Friday, December 13, 2024

Pier Silvio Berlusconi non vende Forza Italia. E ti credo: mai 90 miseri milioni sono stati meglio investiti

di Mauro Suttora

Il valore commerciale del partito-azienda è ben più alto dei suoi debiti. Perché permette, con il suo 10%, di governare l'Italia

huffingtonpost.it, 13 dicembre 2024

"Non cediamo Forza Italia. Il nostro impegno familiare a sostegno del partito continua. Smentisco che qualcuno si sia fatto avanti per rilevare delle quote. Abbandonare FI sarebbe come svendere le idee di mio padre". Ma dov'era l'addetto stampa di Pier Silvio Berlusconi? Perché non lo ha placcato e portato via, quando il giornalista del Fatto Quotidiano Gianluca Roselli gli si è avvicinato?

Tutto era andato bene, fino a quel momento. La conferenza stampa nello studio 10 di Mediaset a Cologno Monzese (dove si registrano Verissimo della compagna di Berlusconi junior e Quarto Grado di Gianluigi Nuzzi) era filata liscia: macché quarto grado, giornalisti mansueti come sempre, clima natalizio. 

Il massimo del brivido è arrivato quando Pier Silvio ha ipotizzato lontanamente la fine di Striscia la Notizia, distrutta negli ascolti dai pacchi Rai di Stefano De Martino. Il pacco per l'ad Mediaset si è però materializzato quando, sceso dal palco e diretto come tutti verso il catering di lusso del ristorante bergamasco Da Vittorio, ha cortesemente risposto a qualche ulteriore domanda del Fatto.

Eppure Pier Silvio sa che Marco Travaglio era uno dei più testardi nemici di suo padre. Tanto che il 10 gennaio 2013 Berlusconi senior ci regalò la memorabile scena della pulizia della sedia dove si era accomodato il direttore del Fatto, prima di sedercisi lui. 

La domanda di Roselli per la verità è stata innocua: è vero che Letizia Moratti ha chiesto di rilevare il debito di 90 milioni che Forza Italia ha verso la famiglia Berlusconi? Sottinteso: comprandosela? A quel punto il junior è scivolato clamorosamente, ha confuso il partito politico con una squadra di calcio, e ha regalato a Travaglio il titolo: "Non vendiamo FI".

Le "quote", poi. Neanche fosse una società per azioni, frazionabile tra diversi proprietari. E comunque, scherziamo? Se pure così fosse, il valore commerciale di Forza Italia sarebbe ben più alto dei suoi debiti. Perché permette, con il suo 10%, di governare l'Italia grazie alla sua collocazione nella maggioranza di Giorgia Meloni. 

Mai 90 miseri milioni sono stati investiti così proficuamente, e la dimostrazione era arrivata proprio pochi minuti prima. Quando Pier Silvio ha così commentato il tentativo fallito del povero Matteo Salvini di prorogare lo sconto di 20 euro sul canone Rai: "Propaganda strampalata. Sarebbero 400 milioni sottratti alla fiscalità generale". Il padrone di Mediaset dà infatti per scontato che lo stato debba mantenere la Rai per non intaccare la torta pubblicitaria dei privati: o col canone, o colmando il deficit della tv statale.

Il surreale colloquio con Il Fatto è poi continuato, con Antonio Tajani magicamente trasformato in allenatore: "Il partito [la squadra] sta andando bene, Tajani fa un ottimo lavoro, FI è tornata sopra la Lega [in classifica] grazie a un modo di fare politica [di giocare a calcio] serio e non propagandistico".

Un'altra piccola chicca infine, quasi nascosta. Due paroline non dette nella conferenza stampa ufficiale, ma rivelate al Fatto: "Per ora non ho intenzione di impegnarmi in politica". Per ora. Finché il mister è bravo, finché i risultati arrivano, finché riusciremo a bloccare le tasse sugli extraprofitti della nostra banca Mediolanum. Finché la golden share del nostro 10% continuerà a rivelarsi estremamente fruttifera.

