LA TRANSIZIONE TRA I DUE PRESIDENTI USA DIVENTA UN INCUBO
di Mauro Suttora
Washington, 5 gennaio 2017
Nessuno aveva immaginato i fuochi d’artificio degli ultimi due mesi. Barack Obama e Donald Trump se le stanno dando di santa ragione. Fortuna che il 20 gennaio il primo se ne va e il secondo gli subentra alla Casa Bianca, altrimenti la commedia dei due presidenti Usa andrebbe avanti e non si saprebbe più chi comanda negli Stati Uniti.
Obama fa condannare dall’Onu gli insediamenti di Israele in Palestina? «Non preoccupatevi, tenete duro che fra un mese arrivo io», twitta Trump al governo israeliano.
Il presidente uscente espelle 35 diplomatici russi da Washington, accusati di essere spie? Quello russo fa il magnanimo e rinuncia a vendicarsi, perché sa che dopo il 20 gennaio l’amico Trump annullerà tutto.
Obama proibisce di estrarre petrolio dall’Artico? Donald nomina ministro dell’Energia un texano lobbista dei petrolieri.
Al di là del colore dei capelli e della pelle, Obama e Trump sono uno l’opposto dell’altro. Per idee politiche, carattere, stile. Un democratico di sinistra e un repubblicano di destra. Un intellettuale compassato e un miliardario esuberante. Un politico riflessivo e un uomo d’affari imprevedibile.
Obama non ha mai nascosto la sua disistima per Trump: «Sfrutta rabbia, frustrazione e paura. È inadatto a fare il presidente. In gioco c’è la democrazia».
E Trump ha detto peste e corna di Obama (mettendo perfino in dubbio che fosse nato negli Stati Uniti), salvo poi ringraziarlo dopo il primo loro incontro «per la cordialità e l’utilità».
Ma la faccia schifata di Obama nella foto è sembrata quella di Enrico Letta mentre dava il campanellino a Renzi.
Sepolto ogni galateo. Da 220 anni gli Stati Uniti eleggono il presidente all’inizio di novembre, e dopo 70-80 giorni c’è la cerimonia di inaugurazione. Due mesi e mezzo di interregno che non avevano mai causato problemi. Neanche quando si sono dati il cambio avversari agli antipodi, come Carter e Reagan nel 1980 o Clinton e Bush vent’anni dopo.
Questa volta invece la transizione è drammatica. «Un capo alla volta», la regola che vige a Washington e che viene rispettata perfino a Roma, con l’inedita coabitazione fra due Papi e l’assoluto rispetto dell’emerito Ratzinger per il successore Bergoglio, è saltata.
Anche perché i democratici sono furibondi: Hillary Clinton in realtà ha avuto quasi tre milioni di voti più di Trump, ma ha perso a causa del sistema elettorale frazionato in collegi.
Luttwak: «Casa Bianca patetica»
Di chi è la colpa della frattura? «Il presidente eletto deve tacere, senza intromettersi nelle ultime decisioni di quello uscente», dice Wolf Blitzer, il giornalista più famoso della Cnn.
«Però quello uscente deve mostrare eguale rispetto per il successore», ribatte il commentatore Edward Luttwak, «quindi non può prendere decisioni importanti. Obama si è limitato all’ordinaria amministrazione su Israele e Russia? No. Le sue provocazioni sono patetiche».
Ma cos’è successo esattamente? Su Israele, da 40 anni l’Onu condanna le colonie israeliane che continuano a sorgere nel territorio del futuro stato di Palestina. Ma per la prima volta gli Usa non hanno messo il veto, e quindi la risoluzione è passata. Con grande scorno del premier di Tel Aviv, Benjamin Netaniahu.
«Anche gli israeliani più intelligenti sanno che costruire su suolo palestinese allontana la pace», ha rincarato il segretario di Stato John Kerry.
Trump invece è così vicino alla destra israeliana da avere già annunciato il trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme (non riconosciuta come capitale di Israele).
Vladimir Putin è inoltre accusato da Obama di aver mobilitato hacker per danneggiare la campagna elettorale di Hillary Clinton. Un’interferenza gravissima, mai avvenuta neppure al culmine della Guerra fredda. Sono state pubblicate mail in cui i capi democratici favoriscono Hillary contro l’avversario delle primarie Bernie Sanders.
Chi le ha fornite a Wikileaks? La Cia è sicura: i russi. I quali ospitano a Mosca anche Edgar Snowden, l’ex agente segreto Usa che ha rivelato le manovre della Nsa (National security agency)
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Anche qui, Trump non si è fatto scrupoli nel contraddire la Cia. Per “ripulirla” ha nominato l’italoamericano del Kansas Mike Pompeo. Un conflitto con pochi precedenti fra un presidente e i propri servizi segreti, che ingoiano ogni anno l’astronomica cifra di 500 miliardi di dollari.
Obama invece ha ritenuto l’intromissione russa così grave da meritare una rappresaglia immediata: via 35 finti diplomatici di Mosca.
E avanti così, in un’interminabile sequenza di ripicche fra i due presidenti Usa. L’“anatra zoppa” Obama e Trump la scorsa settimana si sono telefonati. Gli addetti stampa assicurano che il colloquio è stato «tranquillo e costruttivo», ma la realtà degli attacchi via tweet di Trump dice il contrario.
Altro che anatre: questi sono due galli che si azzuffano nello stesso pollaio.
Mauro Suttora