La Capitale del debito fa pure la Festa del Cinema
Liberiamo la cultura dal Festival dei dittatori
di Mauro Suttora
Libero, 20 giugno 2008
Nei Paesi civili i politici non si intromettono nella cultura. Non la finanziano (con soldi altrui) con la scusa di «aiutarla» o «promuoverla». Infatti negli Stati Uniti non esiste un ministero della Cultura, né quella sciagura che sono gli assessori alla Cultura. La Gran Bretagna ha capitolato soltanto nel 1992, ma il nuovo Ministry of Culture britannico ha soprattutto il compito di preservare biblioteche e monumenti.
Solo i dittatori vogliono controllare la cultura. Per questo Mussolini creò nel ’32 la Mostra del cinema di Venezia. E il festival di Cannes nacque qualche anno dopo perché i francesi erano stufi delle interferenze fasciste e naziste a Venezia.
Dove il cinema funziona c’è poco bisogno di festival. Infatti a Hollywood ci sono gli Oscar, che si risolvono in una serata dopo un voto fra 5.800 professionisti del settore (non di una giuria di una decina di smandrappati). Ed è una cerimonia privata, senza finanziamenti pubblici.
Gli unici due festival di una certa rilevanza negli Usa (Sundance e Tribeca) sono legati all’impegno personale di Robert Redford e Robert De Niro, ad eventi particolari (il Tribeca è nato dopo l’11 settembre 2001 per risollevare le sorti del quartiere), e hanno pochissimi contributi pubblici.
Nei Paesi civili hanno letto Orson Welles. L’unico «aiuto» che i politici danno alle arti è la detassazione dei soldi investiti dai privati. Invece a Roma vige ancora, da duemila anni, la legge del «panem et circenses». Gli italiani trovano normale che chi ha il potere lo mantenga tramite l’elargizione di spettacoli, a carico dell’erario.
Dopo gli imperatori e i papi, a Roma 33 anni fa arrivò Renato Nicolini. Il primo «assessore alla Cultura» d’Italia. L’inventore dell’«estate romana». Un genio (sul serio, senza ironia: infatti i politici professionisti lo hanno fatto fuori). Due anni fa, invece, è nata la festa del Cinema. Una disgrazia. E non solo perché ha scialacquato decine di milioni in una città con sette miliardi di debito e in un Paese in rosso per 1.600 miliardi. Ma perché ha sbagliato tempo e luogo.
Il tempo. «Ma sono pazzi?», ho quando ho saputo che la festa del cinema di Roma si sarebbe svolta solo un mese dopo il festival di Venezia. Cioè di un evento che bene o male richiama l’attenzione mondiale, e dove infatti vengono un sacco di attori famosi. Che certo non ritornano in Italia dopo cinque settimane, anche se hanno un nuovo film da promuovere. Si chiama «cannibalizzazione». Sarebbe come se Parigi organizzasse una sua festa del cinema a giugno, un mese dopo Cannes.
E poi, ottobre. A Roma in ottobre da sempre non si trova una camera d’albergo vuota. E’ altissima stagione. Come ogni Pro loco sa, gli eventi si organizzano invece per tirar su la bassa stagione.
Ma mi hanno spiegato: «L’auditorium è libero solo in ottobre, prima che inizi la stagione dell’orchestra di Santa Cecilia». Quindi: decidono di organizzare un evento internazionale, prenotando decine di camere nei migliori alberghi e rompendo le balle ai turisti veri, quelli che pagano di tasca propria, solo per sistemare i bilanci in deficit dell’Auditorium (un altro esempio di soldi pubblici scialacquati nel faraonismo pseudoculturale dei politici).
Il luogo, infine. «La festa del cinema ha rilanciato l’immagine di Roma», dichiarò il sindaco Walter Veltroni dopo la prima edizione. Come se la città più bella del mondo avesse bisogno di un lifting d’immagine. Ma i festival fateli a Manfredonia, Monza, Monfalcone: tutte cittadine il cui nome giustamente comincia per M…
Dice: «Molte spese sono coperte dagli sponsor». Te li raccomando, gli «sponsor» a Roma. Sono quasi tutte aziende statali, parastatali, o comunque in debito di favori presso i politici. Certo che Lottomatica finanzia tanti circenses a Roma, invitando i papaveri in prima fila: chi gliela rinnova, altrimenti, la concessione per giochi e lotterie? Certo che la Camera di commercio romana è generosissima con Comune, Provincia e Regione: quante sue aziende dipendono da commesse pubbliche, licenze, permessi, varianti al piano regolatore?
