W IL QUALUNQUISMO: GRILLO È COME MIO NONNO GUGLIELMO GIANNINI
di Mauro Suttora
Oggi, 30 maggio 2012
Gran successo per Sabina Ciuffini, già valletta di Rischiatutto, in una puntata di Porta a Porta su Grillo. Si è battuta come una leonessa contro Giuliano Ferrara che criticava le idee del comico. E ora è diventata un’eroina del Movimento 5 Stelle, con la sua performance assai cliccata su internet.
Signora Ciuffini, si candiderà nelle liste di Grillo?
«Guardi, ho 62 anni e mi sono già presa tutte le soddisfazioni dalla vita. Anzi, direi che il mio Narciso è stato esageratamente compiaciuto. Come dice il proverbio: “Chi bene ha vissuto, bene si è nascosto”. Non sono una coraggiosa, altrimenti in passato avrei sollevato scandali, e non l’ho fatto. Sono solo una qualunque zia che vuole essere “servita” meglio dai politici che ci amministrano».
Ferrara sostiene che la politica spacciata come “servizio” è un’ipocrisia democristiana. Che la politica in realtà è sempre lotta per il potere, o conflitto fra diverse idee di organizzazione della società.
«Ho riflettuto su quel che ha detto Ferrara a Porta a Porta. Lui fa il “realista”. Ma anch’io faccio un ragionamento empirico. Mi baso sull’esperienza degli ultimi 30-40 anni. E, come tutti, vedo il disastro provocato dalla maggior parte dei nostri politici per malafede, incapacità e tradimento di ogni regola di amministrazione. Per Ferrara sono “sciocchezze”. Io invece voglio che tutto cambi».
Quindi, Grillo?
«Lui si espone da anni, dicendo cose semplici: a casa i bastardi, rispetto per chi lavora bene, largo a uomini e donne di buona volontà».
Come lei.
«Ci sono dieci milioni di sessantenni in Italia. Possiamo metterci insieme, senza fare quella trafila del veleno che è la carriera politica. Che ci annoia: non occorre perdere tempo in eterni dibattiti, quel che c'è da fare è davanti agli occhi di tutti. A me piacerebbe guardare anche oltre Grillo, ai giovani, alle donne».
Che sono meglio degli uomini?
«Mai stata femminista. Però credevo nell’indipendenza economica, e a vent’anni mi sono guadagnata il primo stipendio a Rischiatutto. Ringrazio Mike Bongiorno, ma anche il dirigente Rai Bruno Voglino che mi scelse come valletta dicendo: “Prendiamo questa, che sorride”. Non gli passava per la testa di andare a letto con le show-girl».
Invece adesso...
«Per il sito che ho aperto dall’8 marzo, www.unaqualunque.it, abbiamo bisogno di tutte le donne. Anche delle stronze, delle cattive, delle zoccole...»
Sta scherzando.
«Ho chiamato “unaqualunque” il sito in omaggio a mio nonno Guglielmo Giannini, che nel 1945 fondò il partito dell’Uomo qualunque. Non voglio resuscitare la parola “qualunquismo”. Voglio solo farla riposare in pace, senza considerarla più un insulto».
Grillo è qualunquista?
«Perché dice che tutti i politici sono uguali? È un'affermazione dimostrata dal libro La Casta, ormai cinque anni fa. Il qualunquismo non è antipolitica, Grillo e mio nonno non sono populisti né capipopolo. Alla fine del fascismo mio nonno scrisse: “Non siamo più sudditi ma sovrani, quindi esigiamo un ‘servizio’ onesto e decente dai politici che eleggiamo. I parlamentari sono alle nostre dipendenze, da noi prendono uno stipendio e quindi a noi devono rendere conto del loro operato».
Come ricorda suo nonno?
«Come in queste foto che pubblicaste nel 1959: affettuoso con i nipotini. Pochi mesi dopo morì, a 69 anni, amareggiato per gli attacchi che ebbe a causa della sua avventura politica. Eppure a casa nostra passavano De Gasperi, Togliatti, Andreotti, che allora era giovane e anche carino. Ricordo la sera della prima di una delle sue 120 commedie, Lo schiavo impazzito, al teatro Sistina, che poi divenne un film tv. Era un uomo brillante, napoletano con madre irlandese, autodidatta, sapeva dieci lingue».
Nel 1945-’46 raccolse molti voti fascisti, che poi confluirono in Dc e Msi.
«Lui non ebbe mai la tessera del partito fascista. Si diede alla politica dopo aver perso un figlio in guerra. Come idee, lo vedo più di sinistra che di destra».
