INAUGURAZIONE AL GUGGENHEIM
Flaminia Lubin per Dagospia
30 ottobre 2003
Il Guggenheim Museum di New York rende omaggio a Federico Fellini a dieci anni dalla sua morte con una retrospettiva inedita, completa dei tanti lavori del grande maestro, magistralmente curata dal boss della cultura italiana in America, il professor Antonio Monda. All'inaugurazione della mostra, la stampa italiana che vuole contare c'era tutta. Pochi i reporters stranieri, ben presenti invece al grande party organizzato dal museo.
Partecipi i vari gruppi Rai, tra cui Vincenzo Mollica, caro amico di Fellini, e anche lui tra gli organizzatori dell'evento. Maurizio Molinari della Stampa ad un certo punto e' corso via. Probabilmente ad occuparsi di economia..... americana naturalmente. Pupi Avati a capo della Fondazione Fellini e' stato dolce quando ha sbagliato termine in inglese e ha detto "Sostengo questo monster" (intendeva sostengo questa mostra che in inglese si dice exhibition e non monster).
Alain Elkann faceva le veci del ministro Urbani, i Della Valle sono stati gli sponsor dell'evento. Mauro Suttora, dei giornali Rizzoli, era in assoluto l'uomo piu' elegante, non in onore della retrospettiva credo, ma del gran gala da Cipriani sulla moda dove si sarebbe recato al calar del sole.
Thursday, October 30, 2003
Wednesday, October 29, 2003
Nicolas Cage e la figlia di Presley
CHE BELLO RISPOSARE MIA MOGLIE
dal corrispondente a New York Mauro Suttora
Oggi, 29 ottobre 2003
Lui non è nuovo ai ripensamenti: nel febbraio 2000 chiese il divorzio dalla prima moglie Patricia Arquette dopo cinque anni di matrimonio, ma dopo soli cinque giorni cambiò idea. Nel novembre dello stesso anno, tuttavia, fu lei a decidere di separarsi definitivamente, dopo che lui la tradì con Penelope Cruz (oggi fidanzata di Tom Cruise) sul set a Cefalonia del film Il violino del capitano Corelli che stavano girando assieme.
La notizia di questi giorni, tuttavia, è clamorosa: Nicolas Cage, 39 anni, vuole risposare la seconda moglie Lisa Marie Presley, 35 anni, figlia di Elvis, con la quale aveva convissuto per appena 108 giorni l’estate scorsa. E lei è felicissima. L’11 ottobre, infatti, sul palco del suo concerto all’Avalon di Hollywood, era così distesa che ha perfino accennato a qualche passo di danza.
Stranissimo, per lei che notoriamente è preda di attacchi di panico ogni volta che si esibisce in pubblico: appariva gentile con tutti, altro comportamento assai inusuale. «Era da mesi che non la vedevo così in forma, di buonumore e sexy», ha confidato un suo amico, «e il concerto è stato ottimo».
La ragione di questa ventata positiva è semplice: Cage le aveva appena telefonato da Filadelfia, dove sta girando un film, confermandole il proprio desiderio di risposarla all’inizio della prossima primavera.
Questa volta, però, non sarà più una cerimonia fra pochi intimi, con soli trenta strettissimi parenti e amici invitati, come avvenne lo scorso agosto a Mauna Lani Bay nelle isole Hawaii: i due vogliono che tutto il mondo sappia della loro riconciliazione, ci sarà una festa colossale, e pare che il luogo prescelto sia addirittura Graceland, a Memphis (Tennessee), il palazzo di Elvis dove il cantante rock più famoso di tutti i tempi morì nel ‘77, e che da allora è stato trasformato in un museo con decine di migliaia di visitatori adoranti ogni anno.
Ma cos’è successo di così importante da far cambiare di nuovo idea all’attore premio Oscar e alla cantante che ha venduto 600 mila copie del suo disco To Whom It May Concern uscito in aprile?
«La verità è che sono fatti l’uno per l’altra», dice un amico della coppia, «si amano ancora e a lui piace il carattere forte di Lisa Marie. Tutte le altre donne con cui Nic è stato non erano alla sua altezza. Siccome lui è un attore famoso, erano succubi e gli dicevano sempre di sì. Si sottomettevano. Ma a lui questo comportamento non interessa».