La verità è che a Roma c’è poco o nulla di non parastatale. Perfino la Chiesa lo è diventata, con l’8 per mille. Ma lo spettacolo più buffo è la gente di spettacolo che chiede l’elemosina al burocrate. Il cinema italiano che, con le sale semivuote tranne Christian De Sica, Moccia e Pieraccioni, pretende soldi statali per fare film. E protesta se tagliano il Fus (Fondo unico spettacolo), che finanzia il sottobosco di produttori, maestranze, attori, comparse e pierre alla perenne ricerca di favori, lavoretti, consulenzine da dieci o centomila euro. Non a caso il film vincitore della prima festa del cinema di Roma, nel 2006, s’intitolava «Fare la vittima». Qualcuno l’ha visto?
A questo servono le feste del cinema. A regalare i soldi di chi non va al cinema a quelli che fanno un cinema che fa scappare dai cinema.
Sono andato alla prima dell’ultimo film con Nanni Moretti. All’uscita, davanti al cinema Sacher, c’era un caos calmo di auto blu e limousine parcheggiate. Tutte di sinistra. Al neosindaco di Roma Alemanno e al neoministro della Cultura Sandro Bondi un solo augurio: tagliate. Liberate la cultura.
Mauro Suttora
Liberiamo la cultura dal Festival dei dittatori
di Mauro Suttora
Libero, 20 giugno 2008
Nei Paesi civili i politici non si intromettono nella cultura. Non la finanziano (con soldi altrui) con la scusa di «aiutarla» o «promuoverla». Infatti negli Stati Uniti non esiste un ministero della Cultura, né quella sciagura che sono gli assessori alla Cultura. La Gran Bretagna ha capitolato soltanto nel 1992, ma il nuovo Ministry of Culture britannico ha soprattutto il compito di preservare biblioteche e monumenti.
Solo i dittatori vogliono controllare la cultura. Per questo Mussolini creò nel ’32 la Mostra del cinema di Venezia. E il festival di Cannes nacque qualche anno dopo perché i francesi erano stufi delle interferenze fasciste e naziste a Venezia.
Dove il cinema funziona c’è poco bisogno di festival. Infatti a Hollywood ci sono gli Oscar, che si risolvono in una serata dopo un voto fra 5.800 professionisti del settore (non di una giuria di una decina di smandrappati). Ed è una cerimonia privata, senza finanziamenti pubblici.
Gli unici due festival di una certa rilevanza negli Usa (Sundance e Tribeca) sono legati all’impegno personale di Robert Redford e Robert De Niro, ad eventi particolari (il Tribeca è nato dopo l’11 settembre 2001 per risollevare le sorti del quartiere), e hanno pochissimi contributi pubblici.
Nei Paesi civili hanno letto Orson Welles. L’unico «aiuto» che i politici danno alle arti è la detassazione dei soldi investiti dai privati. Invece a Roma vige ancora, da duemila anni, la legge del «panem et circenses». Gli italiani trovano normale che chi ha il potere lo mantenga tramite l’elargizione di spettacoli, a carico dell’erario.
Dopo gli imperatori e i papi, a Roma 33 anni fa arrivò Renato Nicolini. Il primo «assessore alla Cultura» d’Italia. L’inventore dell’«estate romana». Un genio (sul serio, senza ironia: infatti i politici professionisti lo hanno fatto fuori). Due anni fa, invece, è nata la festa del Cinema. Una disgrazia. E non solo perché ha scialacquato decine di milioni in una città con sette miliardi di debito e in un Paese in rosso per 1.600 miliardi. Ma perché ha sbagliato tempo e luogo.
Il tempo. «Ma sono pazzi?», ho quando ho saputo che la festa del cinema di Roma si sarebbe svolta solo un mese dopo il festival di Venezia. Cioè di un evento che bene o male richiama l’attenzione mondiale, e dove infatti vengono un sacco di attori famosi. Che certo non ritornano in Italia dopo cinque settimane, anche se hanno un nuovo film da promuovere. Si chiama «cannibalizzazione». Sarebbe come se Parigi organizzasse una sua festa del cinema a giugno, un mese dopo Cannes.
E poi, ottobre. A Roma in ottobre da sempre non si trova una camera d’albergo vuota. E’ altissima stagione. Come ogni Pro loco sa, gli eventi si organizzano invece per tirar su la bassa stagione.