Mauro Suttora
Showing posts with label mike bongiorno. Show all posts
Showing posts with label mike bongiorno. Show all posts
Wednesday, June 06, 2012
Wednesday, May 18, 2011
Obama e Osama
PERCHE' GLI AMERICANI HANNO UCCISO E NON ARRESTATO BIN LADEN
di Mauro Suttora
Oggi, 8 maggio 2011
Per una settimana il mondo intero ha discusso se il presidente degli Stati Uniti Barack Obama dovesse pubblicare la foto di Osama Bin Laden morto. «Ce l’abbiamo, ma è troppo raccapricciante per mostrarla», è stata la puerile scusa accampata da Washington. Come se centinaia di immagini di guerra o di lager nazisti non fossero altrettanto orrende.
Alla fine gli autoeletti guardiani dei nostri stomachi presunti minorenni hanno mostrato non una foto, ma interi video del capo terrorista quand’era ancora vivo. Colpo da maestri: queste immagini hanno ucciso Osama più del colpo in fronte forse illegale che lo ha giustiziato.
Avete presente i «fuori onda» di Striscia la notizia? Anche i personaggi più rispettabili sprofondano nel ridicolo se li si sorprende a dire sciocchezze o a mettersi le dita nel naso pensando di non essere inquadrati. Non sapremo mai il nome dell’attendente di Al Qaeda che ha filmato il suo capo mentre ammira i propri video su una sgangherata tv. Ma dovrebbero dargli una medaglia. Egli è infatti un involontario eroe, quasi quanto i veri eroi del commando che è volato di notte con gli elicotteri in Pakistan per eliminare il «most wanted» dopo ben dieci anni di caccia.
Lo squallore di quelle inquadrature, la piccineria di un assassino esibizionista che si tinge la barba bianca per rivendicare le sue stragi, il suo sguardo perso quando guarda fuori campo chiedendo «Come sono venuto?», sono le vere armi letali che hanno distrutto in pochi secondi il mito del Male. Più di due intere guerre in Afghanistan e Iraq, più di migliaia di soldati (anche italiani) uccisi, più dei centomila civili arabi innocenti morti come «danni collaterali».
Ricordate il film Il grande dittatore di Charlie Chaplin? Hitler e Mussolini furono sepolti dalle risate, prima di finire annientati nel conflitto da loro provocato. Così oggi Osama perde qualsiasi «aura» fra i suoi miseri cavi tv e cenci ad Abbottabad, e nel 2003 l’altro Grande cattivo Saddam finì la carriera quando venne estratto da un buco e gli furono esaminati i denti come come ad un animale.
Piccoli dettagli che fanno la grande storia. Perché non c’è dubbio che la data del 2 maggio 2011 sarà ricordata come la fine dell’incubo mondiale che ci ha attanagliato per tutto il decennio degli «anni Zero». Andatelo a dire ai parenti delle migliaia di vittime di Osama, dell’11 settembre 2001 a New York ma anche del 2008 a Bombay, del 2002 a Bali, del 2003 a Nassirya, del 2004 a Madrid, del 2005 a Londra, fino ai poveri diciotto squartati vivi due settimane fa nella più bella terrazza con vista di Marrakesh, che il boia di Al Qaeda non doveva essere ucciso ma catturato vivo per poi venire sottoposto a regolare processo e naturalmente non essere condannato a morte perché noi europei siamo civili, e quindi contro la pena capitale. In ogni caso, se «pietà non l’è morta», la salma di Osama non doveva essere gettata in mare bensì sepolta dopo funerale. A costo di subire per un secolo sia un effetto Predappio (pellegrinaggi di aficionados), sia un rischio Mike Bongiorno (bara trafugata).
«Nessuno tocchi Caino?» Gli americani, compreso il democratico e raffinato Obama, hanno una concezione più biblica della giustizia: «You get what you give», prima o poi ti tocca quello che hai dato agli altri.
Sbagliano? Può darsi. Però, anche qui, proviamo a osservare i dettagli. Guardate le facce delle persone nella grande foto della pagina precedente. Non mostrano la stolidità di un Bush, l’arroganza di un Cheney. Sono quelle che abbiamo tutti noi quando siamo preoccupatissimi per un avvenimento pericoloso. I visi di Obama, di Hillary Clinton, del vicepresidente Joe Biden e degli altri dirigenti della superpotenza che ha violato il diritto internazionale, che ha invaso lo spazio aereo di uno stato sovrano per «fare giustizia», sembrano quelli di gente normale e perbene. Il più importante fra loro, il presidente, pare addirittura capitato lì per caso: se ne sta appartato, senza poltrona. Passava in corridoio una segretaria, era curiosa: hanno fatto entrare anche lei, però ora le tocca allungare il collo per vedere meglio...