Si era molto discusso sulle cause del divorzio lampo, l’anno scorso. Secondo alcuni Cage aveva sposato la Presle y soprattutto perchè è un grande fan di Elvis, e stando con la figlia gli sembrava quasi di entrare in contatto più stretto con il fondatore della musica rock. «Tutte cretinate, è di te che sono innamorato», le ha assicurato lui durante due recenti cene intime in un ristorante italiano vicino alla casa di lei nella zona di Hidden Hills, a Los Angeles.
Non che la celebrità del padre non sia un fardello notevole per Lisa Marie: «Non sa mai se gli amici e anche i fidanzati sono attirati soprattutto dal suo cognome, e quindi non si fida di nessuno», spiega uno stretto conoscente.
Anche Nicolas Cage, del resto, ha dovuto fare i conti con la fama riflessa: «Lo ammiro proprio per questo», ha dichiarato la Presley, «perchè si è staccato dal cognome Coppola [il regista del Padrino Francis Ford, ndr] e si è costruito una carriera per conto suo. Sia lui che io abbiamo un carattere ribelle e indipendente».
Quanto siano indipendenti se ne sono accorti nei poco più di tre mesi di convivenza. Lei non sopportava che lui continuasse a passare tanto tempo con i propri amici maschi, in un’atmosfera di goliardia perenne. Si sentiva trascurata, anche per il parecchio tempo che Nic trascorre con il figlio dodicenne Weston, avuto dall’ex fidanzata Kristina Fulton. E non le piaceva che il marito fosse troppo arrendevole e condiscendente con i due figli che lei ha avuto dal primo matrimonio, con il musicista Danny Keough: Danielle, 13 anni, e Benjamin, 11.
La Presley, dopo quella prima relazione, si è sposata brevemente ma disastrosamente con Michael Jackson, e questa disavventura non ha certo giovato al suo equilibrio. Un’altra notevole fonte di disaccordo sembrava fossero i futuri figli: Nic li voleva subito e Lisa Marie no. Oppure viceversa, fatto sta che anche su questo i litigi sono stati continui.
Entrambi assai focosi, le loro discussioni finivano quasi sempre con uno dei due che se ne andava di casa sbattendo la porta. Cage abita in una specie di finto castello, con tanto di torrette e spalti, nella sterminata zona residenziale di Los Angeles.
«Le loro litigate, come anche il loro amore, erano assai spontanee», rivela la gola profonda della coppia, «si surriscaldavano per un nonnulla, e ciascuno non voleva cedere semplicemente per una ragione d’orgoglio».
Lo stesso orgoglio che ha impedito a Cage di ritirare l’istanza di separazione che si era quasi subito pentito di aver presentato al tribunale: ormai non poteva più tornare indietro. Un comportamento puerile, finché un pomeriggio, dopo numerose e lunghe telefonate quasi giornaliere, Nic ha preso la motocicletta ed è andato a casa di lei. Dopo un lungo giro si sono fermati sulle colline che sovrastano Hollywood, e hanno entrambi convenuto che erano stati stupidi a lasciarsi. Subito dopo hanno dovuto riconoscere di essere ancora innamorati l’uno dell’altra. «In realtà, a pensarci bene, abbiamo convissuto in totale per appena due settimane», ha ammesso la Presley, «perchè Nic, che è appassionato del proprio lavoro, era sempre via».
Già lo scorso marzo, in diretta televisiva dalla cerimonia degli Oscar (dov’era candidato per il film Adaptation di Spike Jonze), il disperato Cage aveva confessato davanti al mondo intero di essere ancora innamoratissimo della sua Lisa Marie. Poi ha cominciato ad assistere ai suoi concerti ogni volta che poteva, e le ha perfino mandato il suo aereo personale per farla tornare a casa in giornata.
In settembre i due si sono rivisti dopo un concerto di lei alla House of Blues di Las Vegas, si sono chiusi in un albergo e non sono usciti dalla loro camera per due giorni interi. Il legame si è rinsaldato, e fra un mese dovrebbe arrivare l’annuncio: matrimonio bis.
Mauro Suttora
GLI A LTRI DIVORZI FALLITI
Pare che in realtà, giuridicamente, Nicolas Cage e Lisa Marie Presley non abbiano mai divorziato. Lui lo scorso novembre aveva presentato istanza di divorzio, ma lei non ha mai risposto positivamente o negativamente, e gli avvocati di lui non hanno poi più insistito per avere una risposta.
