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Sunday, July 03, 2022

Da Hitler a Putin: due corridoi per la stessa città

I lituani, 80 anni dopo i polacchi, giocano col fuoco: bloccano il Corridoio di Suwalki che collega la russa Kaliningrad alla Russia, così come Varsavia bloccava il Corridoio di Danzica che collegava la tedesca Königsberg alla Germania. Speriamo che l'esito non sia simile

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 3 Luglio 2022

Il 24 ottobre 1938, tre settimane dopo gli accordi di Monaco (una delle pagine più vergognose nella storia della viltà e stupidità mondiale), il ministro degli Esteri nazista Von Ribbentrop invita a pranzo l'ambasciatore polacco Lipsky al Grand Hotel di Berchtesgaden. 

Verso la fine del pasto gli presenta un piano per la cessione alla Germania della Città libera di Danzica (inventata nel 1919, come quella di Fiume) e la costruzione di un'autostrada e di una ferrovia per collegare il Terzo Reich alla Prussia Orientale, attraverso il corridoio che univa la Polonia al suo unico porto, Gdynia. 

In cambio, Hitler avrebbe prolungato di 25 anni il patto decennale di non aggressione Berlino-Varsavia, in scadenza nel 1944. Una fregatura, in pratica: Danzica in cambio del nulla.

Esattamente come gli accordi di Minsk che negli anni scorsi Putin avrebbe voluto fare ingoiare all'Ucraina: l'annessione delle due repubbliche fantoccio filorusse del Donbass in cambio di vaghe e vacue promesse sul futuro. Col senno di poi, è agghiacciante ma istruttivo ricordare come si dipanarono i rapporti Germania-Polonia in quegli ultimi mesi di pace. 

Il 5 gennaio 1939 è la volta del ministro degli Esteri polacco Beck recarsi a Berchtesgaden, accompagnato dalla moglie. Prendono un tè con Hitler in persona, l'atmosfera è cordiale, partecipa anche la signora Göring. 

Beck ribadisce al dittatore nazista la riluttanza di Varsavia all'annessione di Danzica, e Hitler non insiste più di tanto. Promette che non avrebbe creato alcun "fatto compiuto" per regolare la questione (tradotto: non l'avrebbe invasa), e anzi aggiunge quest'incredibile frase: "La Germania avrà sempre tutto l'interesse a conservare una Polonia fortemente nazionalista, sia che la Russia abbia un regime bolscevico o zarista". 

Il lupo che solo otto mesi dopo si sarebbe spartito con Stalin l'agnello polacco spiega addirittura a Beck quanto tenga alla Polonia come cuscinetto di protezione contro il comunismo russo: "L'esistenza di un esercito polacco potente rappresenta per la Germania un considerevole sollievo. Le divisioni che la Polonia tiene sulla frontiera russa ci risparmiamo un onere militare corrispondente" (dobbiamo il virgolettato a Paul Schmidt, interprete tedesco dell'incontro).

Il 30 gennaio 1939 Hitler loda il "gran maresciallo polacco, il soldato patriota Pilsudski", e ribadisce: "Sarebbe difficile trovare una divergenza d'opinioni fra i veri amici della pace. L'amicizia polacco-tedesca si è dimostrata un fattore di distensione nella vita politica europea". 

Un amicone. Sappiamo tutti come andò a finire: il 15 marzo i nazisti invadono la Cecoslovacchia, violando gli accordi di Monaco firmati appena cinque mesi prima. Gli esterrefatti polacchi corrono ai ripari siglando un patto di mutua assistenza con Gran Bretagna e Francia, le quali si obbligano a difenderla in caso di aggressione.

Ma questo non impedisce loro di accettare un regalo avvelenato da Hitler: due piccoli distretti carboniferi al confine boemo. La Polonia diventa così complice di Germania e Ungheria nella spartizione della Cecoslovacchia. Ma non cede sul Corridoio di Danzica.

Anche qui, occorre precisare che la città anseatica era tedesca al 90%, e quindi i pacifisti occidentali furono facilmente abbindolati da Hitler: non si poteva certo "morire per Danzica". Ci volle Pearl Harbor nel dicembre 1941 per convincere del contrario i più stolidi fra loro, gli statunitensi.

Oggi, coincidenza della storia, un altro Corridoio diventa casus belli: quello di Suwalki, che collega la putiniana Bielorussia all'exclave russa di Kaliningrad. Stiamo sempre parlando dell'ex Prussia orientale, poche decine di chilometri a est di Danzica. Kaliningrad era la culla teutonica della Germania, una specie di Piemonte tedesco con gli Hohenzollern al posto dei Savoia. Si chiamava Königsberg e fu capitale prussiana fino al trasferimento a Berlino nel 1702.