E poi, diciamocela: cedere la squadra proprio alla Moratti? Troppo odore di Inter in quel cognome. Quello sì, "sarebbe come svendere le idee di mio padre".

Saturday, November 30, 2024

Il 2 per mille è la fotografia dell'antipolitica. Cari politici, tenetevelo stretto così

di Mauro Suttora

Consiglio di non cercare di aumentarlo. Il finanziamento pubblico ai partiti fu abolito nel 1993 con il 90% dal referendum di Marco Pannella. Visto il numero di chi oggi non versa soldi ai partiti (96%), siamo ancora a quei livelli plebiscitari di antipatia

www.huffingtonpost.it, 30 novembre 2024

Primo partito, il Pd con l'1,28%. Secondo, Fratelli d'Italia con lo 0,84%. Terzo M5s, con lo 0,42%. Poi Lega (0,31%), Verdi (0,19%), Sinistra Italiana (0,17%), Italia Viva (0,14%), Più Europa (0,13%), Articolo Uno (0,10%), Azione (0,09%). Soltanto dodicesima Forza Italia (0,08%), superata perfino da Sud chiama Nord col 0,09%.

Sono questi i livelli di microscopico consenso dei nostri partiti, stando alle scelte effettuate con il 2 per mille nel 2023. In numeri reali, 531mila contribuenti hanno 'votato' Pd, 347mila Fratelli d'Italia, 174mila i Cinque stelle, 130mila la Lega. Tutti gli altri sotto le centomila preferenze, su un totale di 41 milioni e mezzo di contribuenti.

Naturalmente non si può paragonare la scelta del 730 con quella delle urne, perché chi dichiara i redditi sa che non sta votando alle elezioni. Ma in un certo senso i 'voti' dei cittadini contribuenti potrebbero essere considerati perfino più sinceri di quelli di quando sono elettori. Perché il misero 4,2% di noi che ha indirizzato le proprie tasse al proprio partito preferito lo ha fatto per sicura convinzione, e non rassegnandosi al criterio del meno peggio.

Ma in concreto, quanto hanno incassato le formazioni politiche nel 2023 col 2xmille? Cifre rispettabili: 8,1 milioni Elly Schlein, 4,8 Giorgia Meloni, quasi due milioni Giuseppe Conte, un milione e mezzo Matteo Salvini (la sua Lega è divisa in due, nei moduli 730 appare ancora quella "per l'indipendenza della Padania"). 

All'altro Matteo, Renzi, sono andati ben 1,1 milioni, e a Carlo Calenda un milione, nonostante entrambi abbiano goduto di meno scelte individuali rispetto ad Angelo Bonelli, fermo a 869mila euro, e agli 816mila di Nicola Fratoianni. Questo perché i simpatizzanti di Italia Viva e Azione sono mediamente più ricchi di quelli dei Verdi e di Sinistra Italiana: quindi i loro 2xmille valgono di più. Il povero Antonio Tajani invece si deve accontentare di 618mila euro: evidentemente gli elettori di Forza Italia sperano ancora sui rampolli Berlusconi per il finanziamento del loro partito.

Sono troppi o troppo pochi, questi soldi che destiniamo alla politica? In totale 24 milioni annui, compresi i partiti defunti: Articolo Uno con 519mila euro, Udc 32mila, Italia dei Valori 47mila (arriveranno ad Antonio Di Pietro?), addirittura Possibile di Pippo Civati incassa un quarto di milione. 

I grillini hanno dimostrato che per fare politica, vincere col 32% e governare non c'è bisogno di finanziamento pubblico: le sedi di partito sono una cosa tristissima, oggi basta l'online. I funzionari di partito da stipendiare sono perniciosi, perché prima o poi vogliono essere eletti pure loro. E per le riunioni fisiche si può affittare la sala della parrocchia. Certo, se poi si vogliono organizzare congressi faraonici i soldi non basteranno mai.

Il finanziamento pubblico ai partiti fu abolito nel 1993 con il 90% dal referendum di Marco Pannella. Visto il numero di chi oggi non versa soldi ai partiti (96%), siamo ancora a quei livelli plebiscitari di antipatia. Quindi, cari politici, tenetevi caro il vostro attuale due per mille, e non cercate di aumentarlo.