Ma mi hanno spiegato: «L’auditorium è libero solo in ottobre, prima che inizi la stagione dell’orchestra di Santa Cecilia». Quindi: decidono di organizzare un evento internazionale, prenotando decine di camere nei migliori alberghi e rompendo le balle ai turisti veri, quelli che pagano di tasca propria, solo per sistemare i bilanci in deficit dell’Auditorium (un altro esempio di soldi pubblici scialacquati nel faraonismo pseudoculturale dei politici).
Il luogo, infine. «La festa del cinema ha rilanciato l’immagine di Roma», dichiarò il sindaco Walter Veltroni dopo la prima edizione. Come se la città più bella del mondo avesse bisogno di un lifting d’immagine. Ma i festival fateli a Manfredonia, Monza, Monfalcone: tutte cittadine il cui nome giustamente comincia per M…
Dice: «Molte spese sono coperte dagli sponsor». Te li raccomando, gli «sponsor» a Roma. Sono quasi tutte aziende statali, parastatali, o comunque in debito di favori presso i politici. Certo che Lottomatica finanzia tanti circenses a Roma, invitando i papaveri in prima fila: chi gliela rinnova, altrimenti, la concessione per giochi e lotterie? Certo che la Camera di commercio romana è generosissima con Comune, Provincia e Regione: quante sue aziende dipendono da commesse pubbliche, licenze, permessi, varianti al piano regolatore?
La verità è che a Roma c’è poco o nulla di non parastatale. Perfino la Chiesa lo è diventata, con l’8 per mille. Ma lo spettacolo più buffo è la gente di spettacolo che chiede l’elemosina al burocrate. Il cinema italiano che, con le sale semivuote tranne Christian De Sica, Moccia e Pieraccioni, pretende soldi statali per fare film. E protesta se tagliano il Fus (Fondo unico spettacolo), che finanzia il sottobosco di produttori, maestranze, attori, comparse e pierre alla perenne ricerca di favori, lavoretti, consulenzine da dieci o centomila euro. Non a caso il film vincitore della prima festa del cinema di Roma, nel 2006, s’intitolava «Fare la vittima». Qualcuno l’ha visto?
A questo servono le feste del cinema. A regalare i soldi di chi non va al cinema a quelli che fanno un cinema che fa scappare dai cinema.
Sono andato alla prima dell’ultimo film con Nanni Moretti. All’uscita, davanti al cinema Sacher, c’era un caos calmo di auto blu e limousine parcheggiate. Tutte di sinistra. Al neosindaco di Roma Alemanno e al neoministro della Cultura Sandro Bondi un solo augurio: tagliate. Liberate la cultura.
Mauro Suttora
20 comments:
Dunque, nell'articolo pubblicato da Suttora sul cinema e la politica, presumo su "Libero", ci sono tante cose da puntualizzare. Innnanzitutto, l'autore dell'articolo ci spiega che "solo i dittatori vogliono controllare la cultura" e come conseguenza di questo scrive che per questa ragione Mussolini "creò il festival di Venezia". E in aggiunta ricorda che i democratici francesi ne fecero un altra nel 1939 tanto per emulare i fascisti. Passiamoci sopra.......
Tengo a precisare a Suttora che la Mostra del cinema non nacque in un ambiente che possiamo definire fascista. Non è un caso che ci mise lo zampino Luciano De Feo che era legato agli ambienti della diplomazia internazionale, in particolare alla Società delle Nazioni. Naturalmente il fascismo se ne impadronì come accade sempre in quelli che definiamo regimi dittatoriali. Ma è un errore abbinare sempre la dittatura fascista al controllo della cultura. Il regime fascista ha fatto delle cose orrende. Ma qualche merito gli va riconosciuto tr
Negli Stati Uniti il sistema è molto più subdolo. E basta andare a vedere i rapporti tra i Kennedy e il cinema, attraverso Peter Lawford, per comprendere che la politica ci mette piede nel cinema. Solo che li non hanno bisogno dei ministri della Cultura perchè quello è un impiccio. Negli Usa lo stesso cinema promuove la politica come testimonia il penoso caso di Charlton Heston. L'idea della Mostra del cinema di venezia fu brillante. E i film presentati in quel festival erano davvero interessanti. Saranno stati fascisti, ma film come "A nous la libertè" che fu certamente un film interessante presentato sotto gli occhi dei papaveri fascisti. Credo che la sinistra si sia dimostrata peggiore da questo punto di vista. Comunque la tesi di partenza su cui basi questo articolo è falsa e tendenziosa come tante delle cazzate che spara Suttora.
