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Wednesday, May 01, 2013

Pd nella polvere


NAPOLITANO SUL TRONO: I 10 ERRORI DI BERSANI

di Mauro Suttora

Oggi, 24 aprile 2013
«Ora mi incrimineranno anche per strage»: la battuta più crudele, dopo le dimissioni di Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi da segretario e presidente del Partito democratico, è di Silvio Berlusconi. Che calcola, allegro, di avere sepolto (politicamente) ben sedici segretari del Pd e dei partiti precedenti (Pds, Ds, Ppi, Margherita) che lo hanno avversato dal 1994 (lista completa sotto). Più la figuraccia rimediata dall’eterno rivale Romano Prodi, tradito da cento dei suoi nel segreto dell’urna.

Quel che resta di Dc e Pci, fusi nel 2007 dopo che per mezzo secolo avevano dominato l’Italia con il 70% dei voti, si è liquefatto negli ultimi giorni. Più che di una strage da parte dei berlusconiani o dei grillini, si è trattato di un suicidio di massa. «O di un’eutanasia», ammette Andrea Carugati, giornalista dell’Unità, organo ufficiale del partito.
Ma cos’è successo, esattamente? Com’è possibile che la prima formazione politica d’Italia, favorita da mesi in tutti i sondaggi, sia scivolata così malamente in poche settimane? Proviamo a individuare le possibili cause del disastro: dieci errori che hanno portato al vuoto odierno.

1) PRIMARIE BERSANI-RENZI: erano necessarie?
A norma di statuto del Pd, no. Il segretario è automaticamente candidato alla premiership. Ciononostante, Bersani in autunno ha accettato di misurarsi in una competizione interna. Pensava che sarebbe stata una passeggiata, come per Prodi nel 2006 e Veltroni nel 2008: qualche avversario pro-forma, una mobilitazione galvanizzante, tanta pubblicità gratis sui media. Invece è sbucata la stella di Matteo Renzi. All’inizio il sindaco di Firenze era accreditato di un innocuo 20%. Poi però, con il giro d’Italia in camper (come Grillo), la voglia di rottamazione lo ha fatto salire a un inquietante 40%.

2) APPARATO BUROCRATICO: perché scatenarlo contro Renzi?
La Casta politica italiana è composta da circa centomila persone stipendiate dalla politica, dagli eurodeputati ai consiglieri di zona. Di questi, quasi la metà appartengono al Pd. Di fronte alla sfida di Renzi, contrario al finanziamento pubblico ai partiti, gran parte di loro si sono schierati con Bersani. Mossa tragica: contro i burocrati dell’apparato la voglia di nuovo si è rafforzata.

3) PRIMARIE DI NATALE: comincia la rincorsa a Grillo
Per ovviare alle legge elettorale «Porcellum», che impedisce di esprimere preferenze ai singoli eletti, trasformandoli così in «nominati» dalle segreterie di partito (motivo inconfessabile per cui non è stata cambiata), a Natale il Pd ha organizzato in fretta e furia primarie anche per i candidati. Si voleva così rispondere alle primarie online di Beppe Grillo. Ma troppi raccomandati e paracadutati (più di cento) hanno avuto comunque un seggio sicuro senza passare il vaglio popolare, fra «listino del segretario», capilista decisi a Roma e deroghe alla regola del massimo di tre legislature.

4) GIA’ SICURI DI VINCERE: campagna elettorale supponente
Tutti i sondaggi danno il Pd trionfante su un Pdl sfasciato e un Grillo al 15%. Ma, poco a poco, il margine si assottiglia. Esattamente come il Pds nel 1994, il Pd è troppo sicuro di vincere, e conduce con supponenza la campagna elettorale. Circolano già elenchi dei futuri ministri. Berlusconi e i 5 stelle, invece, fanno propaganda porta a porta alla ricerca di ogni singolo voto. E rimontano, fin alla quasi parità col Pd.

