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Tuesday, September 20, 2011

Mussolini e Maria José

LE POLEMICHE DOPO LA RIVELAZIONE DEL FLIRT

di Roberto Alessi e Mauro Suttora

Oggi, 13 settembre 2011

La lettera pubblicata da Oggi due settimane fa in cui Romano Mussolini scrive che tra suo padre Benito e la principessa Maria Josè di Savoia (poi regina) ci fu «una relazione sentimentale intima» ha fatto il giro del mondo.

Prima di realizzare il servizio avevamo contattato le parti più interessate ai due personaggi coinvolti: Emanuele Filiberto di Savoia, nipote di Maria Josè e ultimo discendente dell’ex regina, e Maria Scicolone, moglie separata di Romano.

Il principe, molto legato alla nonna, ci ha detto: «Non ho mai sentito una cosa del genere». La Scicolone, sorella di Sophia Loren, in una prima telefonata ha escluso che Romano, scomparso nel 2006, potesse aver scritto quelle parole. Vista la lettera, però, non solo ne ha confermato l’autenticità, ma ha rivelato che di quella relazione lei aveva spesso parlato con la vedova di Benito Mussolini, Rachele, con la quale aveva vissuto per anni.

Nonostante la conferma dello scoop, sono iniziate le proteste. Ecco associazioni monarchiche («Nulla di più falso»), nostalgici del ventennio («Indegno, Mussolini è stato il più grande statista d’Italia»), e anche la principessa Maria Gabriella di Savoia, figlia di Maria Josè. La quale ha definito la lettera di Romano «vecchia poltiglia». Paolo Granzotto su Il Giornale ha aggiunto: «È solo una vecchia patacca servita come ghiottoneria storica».

Peccato che nello scorso numero di Oggi Vittorio Emanuele, altro figlio di Maria Josè, ci abbia onestamente dichiarato: «Non posso escludere il presunto flirt, ma gli unici che potevano sapere la verità non sono più vivi. Quindi non la sapremo mai».

Romano Mussolini scrisse la lettera nel 1971 al direttore del settimanale Gente Antonio Terzi (poi vicedirettore del Corriere della Sera) dopo che l’autista del duce Ercole Boratto rivelò che tra il dittatore e la principessa c’era stata una liaison.

«Caro Terzi», si legge nella missiva di Romano, «posso in perfetta buona fede confermarLe… spesso in casa nostra si è parlato dei rapporti sia politici sia sentimentali tra Maria José e mio padre, e Le posso dire con sincerità che mia madre a tale proposito è stata sempre (anche se con logico riserbo) assai esplicita: tra mio padre e l’allora Principessa di Piemonte c’è stato un breve periodo di relazione sentimentale intima, poi credo sicuramente interrotta per volontà di mio padre».

«Ho trovato solo ora la lettera nell’archivio di mio padre scomparso nel 2001», ci dice Giovanni Terzi, figlio di Antonio, «e l’ho consegnata a Oggi». Probabilmente Terzi e Mussolini non hanno divulgato la lettera per rispetto verso Maria Josè, morta anche lei nel 2001.

E gli storici, cosa pensano dello scoop di Oggi? «Certo, è difficile pensare, col senno di poi, che ci potesse essere un coinvolgimento così diretto fra qualcuno dei Savoia e Benito Mussolini», ci dice Pasquale Chessa, autore tv (Raistoria) e di molti libri sul fascismo (il più recente: L’ultima lettera di Benito).
«Ma Maria Josè, anticonformista e spregiudicata, non era una Savoia tipica. Difficile capire cosa sia davvero successo. Rimane il dato storico della lettera di Romano Mussolini: tramanda una vulgata famigliare che bene si incrocia con la testimonianza di Clara Petacci, la quale delle parole di Benito si è rivelata essere lo specchio fedele [«La principessa di Piemonte si offrì a me, ma io la rifiutai»]. Naturalmente non si può escludere che si tratti di una vanteria di Mussolini. Oppure che ci abbia provato e sia stato lui rifiutato. Certo sarebbe bello se i Savoia aprissero per davvero i loro archivi consentendo agli studiosi di uscire dal pettegolezzo per entrare nella storia».

«Che i Savoia aprano gli archivi»

Su questo tasto preme anche Christopher Duggan, docente di Storia italiana all’università inglese di Reading e autore di La forza del destino: «La prova definitiva della relazione con Mussolini non ci può essere perché la famiglia reale si è portata via gli archivi. Non sappiamo neppure dove siano, forse a Losanna. Probabilmente molto materiale compromettente sul periodo fascista è stato distrutto».

Roberto Alessi e Mauro Suttora