CURIOSITA': MONTI HA UNA PALAZZINA A VARESE E DUE NEGOZI IN CORSO BUENOS AIRES A MILANO. LE BUCCE DI BANANA DI PAOLA SEVERINO E GIULIO TERZI
di Mauro Suttora
Oggi, 24 febbraio 2012
Quelli che ci hanno rimesso di più sono Corrado Passera e Paola Severino. Per diventare ministro di Sviluppo e Trasporti il primo ha rinunciato a uno stipendio da tre milioni e mezzo l’anno (era il più importante banchiere italiano, capo di Intesa San Paolo) e ora ne guadagna 220 mila. Gli rimane però un patrimonio di venti milioni.
Perde addirittura il 97 per cento del proprio reddito annuo la nuova titolare della Giustizia. «Ammirevole», commenta con Oggi il politologo Piero Ignazi, «ed è un bene che cominci a succedere in Italia. Negli Stati Uniti è normale che professionisti di successo accettino di “servire la comunità“ per un certo periodo, abbandonando lucrosi affari privati. Da noi è già accaduto con il sindaco di Milano Pisapia, anche lui avvocato di nome come la Severino».
Più disincantato Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, che ci dice: «La mia approvazione per Passera o la Severino non aumenta grazie ai loro sacrifici: se hanno deciso così, vuol dire che fare il ministro gli piace, o gli interessa. L’importante è che siano competenti e capaci».
Qualcuno però storce il naso. «Siamo passati dal governo di Creso [Berlusconi] a quello dei Paperoni», constata Luca Telese sul Fatto, «dall’autocrazia dell’imprenditore fai-da-te agli ottimati illuminati. La politica è diventata il gioco dei ricchi. E Paperone diventa antipatico quando chiede prestiti a Paperino».
Nessuno lo ricorda, ma la legge che impone ai ministri di esibire la propria dichiarazione dei redditi risale al 1982. Quindi, il governo Monti non ci ha regalato nulla: ha solo deciso, dopo trent’anni, di rispettare una norma desueta. «Però la trasparenza è importante», dice Polito, «e oltre ai redditi è bene conoscere tutti gli interessi di chi amministra la cosa pubblica. Perché i condizionamenti privati esistono. Non è guardonismo».
Certo, fa un po’ impressione scoprire che la ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri possiede 24 immobili. Ma spesso si tratta di unità immobiliari minuscole, come box, negozi o terreni, oppure di lasciti ereditari posseduti in quota minima assieme a fratelli e parenti.
Monti e sua moglie, per esempio, sembrano essere grandi possidenti immobiliari, con le loro 26 proprietà (di cui dodici appartamenti). Ma poi si scopre che la metà di queste stanno in un’unica palazzina di Varese, nel trafficato viale Borri, frutto di un investimento di famiglia (il padre di Monti, dirigente bancario, sfollò da Milano durante la guerra). Gli abitanti dei sette alloggi (con quattro box) non sapevano di pagare l’affitto a un padrone così illustre. «E, a dirla tutta, non sono tanto d’accordo con le sue liberalizzazioni», confessa l’ortopedico Rapetti, che occupa il negozio di 40 metri quadri.
Una curiosità: oltre agli appartamenti dove vive a Milano (zona Fiera) e a Bruxelles (dov’è stato commissario Ue per dieci anni, fino al 2004), Monti possiede anche due negozi all’angolo fra corso Buenos Aires e via Redi a Milano. «In totale la sua rendita immobiliare annua ammonta a 77 mila euro», scrive Claudio Bernieri nella prima biografia pubblicata sul premier (Il sacro Monti, ed. Affari italiani).
Monti ha rinunciato agli stipendi di presidente del Consiglio e ministro dell’Economia. Ma conserva le pensioni da ex commissario Ue (170 mila euro annui) e di professore universitario, cui aggiunge dallo scorso 11 novembre (11.11.11, data simbolica?) i 300 mila euro da senatore a vita. In totale, quindi, non sarà un gran salasso rispetto al milione del suo reddito 2011. L’unico introito che non ha più è quello di presidente dell’università Bocconi.
«Sono comunque impressionato dai guadagni dei ministri-professori», storce il naso Stefano Zecchi, docente di Estetica. «Io, a fine carriera e ordinario da quando avevo 34 anni, prendevo 5mila euro al mese. Ora non più, c’è il contributo di solidarietà. Vedo invece che i miei colleghi Fornero, Giarda, Profumo e Ornaghi riescono a decuplicare il mio stipendio. Bravi, perché grazie al prestigio della cattedra universitaria ottengono consulenze e nomine nei consigli d’amministrazione. Ma non si pensi che i professori guadagnino così tanto».
Il commendevole spogliarello finanziario ministeriale ha provocato qualche piccola scivolata. La Severino si era dimenticata di dichiarare la propria villa da dieci milioni sull’Appia con parco e piscina, acquistata nel 2005. È intestata non a lei, ma a una società. Pizzicata dal Fatto, ha dato la colpa a un errore del commercialista.
Si è irritato con il sito Dagospia, annunciando querela, il ministro degli Esteri Giulio Terzi. Che vive con la compagna e madre dei suoi gemellini Antonella Cinque in una casa accanto a piazza di Spagna. Lo splendido appartamento le è stato affittato da Propaganda Fide (ente missionario del Vaticano) una decina d’anni fa, quando la Cinque era stretta collaboratrice del ministro della Sanità Girolamo Sirchia. Dagospia ha scritto che Terzi abita lì, lui ha smentito, ma senza precisare che l’affitto è in capo alla compagna.
Bucce di banana evitabili se, oltre ai propri redditi e patrimoni, politici e funzionari pubblici pubblicassero anche quelli dei coniugi. Finora l’ha fatto solo Monti. Ma, in un Paese in cui i tangentari intestano tutto a mogli e parenti, sarebbe una buona idea. Avete fatto trenta, fate trentuno.
Mauro Suttora