Per uno scherzo del destino vi nacque il massimo filosofo della pace perpetua, Kant, e vi crebbe la massima studiosa dei totalitarismi del '900, Hannah Arendt. La Prussia orientale cessò di esistere nel 1945, spartita fra la Polonia comunista e l'Urss. La pulizia etnica contro i tedeschi fu totale. E oggi Kaliningrad è l'unica città ex sovietica ad aver mantenuto il nuovo nome in onore di un capo stalinista, Kalinin.

I lituani, 80 anni dopo i polacchi, ora giocano col fuoco: bloccano il Corridoio che collega la russa Kaliningrad alla Russia, così come Varsavia bloccava il Corridoio di Danzica che collegava la tedesca Königsberg alla Germania. Speriamo che l'esito non sia simile.

Mauro Suttora 


Monday, May 02, 2022

La vera storia del padre di Hitler



Il ministro degli esteri russo Lavrov ha detto in una intervista a Rete 4 che "anche Hitler aveva origini ebraiche". Ma sul padre del Führer sono stati scritti interi libri

di Mauro Suttora

HuffPost, 2 maggio 2022 

Non c'è nulla di nuovo nella sparata di Lavrov ("Anche Hitler, come Zelensky, aveva origini ebraiche"), ma è singolare che il ministro degli Esteri russo si riduca a raccattare speculazioni su siti complottisti e neonazi.

Sono stati scritti infatti interi libri sul padre del Führer, il doganiere Alois Hitler (1837-1903), nato col cognome Schicklgruber nel paesino austriaco di Dollersheim. Cambiò il cognome in Hiedler e poi in Hitler soltanto nel 1877: appena dodici anni prima che nascesse Adolf, frutto del suo terzo matrimonio con l'ex donna di servizio Klara Polzl.

Questa girandola di nomi deriva dal fatto che Alois era figlio di N.N. Sua madre Maria Anna Schicklgruber, povera contadina, iscrisse il padre di Adolf all'anagrafe parrocchiale dandogli il proprio cognome. Lei, ormai quarantenne e nubile, nel 1836 era cuoca presso la ricca famiglia ebrea Frankenberger di Graz. E il rampollo 19enne di Frankenberger potrebbe aver messo incinta la donna. Di sicuro il padre pagò a Maria Anna, tornata al paese natio, un assegno di mantenimento per il piccolo Alois fino al compimento dei 14 anni. Perché? Per tacitare uno scandalo? 

 La ricostruzione, da prendere con le molle, è opera di Hans Frank, avvocato personale di Hitler, poi ministro della Giustizia del Terzo Reich e infine governatore della Polonia occupata, dove sterminò milioni di ebrei. Per questo Frank fu condannato a morte nel 1946 al processo di Norimberga e giustiziato. Prima di essere impiccato scrisse un memoriale di mille pagine pubblicato nel 1953 e conservato oggi a Gerusalemme, nel museo dell'Olocausto.

 Fu lo stesso Hitler nel 1930 a ordinare a Frank di indagare sulle proprie origini, perché era vittima di un ricatto da parte del figlio del proprio fratellastro: questi lo minacciava di rivelare che il suo sangue era per un quarto ebraico. Scandaloso, per il campione dell'antisemitismo. 

Quando Frank gli riferì il risultato delle ricerche genealogiche, il dittatore si mise a strepitare: «Non è vero! Mio padre mi rivelò di essere figlio di Georg Hiedler, un mugnaio che mia nonna sposò cinque anni dopo. Sì, lei lavorò dai Frankenberger, ma questi la pagarono soltanto perché la Schicklgruber li ricattò, fingendo che il padre fosse il giovane Frankenberger».

 In realtà sono ben tre i nonni possibili di Adolf Hitler: l'ebreo Frankenberger, Hiedler o Johann Huttler, il fratello più agiato di Hiedler che allevò Alois. Non stupisca la differenza di cognome tra i fratelli: le anagrafi di campagna in quell'epoca non erano un modello di precisione. Entrambi i cognomi comunque destavano sospetti in un antisemita perché derivanti, come il più diffuso Hutter, dalla comune radice ebraica "hut", "cappello".

In ogni caso Hitler si vergognava di suo padre, di sua nonna e di Dollersheim. Non voleva che la sua "patria ancestrale" si trasformasse in luogo di pellegrinaggio, ma soprattutto che qualcuno scoprisse la sua imbarazzante genealogia. Per questo nel 1938, subito dopo l'Anschluss dell'Austria, fece evacuare Dollersheim.

 La scusa fu che c'era bisogno di un campo d'addestramento. Ma Hitler in realtà voleva distruggere quel paese. Un'enorme area di 24mila ettari venne requisita, settemila contadini furono cacciati. Arrivarono panzer, Ss e bandiere con la svastica. La zona fu trasformata in un immenso poligono di tiro: la più grande area di esercitazioni militari del Terzo Reich. Poi i sovietici occuparono quella parte di Austria 150 km a nordovest di Vienna. Ma anche dopo che se ne andarono nel 1955, e fino a oggi, l'area è rimasta in mano ai militari austriaci per le loro manovre.

Mauro Suttora