Monday, November 25, 2024

Qualcuno si è accorto che l'Onu ha scagionato Netanyahu?

Nelle stesse ore in cui il Tribunale penale internazionale emetteva il mandato di arresto, il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati ridimensionava sensibilmente le accuse

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 25 novembre 2024

Per un'incredibile coincidenza, nelle stesse ore di giovedi 21 novembre in cui il Tpi (Tribunale penale internazionale) emetteva il mandato di arresto contro Benjamin Netanyahu, l'Onu ha smentito la principale accusa contro il premier israeliano. L'Unocha (United nation office for the coordination of humanitarian affairs) ha infatti pubblicato un comunicato che attenua notevolmente la responsabilità di Israele per il presunto intenzionale affamamento dei civili di Gaza.

Muhannad Hadi, arabo di Giordania, coordinatore umanitario dell'Onu per i Territori palestinesi occupati, di ritorno da Gaza, ha affermato testualmente: "Quest'anno i tir dell'Onu con gli aiuti umanitari sono stati saccheggiati 75 volte, e quindici degli attacchi sono avvenuti dopo il 4 novembre. Bande armate hanno fatto irruzione nei magazzini Onu per circa tre dozzine di volte. Proprio la scorsa settimana al conducente di un convoglio hanno sparato in testa. È finito in ospedale assieme ad un altro camionista".

Certo, per più di sei settimane Israele ha bloccato ogni importazione commerciale. "Ma nello stesso periodo" ha spiegato Hadi, "l'aumento degli assalti ai convogli umanitari, causato dal collasso dell'ordine pubblico, ha paralizzato ulteriormente la nostra capacità di consegnare gli aiuti".

Da chi sono composte le bande che depredano gli aiuti? Israele punta il dito su Hamas, che le controllerebbe e farebbe in modi che i viveri arrivino ai propri simpatizzanti. In ogni caso, a Israele toccherebbe decuplicare i propri soldati a Gaza se dovesse scortare ogni singolo convoglio per proteggerlo dagli sciacalli durante il tragitto e la distribuzione degli aiuti. Non mantenere l'ordine pubblico in un territorio occupato è anch'esso un crimine di guerra imputabile a Netanyahu?

Quanto all'abuso dell'accusa di "genocidio", il 13 novembre una delle principali avversarie di Israele, l'attivista italiana proPal Francesca Albanese inopinatamente nominata relatrice Onu per i territori palestinesi, ha chiarito in un'intervista a Tribune, giornale inglese di estrema sinistra, la sua singolare interpretazione: "Per avere un genocidio basta l'intento di distruggere un gruppo, in tutto o in parte, attraverso anche uno solo di questi atti: uccisione, atti che infliggono grave dolore fisico o mentale, creazione di condizioni di vita che portano alla distruzione di un gruppo, trasferimento forzato di bambini, prevenzione delle nascite".

Peccato che, applicando cotanti criteri estensivi, i colpevoli di genocidio nel mondo ammonterebbero a diverse migliaia. Altro che Netanyahu. 

Sunday, October 20, 2024

Ghostbusters. Rizzo&Vannacci, acchiappafantasmi del politicamente corretto

Il Politicamente corretto, secondo la versione di Rizzo, è un manipolo di potenti dell'identità misteriosa ma dall'attività indefessa che ci impongono l'asterisco alla fine delle parole, il cappotto termico, e l'integrazione di milioni di immigrati che stanno demolendo pensioni, trasporti e sanità pubblica. Vannacci è ancora più apocalittico: "Il Politicamente corretto vuole distruggere la civiltà occidentale". Storia semiseria di una lotta esistenziale

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 20 ottobre 2024 

Dal Pci al Pc, l'ipercomunista Marco Rizzo è riuscito a trovare un terreno comune col generale Roberto Vannacci, ammiratore della Decima Mas fascista. Massimo nemico di entrambi ora è il Politicamente corretto, come ci hanno spiegato dal palchetto del teatro Rossini di Roma.