Allego qui sotto la trama di "A mous la libertè" di Clair per far comprendere che il fascismo non faceva proprio schifo come promotore culturale. Lo dico come uno che fascista non lo è mai stato.....
"Emile e Louis sono due detenuti che trascorrono il loro tempo dietro le sbarre assemblando giocattoli e pianificando una possibile evasione. Quando cercano di scappare, le cose non vanno come avevano previsto e Louis resta in prigione. Ne esce qualche anno più tardi, mentre nel frattempo l'ex compagno di cella è diventato un industriale. Louis trova lavoro nella fabbrica di Emile, alla catena di montaggio, ma ben presto capisce che la fabbrica è fin troppo simile alla prigione che ha appena lasciato. Emile invece progetta di rendere il lavoro nella fabbrica completamente meccanizzato, ma qualcuno ha scoperto il suo passato di evaso e lo minaccia. Louis riesce a far comprendere all'amico che l'industria, il profitto, il progresso, non sono che un'altra prigione e la vera libertà per loro è lontano dalla fabbrica. Così i due partono insieme, per fare i vagabondi".
Vi invito a leggere il mitico botta & risposta sull'articolo relativo a Cecchi Gori.
"la Mostra del cinema non nacque in un ambiente che possiamo definire fascista"
infatti il suo fondatore e presidente, Volpi di Misurata, era un antifascista...
la storia al contrario
E allora perchè nell'articolo hai scritto il contrario?
Comunque in "tre punti di suttora" troverete la citazione corretta sulla nascita della mostra tratta dal libro "Il cinema, la carne e il diavolo" di C. Quarantotto, 1962, il Borghese. Non mancate.
Caro Mauro, non è stato bello definirmi un "leccaculo" nel forum. Così perdi consensi tra il tuo pubblico.
Propongo la creazione di un comitato di difesa ad hoc per la tutela del Palazzolo.
cia' Ma',
grazie per i commenti dalle mie parti. la foto der mio amante Bose' nudo fu presa dal Barbatin dal mio blog, e il tuo ammiratore Lanfranco l'ha presa di seconda mano dal blog del Barbatin invece di prenderla direttamente dalla fonte originale.
trattasi di una foto risalente all'epoca quando facevamo l'amore a Bracknell giusto due estati fa di quest'epoca. il Bose' si era pelato sulla testa ma non sul pube.
in tema pilifero-depilatorio, ricambio la cortesia scaricando su blogger a futura memoria questa foto di Lanfranco travestito da Suttora coi baffi di Toni ed altre escrescenze bulbomentali (nel senso che ragiona col mento).
Lanfranco
da notare anche la cravatta color vomito che era una pregevole cravatta di lana verde grezza irlandese rubatati da Bandinelli al quale fu a sua volta rubata da Bordin per finire macchiata dal Lanfranco col doppio sprizzone.
trattasi quindi di una cravatta storica sulla quale ci sono molte cose da puntalizzare: la cravatta fu originalmente creata dai fascisti irlandesi per celebrare la mostra del cinema di Poggyn'cul, e questo merito va loro riconosciuto. poi pero' te la facesti fottere da Bandinelli che se la fece fottere da Bordin e cosi' la questione di lana caprina fini' in una riunione di redazione di Radio voce repubblicana dove si e' dibattuto come come il tuo rapporto americano col cinema e' molto piu' subdolo di quanto vorresti cercare di accreditarti dalle tue scelte di cravatte e candidati romani.
per esempio, riporto qui sotto la trama di Match Point: Woody Allen si innamora di Scarlett Johansson e volendola trombare le fa interpretare tre film in cui Federer perde a Wimbledon contro l'assassino Lanfranco Suttora che gioca di destra. ebbene io credo che la sinistra di Bjorn Borg si sia dimostrata peggiore da questo punto di vista: la storia sembrerebbe concludersi con i due vagabondi abbandonare la fabbrica-prigione del tennis per ripartire insieme verso nuovi lidi di Venezia, ma non e' cosi'. Angelina Jolie, infatti, diverrà co-star di Denzel Washington in The Bone Collector, che mi appresto a guardare ora su Bbc1. 'nanotte
"the bone collector": tutta roba fresca, eh?
palazzolo, non hai capito nulla su volpi di misurata, il fondatore della mostra di venezia: ho fatto ironia, tutti sanno che il volpi era un fascistone di prima categoria, sterminatore di libici in tripolitania
quindi mostra di venezia = fascismo
Anche io ti stavo prendendo per il culo. Ma per essere sterminatori dei libici non era necessario essere fascisti. Nel 1911 ci pensarono i tuoi amici monarchici e giolittiani.
