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Wednesday, June 17, 2015

Toti, Emiliano, Di Maio

POLITICI EMERGENTI: GAS GAS, IL GLADIATORE, DI MAIONESE

Dopo le regionali, emergono questi tre personaggi in Forza Italia, Pd e Movimento 5 stelle

Oggi, 10 giugno 2015

di Mauro Suttora

E pensare che lo consideravano un moderato. «Rifugiati? In Liguria non ne vogliamo neanche uno». Così Giovanni Toti, detto “Gas gas” per la somiglianza col topolino di Cenerentola, ha infranto dopo un solo anno il mito dell’invincibilità di Matteo Renzi.

Gli è bastato calcare un po’ i toni, allearsi con la Lega, approfittare delle divisioni a sinistra, e Genova è tornata al centrodestra dopo dieci anni. Ora i berlusconiani, distrutti nel resto d’Italia, si aggrappano solo a lui.

Il “Gladiatore”, invece, non ha avuto bisogno delle beghe degli avversari per vincere in Puglia. Michele Emiliano col suo 47% ha stracciato tutti: grillini e fittiani fermi al 18%, i berlusconiani dell’ex ministra Adriana Poli Bortone ancora più indietro.

Il Gladiatore ha bisogno di donne

Furbissimo, dichiara di amare i 5 stelle e di volerli imbarcare nella sua giunta. Anche perché lui non ha donne. Incredibilmente, infatti, dei nuovi 50 consiglieri regionali pugliesi solo sei sono del gentil sesso: cinque grilline e una di Forza Italia. Nessuna di Pd e liste collegate, nonostante le candidate fossero ben 85.

Gli elettori del centrosinistra si sono dimostrati insomma orrendi maschilisti. E nei guai è finito il Gladiatore, che aveva promesso una giunta rosa a metà. Ora dovrà nominare due esterne al consiglio regionale (il massimo consentito), ma le altre tre (per arrivare a cinque su dieci) non sa proprio dove pigliarle. Le grilline gli fanno marameo.

Altro che “Dimaionese”, il pupo è un duro

Fa marameo al Pd anche il grillino-capo, il napoletano Luigi Di Maio. Soprannominato “Di maionese” per la sua apparente affabilità, il wonderboy 5 stelle (vicepresidente della Camera a soli 26 anni) non dà segni di ammorbidimento.

Il suo movimento non è andato bene alle regionali, ha perso anch’esso quasi un milione di voti come tutti i partiti, per colpa degli astenuti. Ma i grillini   sono ringalluzziti perché hanno dimostrato di poter comunque contare su uno “zoccolone duro” del 15-18% che ormai li vota a scatola chiusa.

La «scatola di tonno» che promettevano di aprire (le istituzioni marce) sono sempre lì, intatte. Ma gli altri rubano così tanto che a loro basta urlare «onestà» per acchiappar voti.

Niente emergenti fra i leghisti, fa tutto Salvini

Ecco, questi sono i tre personaggi che si sono messi in luce nelle ultime settimane in quel deserto grottesco che è la politica italiana. La Lega, unico partito che ha aumentato i voti, non sta esprimendo volti nuovi dietro all’onnipresente Matteo Salvini. Mentre a Forza Italia, Pd e M5s non resta che sperare in Toti, Emiliano e Di Maio.

La scalata repentina dell’ex direttore di Studio Aperto (il tg di Italia1) e Tg4 al ruolo di salvatore della patria forzista (magari in coppia con l’incantevole Mara Carfagna) ha qualcosa di miracoloso e misterioso.

Questo ragazzone di Viareggio, figlio di albergatori, laurea a Milano in scienze politiche, in politica non era nessuno fino a due anni fa. Sì, si era iscritto ai giovani del Psi, ma il partito fu subito distrutto da Tangentopoli. Comunque una garanzia di affidabilità, quella tessera, quando all’alba dei trent’anni riesce a diventare stagista a Mediaset.

Più che la carriera interna a Studio Aperto, però, a spiegare l’improvviso innamoramento di  Silvio Berlusconi per Toti servono i pochi mesi che quest’ultimo nel 2008 passò come vice capufficio stampa a Mediaset. Quel passaggio in azienda gli diede il timbro di fiducia. 

Non guasta il suo matrimonio con Siria Magri, giornalista di sei anni più anziana, oggi vicedirettrice di Videonews, solida bergamasca che si favoleggia sia stata assunta direttamente da Berlusconi nella tribuna stampa dello stadio dell’Atalanta, folgorato dalla sua avvenenza quando lei lo intervistò per una tv locale (ma niente divani e cene eleganti, a scanso di equivoci: solo stima professionale).
     
Anche Di Maio è legato a una donna più anziana di lui (di 12 anni), la quarantenne cremonese Silvia Virgulti. Che dopo aver cercato di insegnare l’inglese a Beppe Grillo, ha svelato ai parlamentari grillini i trucchi per parlar bene in tv. E Luigi è il suo prodotto meglio riuscito, anche grazie alle tecniche della Pnl (Programmazione neurolinguistica).

Il minuscolo Luigino non potrebbe essere più differente dal ciclopico Emiliano, 120 chili per 1,90 di altezza. Figlio di un calciatore professionista e lui stesso giocatore di basket in serie B, dopo la laurea in legge (Di Maio invece è fuoricorso) il Gladiatore pugliese è diventato avvocato e poi magistrato antimafia fino al 2004, quando lasciò la toga per diventare sindaco di Bari.
 
Aveva cominciato ad Agrigento nel 1988. Suo collega in procura era Rosario Livatino. Da Palermo li seguiva e aiutava Giovanni Falcone. «Giudici ragazzini», li definì il presidente Francesco Cossiga. Nel 1990 Livatino fu assassinato, Emiliano tornò in Puglia. Uno choc.