Invitati in strana coppia dall'associazione Meritocrazia Italia, si sono scagliati contro il "costrutto del Politicamente corretto", come lo chiama Vannacci, che impedirebbe a lui di definire "non rappresentativi dell'italianità" i cittadini di colore, e a Rizzo di protestare contro i vaccini obbligatori o gli aiuti all'Ucraina. 

Il Politicamente corretto, secondo la versione di Rizzo, è un manipolo di potenti dell'identità misteriosa ma dall'attività indefessa che ci impongono l'asterisco alla fine delle parole, il cappotto termico sulle nostre case, e l'integrazione di milioni di immigrati che stanno demolendo pensioni, trasporti e sanità pubblica. Vannacci è ancora più apocalittico: "Il Politicamente corretto vuole distruggere la civiltà occidentale". Nientepopodimeno. 

Ma "lui è generale mentre io solo caporalmaggiore", fa finta di schermirsi Rizzo, il quale invece si accontenterebbe umilmente di poter urlare libero e felice "viva la gnocca".

Per la verità questo simpatico filosovietico 65enne l'occidente lo vorrebbe distruggere pure lui da quasi mezzo secolo. Si iscrisse infatti alla corrente kabulista Pci di Armando Cossutta nel 1981 all'indomani dell'invasione dell'Afghanistan da parte dei tank di Leonid Breznev. E non ha mai smesso di prediligere l'esuberanza di Mosca nei confronti dei vicini, visto che oggi vuole smettere di difendere l'Ucraina. 

Pace, pace, invoca Rizzo. Si è eccitato ascoltando il generale filoPutin che l'ha chiesta pure lui nel suo primo discorso all'Europarlamento. Si è arrabbiato contro Carola Rackete, ora anch'essa eurodeputata ma di estrema sinistra, la quale invece vuole dare a Kiev il proprio cognome ('missile' in tedesco).

Questa degli alti ufficiali come Vannacci che vogliono la pace dopo che il nemico ti ha invaso e scaraventato i prigionieri in fosse comuni mi ha sempre incuriosito. Ricordo un certo generale Nino Pasti, gran pezzo di filosovietico e senatore Pci, che veniva con noi antimilitaristi a protestare contro i missili atomici Usa a Comiso, in Sicilia. Erano la risposta a quelli già installati dall'Urss, quindi noi per decenza chiedevamo pure a Mosca di toglierli. 

Invece certi generali Nato, che da pensionati diventano antiNato più dei preti spretati, sembrano odiare l'Occidente più del Politicamente corretto, e su Mosca zitti e mosca. Chissà quanto avranno sofferto nei loro decenni di servizio. O erano segretamente pronti all'alto tradimento in caso di guerra contro la "povera Russia circondata dai capitalisti"? 

"Noi militari siamo contro la guerra perché siamo gli unici a sapere cos'è", dice Vannacci con voce flautata e non marziale, quella che usa quando fa il pacifista. Ora, a parte che non si sa bene quali tremende guerre il nostro generalone abbia combattuto, perché ci risulta che grazie a Dio (e alla Nato) da quando lui è nato l'Italia non ne abbia avute; e ammesso che combattere è una triste necessità, e ovviamente anche i militari di carriera preferiscono evitare ogni screzio, come l'Unifil che in Libano si è fatta prendere per il naso da Hezbollah per 46 anni. Ma in ogni caso questa ci sembra una fallacia logica, come il netturbino che pretendesse di essere l'unico titolato a disquisire di spazzatura solo perché la tratta per professione.

Le due colombe della pace Rizzo e Vannacci hanno tubato assieme per mezz'ora a teatro, uno di quei teatrini d'avanspettacolo nel centro di Roma tipo Bagaglino. Poi il primo è tornato mesto alle sue percentuali da zero virgola che lo tormentano ogni volta che si presenta alle elezioni. Prima con la falce e il martello e ora, dopo aver litigato con tutti - Cossutta, Bertinotti, Diliberto - con Democrazia sovrana popolare. Mi raccomando il popolo, in rimpiazzo del defunto proletariato.

