Thursday, November 30, 2023
La rivincita di Fantozzi. Il governo dà un'arma formidabile ai dipendenti pubblici
Saturday, November 25, 2023
Care donne, non deleghiamo allo Stato la rivoluzione culturale. Quella tocca a noi, individui
Appello libertario
di Mauro Suttora
Le rieducazioni di massa restino in Cina e Corea del Nord, le repressioni del vizio e le promozioni della virtù lasciamole agli ayatollah e pasdaran dell'Iran assassini di ragazze: lì le Giulie Cecchettin sono centinaia
Huffingtonpost.it, 25 novembre 2023
Naturalmente le donne che amiamo meritano soltanto 'Love, devotion and surrender', come cantava Carlito Santana. Tuttavia, a chi parla di "società patriarcale" come causa dei femminicidi in Italia si può rispondere con queste famosa frase: "Incolpare la società? Non esiste una cosa come la società, alla quale chiedere di risolvere ogni nostro problema". Esistono invece e soprattutto gli individui, i cittadini con le loro innumerevoli, libere e spontanee relazioni. Con i loro personali diritti, doveri e reciproche responsabilità.
Perciò, piuttosto che invocare interventi statali, nuove leggi, aumenti di pena e ore di lezione sull'affettività, preferiremmo che lo stato si intromettesse il meno possibile nelle nostre vite. Giù le mani dai sentimenti e dall'amore, che non possono essere né insegnati a scuola, né controllati da burocrati.
È stato il sogno di ogni regime, nazifascista o comunista, governare le nostre faccende privatissime, sempre con la scusa di 'proteggere' qualche categoria o valore. Ci abbiamo messo decenni per liberarci da politici che ci punivano se divorziavamo, abortivano, o se non volevamo imparare a uccidere (obiezione di coscienza al servizio militare).
Stiamo ancora chiedendo di decidere da soli se fumarci o no una canna così come si fuma una sigaretta o si beve un bicchiere di vino, senza arricchire i mafiosi beneficiati dal proibizionismo (cent'anni fa Al Capone, oggi interi narcostati e narcomafie planetarie). Vorremmo sfuggire all'accanimento terapeutico obbligatorio, che ci fa restare artificialmente 'in vita' per lustri come Michael Schumacher: milioni di tronchi apparentemente umani, da nascondere nelle rsa. Desideriamo invece il diritto a una morte dolce.
Cosa chiedere allora allo Stato contro la violenza sulle donne? Fare meglio il suo lavoro: reprimere, punire, prevenire. Ma alla larga dal delegargli 'rivoluzioni culturali' maoiste. Inutile illudersi: lo stato non potrà mai eliminare completamente gli istinti e pazzie individuali che provocano femminicidi e stupri. Che l'illusione autoritaria dello stato-Stasi non si faccia forte di verbi dolciastri come "aiutare" ed "educare", per aumentare il suo potere. Che l'erogazione di innumerevoli e strambi bonus non trasformi tutti noi in clienti di uno stato-mamma invadente e sprecone (psicobonus eternizzato, lo vuole Fedez).
Le rieducazioni di massa restino in Cina e Corea del nord, le repressioni del vizio e le promozioni della virtù lasciamole agli ayatollah e pasdaran dell'Iran assassini di ragazze: lì le Giulie Cecchettin sono centinaia. E certo, la cultura può indirizzare la società italiana verso ulteriore emancipazione femminile, eguaglianza di stipendi, o anche semplice buona educazione per zittire i 'cat callers', dispensatori di appiccicosi complimenti alle passanti.
Ma i patriarchi erano e restano tre: Abramo, Isacco e Giacobbe. Non resuscitiamoli per colpa di qualche cafone per strada. Non evochiamo inesistenti "società patriarcali": la nostra è una delle meno maschiliste al mondo. E soprattutto non chiediamoci ossessivamente "dove sono le istituzioni?", come quel comico della Gialappa's: siamo noi, le istituzioni.
Ps: la frase famosa e per qualcuno scandalosa citata all'inizio è della donna più potente al mondo negli anni '80: Margaret Thatcher.