Peccato, perché altrimenti, se il divorzio fosse stato formalizzato, la coppia avrebbe battuto lo storico record stabilito 28 anni fa da Elizabeth Taylor e Richard Burton. I quali divorziarono nel giugno 1974 dopo dieci anni di matrimonio (il secondo per lui, il quinto per lei). Ma appena sedici mesi dopo, nell’ottobre '75, si risposarono.
La seconda unione fra l’attrice americana e il turbolento gallese, tuttavia, non durò molto: meno di un anno dopo, nell’agosto ‘76, divorziarono per la seconda volta. Lei nel dicembre dello stesso anno procedette al settimo matrimonio, con il senatore John Warner (seguito poi da quello con Larry Fortensky, terminato nel ‘97), mentre Burton, prima di morire nell’84 a soli 59 anni per emorragia cerebrale, fece in tempo a sposarsi altre due volte.
Un altro famoso tiramolla fra vip riguarda la bionda pettoruta Pamela Anderson di Baywatch e il marito musicista Tommy Lee: separatisi la prima volta nel '96, si riconciliarono quasi subito e fecero due figli. Nel '98 Lee fu arrestato perchè menava sia la moglie che i figli, e lei chiese il divorzio. Ma l’anno seguente lo perdonò e se lo riprese in casa, solo per separarsi definitivamente nel 2000.
Ci sono poi i casi di John Lennon e Yoko Ono, separatisi per un solo anno nel ‘74, e di Harrison Ford e della moglie Melissa Mathison, che si separarono nel novembre 2000, tornarono assieme sette mesi dopo, ma alla fine si lasciarono quando lui conobbe Calista Flockhart.
Anche il cantante Eminem pare si sia riconciliato con la moglie Kimberly Mathers, dopo il divorzio dell’ottobre 2001. A casa nostra, infine, sono tornati assieme Claudio Amendola e Francesca Neri, che però non si erano mai sposati.
Mauro Suttora
Saturday, October 18, 2003
Ann Coulter
USA: ANN COULTER, NUOVA DESTRA IN TACCHI A SPILLO
di Mauro Suttora
Il Foglio, 18 ottobre 2003
New York. Bella, bionda, brillante, intelligente. Ann Coulter, 41 anni, è la nuova star della destra americana. Da tre mesi il suo ultimo libro, "Treason" ("Tradimento"), è nella top ten dei bestseller statunitensi. Lei vive praticamente accampata negli studi televisivi, tutti la vogliono perchè garantisce ascolto.
E' una specie di Vittorio Sgarbi o Giuliano Ferrara al femminile, adora scandalizzare e ha la battuta pronta. "Da quando è uscito il libro ho dovuto dare duecento interviste", fa finta di lamentarsi all'uscita degli studi Fox (la tv di Rupert Murdoch) sulla Sesta Avenue di Manhattan, dove le chiedono un parere su tutto un giorno sì e uno no.
Ormai con le royalties è diventata miliardaria, beniamina dei conservatori anche perchè intellettualmente non così sofisticata come certi "neocon" (Paul Wolfowitz, Robert Kagan, Amin Taheri). Ma lei si fa un vanto proprio di questo suo volare terra terra "Mi trovo in perfetta sintonia non con l'Upper East Side, il quartiere di New York dove vivo, ma con i veri americani che stanno a Queens e che non temono di esporre la bandiera sulla porta di casa".
Patriottismo, religione, valori tradizionali. "Dio, patria, famiglia: una fascistona", la liquidano a sinistra. Non per nulla Al Franken, primo nella classifica della saggistica con il suo "Lies and the Lying Liars Who Tell Them A Fair and Balanced Look at the Right" ("Bugie e i bugiardi matricolati che le dicono uno sguardo equo e obiettivo sulla destra"), le dedica due interi capitoli uno intitolato "Ann Coulter, un caso da manicomio", e quello successivo che non lascia spazio a dubbi: "Sapete chi proprio non mi piace? Ann Coulter". La sua definizione più gentile è: "Per coloro che sono così fortunati da non averla ancora conosciuta, si tratta della diva della destra isterica", che "scrive pornografia politica".
Nelle liti lei ci sguazza, si diverte come una pazza quando la attaccano anche selvaggiamente "Franken, Joe Conason e tutti quelli che scrivono libri di successo contro i conservatori dovrebbero ringraziarmi riescono a vendere soltanto grazie a me, dove sarebbero se non mi avessero scelta come bersaglio? Darò loro da mangiare per i prossimi trent'anni".