Il generale dei parac(adutisti?) è invece tornato nella sua trincea da 40mila netti al mese (lo stipendio di eurodeputato, fringe benefit compresi) a battersi contro il suo nuovo nemico: il Politicamente corretto. Entrambi hanno detto di contrapporre a questo sovrumano avversario, per giunta alleato col mainstream, concetti lieti e semplici come "buon senso" e "realtà". Sì, la stessa realtà che nel film 'La classe operaia va in paradiso' Gian Maria Volonté prendeva come scusa quando faceva cilecca con la povera Mariangela Melato rimasta insoddisfatta in auto: "Cosa pretendi? È la realtà".

Wednesday, October 16, 2024

Fare figli: un dibattito gravido di ridicolo

di Mauro Suttora

La surreale lite fra Bucci e Orlando (candidati alla presidenza della Liguria), e tifoserie al seguito, sul moltiplicarsi e il successo della società. Già pronti al secondo round, con grado di suscettibilità non minore: le politiche per gli animali

Huffingtonpost.it, 16 ottobre 2024  

Far figli è di destra o di sinistra? I liguri hanno undici giorni di tempo per deciderlo, prima di votare alle regionali. Gli schieramenti si sono delineati durante un dibattito tra i candidati alla presidenza Marco Bucci (centrodestra) e Andrea Orlando (centrosinistra).

Forse per ingraziarsi i padroni di casa, visto che la sfida era promossa dalla diocesi di Genova nella sala Quadrivium (fortunatamente non Trivium), Bucci ha osato dire: “Chi fa figli contribuisce al successo della nostra società. Vorrei che tutti quanti facessero e avessero fatto figli”.

Orlando, che non ha figli, ha allora criticato la criminalizzazione di chi non ha potuto averli: “Oggi fare un figlio costa, serve welfare per aiutare le donne a non dover scegliere tra il lavoro e la famiglia, perché è sulle donne che si scarica il lavoro di cura in una famiglia che resta organizzata ancora secondo vecchi schemi”.

Alé, ecco che subito piovono reazioni. Le candidate della coalizione progressista insieme alla Conferenza delle Democratiche, per una volta unite, hanno addirittura stilato un indignato comunicato ufficiale: “Non si risolve la crisi demografica criminalizzando chi non può avere figli. Gravi e inadeguate le parole di Bucci, non tengono in alcun modo in considerazione la complessità della questione e risultano discriminatorie nei confronti di chi, per ragioni personali, mediche o economiche, non ha potuto o non ha voluto avere figli”.

La questione è complessa, compagni: ricordo che alle assemblee del liceo così dicevano quelli del Pci quando non sapevano bene cosa dire. E oggi che va di moda la discriminazione aggiungiamoci pure quella, che male non fa.

Ma il frasifrattese esige un accenno alle colpe della società. “Dove sono le istituzioni?”, urla indignato quel comico della Gialappa's. Proseguono quindi le donne progressiste: “In una regione in cui il divario salariale fra uomini e donne è in crescita, in controtendenza con i dati del resto del nord ovest, in cui le donne guadagnano meno del 30% degli uomini e hanno accesso principalmente a lavori precari e a bassa retribuzione, dove solo tre bambini su dieci hanno un posto all’asilo nido garantito, le parole di Bucci su chi non ha figli suonano profondamente sbagliate”.

Ecco aggiungersi al coro le donne M5s, che si candidano divise ma colpiscono unite: “Ci sentiamo profondamente offese dalle dichiarazioni di Bucci, che riducono il valore delle persone e in particolare delle donne al fatto di avere o meno figli. Affermare che solo chi ha figli contribuisce al 'successo della nostra società’ è un messaggio pericoloso, discriminatorio e indiscutibilmente inaccettabile. Qualcuno informi Bucci che siamo nel Terzo Millennio".