Ma andiamo sul concreto. D’ora in poi saremo più sicuri? Certo che no. Continueremo a tribolare prima di salire sugli aerei, anche se proprio da qualche giorno - prima della morte di Osama - molti aeroporti hanno attenuato il divieto un po’ incomprensibile di portare qualsiasi liquido a bordo (sì, quel tizio si era confezionato una bombetta, ma guardateci: sembriamo tutti terroristi?). Nel covo del capo di Al Qaeda sono stati scoperti piani per far deragliare treni. Quindi, sono pericolosi anche quelli. Però lo sapevamo già da sette anni, dopo l’attentato alla stazione spagnola di Atocha. Idem per metrò e bus, dopo le bombe inglesi del 2005.
«Nelle prossime settimane e mesi potrebbero entrare in azione cellule di terroristi dormienti per vendicare la morte del loro capo», avvertono i servizi segreti occidentali. Insomma, abbiamo schiacciato la testa del serpente, ma forse abbiamo anche risvegliato un nido di vipere.
Ci sono però tre motivi di ottimismo. Innanzitutto la «primavera araba». Le rivoluzioni in Tunisia, Egitto, Libia, Siria e Yemen dimostrano che anche l’Islam vuole libertà e democrazia. Non si crede più alla favola degli estremisti religiosi, che davano tutte le colpe agli «infedeli» e dirottavano la rabbia popolare su Israele, Usa e Occidente. Per la prima volta nella storia i musulmani si ribellano ai propri dittatori. È una novità epocale, come il crollo del comunismo nel 1989.
Seconda buona notizia: Osama era ancora il capo operativo di Al Qaeda. Molti analisti pensavano che fosse rimasto una figura simbolica, ma staccata dalla gestione concreta degli attentati. Invece la grande quantità di documenti trovati a casa sua dimostra che il mascalzone comandava e decideva ancora. Quindi è stata decapitata la testa funzionante di Al Qaeda. E nelle organizzazioni verticistiche gli adepti si demoralizzano, quando i vertici scompaiono.
Il terzo motivo per ben sperare, infine, sta nella messe di «file» segreti portati via dal commando: ci vorranno settimane per tradurli tutti dall’arabo, ma sono in vista altri clamorosi arresti e blitz. È già partito un drone americano contro il capo di Al Qaeda nello Yemen. Obiettivo mancato, ma le fila dei terroristi sono ormai scompaginate, impaurite e frustrate. Prossimo bersaglio: Al Zawahiri, il vice-Osama egiziano.
Mauro Suttora
di Mauro Suttora
Oggi, 8 maggio 2011
Per una settimana il mondo intero ha discusso se il presidente degli Stati Uniti Barack Obama dovesse pubblicare la foto di Osama Bin Laden morto. «Ce l’abbiamo, ma è troppo raccapricciante per mostrarla», è stata la puerile scusa accampata da Washington. Come se centinaia di immagini di guerra o di lager nazisti non fossero altrettanto orrende.
Alla fine gli autoeletti guardiani dei nostri stomachi presunti minorenni hanno mostrato non una foto, ma interi video del capo terrorista quand’era ancora vivo. Colpo da maestri: queste immagini hanno ucciso Osama più del colpo in fronte forse illegale che lo ha giustiziato.
Avete presente i «fuori onda» di Striscia la notizia? Anche i personaggi più rispettabili sprofondano nel ridicolo se li si sorprende a dire sciocchezze o a mettersi le dita nel naso pensando di non essere inquadrati. Non sapremo mai il nome dell’attendente di Al Qaeda che ha filmato il suo capo mentre ammira i propri video su una sgangherata tv. Ma dovrebbero dargli una medaglia. Egli è infatti un involontario eroe, quasi quanto i veri eroi del commando che è volato di notte con gli elicotteri in Pakistan per eliminare il «most wanted» dopo ben dieci anni di caccia.
Lo squallore di quelle inquadrature, la piccineria di un assassino esibizionista che si tinge la barba bianca per rivendicare le sue stragi, il suo sguardo perso quando guarda fuori campo chiedendo «Come sono venuto?», sono le vere armi letali che hanno distrutto in pochi secondi il mito del Male. Più di due intere guerre in Afghanistan e Iraq, più di migliaia di soldati (anche italiani) uccisi, più dei centomila civili arabi innocenti morti come «danni collaterali».
Ricordate il film Il grande dittatore di Charlie Chaplin? Hitler e Mussolini furono sepolti dalle risate, prima di finire annientati nel conflitto da loro provocato. Così oggi Osama perde qualsiasi «aura» fra i suoi miseri cavi tv e cenci ad Abbottabad, e nel 2003 l’altro Grande cattivo Saddam finì la carriera quando venne estratto da un buco e gli furono esaminati i denti come come ad un animale.