In effetti, una polarizzazione netta caratterizza ormai la saggistica politica degli Stati Uniti i bestseller sono quelli dei personaggi più estremi. A sinistra trionfano Michael Moore (autore di "Stupid White Men" e del film premio Oscar "Bowling for Columbine") e Gore Vidal.
A destra rispondono senza far prigionieri, con la Coulter ma anche con Bill O'Reilly (autore di "Spinning Zone" e presentatore ogni sera di un talk show sulla tv Fox) e il terribile John Savage (di nome e di fatto, anch'egli personaggio tv licenziato dalla Nbc dopo aver auspicato in diretta che i gay si pigliassero l'Aids).
La Coulter è un'Oriana Fallaci con maggiore sarcasmo. I suoi nemici, più che i fondamentalisti musulmani dell'11 settembre, sono i "liberals" (cioè la sinistra Usa): "Neppure i terroristi islamici odiano l'America quanto i nostri liberali. Non hanno abbastanza forza. Se avessero la loro energia, in tutto questo tempo sarebbero almeno riusciti a costruirsi le toilette in casa", dice.
Di ritorno da una presentazione del libro nell'Ohio, ha subìto una perquisizione in aeroporto. E' furibonda: "Quegli imbecilli di agenti, invece di infilarmi le mani sotto il reggipetto, farebbero meglio a prendere di mira certi maschi mediorientali con il fumo che gli esce dai pantaloni..."
Elegante, la Coulter ha uno stile eccentrico fatto di minigonne e cuoio nero che eccita i fans. Nel suo sito Internet (www.anncoulter.org) ha piazzato un'intera "gallery" di proprie immagini in pose provocanti. In una appare con l'ex presidente Ronald Reagan, in un'altra imbraccia virilmente un fucile. Le manca solo il frustino, e poi il suo lettore medio (maschio militarista del Midwest) sarebbe soddisfatto.
Il fatto che Ann risulti single e si dichiari disponibile al "dating", agli appuntamenti con uomini ("Ma devono essere alti, divertenti, buoni sciatori e soprattutto di destra"), aggiunge fascino al personaggio. Il tocco finale al gioco della seduzione è dato dal club per cuori solitari "conservatori" ospitato dal sito.
In realtà, l'apparentemente populista Ann nuota come un pesce, perfettamente a proprio agio, negli ambienti liberal-chic di Manhattan. Frequenta i ristoranti alla moda dell'Upper East e West Side, dal Baraonda al Bella Blu al Cafè Luxemburg, col suo orologio Cartier e i braccialetti di diamanti.
Altro che "America profonda", altro che camiciazze spiegazzate a quadrettoni, stile camionista del New Jersey. D'estate migra con tutti i ricchi agli Hamptons, e d'inverno se ne va a sciare sulle montagne Catskill o in Colorado. Il suo posto preferito tuttavia è Miami, Florida "Perchè è pieno di esuli cubani anticomunisti", scherza ma non troppo.
Potrebbe ormai permettersi anche di più dell'appartamento in affitto newyorkese, grazie ai pingui diritti d'autore. Il suo primo successo è stato, nel 1998, "High Crimes and Misdemeanors The Case Against Bill Clinton". L'anno scorso ha sfondato con "Slander, Liberal Lies About the American Right" ("Calunnia, bugie liberali sulla destra americana"), cosicchè l'editore le ha subito chiesto un altro libro. "E io ho lavorato come una pazza da ottobre, anche i venerdì e i sabato sera".
Il suo ultimo volume è una difesa del senatore Joe McCarthy, quello che negli anni Cinquanta scatenò la caccia alle streghe contro i marxisti negli Stati Uniti. Un'impresa impossibile, apparentemente riabilitare il personaggio che ha dato il proprio nome al "maccartismo", il persecutore che tolse il lavoro a tanti attori e scrittori di Hollywood, il simbolo di uno dei periodi più bui e bigotti della storia d'America?
Ann Coulter non chiedeva di meglio più la sfida è grossa, più lei si lancia a testa bassa per demolire quelli che ritiene stereotipi e luoghi comuni spacciati dagli odiati "liberals". E in questa battaglia delle idee in cui lei si sente perennemente in prima linea è riuscita a dimostrare che tutto sommato alcune delle vittime di McCarthy erano veramente spie dei sovietici, e che comunque in periodo di guerra (seppur solo fredda) quasi tutti i mezzi sono leciti. Così come oggi difende a spada tratta l'intervento in Iraq: "I liberali vorrebbero che i nostri soldati fossero sconfitti, perchè è l'unica possibilità che hanno di poter cacciare Bush dalla Casa Bianca l'anno prossimo".