Si aggiunge la deputata pd Valentina Ghio: “Bucci dovrebbe chiedere scusa a tutte le donne. Chi si candida a governare una regione dovrebbe avere rispetto e la capacità di proporre ricette per sostenere la natalità e le donne in percorsi di vita e lavoro sempre più complicati. Dovrebbe parlare di superamento del gender pay gap, di congedi paritari retribuiti, di rafforzamento dei servizi di welfare”.

Poteva mancare la segretaria confederale della Cgil, Lara Ghiglione? “Anche Bucci, come la destra al governo, pensa di contrastare la denatalità colpevolizzando chi non ha figli, anziché indicare come soluzione gli investimenti in servizi pubblici a supporto della genitorialità e il lavoro stabile ed equamente retribuito, soprattutto per le madri lavoratrici che pagano il prezzo più caro dopo la nascita di un figlio”.

Travolto dalle reazioni, Bucci dopo qualche ora risponde: “Pura speculazione di chi travisa le parole. Ho soltanto detto che vorrei che tutti avessero figli. Credo che sia l’augurio di tutti, anche di chi purtroppo non può averli, ma vorrebbe. Anzi, immaginiamo un supporto anche per chi ha queste difficoltà. Noi vogliamo una Liguria giovane, dinamica, rispettosa delle generazioni. Senza giovani, anzi, senza figli, la Liguria non può esserci. Orlando e il Pd soffrono di vittimismo e non hanno argomenti con i quali parlare ai liguri”.

Lo spalleggia Lorenza Rosso, assessora e candidata: “Bucci ha detto che vuole una Liguria giovane, che abbia un futuro. Che si augura che tutti abbiano figli. E allora? Come si fa a non essere d’accordo? Cosa c’è di male in questa affermazione? Da donna non posso che essere d’accordo con lui. Da Medioevo è piuttosto sfruttare il dolore di chi non può avere figli per un uso propagandistico. Il sostegno a tutte le famiglie e ai giovani deve essere un preciso compito della politica”.

Sente il bisogno di esprimersi anche la candidata di centrodestra Stefania Cosso, che la butta sul cuore: “Sono allibita nel leggere che Bucci è finito sotto accusa per aver detto che vorrebbe che tutti abbiano figli. È un auspicio bellissimo, un augurio che non si può non condividere. A meno di guardare tutto con gli occhi della negatività, con il cuore prevenuto. Credevo che chiunque auspicasse per tutti i liguri la gioia dei figli. Evidentemente non è così. Credo proprio che per primo chi, purtroppo, non può avere figli, non possa condannare un augurio positivo”.

Nel dibattito interviene infine l'assessora al Commercio di Genova, Paola Bordilli, candidata per la Lega: “Appartengo a quel gruppo di donne che non hanno ‘potuto avere figli’, per citare le parole di Orlando. Nel mio caso, non potrò mai averne a causa di importanti motivi di salute. Non ne faccio mistero e non ne faccio schermo. Nondimeno, non mi sento minimamente ‘discriminata’, sempre per usare le parole di Orlando, perché continuo a dare ugualmente il contributo alla società in cui vivo. Parlare di maternità e di natalità è un tema troppo complicato da poter liquidare in una replica. Come donna non mi sento offesa da Bucci: c’è chi ha il dono di poter avere figli e chi ha ricevuto altri doni e talenti. Ho frequentato le scuole presso le suore e non credo che le consorelle abbiano dato di meno rispetto alle mamme”.

Bene, ogni aspetto della questione è stato sviscerato. Nessun riferimento a Mussolini, perché in realtà destra e sinistra sono unite nell’auspicare più figli. Ma nessun politico può permettersi di aggiungere alle numerosissime cause sociologiche della denatalità, che so, la voglia di viaggiare e di spendere in vacanze invece che in pannolini. Protesterebbero gli albergatori, che in Liguria sono tanti e votano. O le giovani coppie accusate di egoismo.

Quanto al prossimo tema fondamentale di dibattito, già lo preannuncia Bucci: “Nel programma di Orlando non c’è nulla sugli animali”. Prepariamoci ad altre suscettibilità irrimediabilmente ferite. 

