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Friday, December 16, 2022

L'incredibile vita di Sinisa Mihajlovic da Vukovar, figlio orgoglioso dell'illusorio melting pot jugoslavo



Sport e politica, guerra e pace, trofei e turbolenze. Padre serbo, mamma croata, misto proprio come Tito. Si è occupato poco di politica, ma non ha rinnegato le sue origini: "Rimango serbo, con qualunque governo"

di Mauro Suttora

Huffpost.it, 16 dicembre 2022

L'incredibile vita di Sinisa Mihajlovic si dipana fra sport e politica, guerra e pace, trofei e turbolenze. I suoi trionfi sul campo li conosciamo tutti: nove fra scudetti, coppe Italia e supercoppe con Lazio e Inter, la coppa delle Coppe laziale del 1999 (compagno di Mancini, Nedved, Vieri, Nesta), e soprattutto la Champions League vinta da una squadra dell'est (l'unica oltre allo Steaua Bucarest), la mitica Stella Rossa di Belgrado nel 1991, aggiudicata ai rigori in finale a Bari contro l'Olympique di Marsiglia. 

Quello era uno squadrone con dentro anche Dejan Savicevic e Stevan Stojanovic, ma purtroppo fu anche un veicolo della propaganda serba, responsabile in quello stesso periodo della guerra civile che insanguinò per dieci anni l'ex Jugoslavia (con 100mila morti). Mihajlovic c'entrava poco. Anzi, era il tipico prodotto dell'illusorio melting pot, il miscuglio di nazionalità con cui il dittatore comunista Tito cercò invano di superare l'odio secolare fra serbi, croati, sloveni, kosovari, bosniaci. 

Padre serbo, mamma croata (misto proprio come Tito, croato-sloveno), Sinisa nacque a Vukovar, città sul Danubio al confine fra Serbia e Croazia. Portava lo stesso cognome del capo partigiano monarchico, leader durante la Seconda guerra mondiale dei cetnici serbi distrutti da Tito: nessuna parentela. 

La guerra civile degli anni 90 iniziò proprio a Vukovar, che subì stragi e la pulizia etnica serba. Ma il ventenne Sinisa se n'era già andato a giocare per il Voivodina, squadra della regione autonoma ungherese jugoslava. Poi l'approdo nella incandescente Belgrado. Da sempre i tifosi dello Stella Rossa trasformavano le partite con la Dinamo Zagabria croata in una similguerra (e viceversa). Ma quando scoppiò la guerra vera i capi degli ultras nazionalisti si arruolarono, e alcuni furono in seguito processati per crimini di guerra come il loro presidente Slobodan Milosevic. 

Il provvidenziale acquisto miliardario della Roma, e poi quello della Sampdoria, tolsero Mihajlovic dall'inferno jugoslavo. Anche se lui quando tirava le sue famose punizioni dimostrava la stessa precisione e potenza di un cecchino di Sarajevo. Sinisa si è occupato poco di politica, ma da orgoglioso campione non ha rinnegato le sue origini: "Rimango serbo, con qualunque governo".  

Qualche intemperanza e insulto di troppo contro un giocatore rumeno e uno africano gli hanno procurato giorni di squalifica. Ma tutti lo hanno sempre lodato come giocatore e allenatore corretto, carismatico, trascinante. Per fortuna gli unici campi di battaglia della sua vita sono stati quelli degli stadi. E anche l'ultima battaglia, persa, l'ha combattuta per tre anni con il suo proverbiale coraggio da leone.