5) “SIAMO PRIMI MA ABBIAMO PERSO”: e niente dimissioni
La sera del 25 febbraio appare già chiaro che il Pd non ha la maggioranza al Senato. Ma Bersani, invece di dimettersi, inventa la famosa frase: «Siamo arrivati primi, ma non abbiamo vinto». E lancia la proposta di «governo del cambiamento» strizzando l’occhio a Grillo.

6) CORTE DISPERATA A GRILLO: ma lui rifiuta
Bersani comincia una corte disperata al Movimento 5 stelle di Grillo, che però fin dall’inizio risponde picche. Di fronte al primo «Vaffa» chiunque avrebbe lasciato perdere. Lui invece va avanti, sottoponendosi all’umiliazione dello streaming con i capi grillini e lasciando intendere di poter far cambiare idea a una ventina di loro senatori («scouting»).

7) BERSANI ALLUNGA LE CONSULTAZIONI: tempo perso
Strappato l’incarico a Napolitano, Bersani conduce consultazioni lunghissime, sentendo perfino lo scrittore Roberto Saviano, preti e il Wwf. Continua a dire no al Pdl che lo vuole e sì a Grillo che non lo vuole. Risultato: dà a tutta Italia la sensazione di stare perdendo tempo.

8) CONTRORDINE: MARINI CON BERLUSCONI: virata a 180 gradi
Dopo 50 giorni passati a dire no a Berlusconi, improvvisamente Bersani si mette d’accordo con lui per far eleggere presidente della Repubblica Franco Marini. Il Pdl vota compatto l’ex avversario, ma nel segreto dell’urna i franchi tiratori Pd silurano l’ex sindacalista democristiano.

9) BRUCIATO ANCHE PRODI: schiaffo a Berlusconi
Seconda giravolta nel giro di 24 ore: Bersani propone ai 490 grandi elettori Pd di votare Romano Prodi, arcinemico di Berlusconi. Unanimità, acclamazione. Ma l’ex premier viene umiliato: sono ben 101 i suoi colleghi di partito che lo tradiscono, uno su quattro.

10) AFFIDIAMOCI A NAPOLITANO: fuga dalle responsabilità
Invece di trovare altre soluzioni («Stefano Rodotà candidato di Grillo, oppure Emma Bonino anch’essa nella rosa dei 5 stelle», suggerisce il ministro pd Fabrizio Barca, candidato alla segreteria) Bersani e Rosy Bindi si dimettono implorando l’ultraottuagenario Napolitano di accettare un altro mandato. Il quale accetta, ma comprensibilmente ottiene in cambio un’ampia delega nella scelta del governo, vista l’inconcludenza dei partiti. E si profilano di nuovo «larghe intese» con Berlusconi, detestate da buona parte della base di sinistra. Il Pd abdica così completamente alle proprie responsabilità di primo partito (seppure con appena lo 0,3% più del Pdl alla Camera).
Mauro Suttora



Tutti i segretari di Pd e partiti predecessori confluiti nel Pd sepolti (politicamente) da Berlusconi:

1) Mino Martinazzoli (Ppi 1994)
2) Rocco Buttiglione (Ppi ’94-’95)
3) Gerardo Bianco (Ppi ’95-’97)
4) Franco Marini (Ppi ’97-’99)
5) Pierluigi Castagnetti (Ppi ’99-2002)
6) Lamberto Dini (Rinnovamento ’96-’02)
7) Arturo Parisi (Democratici ’99-’02)
8) Clemente Mastella (Udeur ’99-’02)
9) Francesco Rutelli (Margherita 2002-’07)
10) Achille Occhetto (Pds ’91-’94)
11) Massimo D’Alema (Pds ’94-’98)
12) Walter Veltroni (Ds ’98-2001)
13) Piero Fassino (Ds 2001-’07)
14) Walter Veltroni (Pd 2007-’09)
15) Dario Franceschini (Pd 2009)
16) Pier Luigi Bersani (Pd 2009-’13)

a questi il Cavaliere può aggiungere i rivali Romano Prodi, Rosy Bindi e Gianfranco Fini