Sunday, October 13, 2024

Milano ha la sua quinta metro, Roma solo ritardi e stazioni saltate. Il Terzo mondo funziona meglio

Nuova Delhi ha appena completato le dieci linee della nuova metropolitana iniziate nel 1999: 24 anni. Altro che Capitale

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 13 ottobre 2024
Ieri è stata inaugurata la quinta linea della metropolitana di Milano. Anzi la sesta, considerato il passante ferroviario. Si chiama M4 perché era stata progettata prima della 5, aperta però in anticipo per via dell'Expo 2015. Quindi, sessant'anni dopo il primo metrò, quello rosso del 1964, ecco aggiunte altre 21 fermate del blu che collega Milano da est a ovest: dall'aeroporto di Linate direttamente in centro (San Babila, Policlinico, Santa Sofia, Vetra, De Amicis, Sant'Ambrogio) per poi allungarsi verso i quartieri Giambellino e Lorenteggio.

Nella giusta euforia delle cerimonie odierne nessuno parla del macigno finanziario che graverà sul comune di Milano nei prossimi vent'anni: i tre miliardi e mezzo del costo di questi 15 chilometri, infatti, dovrà ripagarli al ritmo di 174 milioni annui. E già oggi i ben 2,20€ del prezzo del biglietto coprono solo la metà del bilancio Atm (Azienda trasporti milanesi). Ci vorrà quindi un aiuto statale. Ma Milano se lo merita, perché almeno le metropolitane le fa. Mentre Roma si dibatte in ritardi da terzo mondo.

Il confronto è impietoso. La prima metro (che nella capitale è femmina) fu iniziata dal fascismo per collegare la stazione Termini all'Eur. La galleria fino a Piramide servì da rifugio antiaereo durante la guerra. Finita nel 1955, è stata prolungata fino a Rebibbia e Montesacro. La seconda linea è del 1980. Poi più nulla fino a dieci anni fa, quando si aprì la linea C ma solo nel tratto fino a San Giovanni. Progettata nel 1990 per il giubileo del 2000, la terza linea romana è diventata leggendaria: non sarà pronta neanche per i giubilei 2025 e 2033.

Ma il tratto Colosseo-Farnesina è entrato nel guinness dei primati anche perché sarà la prima metro al mondo senza fermate in centro. Da piazza Venezia a San Pietro, infatti, sono state cancellate le stazioni di largo Argentina e piazza Risorgimento. Resta solo quella di Chiesa Nuova, su corso Vittorio. Ma è distante ben un chilometro e 200 metri da piazza Venezia. Disperati, tre mesi fa alcuni consiglieri comunali hanno chiesto di spostarla verso le piazze Navona, Farnese e Campo dei Fiori, per farla diventare più “baricentrica”.

Una delle regole fondamentali delle metropolitane è che ci sia una fermata almeno ogni 400 metri, al massimo mezzo chilometro. Altrimenti non servono a nulla, bisogna camminare troppo. 
La stazione Argentina è saltata 16 anni fa per il ritrovamento di reperti archeologici. Il problema è che tutto il centro ha sottoterra le rovine dell'antica Roma. Quindi, se si rimane prigionieri della smania conservazionista, non si può scavare da nessuna parte. E chi se ne importa se i reperti rimarranno comunque sepolti, perché non si possono certo abbattere le case per 'valorizzarli', come fece Mussolini con i Fori imperiali e gli altri quartieri sventrati.

Insomma, alla fine ci vorrà mezzo secolo per completare la terza linea metro di Roma, contro i nove anni per la sesta di Milano. Costerà sei miliardi e forse più, rispetto ai due previsti. Ma al comune non importa molto, perché con la scusa dei giubilei e delle varie leggi per Roma Capitale a pagare è lo stato, e non la città come a Milano. Intanto, Nuova Delhi ha appena completato le dieci linee del nuovo metro iniziate nel 1999: 24 anni. Quindi ci scusiamo: il paragone di Roma col Terzo mondo è errato.