Un'altra frase detta dopo l'11 settembre 2001 le è costata il posto alla Msnbc (tv in joint venture fra Microsoft e Nbc): "Invadiamo i Paesi amici dei terroristi, uccidiamo i loro capi e convertiamo tutti al cristianesimo!".
Ghiotta di salmone e ravioli d'aragosta, questa sirena della destra è nata in uno dei luoghi più ricchi del mondo New Canaan (Connecticut), rifugio nel verde dei miliardari newyorkesi. Università di Cornell, specializzazione in legge nel Michigan, primo lavoro nel Center for Individual Rights a Washington, think tank conservatore, poi portaborse del senatore Spencer Abraham, oggi ministro dell'Energia un curriculum di rispetto.
Ma appena ha sfondato in tv coi denti da pescecane che sfodera assieme al sorriso, Ann ha capito che esagerando si può costruire una lucrosa carriera.
Detesta gli attori pacifisti come Tim Robbins, Susan Sarandon e Ed Norton, mentre adora Bruce Willis e Andy Garcia. "Con quelle sue borsette rosa e i tacchi a spillo sembra un personaggio uscito da 'Sex and the City'", commenta Matt Drudge, il Dagospia statunitense, principe del gossip politico on line, "e invece è la voce principale della nuova generazione conservatrice americana lo dimostrano le tirature dei suoi libri". Per settimane quello della Coulter ha lottato contro le Memorie di Hillary Clinton "Ma lei come peso mi batte tre a uno... Anche come peso del libro, voglio dire".
"Ha la stessa affabilità di Eva Braun", l'ha stroncata Katie Couric, massima presentatrice tv d'America. O la amano o la odiano, insomma. Ma Ann Coulter gode in ogni caso.
Mauro Suttora
Wednesday, October 08, 2003
Sharon Stone: io la conosco bene
PARLA IL DIRETTORE CASTING CHE L'HA SCOPERTA
dal corrispondente a New York Mauro Suttora
Oggi, 8 ottobre 2003
Riecco la diva, a tre anni dal suo ultimo film e a cinque dall’ultimo successo, Sphere: Sharon Stone è tornata in tutti i cinema statunitensi con il film Cold Creek Manor. Nel quale lei e il marito (interpretato da Dennis Quaid) si trasferiscono in una casa di campagna che si rivela luogo di mistero, paura e orrori.
Accavalla le gambe, non lo fa, le allarga, indossa le mutandine oppure no? Tutte domande da Basic Instinct, ma irrilevanti: perchè basta la presenza magnetica di questa magnifica 45enne per riempire comunque lo schermo. Così come è successo all'ultimo Festival di Sanremo, quando la sua apparizione in qualità di ospite di Pippo Baudo ha fatto subito impennare gli indici d'ascolto.
E anche se passerà alla storia per Basic Instinct del '92, bisogna precisare che quattro anni dopo Sharon ha conquistato anche i favori dei critici, vincendo il Golden Globe grazie a Casinò di Martin Scorsese (con Robert De Niro e Joe Pesci), e mancando l'Oscar per un soffio.
Negli ultimi anni è stata soprattutto la sua vita privata a fare notizia: il matrimonio con il giornalista di San Francisco Phil Bronstein nel '98, il divorzio due mesi fa, il figlio Roan adottato nel 2000, l'improvvisa emorragia cerebrale che due anni fa l'ha quasi uccisa. Infine, quest'estate, il flirt con Oliver Hudson, 26 anni, figlio di Goldie Hawn, ma che vista l'età potrebbe essere anche il suo.
Insomma, il simbolo del sesso è tornata a gustare la vita, e non intende farsi mancare niente. Ha presentato la cerimonia degli Oscar lo scorso marzo, in autunno apparirà su tutti gli schermi tv americani con un serial, e prossimamente sarà la cattiva contro Halle Berry nel film Catwoman.
«Questa fantastica resurrezione di Sharon non mi stupisce: dal primo momento che la vidi nel mio ufficio capii subito che sarebbe diventata una star».