Wednesday, November 22, 2023
Frecciarossa e auto blu. Stavolta ha centoundici volte ragione Lollobrigida
Incredibile rigurgito anticasta contro il ministro che stava andando dai bambini di Caivano in treno. Che però era in ritardo di centoundici minuti. E per non mancare l’appuntamento, lo ha fatto fermare e ci è andato in macchina. Perché lo Stato non è un pendolare
di Mauro Suttora
Huffingtonpost.it, 22 novembre 2023
Tutti contro Lollo: Giuseppe Conte, Matteo Renzi, Riccardo Magi. Vogliono che Francesco Lollobrigida si dimetta perché ha fatto fermare un treno. E invece questa volta Lollo ha ragione. Centoundici volte ragione, come i minuti di ritardo del Frecciarossa che ieri aveva preso per andare a inaugurare il nuovo parco di Caivano (Napoli). Perché non si fanno aspettare sotto la pioggia i bambini di una zona martoriata dalla camorra. Né tantomeno gli si dà loro buca.
Francesco Lollobrigida durante quest'anno alla guida del Ministero dell'Agricoltura ha accumulato varie gaffes, dalla "sostituzione etnica" provocata dagli immigrati ai poveri che mangerebbero meglio dei ricchi. Lui stesso è una gaffe vivente, perché ministro-cognato (della premier) non suona bene. Ricorda troppo il ministro-genero Galeazzo Ciano di 80 anni fa.
Ed è imbarazzante anche l'aggiunta decretata al nome del suo dicastero: Agricoltura e Foreste era già abbastanza lungo, ma lui ha voluto appesantirlo con "Sovranità alimentare". Un concetto che suona desolatamente parafascista: non potendo più sfogarsi con i parà (anzi, si sono fatti scippare dai leghisti l'ex capo della Folgore Roberto Vannacci), ai nostalgici non resta che consolarsi con il nazionalismo dei campi. Facendo finta di ignorare che il nostro export enogastronomico vale decine di miliardi, cosicché siamo gli ultimi a cui converrebbe erigere barriere al libero scambio mondiale dei cibi: se gli altri adottassero il chilometro zero nei nostri confronti, sarebbe un disastro.
Ma lasciamo questi problemi planetari e torniamo a Ciampino. Perché è lì che il ministro e il suo segretario si sono accorti del ritardo astronomico accumulato dal loro treno ad alta velocità nella brevissima distanza dopo la partenza da Roma. Friggevano, si sentivano intrappolati. E quindi hanno fatto l'unica cosa intelligente per salvare il loro impegno a Caivano: saltare giù dal treno, acchiappare un'auto blu e proseguire il viaggio con il lampeggiante.
Gli altri passeggeri non sono stati danneggiati dalla fermata extra. Soltanto con un rigurgito grillino fuori tempo massimo si può accusare Lollobrigida di "arroganza della casta". Intanto perché è lodevole ed ecologico che un ministro abbia provato a spostarsi in treno invece che in auto o aereo di stato.
In realtà il modo più veloce per coprire la distanza breve Roma-Caivano sarebbe il volo in elicottero. Ma immaginiamo gli strilli moralisti, "tracotanza!", se Lollo avesse osato avvalersi di un mezzo di trasporto normalmente utilizzato da un qualsiasi industriale.
Conosciamo bene l'inutile pompa borbonica di cui amano circondarsi i politici quando viaggiano, anche nei centri delle città. La sovrabbondanza dei codazzi con portaborse di certi cortei che bloccano il traffico. Ma ieri non è successo questo.
Il ministro Francesco non è un francescano, tuttavia il suo comune Frecciarossa non ha funzionato. E lui ha trovato la soluzione migliore per evitare una figuraccia nei confronti di chi lo aspettava a un appuntamento preparato da settimane.
Mussolini faceva arrivare i treni in orario, dicono. Aspettiamo che i suoi eredi riescano a imitarlo. Intanto, però, che almeno l'opposizione eviti i riflessi pavloviani di pretendere dimissioni campate in aria.
Monday, November 06, 2023
Fedez e Vincenzo De Luca, la strana coppia. Manca solo la candidatura alle Europee
Il presidente della regione Campania, invitato nel podcast di un'ora del musicista, Muschio selvaggio, lo ha sedotto immediatamente. Cronaca di una improbabile sintonia
di Mauro Suttora
Huffingtonpost.it, 6 novembre 2023
È scoppiato un amore. Vincenzo De Luca e Fedez assieme al prossimo voto europeo (con o senza il Pd)? Il presidente della regione Campania, invitato nel podcast di un'ora del musicista, Muschio selvaggio, lo ha sedotto immediatamente. De Luca il 13 ottobre aveva insultato i personaggi ricoperti di tatuaggi: "Mi fanno schifo, sono imbecilli". Fedez gli ha risposto offrendogli spazio nel proprio programma su YouTube. E l'astuto politico ha trasformato il processo in un podio.
