodata, provenendo dal volontariato cattolico. Ma bisogna stabilire per legge che gli eletti dello stesso sesso non possano superare i due terzi in ogni assemblea».
«Sarà anche una stupidata, ma qui alla Camera c’è un barbiere per i maschi, e invece manca un parrucchiere», nota Silvana Mura. La cosa che ha colpito di più Giorgia Meloni, invece, è la professionalità del personale di Montecitorio: «Dopo un giorno funzionari e commessi ci conoscevano già una per una con nome e cognome. Incredibile. Sono rimasta anche stupita dai prezzi al ristorante interno: incredibilmente bassi. Con lo stipendio che prendiamo, forse potremmo permetterci di pagare qualcosa di più. Ma questo non lo scriva, altrimenti i colleghi mi uccidono...»
Mauro Suttora
3 comments:
begli articoli, gia' per la scelta dell'argomento. complimenti e grazie.
quanto al resto, ti ho risposto nel mio blog
chi e' la piu' gnokka?
baci padani
non usiamo termini maschilisti. Diciamo che la piu' affascinante mi e' parsa la Pelino di Forza Italia, nonostante l'età
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