Per parlare della nuova Stone abbiamo scelto un interlocutore d'eccezione: Riccardo Bertoni, 69 anni, uno dei maggiori direttori di casting di New York. Che conosce benissimo l'attrice, perchè fu propr io lui a lanciarla nel 1979.
Bertoni, svizzero italiano, allievo del Centro sperimentale cinematografico di Roma nel '51 (compagno di stanza di Domenico Modugno, ebbe Anna Magnani come insegnante e Federico Fellini come direttore), negli anni Cinquanta fu anch'egli attore: recitò accanto a Hedi Lamarr, Ivonne Sanson, Silvana Pampanini e Marcello Mastroianni (era suo fratello in La ragazza della salina, 1956).
Emigrato negli Stati Uniti quarant'anni fa, Bertoni ha messo in piedi con Esther Navarro un un'agenzia di casting fra le più importanti degli Stati Uniti: ha lavorato per otto film di Woody Allen (quasi tutti i più famosi, da Zelig a Manhattan, da Io e Annie a Broadway Danny Rose), e ha anche recitato con il regista newyorkese, suo grande amico, in Criminali da strapazzo del 2000 (era il maggiordomo).
Con Francis Ford Coppola ha girato Cotton Club e Il Padrino parte terza, e poi Nove settimane e mezzo, Attrazione fatale, La scelta di Sophie, Rollerball, Independence Day, Crocodile Dundee, The Bostonians, Tè con Mussolini e Callas forever con Franco Zeffirelli. Ultimo film: Amore infedele con Richard Gere. Il prossimo: Die Hard 4 con Bruce Willis.
Insomma, uno che se ne intende. E che ricorda bene quel pomeriggio di agosto del 1979, quando una ragazza 21enne irruppe piena di vita nel suo ufficio di Central Park South, in pattini a rotelle: «Conservo ancora la prima scheda segnaletica di Sharon», racconta Bertoni, «con le sue misure - 36/26/36 in inches, che tradotto in centimetri fa 91/66/91 - il colore degli occhi - verde, dei capelli - biondo, e le sue "specialties": precisò che sapeva pattinare a rotelle e sul ghiaccio, sciare, nuotare, andare a cavallo, guidare auto e motociclette - come vedemmo poi in Basic Instinct - oltre che ballare.
Nata in Pennsylvania, da due anni lavorava a New York come modella per l'agenzia di Eileen Ford, ed era venuta da me vestita con vertiginosi hot pants e accompagnata dalla sua amica Mindy Alberman, la segretaria di Dino De Laurentis. Voleva fare l'attrice, e si era anche iscritta al sindacato degli attori cinematografici, la Screen Actors Guild».
Bertoni procura subito a Sharon Stone la prima particina, in Stardust Memories di Woody Allen (1980): «Era la ragazza vestita di bianco, un po’ alla Jean Harlow, con un’azalea in testa, che in un vagone di treno in partenza pieno di gente anziana bacia il regista posando le labbra sul vetro di un finestrino».
Una scena breve ma memorabile, e soprattutto il debutto in un film di serie A. Al quale però non segue niente alla stessa altezza: nell’81, sempre grazie a Bertoni, una parte da coprotagonista in Deadly Blessing del regista horror Wes Craven.
«Che la prese scegliendola fra trenta altre modelle», ricorda Bertoni, «andarono a girare in Texas dove tutti naturalmente si innamorarono di lei. Quindi la presentai al mio amico Zeffirelli per la parte principale di Amore senza fine, ma lui la trovò troppo paffutella e le preferì Brooke Shields. Fra l’altro, in quel film esordì Tom Cruise».
Che tipo era Sharon Stone vent’anni fa?
«Fiera, indipendente, disordinatissima», ricorda Bertoni. «Abitava in un appartamentino dell’Upper East Side di Manhattan vicinissimo al mio, a un solo isolato di distanza. Una volta andai a casa sua e trovai praticamente l’apocalisse... Gli uomini che frequentavano la palestra di fronte erano tutti contenti, perchè ogni tanto riuscivano a intravedere dalle finestre quella bellissima ragazza. Poi però andò un po’ in crisi, si mise con un uomo, volle andare con lui in California, fece una serie tv e della pubblicità. Sì, sopravviveva girando spot e alcuni film orrendi, di serie B».
