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Wednesday, June 09, 2010

I ricchi non piangono mai

LA MANOVRA NON TOCCA I MILIARDARI

di Mauro Suttora

Oggi, 2 giugno 2010

Coincidenza sfortunata: proprio nel giorno in cui suo padre ha imposto agli italiani sacrifici per 24 miliardi di euro, Pier Silvio Berlusconi ha varato il proprio nuovo maxiyacht da 18 milioni, lungo 37 metri. È vero, così il cantiere Ferretti di Ancona lavora e non licenzia i dipendenti. Ma Pier Silvio si era già fatto costruire tre anni fa dal cantiere anconetano un altro yacht da trenta metri: Suegno, costato dieci milioni. Aveva proprio bisogno di un secondo piroscafo?

La verità è che i ricchi non piangono mai. Non solo in Italia. I miliardari greci sbevazzano come sempre negli hotel a cinque stelle di Gstaad o Saint Moritz, mentre i loro compatrioti ad Atene sono in mutande. A New York gli speculatori responsabili della crisi mondiale continuano a incassare bonus da milioni di dollari. E nella nuova lista dei 5.700 evasori italiani con sette miliardi nascosti in Svizzera ci sono industrialotti lombardi, stilisti, attori, notai, avvocati e anche molte casalinghe, mogli prestanome dei suddetti.

Neanche un centesimo viene tolto dalla «manovra» di Berlusconi ai ricchi come lui. Obama ha aumentato le imposte sui redditi oltre i 200 mila dollari (160 mila euro). In Italia invece chi lavora viene tassato fino al 43 per cento, mentre le rendite da capitale rimangono al 12,5. Industriali, finanzieri e banchieri possono stare tranquilli.

Il governo Prodi aveva cercato di imporre un tetto di 270 mila euro annui per tutti i manager pubblici. Risultato: Pier Francesco Guarguagliani di Finmeccanica (oggi nei guai con la moglie per fondi neri) l’anno scorso ha intascato più di cinque milioni e mezzo. C’è il divieto di cumulo di cariche? Lucio Stanca è sia deputato, sia capo dell’Expo 2015 di Milano, per un totale di 650 mila euro. E come lui decine di politici con doppio incarico.

Non è questione di destra o sinistra. Il principale fustigatore dei potenti in Italia, Beppe Grillo, è lui stesso un ricco milionario che ama scorrazzare in motoscafo per la Costa Smeralda. E così l’ex eroe della sinistra tv, Michele Santoro, che ha scandalizzato i propri fans con la trattativa da una quindicina di milioni per il prepensionamento Rai alla verde età di 58 anni.

L’Italia ha il terzo debito pubblico del pianeta: 1.800 miliardi di euro. Ci superano solo Stati Uniti e Giappone, in cifre assolute. E in percentuale sul Pil, siamo i peggiori d’Europa: 115 per cento nel 2009, come la Grecia. Ciononostante, i nostri politici anche quest’anno riescono a spendere il 5 per cento in più di quel che incassano con le tasse. La manovra di questi giorni serve solo a rallentare l’allargamento del buco, non a tapparlo.

Eppure, tutti si sentono in diritto di protestare. Soprattutto i più ricchi. Sentite: «La nostra indipendenza va salvaguardata anche sotto il profilo economico», strillano i magistrati, «minacciati» come tutti i pubblici dipendenti dal blocco degli aumenti automatici triennali (per tutti, anche asini e pigri), oltre che da un prelievo del cinque per cento sui redditi oltre i 90 mila euro l’anno (ovvero la quasi totalità dei magistrati). Medici e primari da cinquemila euro netti al mese piangono: «Interventi tanto vergognosi quanto iniqui».

I dirigenti pubblici preparano i soliti ricorsi al Tar. «Guadagno 289 mila euro l’anno, ma alla Telecom erano due milioni e mezzo», dice Giuseppe Sala, direttore generale del comune di Milano. Ognuno guarda a chi prende di più. Bruno Vespa, dal «basso» del suo milione e 200 mila euro annui, invidia Santoro. E i tagli non toccano i prepensionati d’oro, come il dirigente della regione Sicilia Pier Carmelo Russo che cinque mesi fa ha agguantato 6.462 euro netti mensili a 47 anni, per poi vedersi nominare assessore all’Energia.

Le statistiche sono chiare: negli ultimi dieci anni i redditi dei dipendenti pubblici sono aumentati del 42%. Quasi il doppio dei privati, esposti alla concorrenza con l’estero. Eppure, all’ultimo momento la loro potente lobby ha fatto aumentare da 130 a 150 mila euro la soglia per il prelievo del 10%. E chissà di quali altri «ammorbidimenti» godranno i ricchi prima che i decreti tagliaspesa diventino realtà.

Mauro Suttora