Piccoli dettagli che fanno la grande storia. Perché non c’è dubbio che la data del 2 maggio 2011 sarà ricordata come la fine dell’incubo mondiale che ci ha attanagliato per tutto il decennio degli «anni Zero». Andatelo a dire ai parenti delle migliaia di vittime di Osama, dell’11 settembre 2001 a New York ma anche del 2008 a Bombay, del 2002 a Bali, del 2003 a Nassirya, del 2004 a Madrid, del 2005 a Londra, fino ai poveri diciotto squartati vivi due settimane fa nella più bella terrazza con vista di Marrakesh, che il boia di Al Qaeda non doveva essere ucciso ma catturato vivo per poi venire sottoposto a regolare processo e naturalmente non essere condannato a morte perché noi europei siamo civili, e quindi contro la pena capitale. In ogni caso, se «pietà non l’è morta», la salma di Osama non doveva essere gettata in mare bensì sepolta dopo funerale. A costo di subire per un secolo sia un effetto Predappio (pellegrinaggi di aficionados), sia un rischio Mike Bongiorno (bara trafugata).
«Nessuno tocchi Caino?» Gli americani, compreso il democratico e raffinato Obama, hanno una concezione più biblica della giustizia: «You get what you give», prima o poi ti tocca quello che hai dato agli altri.
Sbagliano? Può darsi. Però, anche qui, proviamo a osservare i dettagli. Guardate le facce delle persone nella grande foto della pagina precedente. Non mostrano la stolidità di un Bush, l’arroganza di un Cheney. Sono quelle che abbiamo tutti noi quando siamo preoccupatissimi per un avvenimento pericoloso. I visi di Obama, di Hillary Clinton, del vicepresidente Joe Biden e degli altri dirigenti della superpotenza che ha violato il diritto internazionale, che ha invaso lo spazio aereo di uno stato sovrano per «fare giustizia», sembrano quelli di gente normale e perbene. Il più importante fra loro, il presidente, pare addirittura capitato lì per caso: se ne sta appartato, senza poltrona. Passava in corridoio una segretaria, era curiosa: hanno fatto entrare anche lei, però ora le tocca allungare il collo per vedere meglio...
Ma andiamo sul concreto. D’ora in poi saremo più sicuri? Certo che no. Continueremo a tribolare prima di salire sugli aerei, anche se proprio da qualche giorno - prima della morte di Osama - molti aeroporti hanno attenuato il divieto un po’ incomprensibile di portare qualsiasi liquido a bordo (sì, quel tizio si era confezionato una bombetta, ma guardateci: sembriamo tutti terroristi?). Nel covo del capo di Al Qaeda sono stati scoperti piani per far deragliare treni. Quindi, sono pericolosi anche quelli. Però lo sapevamo già da sette anni, dopo l’attentato alla stazione spagnola di Atocha. Idem per metrò e bus, dopo le bombe inglesi del 2005.
«Nelle prossime settimane e mesi potrebbero entrare in azione cellule di terroristi dormienti per vendicare la morte del loro capo», avvertono i servizi segreti occidentali. Insomma, abbiamo schiacciato la testa del serpente, ma forse abbiamo anche risvegliato un nido di vipere.
Ci sono però tre motivi di ottimismo. Innanzitutto la «primavera araba». Le rivoluzioni in Tunisia, Egitto, Libia, Siria e Yemen dimostrano che anche l’Islam vuole libertà e democrazia. Non si crede più alla favola degli estremisti religiosi, che davano tutte le colpe agli «infedeli» e dirottavano la rabbia popolare su Israele, Usa e Occidente. Per la prima volta nella storia i musulmani si ribellano ai propri dittatori. È una novità epocale, come il crollo del comunismo nel 1989.
Seconda buona notizia: Osama era ancora il capo operativo di Al Qaeda. Molti analisti pensavano che fosse rimasto una figura simbolica, ma staccata dalla gestione concreta degli attentati. Invece la grande quantità di documenti trovati a casa sua dimostra che il mascalzone comandava e decideva ancora. Quindi è stata decapitata la testa funzionante di Al Qaeda. E nelle organizzazioni verticistiche gli adepti si demoralizzano, quando i vertici scompaiono.
Il terzo motivo per ben sperare, infine, sta nella messe di «file» segreti portati via dal commando: ci vorranno settimane per tradurli tutti dall’arabo, ma sono in vista altri clamorosi arresti e blitz. È già partito un drone americano contro il capo di Al Qaeda nello Yemen. Obiettivo mancato, ma le fila dei terroristi sono ormai scompaginate, impaurite e frustrate. Prossimo bersaglio: Al Zawahiri, il vice-Osama egiziano.
Mauro Suttora
Subscribe to:
Posts (Atom)