Infine, nel 1990, la svolta: Sharon accetta di posare nuda a 32 per la rivista Playboy. I produttori di Total Recall con Arnold Schwarzenegger la notano, e le offrono la p arte della compagna del protagonista.
«Niente di trascendentale», commenta Bertoni, «ma il vento aveva ricominciato a soffiare in suo favore, e così due anni dopo eccola in Basic Instinct del regista Paul Verhoeven. Non tornò più a girare film a New York, tranne Sliver, così la persi di vista. Però ogni volta che arrivava in città le mandavo un mazzo con una dozzina di rose rosse al Mark Hotel, dove scendeva abitualmente. Ci sentivamo al telefono, finchè nel ‘99 in qualche modo si sdebitò con me: chiese a Sidney Lumet, regista di Gloria in cui recitava, di prendermi come direttore del casting».
Da allora i due non si sono più visti. «O meglio, io ho visto in tv e sui giornali l’evolversi della sua carriera e della sua vita privata», dice Bertoni, «anche se devo confessare che non mi è piaciuta molto alla notte degli Oscar: era troppo nervosa, quasi esagitata, fuori di testa, fuori di tutto. Ma io sono sempre segretamente innamorato di lei...»
Mauro Suttora
dal corrispondente a New York Mauro Suttora
Oggi, 8 ottobre 2003
Riecco la diva, a tre anni dal suo ultimo film e a cinque dall’ultimo successo, Sphere: Sharon Stone è tornata in tutti i cinema statunitensi con il film Cold Creek Manor. Nel quale lei e il marito (interpretato da Dennis Quaid) si trasferiscono in una casa di campagna che si rivela luogo di mistero, paura e orrori.
Accavalla le gambe, non lo fa, le allarga, indossa le mutandine oppure no? Tutte domande da Basic Instinct, ma irrilevanti: perchè basta la presenza magnetica di questa magnifica 45enne per riempire comunque lo schermo. Così come è successo all'ultimo Festival di Sanremo, quando la sua apparizione in qualità di ospite di Pippo Baudo ha fatto subito impennare gli indici d'ascolto.
E anche se passerà alla storia per Basic Instinct del '92, bisogna precisare che quattro anni dopo Sharon ha conquistato anche i favori dei critici, vincendo il Golden Globe grazie a Casinò di Martin Scorsese (con Robert De Niro e Joe Pesci), e mancando l'Oscar per un soffio.
Negli ultimi anni è stata soprattutto la sua vita privata a fare notizia: il matrimonio con il giornalista di San Francisco Phil Bronstein nel '98, il divorzio due mesi fa, il figlio Roan adottato nel 2000, l'improvvisa emorragia cerebrale che due anni fa l'ha quasi uccisa. Infine, quest'estate, il flirt con Oliver Hudson, 26 anni, figlio di Goldie Hawn, ma che vista l'età potrebbe essere anche il suo.
Insomma, il simbolo del sesso è tornata a gustare la vita, e non intende farsi mancare niente. Ha presentato la cerimonia degli Oscar lo scorso marzo, in autunno apparirà su tutti gli schermi tv americani con un serial, e prossimamente sarà la cattiva contro Halle Berry nel film Catwoman.
«Questa fantastica resurrezione di Sharon non mi stupisce: dal primo momento che la vidi nel mio ufficio capii subito che sarebbe diventata una star».
Per parlare della nuova Stone abbiamo scelto un interlocutore d'eccezione: Riccardo Bertoni, 69 anni, uno dei maggiori direttori di casting di New York. Che conosce benissimo l'attrice, perchè fu propr io lui a lanciarla nel 1979.
Bertoni, svizzero italiano, allievo del Centro sperimentale cinematografico di Roma nel '51 (compagno di stanza di Domenico Modugno, ebbe Anna Magnani come insegnante e Federico Fellini come direttore), negli anni Cinquanta fu anch'egli attore: recitò accanto a Hedi Lamarr, Ivonne Sanson, Silvana Pampanini e Marcello Mastroianni (era suo fratello in La ragazza della salina, 1956).
Emigrato negli Stati Uniti quarant'anni fa, Bertoni ha messo in piedi con Esther Navarro un un'agenzia di casting fra le più importanti degli Stati Uniti: ha lavorato per otto film di Woody Allen (quasi tutti i più famosi, da Zelig a Manhattan, da Io e Annie a Broadway Danny Rose), e ha anche recitato con il regista newyorkese, suo grande amico, in Criminali da strapazzo del 2000 (era il maggiordomo).
