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Saturday, May 01, 2021

Da Tarvisio a Gorizia, la storia raccontata attraverso i confini




















cartina © Raffaella Suttora

Suttora ricostruisce i cambiamenti nel corso delle epoche. Grande spazio alle vicende legate alle nostre frontiere

di Mauro Suttora

Messaggero Veneto, quotidiano di Udine e del Friuli, 1 maggio 2021 

Perché il confine fra Italia Slovenia sta proprio a Gorizia, e non cinque chilometri più a est o a ovest? E quello con la Francia di Ventimiglia? E da quanto tempo Chiasso separa Italia e Svizzera?

 

In tempo di nuovi sovranismi (fortunatamente non bellicosi) è utile conoscere meglio le nostre frontiere. Che non seguono sempre il crinale delle Alpi, come ci hanno insegnato a scuola.


Nel libro ‘Confini. Storia e segreti delle nostre frontiere’ (ed. Neri Pozza), in libreria dal 29 aprile, spiego ad esempio che la pipì fatta a Tarvisio, così come a Livigno (Sondrio) o a San Candido (Bolzano) finisce nel mar Nero: sono tutti pezzi d’Italia che si trovano al di là dello spartiacque, e che quindi non fanno parte del bacino del Po, ma di quello del Danubio (la val Canale attraverso il torrente Slizza e poi la Drava).


La sventurata Gorizia detiene un record mondiale: ha cambiato padrone ben sette volte in soli trent’anni, dal 1916 al 1947, fra fiumi di sangue. 

E sapete che lingua parlavano gli abitanti di Tarvisio quando nel 1918 passò all’Italia? Il tedesco in 6.400, lo sloveno in 1.680, e l’italiano in dieci. 

Ciononostante, la frontiera fu fissata al Coccau.


Gli attuali confini orientali del Friuli (e dell’Italia) sono nati nel 1509, quando l’imperatore austriaco Massimiliano strappò Plezzo, Tolmino e Caporetto a Venezia. 

Fino ad allora l’alta valle dell’Isonzo era stata romana, gota, longobarda, franca, del patriarcato di Aquileia e della Serenissima. 

Gli sloveni la popolarono nel 600, e visto che erano bravi agricoltori tre secoli dopo furono invitati dai patriarchi a coltivare anche le valli del Natisone, desertificate da epidemie e invasioni degli ungari.


Ma anche qui gli spartiacque non sono rispettati. Il Natisone nasce in Italia, poi entra in Slovenia e dopo dieci chilometri torna in Italia. 

Il torrente Uccea, viceversa, nasce dal crinale della val Resia e scorre per nove chilometri in Friuli prima di diventare sloveno e sfociare nell’Isonzo. 

Quanto allo Judrio, è un caso unico al mondo: fa da frontiera per quasi tutto il suo corso, prima tra Italia e Slovenia, e poi fra le province di Udine e Gorizia, ricalcando il vecchio confine italo-austriaco dal 1866 al 1918.


Sono tante le curiosità delle nostre frontiere. Fino al 1797, per secoli, la bassa friulana era divisa fra Venezia e Austria a macchia di leopardo, con molte enclaves: Gonars, Porpetto, Cervignano e Aquileia erano asburgiche, mentre Palmanova, Strassoldo e Grado stavano sotto Venezia.


L’attuale confine Italia-Slovenia a Gorizia, per rispondere alla domanda iniziale, segue il tracciato dell’ex ferrovia Transalpina Trieste-Vienna: l’unica altra frontiera nel mondo decisa dai treni è quella martoriata fra Siria e Turchia, che corre parallela ai leggendari binari Berlino-Bagdad.


Quanto alla Venezia Giulia, è una definizione recente, coniata nel 1863 dal glottologo Graziadio Isaia Ascoli, per distinguerla dalla Venezia Euganea (Veneto) e dalla Tridentina (Trentino). 

Ma dopo il 1945 ha dovuto cedere 112 dei suoi 127 comuni alla Jugoslavia di Tito: le intere province di Pola e Fiume, e quasi tutte quelle di Gorizia e Trieste.

Mauro Suttora