Xylella e fanatici, il loro fastidio comune
 
Ora il principale nemico di Emiliano si chiama Xylella fastidiosa: è il batterio che rischia di decimare i centenari ulivi pugliesi. Se la domerà com’è riuscito a fare con i bilanci della sua Bari (ha vinto l’Oscar del Sole 24 Ore), potrà ambire a scenari nazionali.

Per Toti, invece, i fastidi sono tutti interni. Lui è riuscito a vincere in Liguria alleandosi alla Lega. Ma molti in Forza Italia (compreso Berlusconi) non sopportano l’estremismo leghista.
Stesso dilemma per Di Maio, agli antipodi per stile e contenuti dall’isteria di altri grillini come Alessandro Di Battista.

Mauro Suttora

Wednesday, July 16, 2014

Luigi Di Maio indiscreto

Chi è Luigi Di Maio

IL 5 STELLE BON TON PIEGA ANCHE GRILLO

Emergenti: chi è la promessa pentastellata che fa "ragionare" perfino il leader.

Per il troppo lavoro ha perso la fidanzata e continua a rimandare la laurea. Vicepresidente della Camera a soli 26 anni, Luigi Di Maio ora tratta con Renzi e fa rientrare in gioco il movimento

Oggi, 16 luglio 2014

di Mauro Suttora



A 26 anni Giulio Andreotti e Aldo Moro non erano neppure in Parlamento. Bettino Craxi era solo consigliere comunale, Matteo Renzi un oscuro segretario provinciale Ppi. E Silvio Berlusconi non aveva ancora visto un mattone. Luigi Di Maio, invece, è diventato vicepresidente della Camera.

Se c’è un wonder boy della politica oggi in Italia, è lui. Undici anni meno del premier, ma quanto a parlantina e aplomb gli tiene testa. Lo ha notato l’Italia intera, quando il napoletanino del Movimento 5 stelle (M5s) ha affrontato Renzi in streaming. Risultato: ora Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio si fidano solo di Di Maio. Che così è diventato il numero uno del secondo partito italiano.

Ci ha messo appena un’ora e mezza a far fare dietrofront perfino al proprio capo. Grillo aveva di nuovo insultato Renzi: «ebetino», e anche «ebetone». Lui si è messo al telefono, e pazientemente lo ha convinto: la trattativa col Pd continua. Nessuno screzio fra i due, solo fiducia. «Imparo sempre da Di Maio, anche quando sta zitto»: così, come sempre scherzando ma non troppo, il fondatore dei 5 stelle lo aveva incoronato candidato premier prima delle europee.

Poi il disastro, perso un voto su tre, e soprattutto Renzi col doppio dei consensi: 40 per cento a 21. Allora Grillo e Casaleggio hanno aperto furbi al Pd: «Facciamo insieme la riforma elettorale». Obiettivo: far fuori Berlusconi e il suo patto del Nazareno con Renzi. Rimettendo in gioco i sei milioni di voti del M5s, finora congelati in un’opposizione dura ma con pochi sbocchi.

E chi meglio del genietto di Pomigliano d’Arco come volto della svolta costruttiva?
Di Maio ha un padre impresario edile nonché, come il collega Alessandro Di Battista (il suo opposto: esagitato ed esagerato), fascista: prima Msi, poi An. Lui, invece, è troppo giovane per non essere vergine. Mamma Giovanna è prof di italiano e latino allo scientifico. 

Come Renzi, ha cominciato a «rompere le balle» già al liceo. E ha continuato da capetto anche all’università di Napoli: fonda una lista, diventa subito presidente pure lì: del consiglio degli studenti. Oltre a consigliere della facoltà di Legge.

Fanatico dei computer, segue Grillo dal primo Vaffaday del 2007. L’impegno politico gli fa perdere due cose: la laurea (è ancora fuoricorso, ora vuole recuperare online) e la fidanzata (troppo indaffarato, ora pare pratichi l’endogamia con la pentastellata Silvia Virgulti, bella tv coach che gli ha insegnato a ben figurare sullo schermo).

Trombato alle comunali nel 2010 (neppure papà votò per lui, 59 preferenze), due anni dopo alle primarie per diventare deputato gli bastano 189 voti. E pochi minuti per convincere gli altri cento deputati 5 stelle, digiuni di politica, a designarlo vicepresidente della Camera.

Dopo un anno molti, anche negli altri partiti, lo preferiscono alla presidente Laura Boldrini. Ineccepibile, autorevole, equilibrato, ha imparato a memoria il regolamento e infligge espulsioni: su tredici deputati che ha fatto cacciare dall’aula, ben otto sono grillini. Altro che salire sui tetti.

Ciononostante è amato (o almeno non detestato) anche dai 5 stelle oltranzisti. La pantera 45enne Paola Taverna gli è affezionata: «Però col Pd dev’essere meno moscio, sennò sembriamo Fantozzi». Il senatore Michele Giarrusso lo stima ma scherza agrodolce: «La trattativa Renzi-Di Maio? Facciamo giocare un po’ i ragazzini, in realtà il Pd non è cambiato».

Lui procede imperterrito, come certi partenopei più severi e disciplinati degli svizzeri. Mai una parola fuori linea, mai una virgola non sintonizzata col vertice Grillo&Casaleggio. Ma riesce anche a non apparire pedissequo. Con i proconsoli onnipotenti del gruppo Comunicazione, veri guardiani dell’ortodossia (l’ex Grande Fratello Rocco Casalino e l’ex assistente della Taverna, Ilaria Loquenzi), dirige di fatto il M5s. Il cui slogan era «Uno vale uno». Ma Di Maio ora vale tanto.
Mauro Suttora