Archivia subito le critiche dermatologiche: "Siete ragazzi e artisti, vabbe'". Ne aggiunge un'altra: "A Sanremo ti sei avvinghiato come un mollusco a quel tipo per slinguazzarlo. Una zozzeria". Fedez obietta: "E allora, quando Benigni si attaccò allo scroto di Pippo Baudo?" "Lì sotto non c'era niente", risponde veloce De Luca. E il rapper scoppia a ridere. Sembra di essere nel programma tv di Crozza. Da lì in poi, tutto in discesa per il politico campano. Fino al gran finale: "Hai dato coraggio agli altri affrontando la prova del tumore. Sei un ùomo". Che è la massima lode deluchiana.
De Luca, con libro in promozione, trova terreno fertile nel giovanilismo: "Per voi sono tempi drammatici. Io ce l'ho con gli adulti che smettono di fare gli adulti. Come diceva quel tale, Jacques... [si dimentica il cognome, ndr], noi insegniamo ai giovani non ciò che diciamo, ma ciò che facciamo". Fedez va in brodo di giuggiole. Aggiunge: "Non sono i tatuati che hanno ridotto il mondo così, ma quelli in giacca e cravatta". De Luca rincara: "E quelli in divisa militare".
Il duetto procede sui superalcolici: "Li beve il 72 per cento dei minorenni", denuncia De Luca. Il musicista annuisce. Le serie e i film come Gomorra spingono i giovani all'emulazione? Piccolo dissidio, Fedez non ne è convinto, poi il governatore arretra: "Accentuano le fragilità in determinati contesti, si perde il principio di autorità". Due sociologi.
Fedez e il suo coconduttore Mister Marra (soprannominato Nosferatu da don Vincenzo in un momento di tenerezza) provano a essere ficcanti chiedendogli conto delle sue traversie giudiziarie. È un invito a nozze: "La signora Rosaria Bindi, quand'era presidente della commissione antimafia, mi definì 'impresentabile' solo perché rinunciai alla prescrizione in un processo di diciannove anni prima", si scalda De Luca, "in realtà avevo difeso gli operai dell'Ideal Standard".
L'intervista si trasforma presto in un comizio da toni vannacciani. Il trapper milanese Shiva che ha sparato a due ragazzi di una gang rivale? "Dagli Stati Uniti importiamo solo esempi idioti, demenziali", si scatena il presidente campano, "io come pena applicherei il metodo Singapore: lì i poliziotti sono dotati di un frustino di bambù sottile. Una ventina di frustate fra capo e collo".
Tutti d'accordo sulla superiorità di Napoli su Milano, diventata secondo Fedez "insicura". Qui De Luca assume toni crozziani: "La mia Campania è la prima regione in Italia per i tempi di rimborso dei farmaci. Forniamo trasporti gratis a tutti gli studenti fino ai 26 anni. E siamo stati i primi a dare il bonus psicologo che ti sta tanto a cuore, caro Fedez". Un tripudio di stima reciproca. "In Campania c'è la camorra perché manca lo stato", signora mia, mentre la regione di De Luca è presente. Sembra di ascoltare il nuovo tormentone del comico pelato della Gialappa's: "Dove sono le istituzioni?"
Ai due rapper che un po' incongruamente sottolineano l'aggressività con toni da lanciafiamme di De Luca, lui cita papa Paolo VI a Jean Guitton: "La gravità è lo scudo degli sciocchi". E via con gli insulti ai dirigenti pd, "anime morte, non rappresentano più nulla", che non risparmiano neanche l'"amico Bersani, con quella sua puttanata velleitaria di Articolo Uno", e tutti i politici in generale, "che non reggo trenta secondi ad ascoltarli". Fedez ammutolito ed estasiato, tre a zero per De Luca. Palla al centro, non resta che celebrare il nuovo idillio e dargli uno sbocco concreto.