Con gli attacchi agli ebrei e al Pontefice Benito voleva impressionare la sua amante
di Francesco Perfetti
Libero, 17/11/09
Quale fosse il rapporto di Mussolini con le donne è stato descritto molto bene in un gustoso volume di Quinto Navarra intitolato Memorie del cameriere di Mussolini. Secondo questa testimonianza - di un uomo che fu commesso di Mussolini dai tempi della conferenza di Cannes del 1922 fino al 25 luglio 1943 - le donne ebbero una grande importanza nella vita del capo del fascismo, ma in un modo particolare e non come si potrebbe pensare sulla base di letteratura e memorialistica attente al sensazionale. Navarra ha fatto notare che i ritratti di un Mussolini ardente e sconvolto dalle passioni, di un Mussolini capace di trascurare gli affari di governo per dedicarsi agli amori non corrispondono alla realtà. Mussolini, a detta di Navarra, «non era il tipo che stringesse un’alleanza o dichiarasse una guerra perché istigato a farlo dalla propria amante». In fondo, egli «considerava le donne esclusivamente per quel che potevano dargli come donne; le faceva parlare, fingendo di ascoltarle, poi agiva come credeva».
Questa testimonianza è importante per leggere con il dovuto distacco critico le confidenze che Mussolini avrebbe rilasciato a Claretta Petacci e che questa avrebbe, a suo volta, puntigliosamente annotato. È vero che - a differenza di quelli intrattenuti con tante altre signore e signorine - il rapporto di Mussolini con Claretta (ma anche quello con un’altra donna eccezionale, Margherita Sarfatti) ebbe un carattere eccezionale. Per Claretta, che apparteneva a una famiglia del cosiddetto “generone” romano, nutrì un affetto particolare al punto da farle allestire un vero e proprio appartamento privato a Palazzo Venezia, ma è certo, sulla base della testimonianza attendibile di Quinto Navarra, che lei non ebbe alcuna influenza nelle decisioni politiche del Duce.
È probabile, però, che Mussolini, in linea con il suo carattere egocentrico e con il desiderio esibizionistico di farsi ammirare dalla favorita, potesse enfatizzare certi suoi comportamenti, a cominciare, per esempio, da quelli erotici per suscitare qualche reazione, e magari qualche confronto, nell’animo di una donna non solo fanciullescamente innamorata di lui ma anche molto gelosa. Come pure è probabile che Claretta avesse la tendenza a credersi più importante di quanto effettivamente fosse e abbia quindi esagerato o stravolto certe affermazioni del suo Ben. È però da escludere che Mussolini potesse lasciarsi andare a indiscrezioni o ad osservazioni politiche particolarmente significative. Tale circostanza è da tenere presente perché la dimensione psicologica dell’uomo Mussolini di fronte alla sua amante è la chiave dalla quale non si può prescindere per leggere con la dovuta attenzione critica i giudizi da lui espressi a Claretta su fatti, personaggi, momenti e circostanze: giudizi che appaiono, spesso, sorprendenti e in contrasto con valutazioni che egli stesso avrebbe espresso ad altri interlocutori in contesti e situazioni diverse sugli stessi fatti.
È comprensibile che egli, di fronte alla sua amante, un’amante che considerava comunque ingenua, tendesse a valorizzare il proprio ruolo e a valorizzare la sua immagine. La rivendicazione, per esempio, di un suo antico “razzismo”, risalente al 1921, fatta all’indomani della divulgazione del Manifesto sulla razza è emblematica. Mussolini aveva collaborato a pubblicazioni dirette da ebrei, come “Pagine Libere” di Angelo Oliviero Olivetti, aveva avuto amici stretti fra gli ebrei come i coniugi Sarfatti e non avrebbe mai rinnegato alcune forti amicizie con ebrei. Di fronte a Claretta aveva, però, evidentemente la necessità di riaffermare la sua indipendenza da Hitler e dai tedeschi, evitare che potesse passare l’idea che egli fosse stato costretto a copiare Hitler: «Non so come possano pensare che imito Hitler, non era ancora nato. Mi fanno ridere».
Non è un caso che, in molti brani delle annotazioni diaristiche di Claretta Petacci, emerga la tendenza di Mussolini sia a sottolineare l’ammirazione che i nazisti e lo stesso Hitler avrebbero avuto per la sua persona sia a richiamare l’attenzione su certi limiti obiettivi del Führer, come, per esempio, l’incapacità di fare un discorso breve ed efficace. Per Hitler, in fondo, Mussolini non aveva mai avuto una grandissima stima, come dimostra la vicenda quasi grottesca del continuo rinvio della visita che il primo voleva fargli in Italia. Ma poi, dopo la campagna d’Etiopia e dopo l’avvicinamento alla Germania, egli si era illuso di poter giocare da protagonista sulla scena internazionale portandosi al seguito Hitler. Era una illusione, appunto. E, ancora più di una illusione, un errore tragico di valutazione. Del quale non si rese conto e che si ritrova in certe confidenze, che hanno il sapore della “vanteria”, fatte a Claretta.
Detto tutto questo, i diari e le annotazioni della Petacci, a prescindere dalla loro attendibilità (che è cosa diversa dalla loro autenticità), se pure non offrono rivelazioni sensazionali, possono senza dubbio, se letti con una oculata attenzione critica, offrire elementi importanti per capire meglio, più che la politica, la personalità e la psicologia di Mussolini.