Con Francis Ford Coppola ha girato Cotton Club e Il Padrino parte terza, e poi Nove settimane e mezzo, Attrazione fatale, La scelta di Sophie, Rollerball, Independence Day, Crocodile Dundee, The Bostonians, Tè con Mussolini e Callas forever con Franco Zeffirelli. Ultimo film: Amore infedele con Richard Gere. Il prossimo: Die Hard 4 con Bruce Willis.
Insomma, uno che se ne intende. E che ricorda bene quel pomeriggio di agosto del 1979, quando una ragazza 21enne irruppe piena di vita nel suo ufficio di Central Park South, in pattini a rotelle: «Conservo ancora la prima scheda segnaletica di Sharon», racconta Bertoni, «con le sue misure - 36/26/36 in inches, che tradotto in centimetri fa 91/66/91 - il colore degli occhi - verde, dei capelli - biondo, e le sue "specialties": precisò che sapeva pattinare a rotelle e sul ghiaccio, sciare, nuotare, andare a cavallo, guidare auto e motociclette - come vedemmo poi in Basic Instinct - oltre che ballare.
Nata in Pennsylvania, da due anni lavorava a New York come modella per l'agenzia di Eileen Ford, ed era venuta da me vestita con vertiginosi hot pants e accompagnata dalla sua amica Mindy Alberman, la segretaria di Dino De Laurentis. Voleva fare l'attrice, e si era anche iscritta al sindacato degli attori cinematografici, la Screen Actors Guild».
Bertoni procura subito a Sharon Stone la prima particina, in Stardust Memories di Woody Allen (1980): «Era la ragazza vestita di bianco, un po’ alla Jean Harlow, con un’azalea in testa, che in un vagone di treno in partenza pieno di gente anziana bacia il regista posando le labbra sul vetro di un finestrino».
Una scena breve ma memorabile, e soprattutto il debutto in un film di serie A. Al quale però non segue niente alla stessa altezza: nell’81, sempre grazie a Bertoni, una parte da coprotagonista in Deadly Blessing del regista horror Wes Craven.
«Che la prese scegliendola fra trenta altre modelle», ricorda Bertoni, «andarono a girare in Texas dove tutti naturalmente si innamorarono di lei. Quindi la presentai al mio amico Zeffirelli per la parte principale di Amore senza fine, ma lui la trovò troppo paffutella e le preferì Brooke Shields. Fra l’altro, in quel film esordì Tom Cruise».
Che tipo era Sharon Stone vent’anni fa?
«Fiera, indipendente, disordinatissima», ricorda Bertoni. «Abitava in un appartamentino dell’Upper East Side di Manhattan vicinissimo al mio, a un solo isolato di distanza. Una volta andai a casa sua e trovai praticamente l’apocalisse... Gli uomini che frequentavano la palestra di fronte erano tutti contenti, perchè ogni tanto riuscivano a intravedere dalle finestre quella bellissima ragazza. Poi però andò un po’ in crisi, si mise con un uomo, volle andare con lui in California, fece una serie tv e della pubblicità. Sì, sopravviveva girando spot e alcuni film orrendi, di serie B».
Infine, nel 1990, la svolta: Sharon accetta di posare nuda a 32 per la rivista Playboy. I produttori di Total Recall con Arnold Schwarzenegger la notano, e le offrono la p arte della compagna del protagonista.
«Niente di trascendentale», commenta Bertoni, «ma il vento aveva ricominciato a soffiare in suo favore, e così due anni dopo eccola in Basic Instinct del regista Paul Verhoeven. Non tornò più a girare film a New York, tranne Sliver, così la persi di vista. Però ogni volta che arrivava in città le mandavo un mazzo con una dozzina di rose rosse al Mark Hotel, dove scendeva abitualmente. Ci sentivamo al telefono, finchè nel ‘99 in qualche modo si sdebitò con me: chiese a Sidney Lumet, regista di Gloria in cui recitava, di prendermi come direttore del casting».
Da allora i due non si sono più visti. «O meglio, io ho visto in tv e sui giornali l’evolversi della sua carriera e della sua vita privata», dice Bertoni, «anche se devo confessare che non mi è piaciuta molto alla notte degli Oscar: era troppo nervosa, quasi esagitata, fuori di testa, fuori di tutto. Ma io sono sempre segretamente innamorato di lei...»
Mauro Suttora
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