Ma nel forum ("Tre punti di suttora"), dove ti guardi bene dall'intervinire (qui non lo puoi fare per salvare la faccia di fronte ai tuoi numerosi fans), ho riportato le tre pagine del libro di Quarantotto sulla mostra del cinema da dove si evince che non fu il regime in prima persona a volere la festa ma persone che non avevano ricevuto direttive dal partito. Tieni conto che in quegli anni non c'era proprio niente da controllare. La produzione cinematografica italiana si aggirava intorno ai 30 film l'anno. Ho già avuto modo di scrivere - ma vedo che non vuoi ascoltarmi - che la mostra cinematografica di Venezia aveva ben poco di orwelliano. Io ho citato il caso di "A nous la libertè". Ma ci fu anche il caso di "Estasi", il film di un regista cecoslovacco che affrontava per la prima volta il tema dell'impotenza.
Un'ultima cosa per il Suttora, i film della mostra di Venezia non erano sottoposti al controllo della censura. Lo poteva scrivere nel suo articolo. Ma forse questa citazione non era funzionale alla tesi dell'articolo.
la mostra del cinema di venezia negli anni 30 era cosi' poco fascista che al vincitore veniva data la coppa mussolini...
per non parlare dei trionfi della nazista leni riefenstahl
La Coppa Mussolini venne assegnata dal 1934. Ti ricordo che la giuria era popolare. Solo dal 1938 la politica si appropriò del festival a riprova che i tempi di reazione del fascismo nei confronti della mostra erano da bradipo. CI vollero ben 6 anni prima che il fascismo si appropriasse della mostra. Ma la prima fase della Mostra fu molto democratica nonostaante la Coppa Mussolini. Tanto è vero che nel 1937 ebbe un notevole successo "La Grande illusione", film che dovresti conoscere in qualità di pacifista professionista. E non ti arrampicare sugli specchi.
C'è un amico pordenonese che si occupa per mestiere di organizzare eventi teatrali e culturali.
Gli ho inviato testè il tuo articolo e, a caldo, mi ha chiesto di proporti di venire qui da noi a moderare o a partecipare a un dibattito sugli sprechi nel cinema e nella cultura "di Stato", che da anni vorrebbe organizzare.
Che ne pensi ?
Sono andata al Mandarin e ti ringrazio del consiglio (tuo post del 2005). Mi vieni a trovare su www.zenandthecity.com?
Stefania
Caro Mauro, attendo con ansia la pubblicazione dell'articolo su Giusy do "X factor".
posso mettere on line gli articoli di Oggi solo quando il giornale non e' piu' in edicola
Quando leggo "Nei paesi civili succede questo e quello..." vengo sempre colto da un certo malessere.
Ma come? "Nei paesi civili" il presidente del consiglio non è proprietario di un impero mediatico e non controlla direttamente e non praticamente tutte le televisioni del paese. Non fa leggi che depenalizzano reati per i quai è sotto processo, ecc....
Ma che centra con l'articolo sulla cultura? Niente! Però sarebbe bello vederlo scritto su Libero, almeno una volta... se veramente lo fosse... libero intendo.
"Quando leggo "Nei paesi civili succede questo e quello..." vengo sempre colto da un certo malessere".
anch'io.
Ma il mio paragone era un po' piu' spiazzante e provocatorio delle solite banalita' su Berlusconi (verissime, ma che palle. Il fatto che quelli come me siano costretti a votare il Berlusca nonostante tutti i suoi difetti e conflitti d'interesse significa che gli altri sono ancora peggio)
Sono d'accordissimo con questa tua ultima affermazione.
Anche se alle ultime elezioni ho votato Partito Liberale (e non me ne sono pentito) e spererei di votare una lista Liberaldemocratica autonoma anche alle prossime.
Grazie per la risposta Mauro. Purtroppo la situazione italiana è deprimente: anche io mi sento costretto a votare centro sinistra per non votare Berlusconi.
Venendo all'articolo: sono d'accordo con le considerazioni sulla festa del cinema di Roma. Demenziale metterlo un mese dopo Venezia e poi a Roma! ...in una città che non ha bisogno di essere rilanciata.
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