Thursday, October 10, 2024

Come si manganella l’uomo di sinistra che pubblica un post filoisraeliano

Ricordate Marco Boato? Su Facebook condivide il pensiero di una donna araba che si sente libera perché vive in Israele. Reazioni (anche da compagni di partito e affini): assetati di sangue, colonialisti, gente di m., servo dei razzisti, servo dei suprematisti e così via.

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 10 ottobre 2024

Povero Marco Boato. Monumento vivente dell'ecologismo, a 80 anni è presidente dei verdi italiani, resuscitati grazie al 7% alle europee in Avs (Alleanza verdi sinistra). Fondatore di Lotta continua nel 1968, sei legislature alle spalle, la prima con i radicali nel 1979: in totale 60 anni di politica.

Sempre attivissimo, ieri ha pubblicato su Facebook questo post: “Sono una donna araba, posso andare all’università, posso essere una dottoressa, posso candidarmi per una carica, perché io vivo in Israele”.

È stato subissato di insulti, anche da parte di compagni di partito, tanto che ha risposto: “A questo post, non mio ma semplicemente da me condiviso, vedo che sono seguiti oltre 150 commenti. Qualcuno/a ha chiesto di rimuoverlo, cosa che mi guardo bene dal fare, anche se il tenore insultante nei miei confronti di qualche commento mi indurrebbe a farlo. Ognuno/a ha detto la sua, attribuendo a questo semplice post intenzioni fuorvianti e allargando la discussione oltre ogni misura. Sono per la libertà di pensiero e di parola e ripudio ogni forma di censura, anche di eventuale auto-censura.

Certo che questo clima di odio mi fa orrore. Si invoca la pace, ma si usano parole di guerra. Per questo ho evitato di intervenire ulteriormente. Mi dispiace per qualche amico/a che evidentemente non lo capisce. Non vorrei essere diventato anch’io un ‘nemico’ per qualcuno/a, ma mi sottraggo a questa dinamica per me inaccettabile. Rispetto”.

Ecco un florilegio dei commenti ricevuti.

Anna Merlino: “Che persone orrende hai cooptato in questo post, Marco Boato: il peggio del razzismo coloniale, negazionisti dell’orrore, gente che gode ad eliminare fisicamente un’intera popolazione, accecati dalla loro presunta superiorità. Che gente di m.”.

“Sempre assetati di sangue, ma vi rilassate ogni tanto? Vi piace così tanto fare i colonialisti? Sono più di 70 anni che martoriate un’intera area, in nome di un non precisato diritto divino. Basta!”.

Valeria Manna: “Mi domando proprio perché abbia pubblicato una pubblicità così assurda di Israele. Davvero”.

Anna Merlino bis: “Evidentemente la pensa proprio così, si scoprono cose nuove, anche se condivido la militanza nello stesso partito, resto stupita dalla vera natura di certi ‘compagni’”.

Chiara Santacroce: “Ti rendi conto che hai postato una boiata, che in questo momento è persino criminale (come lo Stato di Israele)? Sì? Allora levala, va”.

Stefano Apuzzo, già deputato verde, candidato Avs alle europee 2024: “Marco, fallo per la tua lucidità e onestà intellettuale, leva sta merda!”.

“[Questa donna] può anche essere massacrata impunemente dall’esercito suprematista bianco e fascio sionista, con tutti i suoi figli e figlie piccole, in Gaza, Cisgiordania, Libano, Iraq, Siria, Iran. Può anche essere considerata una sub umana, cittadina di serie C nello Stato teocratico, razzista e colonialista d'Israele!”.

Cesare Manca: “Come sei caduto un basso Marco Boato vergogna”.

Rita Barbieri, ex assessore municipale Sel a Milano: “Post penoso e stupido! Ma alla sua età ha ancora bisogno di accreditarsi come servo dell’impero suprematista e razzista? Spero in una risposta a tono dalle donne palestinesi”.

Danilo Zappitelli: “Si deve far perdonare il suo passato. Anche lui tiene famiglia. Da lotta continua a famiglia continua”.

Maria Teresa Murgia: “Sei un influencer di Israele per caso?”